lunedì 14 febbraio 2011

14 Febbraio, un San Valentino in ricordo di Marco Pantani

Il 14 Febbraio del 2004 in un hotel di Rimini veniva trovato senza vita il corpo di Marco Pantani, da quasi cinque anni era costretto a vivere al margine della società; lui, che come affermato da tutti i migliori ciclisti di ogni epoca era stato il più Grande, aveva subito nel 1999 il trattamento riservato ai condannati a morte. Denigrato sui giornali da quelle stesse persone che aveva contribuito ad arricchire ed a far diventare famose. Non aveva più la mente sgombra Marco, non riusciva più a stare bene in quella casa con le ruote che era stata sua e dalla quale era stato allontanato. Nessuno si è chiesto mai il vero motivo della sua esclusione al Giro d'Italia del '99 perché subito i quotidiani sportivi gli hanno sparato addosso titoloni fatti solo del pregiudizio mass-mediatico. Eppure quello era il primo anno in cui si poteva scommettere sul ciclismo, e la vittoria di Marco, ormai scontata, sarebbe costata oltre duemila miliardi di lire ai bookmakers.

Fu solo un caso che alla penultima tappa lo svegliarono alle quattro di notte? Fu perché aveva fatto una puntura che il suo ematocrito superava di 0.8 punti il valore consentito? Davvero? Nessuno pensò a lui in quei momenti, nessuno pensò all'uomo, tutti gli chiedevano solo di giustificare quel valore. Lo ripeto, gli spararono addosso senza alcun rimorso o remora. Marco non aveva lo stato psicofisico forte quanto le sue gambe e cadde in depressione. Non era quell'automa che altri pensavano ed aveva un'anima sensibile che lo portò a vedere il lato negativo. Ogni persona pensa in modo autonomo. C'è chi dopo aver rischiato di morire si crede sfortunato per ciò che gli è capitato, chi invece pensa di avere avuto accanto la fortuna e di non essere morto solo grazie a lei. Ma chi viene ucciso nell’animo, con parole e scritti indelebili che resteranno eternamente un marchio infamante, come farà a trovare la forza di pensare positivo, di rialzarsi? Perché accanirsi solo sul migliore?
Oggi non voglio raccontarvi nessuna storia, voglio solo ricordare a modo mio quanto è capitato in quei giorni, voglio a modo mio rendere omaggio al più grande, al Pirata.

Giugno 1999.
All’improvviso udii un grande baccano, le biro strillando armavan la mano.
Io non capii quegli strani amici poi vidi un altro su di una bici.
Addosso una maglia bicolore, di un giallorosa molto abbagliante,
in testa aveva una bandana, a nessun altro era somigliante.

Quando passò volarono i sassi, le urla erano inclementi,
e lo colpirono parecchie volte, lo lapidarono quei gran potenti!
C’erano anche altri ciclisti che invece vennero osannati,
ma pure loro, così come il “primo”, avevano gli organi un po’ dopati.

E la vergogna non era nel luogo, non c’era amore, non c’era clemenza,
nemmeno quando lo videro steso provarono i morsi nella coscienza.
Anzi si strinsero tutti vicino e propinarono nelle interviste
il loro amore per quel “girino” dal volto umano, dal volto triste. 

Furono pianti di coccodrillo, quasi mi fecero sobbalzare,
fra qualche lacrima ed uno strillo tutti a pregare attorno all’altare!
Io fui schifato di tanto zelo e porsi gli occhi verso l’errante
che si alzò in volo, salendo in cielo, fragile timido, quasi tremante! 

Allora mi porsi un quesito umano, poiché quell’ esser mi parve un eroe,
mi ricordai una stagione d’oltralpe quando ero un fiero e vincente italiano!
E le parole usciron sicure, me le vedevo venire da dentro,
sentivo il suo cuore, le sue paure, ancora una volta colpiti nel centro.



Pirata

Ed ora che ci resta dentro?
Solo silenzio e tanta, troppa rabbia.
Scorsi un puntino rosa fra la nebbia,
era della mia terra, fui felice.

Pensai che si potesse,
lottando a capo chino,
mettere una bandana
e vincere il destino.

Correre con le ossa rotte,
arrivare sempre solo... ormai banale.
Fu il più amato lui che sconfisse il fato,
Onori e Gloria come ai grandi del passato!

Spingemmo anche noi i suoi pedali,
salimmo insieme su per quei pendii,
mentre la pioggia e il vento lo sferzava
un ghigno su quel giallo disegnava.

Era un pirata, vera scorza dura,
e quando decideva di attaccare
via i pendagli, cambiava anche lo sguardo,
“Vi aspetto tutti quanti su al traguardo!”

Ma come storia vuole,
e lei c’insegna,
l’invidia che aleggiava su quei monti
faceva sì che l’aria fosse pregna.

Gli hanno sparato in una notte a Giugno
coi loro versi d’ipocrite sirene,
buttandolo di peso sulla forca,
le pance tronfie e piene da balene!

Ora piangono tutti, disperati,
perché lui se n’è andato…li ha lasciati.

Eppure ieri ho messo gli occhi al cielo,
un punto giallo c’era fra me e il sole e una bandana al fianco mio è caduta.
E’ allora che ho sorriso col pensiero. “Non s’è fermato amici sta attaccando,
un’altra vita o forse il mondo intero.” 

Ciao Pirata.

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