Domenico Morrone è stato uno dei primi, parlo di quelli conosciuti dall'opinione pubblica (anche se il suo nome a pochi dice qualcosa), a pagare le conseguenze di indagini carenti, a pagare le conseguenze di una "fissazione" della procura. E se anche ora è libero, e se anche lo Stato italiano gli ha versato quattro milioni e mezzo di euro, nessuno potrà mai dargli indietro il tempo passato in carcere, la sua gioventù, i suoi venti e trent'anni, la sua vita sprecata a causa di alcuni Pm e di una serie di giudici che lo hanno condannato nonostante non vi fossero prove (quelle che lo scagionavano non le acquisirono). Ed anche se ora è stato riabilitato c'è da dire che i quindici anni vissuti dietro le sbarre ad urlare la propria innocenza lo hanno debilitato fisicamente, e non poco, lo hanno debilitato mentalmente lasciandogli vari malanni ed incubi notturni. Come lui in carcere sono finiti Amanda Knox e Raffaele Sollecito, ed anche loro hanno rischiato di trascorrere vari decenni nelle nostre galere; non è detto non possano tornarci, ma ora almeno è chiaro che vi fu una sorta di accanimento della procura che non valutò mai la prospettiva contraria a quella da loro ipotizzata, la prospettiva che poteva vederli innocenti.
Altro indagato, che comunque ha fatto solo pochi giorni di carcere, è Alberto Stasi (giallo di Garlasco), accusato di aver ucciso la fidanzata, Chiara Poggi, ed assolto in primo grado. A questo punto c'è da dire che sia la Knox che il Sollecito, sia anche Alberto Stasi, pur essendo stati scagionati non son fuori dai giochi perché i loro nomi sono tutt'ora nel registro degli indagati e non esistono indagini alternative. Questo perché le procure hanno scelto di continuare a perseguirli in altri tribunali, in altri gradi di giudizio, senza provare a cercare nuovi sbocchi investigativi, nuovi e più verosimili colpevoli. Motivo per cui, dovessero essere scagionati anche nei gradi successivi, la possibilità che il vero colpevole la "faccia franca", e che l'opinione pubblica resti divisa, si alza in maniera esponenziale e l'amaro in bocca ai genitori delle vittime, che non avranno giustizia, sarà l'unica certezza. E non basta il dire "ci siamo trovati di fronte ad una indagine che verteva solo sugli indizi e non sulle prove". Non basta il dire che non in tutti i casi si ha "la pistola fumante", termine abusato per pararsi il dietro e dichiarare in pubblico che ci si può sbagliare. Ci vorrebbe qualcosa di più di grigio per evitare che un innocente vada in carcere e per far sì che un colpevole venga arrestato. Ma già sappiamo che la storia si ripeterà, che quanto avvenuto ieri avverrà domani perché è difficile cambiare e perché a volte gli indizi bastano e avanzano per carcerare un'innocente. In fondo non è difficile apparecchiare un'aula di tribunale con indizi che portano solo ad una conclusione, ad una abbuffata a cui i giudici non sanno resistere. Per far questo basta che la procura non consideri altre prospettive investigative e si catalizzi solo su quella desiderata.
Se io, procura, ho imboccato una strada e non ne seguo altre, è chiaro che a processo non si potrà mai passare per altre strade ma si dovrà solo verificare se quella in cui sono entrato può portare alla condanna. E se gli indizi devono essere univoci e concordanti, per dare ai giudici un quadro di ragionevole colpevolezza, è altrettanto chiaro che io cercherò di portare in tribunale solo gli univoci e i concordanti tralasciando quelli che potrebbero sviare e condurre all'innocenza. Poi sarà il giudice, forse addirittura lo stesso che veniva a scuola con me, col mio collega o col mio capo, lo stesso che ho incontrato varie volte, sia nelle aule che fuori, a dover decidere se acquisire o omettere altri elementi, quelli che la Difesa solleciterà per cercare di dimostrare che il suo assistito non ha commesso alcun reato. E se questi elementi, come spero, verranno accantonati e non si potranno usare, io sarò già certo in partenza che, pur senza prove, "il mio colpevole" sarà giudicato colpevole a causa degli indizi concordanti. E alla faccia dello Stato di Diritto, che chiede ai Pm di operare anche in favore della difesa di chi è indagato, questo è quanto accade molto spesso al primo grado di giudizio. Più probabile che qualcosa cambi in Appello, che si riesca ad avere un giudice che lascia qualche spazio in più (il giudice di Perugia, ad esempio, che ha fatto rifare la perizia sul gancetto e sul coltello, e davvero non era facile decidere di farla fare). Ma non sempre accade e non sempre la perizia viene affidata a consulenti che non sanno nulla del caso, a consulenti neutrali che possano garantire un'equità di giudizio.
Come è capitato a Cogne dove in Appello si fecero fare perizie a chi aveva già periziato in primo grado la colpevolezza della Franzoni, dove le intercettazioni, contestate dalla Difesa a causa delle trascrizioni errate, furono riaffidate allo stesso carabiniere che le aveva trascritte, sbagliate, la prima volta. E con queste premesse non è davvero facile parlare di equità, e se è già capitato potrà di certo ricapitare. Ed ancora ci saranno i "processi mediatici" sui casi indiziari. E a dire il vero due di questi sono in piena attualità al momento. Uno si sta avviando ad un rinvio a giudizio, ma in tivù si è già deciso per la colpevolezza delle indagate carcerate, parlo dell'omicidio di Sarah Scazzi, ed un altro presto lo seguirà, quello che vede Salvatore Parolisi sospettato di aver ucciso sua moglie, ed anche in questo caso nei canali mediatici si è già arrivati da tempo alla condanna a vita dell'unico indagato. Eppure in entrambi le vere certezze sono le incertezze. In entrambi si è seguito il filo che dovrebbe portare alla soluzione partendo dalla fine, dal probabile assassino scelto dai procuratori, ed in entrambi si sta cercando di trovare il bandolo della matassa annodando e riannodando il logico con l'illogico. Quindi è molto probabile che il "capo del filo" non si riesca a trovare, che ad un certo punto si decida di tagliarlo per far credere di averlo trovato e di aver risolto brillantemente il caso. Ma non è questo il modo, non è questo che si vuole e che si deve fare per scoprire chi ha ucciso. Non si deve partire da un indagabile e cercare di aggiustargli addosso l'omicidio perché già in partenza si sarà certi di creare danni e null'altro.
Nel caso di Domenico Morrone non si è partiti dai ragazzi uccisi, non si è cercato di capire chi poteva volerli morti. Erano due piccoli delinquenti, possibile che non avessero diversi "conti da regolare"? Meno male che dopo quindici anni c'è stato chi ha rotto il muro, chi ha parlato facendo saltare il banco e scoprire che l'assassino era un piccolo boss locale a cui i due avevano fatto uno sgarro rubando in casa della madre. Ma questo lo si poteva appurare subito allargando leggermente le indagini e non stagnandosi o negare l'evidenza. Perché nulla si è fatto? Ma lasciamo le illazioni, che comunque fanno pensare, ed andiamo oltre. Nel caso di Perugia non c'erano tracce genetiche degli indagati sul luogo dell'omicidio, ma la perizia del Ris ne dava su un gancetto e su un coltello, come un'altra perizia del Ris ne dava sul pedale della bicicletta di Alberto Stasi, come un'altra perizia del Ris ne dava sulla parte interna dello zoccolo di Annamaria Franzoni, tutte perizie smentite anni dopo dai consulenti di Corte. Ed allora ci si chiede: "Perché questo accade?". Come non capire che il risultato di una perizia, sia falso o sbagliato (ma come si fa a sbagliarlo?), condizionerà nel tempo la mente di chi crede nella giustizia? Come non capire che questi risultati entreranno nei salotti mediatici e saranno usati per inserire il pregiudizio nell'opinione pubblica? Possibile che si possa essere condannati di fronte alla gente ancor prima di andare a processo? E se poi si viene dichiarati innocenti?
E' chiaro che le "menti" non sono uguali, che alcune di quelle influenzate dal pregiudizio continueranno a pensare colpevoli di omicidio, assassini che grazie ai soli sotterfugi legali sono riusciti a scamparsi la condanna, gli ex indagati assolti. Ed io, fossi nelle vesti di "un assolto" che i media hanno evidenziato per anni colpevole, avrei sempre il timore di trovarmi di fronte qualche squilibrato che, in nome del pregiudizio mediatico, potrebbe volermi uccidere per ristabilire la giustizia a parer suo infranta. Potrebbe accadere, perché no? E se mai accadesse potremo un giorno stupirci nell'ascoltare gli stessi giornalisti, gli stessi opinionisti televisivi che nel tempo hanno convinto della "colpevolezza", sparlare per tirarsi fuori dai giochi? Perché loro non hanno mai detto che davvero fosse l'assassino, perché loro hanno sempre e solo ipotizzato, perché loro fanno un lavoro scomodo che li porta a parlare anche male degli altri, perché loro in televisione non fanno processi ma informazione (hi hi hi), perché la professionalità del collega è appurata ed i matti sono ovunque... e così via. La mia è una forzatura? Vedremo. Al momento nessuno lo può dire, anche se si spera che un fatto del genere mai accada. Però le premesse non sono buone e non si può avere certezza di nulla visti i vari gruppi editoriali che fanno lavorare giornalai che sparlano per tornaconto, visti i vari gruppi internet che ringhiando li seguono come i dobermann seguono il sangue, viste le statuine di Milano che son già volate a causa di troppe parole.
L'unica cosa certa è che continuando a lavorare in questo modo, mi riferisco ad alcuni procuratori ed a chi dovrebbe vigilare il loro operato (i soliti giornalisti che invece di criticare costruttivamente si appiattiscono per avere scoop e favori), continueremo a trovarci fra i piedi colpevoli che si dichiarano innocenti o innocenti che in procura si vuole siano colpevoli, rischiando di fare un fascio di tutta l'erba e di non riuscire più a capire chi parla in verità e chi per convenienza.
Ma se vogliamo continuare di questo passo occorre cambiare le parole, non dire e non scrivere più che l'indagato è un presunto innocente ma che un indagato è un "presunto colpevole". Solo scrivendo questo a chiare lettere sul Codice Penale certi inquirenti e certi giornalisti potrebbero evitare critiche.
Leggi gli ultimi articoli sui casi di:
Annamaria Franzoni
sospiro.
RispondiEliminaTabula
Il problema, caro Massimo, non è solo italiano: è universale ed ha una storia lunga che meriterebbe conoscere per capire a che punto siamo, ovvero che, malgrado 2000 anni trascorsi, la mentalità di base è sempre quella, quella di ritenersi ispirati non dai fatti, non dagli elementi reali empirici e scientifici da considerare, ma dalla Dea della Giustizia (la Dea Dike, in greco) che rivela, ordina o suggerisce nel segreto della Camera di consiglio. Ecco perché un giudice può ritenersi in grado di dire che questi elementi non si debbano considerare, ed altri si debbano considerare. La legislazione in 2000 anni è cambiata, in meglio, in peggio, di nuovo in meglio, ma la mentalità di fondo è sempre la medesima. Ora, bisogna operare sulla mentalità e sulle istituzioni che la formano per un deciso cambio di rotta, non per l'ingenua pretesa extra-umana di una "Giustizia" perfetta, ma almeno per l'esigenza di avere leggi migliori e razionali, ed una loro esatta e rispettosa esecuzione. L'errore fa parte dell'umanità che, errando, com'è noto, impara a fatica, ma almeno necessita ridurre la percentuale e la portata qualitativa degli errori e soprattutto impedire l'abuso sulla legge. Faccio un esempio assurdo e paradossale per far capire meglio l'importanza ineludibile del rispetto della Legge: poniamo che una norma imponga ai giudici di avere mutande rosse con pizzo nero in giudizio. Nessuno vede le mutande, quindi potrebbero farne a meno, ma se un avvocato, recandosi al gabinetto di decenza, vedesse che un giudice non le ha, potrebbe far annullare il processo. Insomma il rispetto verso la Legge deve essere assoluto, anche nelle formalità. Spetta ai legislatori far sì che la legge rispetti la forma-sostanza della legge (ovvero, la sua essenzialità), la sua razionalità, il suo realismo (le leggi o sono applicabili, o non esistono), senza invece perdersi nei fronzoli inutili e negli inutili orpelli ornamentali, nelle formule magiche, nella ritualità semi-mistica, tipiche del Diritto.
RispondiEliminaSì Massimo,
RispondiEliminae non basterebbe modificare il Codice Penale, ma anche la Costituzione della nostra Repubblica, in particolare l'art.27.
Tiziana
Ciao Massimo,
RispondiEliminaun articolo che dovrebbero leggere i destinatari.
Ha ragione Tummolo,il problema non è solo italiano, vedi quello che sta passando Enrico Forti al quale non viene concesso l'appello (La Bruzzone ha preparato un dossier con la partecipazione del Forti, che a breve consegnerà a Frattini, speriamo bene!)vedi gli Stati dove c'è la pena di morte ( e lì se sei incolpato ingiustamente purtroppo non ti rimane che il paradiso).
E' verissimo, ma proprio perché in italia abbiamo la possibilità di avere tre gradi di giudizio, quello che avviene è ancor più grave, perché sono coinvolte più persone giudicanti ( e questo pare che per la Franzoni non sia servito a molto, se non a vedersi ridotta la pena)
In che modo si potrebbe responsabilizzare tutte quelle persone che hanno in mano il destino degli imputati e che molto spesso, come fai giustamente notare, non prendono strade diverse, non perché non ne hanno la capacità, ma per ben altri squallidi e personali motivi?
Non si possono punire se non in casi particolari previsti dal CPP, ma si potrebbero far retrocedere dai propri incarichi, si potrebbe inserire, che so, una penale per ogni condanna che poi venga appurata essere ingiusta, errata, viziata.
Si potrebbe andare a trovare una soluzione che lenisca questa piaga andando a colpire l'origine, la causa di molti di questi sbagli:
Il prestigio, la credibilità, la professionalità, etc...
Si viene retrocessi per molto meno se si sbaglia, volontariamente e non, in tutti i campi.
molte volte si viene definitivamente tagliati fuori, altre ci si occupa di cose di minore importanza.
Invece molti carcerati innocenti si impiccano, altri passano gli anni più belli della vita lontani dai cari e privati della cosa più preziosa che abbiamo dopo la vita, e chi ha sbagliato "volontariamente" magari per non aver avuto il coraggio di ricredersi va avanti nella carriera, vive nel lusso e circondato dall'amore della propria famiglia.
E' un utopia?
Sentenze e condanne a punti, forse farebbero riflettere di più visto che la priorità per molti non è la Giustizia ma il difendere la propria posizione.
Ciao Sira
forse sarebbe stato meglio fare così come è scritto sulla Bibbia: un marchio in fronte agli assassini, e via.
RispondiEliminaperlomeno si saprebbe da chi guardarsi
Tabula
Questi inquirenti e poi i giudici che spesso agiscono con leggerezza, che non si fanno problemi a mettere in carcere un innocente pur di avere un colpevole da gettare in pasto alla folla, possibile che dimentichino l'antico:
RispondiElimina"in dubio pro reo"
già presente nel codice giustiniano!
Sono dell'idea, come ho già scritto altre volte, che è meglio un colpevole in libertà, piuttosto che un innocente in prigione, soprattutto quando non c'è il rischio di reiterazione del reato.
Poi, quando ci sono colpevoli conclamati, magari rei confessi, gli si concede il lavoro fuori dal carcere, l'uscita per buona condotta, e così via, lasciandoli magari delinquere nuovamente.
Purtroppo, anche nell'ambito della Giustizia, la mano destra spesso non sa quello che fa la sinistra, finiamo così per avere innocenti in carcere e colpevoli (pentiti, collaboratori, graziati, amnistiati,incapaci di intendere e di volere) liberi.
Tiziana
Sospiro anch'io e i metto le mani nei capelli. Poi incrocio le dita, chissa' se ci rendiamo conto che chiunque di noi potrebbe - in maniera fortuita - finire tra gli ingranaggi perversi... Ho visto da vicino, vicinissimo anzi. E sì, il presunto colpevole dovrebbe essere solo il titolo di un film invece é la norma in uno Stato (nel nostro, ma anche in altri) che ''oppone'' la legge ai cittadini, che quindi ne hanno paura anche se innocenti. E questa, come ben si legge tra le righe del tuo articolo, é la sconfitta della Giustizia. Permettimi pero' Massimo di considerare quello di Stasi un caso lontano dagli altri cui ci riferiamo. L'appello credo debba iniziare a breve, attesissimo dai genitori di Chiara, chissa' forse ne riparleremo sul blog. Ciao,
RispondiEliminaMassimo, la tua è una voce abbastanza isolata purtroppo, ma spero che il popolo italiano comincia a capire. È esattamente come dici tu – troppi PM decidono con l’intuizione sin dal inizio su chi è colpevole, facendo un clamoroso annuncio al mondo del loro successo – il resto è solo un processo di dimostrarla come una verità, ignorando tutto quello che è contrario alle lore supposizioni. Il caso di Kercher lo conosco bene e provo una forte rabbia per come si è comportata la procura perché è stata disonesta, manipolativa, misogina e forse anche corrotta. Purtroppo, non vedo la voglia nel sistema di imparare da questi casi disastrosi – sicuramente i PM coinvolti vanno processati, ma andavano indagati già prima.
RispondiEliminaSecondo te il problema è nel sistema, o nei personaggi di alcuni PM della procura? Io vedo entrambi i problemi. Vedo un sistema dove la polizia e la procura lavorano come uno, quindi perdono di oggettività. Vedo che molti magistrati sono quasi in lega con i PM, come se avessero gli stessi obbiettivi, e così perdiamo l’idea del “colpevole oltre ogni ragionevole dubbio”. Però vorrei buttare qui anche un’altra idea da uno che è straniero in Italia da 21 anni e spero di non offendere, ed è questo – non esiste un po’ una certa arroganza in molti italiani tra quelli che si trovano in una posizione di potere, come i PM? Non voglio sembrare di fare tutta un’erba da un fascio, ma è una cosa che ho notato, che qui in Italia, l’arroganza di chi comanda è molto evidente e si vedono molti abusi. Forse per questo motivo ci vogliono dei controlli ancora più rigidi per farsì che queste situazioni non accadano. Per esempio, è possibile che un PM nel caso Kercher lancia processo dopo processo per calunnia a tutti quelli che parlano male di lui? Addirittura anche agli stranieri? O che lui può chiudere i siti e blog di chi parla male del suo caso? Non ci dobbiamo stupire che la difesa in questo caso non ha avuto il coraggio di sfidargli come avrebbe dovuto – avrebbe dovuto mettere in ridicolo alcune sue idee, ma invece è stato passivo, proprio perché rischiava anche esse di essere processato. È vero che la giustizia non è mai perfetta in qualsiasi nazione, però in Italia vedo che hanno troppo potere, davvero.
Malgrado tutti i difetti dell'Ordinamento Giudiziario in Italia, illuste signore, non vorrei essere in Gran Bretagna, dove un giudice unico decide in via definitiva, insieme a 24 giurati, del tutto a digiuno di questi problemi, debitamente ammoniti dallo stesso giudice, se uno è un assassino oppure no. Altro che arroganza !
RispondiEliminaCiao John.
RispondiEliminaHai ragione, in Italia c'è un problema che potrebbe inquadrarsi in una parola, un problema che somiglia molto alla "collusione", chiaramente scremata dal peggior significato del termine. I Pm ed i giudici, perlomeno i primi giudici con cui ha a che fare un indagato, vanno a braccetto e seguono la stessa linea senza porsi domande e senza allargare lo sguardo insistendo sulla persona come se non fossero esseri umani e la parola "errore" non li riguardasse. Per questo problema il primo rimedio, sperando non si riveli un palliativo, è la separazione delle carriere. Ma non sarà una strada facile ed in ogni caso sarà lunga.
Però non credo che la giustizia sia un problema che riguarda solo l'Italia, che fino a quando manterrà i tre gradi di giudizio si può dire sia all'avanguardia nel mondo come sistema giudiziario. Il problema, come si dice, non sta nel metodo ma negli uomini che tale metodo devono applicare.
Io ad esempio, come Manlio, non vorrei mai essere giudicato in Inghilterra, ma nemmeno in America o in quegli Stati che non hanno convenzioni sicure a cui appellarsi, tipo Strasburgo per darti un'idea. In America, ad esempio, Chico Forti, ma anche Carlo Parlanti, stanno scontando pene che in Italia non sconterebbero, e sono solo due degli italiani carcerati, altri non hanno voce, anche perché negli States l'Appello non si fa per regola, infatti a loro è stato finora negato.
Per quanto riguarda l'arroganza concordo con te, chi ha il potere e gli appoggi giusti può essere tentato di applicare la sua legge, il caso di Perugia è un emblema, ma anche in questo caso il male non è solo italiano, è mondiale, e fino a quando ci sarà chi potrà denunciare gli abusi vorrà dire che stiamo vivendo in un paese Democratico.
Ricordati sempre che in certi Stati il denunciare è vietato. Io ad esempio da quando ho scritto articoli di critica su quanto di criminale avviene in Cina sono stato oscurato ed in certe regioni di quella nazione il mio blog è invisibile. Ho alcuni articoli praticamente pronti che non pubblicherò fino a quando google non farà un miracolo... in Italia ancora nessuno mi ha tolto la voce, e speriamo nessuno lo faccia mai così da poter sempre portare critiche, si spera, costruttive.
Ciao di nuovo, Massimo
Manlio, il mio commento non era per paragonare i sistemi giudizari - come avevo detto non può essere mai perfetto - però ogni cultura ha i suoi difetti - in Italia vedo un abuso di potere, e vedo troppo potere nelle mani di troppi pocchi, cioè nelle mani della procura. Lo so che ci sono problemi in Gran Bretagna e America, ma siccome vivo in Italia (anche se sono straniero), mi interessa parlare di Italia. Il primo problema è che puoi rimanere incarcerato un intero anno senza essere processato. Questo è grave e devo dire mi preoccupa. Il secondo è che, nonostante i tre gradi di processo, una persona innocente può comunque fare molti anni in carcere se ti trovi davanti una procura che abusa di potere; ed il terzo problema è che non vedo modi per regolare questi abusi. Forse il peggio però, è come i casi famosi dei tempi recenti rivelano che la procura è solo interessata in se stessa, e non nella giustizia. L’arroganza sta nelle persone che non fanno mai auto-critica.
RispondiEliminaMassimo – per quanto riguarda Cina, hai sicuramente ragione, e non è proprio un buon esempio di libertà di parola. Ma considera anche che Mignini ha ordinato Google di chiudere il sito di Frank Sfarzo, un blogger che tanto criticava il processo contro Knox e Sollecito. Ha mandato i poliziotti a casa sua e l’hanno arrestato. Gli hanno accusato di calunnia, e non solo – pensa, gli hanno accusato di aver picchiato i 10 poliziotti che erano venuti ad arrestarlo! Incredibile ma vero – il processo inizierà fra poco – insieme agli altri processi contro la Knox per calunnia contro la polizia, e contro la famiglia di Knox per calunnia, eccetera eccetera. È una situazione assurda. Pensa, quando la Knox ha detto che una signora della polizia gli ha dato un paio di botte in testa, per farle ricordare meglio, invece di indagare sul accudato, la procura ha solo fatto la denuncia di calunnia. Quando hanno chiesto a Comodi se ci sarebbe un indagine, ha detto di No. Mi sembra che l’accusato parte da una posizione molto svantaggiata!
Ciao.
Massimo, l'hai letto questo libro
RispondiEliminadi Jacques Vergès:
Gli errori giudiziari
Leggendo questa recensione
http://www.processomediatico.it/?p=1283
sembra essere interessante...
Fammi sapere, vorrei leggerlo
Notte Sira
Signor Rowell,
RispondiEliminanegli USA si sta anni nel "braccio della morte" prima di essere condannati a morte: in sostanza, ergastolo più pena di morte, bello vero ! Quanto ad arroganza: avvocati d'ufficio che si addormentano al processo, e giudici unici che condannano in via definitiva. Ma questa che cos'è, se non arroganza del potere? Per non parlare dei celebri e recenti abusi di Guantanamo e quell'altro Forte Apache di Bagdad, Abu Graib... Per carità, alla larga. E il linciaggio ? Chi lo ha inventato copiandolo dalla Bibbia, se non tale Lynch (USA) ?
Sono Italiano ed orgoglioso di esserlo, malgrado tutto. Penso che nessuno straniero possa a buon diritto venirci a processare, senza dimenticare che il rito oggi in vigore è nato da un tentativo, come al solito maldestro, di copiare il rito accusatorio anglo-americano. Il vero difetto dell'Italia d'oggi è quello di scopiazzare, peggio possibile, ogni escremento venga a noi da altri Stati, particolarmente se ricchi e potenti. Quella che era l'originalità e creatività italiana, ricca di una tradizione trimillenaria, è stata in oltre settant'anni strangolata da una classe politica di servi, disonesti ed incapaci.
Signor Tummulo,
RispondiEliminaNon so perché insisti nel parlare degli Stati Uniti e la pena di morte. (Questa è stata una tattica fatta dalla procura di Perugia, secondo me, per diflettere dal fatto che mancavano le prove, e hanno voluto cambiare il processo in America V Italia). Io non potrei mai difendere la pena di morte, e certamente non Guantanamo. In altri foro sono stato una voce sempre contro Guantanamo – lì sono anche considerato anti-Americano per come sono contrario agli interventi americani nel mondo (ho parlato spesso di “Operation Gladio” per esempio). Sei italiano e orgoglioso di esserlo? Bene! Io sono inglese, e orgoglioso di esserlo, anche se non per tutto quello che lo riguarda. Sono anche orgoglioso di considerarmi un po’ italiano, se no, non sarei rimasto qui da più di 20 anni. Ma cosa c’entra in questo discorso? Io penso che questo blog di Massimo sta cercando di fare luce su alcuni problemi importanti della giustizia italiana. Ho solo voluto aggiungere la mia, che i problemi in Perugia sono venuti in parte dall’ arroganza della procura. Tutto qui. Il mio commento era per cercare di fare alcune considerazioni sul perché di questi problemi. In un commento, non possiamo risolvere i problemi di tutti i sistemi giudiziari del mondo. Non miglioreremo mai se giustifichiamo i nostri problemi puntando il dito ai problemi degli altri.
John,
RispondiEliminasono perfettamente d'accordo con te, non ci si può auto assolvere pensando che nel resto del mondo vada peggio.
Sono felice che in Italia, con la nascita della Repubblica, si sia abolita la pena di morte, atto barbaro dello Stato che si pone allo stesso livello del colpevole.
Ciò non toglie che abbiamo il diritto di criticare ciò che non va nel nostro sistema giudiziario, al fine di migliorarlo ulteriormente.
Tiziana
Il problema reale della mentalità giuridica è un problema di natura universale, questo è il punto che mi interessa sottolineare. Non si tratta pertanto di Italia, di Turchia o di USA. Se ribatto sulla questione Italia, è perché sembra che le cose peggiori debbano avvenire da noi e solo da noi, il che è falso in assoluto. Quando si afferma che da noi i PM sono arroganti, si allude al fatto che altrove non lo siano. Chi studia storia giudiziaria e Diritto penale comparato, sa bene che non è così. Leggersi ad es., di Alf Ross "Diritto e Giustizia" (Lei, signor Rowell, ha il privilegio di leggerselo direttamente in inglese), è utile per capire quanto difettosa sia la mentalità giuridica in generale, da cui le critiche rivoltele dalla Filosofia del Diritto. In conclusione, è fatto umano, non italiano, che chi detiene un qualche potere, lo eserciti troppo spesso con arroganza e violenza. Quanto alle critiche al sistema giudiziario in generale e nello specifico italiano, chi mi segue e mi conosce, sa benissimo che non mi sono mai tirato indietro nel presentarle, distinguendo per quanto possibile ed in ogni caso tra errore di indagine e deviazione dolosa dell'indagine stessa, sentendomi addirittura dire di tutto e subendo anche offese personali (soprattutto nella vicenda di Sarah Scazzi ed in parte nel caso di Melania Rea).
RispondiEliminaMassimo, Jhon Rowell e Tummolo
RispondiEliminaCiao Joon, tu hai detto delle cose giuste, che Massimo e Tummolo sostengono da sempre: Procuratori, Giudizi, Polizia ed Avvocati d'ufficio, in molti casi hanno dato in alcuni processi il peggio di se stessi, alcune volte coalizzandosi, altre volte chiudendo un occhio, altre ancora favorendo e non in ultimo scaricando le responsabilità, senza andare controcorrente e stravolgere le decisioni di una delle suddette parti.
Ma fortunatamente non è sempre così, come in tutte le cose dipende dall'essere umano, dalla sua integrità morale, dagli aspetti psicologici che hanno contribuito a formare la sua personalità.
Il coraggio di perseguire una strada andando controcorrente, l'onestà di ammettere di aver sbagliato, senza fare errori su errori volti solo a coprire il primo sbaglio, il non farsi condizionare dall'ambiente che ci circonda, non è cosa che riesce facile a tutti gli uomini.
Io nel commento precedente parlavo di penali da applicare ogni qual volta un inquirente o un giudice contribuisce a far condannare ingiustamente una persona per le cose dette sopra ed estremizzavo parlando condanne e sentenze a punti.
Ebbene, credo in sintesi che sia giusto che la carriera vada avanti se si fa il proprio lavoro con onestà e responsabilità, mentre non è giusto che altre persone continuino, seppure sbagliando, non una sola volta e in malafede, ad avere gli stessi benefici dei primi.
Ma come stabilire dei confini? Con quale mezzi giudicare un errore commesso in malafede, un errore dettato dal pregiudizio, dalla volontà del popolo?
Nel CPP si possono leggere i casi in cui un magistrato può essere perseguito per legge, ma sono ben diversi, sono verificabili, sono legati nella maggioranza dei casi alla sfera dei regolamenti, degli abusi.
Cmq in Italia fortunatamente non abbiamo solo un concentrato di toghe con ambigue, deboli o corrotte personalità, ci sono stati degli uomini, degli eroi, che hanno perso la propria vita pur di tentare di sradicare un male profondo che ci affligge da sempre, e abbiamo altrettanti uomini degni della nostra stima che lavorano ogni giorno e contribuiscono al buon funzionamento del sistema.
Purtroppo ci sono a monte molti altri problemi, uno dei quali la lentezza:
• Detenuti presenti per posizione giuridica al 31 ottobre 2011
Condannati con sentenza definitiva: 37.213
Imputati (custodia cautelare): 28.564
Di cui
- in attesa di primo giudizio: 14.639
- appellanti: 7.797
- ricorrenti: 4.508
- posizione mista: 1.620
Certo c'è molto da fare, ma non è detto che non si possa migliorare un sistema che in quanto a civiltà ha da insegnare a tante nazioni.
Un ultima cosa: Tummolo è un ipercritico riguardo il nostro sistema giudiziario e credo che (mi corregga Manlio se erro) la tua frase che ha forse suscitato in lui un pò di patriottismo, è stata la seguente:
È vero che la giustizia non è mai perfetta in qualsiasi nazione, però in Italia vedo che hanno troppo potere, davvero.
Concordo pienamente con lei Tummolo, e le invio un interessante riassunto sui progressi fatti in materia di pena di morte
http://www.amnesty.it/pena-di-morte-2010-decennio-di-progressi-paesi-mantenitori-isolati
Ciao a tutti
Sira
Scusa Massimo dimenticavo, ti ho messo fra i destinatari perché volevo segnalarti un sito con molte pagine aggiornatissime e molto interessanti.
RispondiEliminaSe non lo conosci vale la pena di dargli un occhiata:
http://www.ristretti.org/Il-Granello-di-Senape/
Ciao sira