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lunedì 12 settembre 2011

Livia ed Alessia. Una procura da incubo con troppi scheletri negli uffici


Livia ed Alessia restano sepolte nell'oblio, non sotto terra o sott'acqua ma fra pochi ricordi e molte dimenticanze. La stampa tace e non pressa, i media televisivi danno notizie col contagocce ed i lettori a poco a poco chiudono gli occhi e si addormentano. D'altronde perché parlarne dato che fra i commentatori dei vecchi articoli, nei siti italiani francesi e svizzeri, c'è stato chi sempre più spesso ha preso a male parole chi cercava di occuparsi di un caso che, svanita l'emotività del momento, è diventato questione per pochi intimi? La maggioranza dei lettori è certa che delle piccole non vi sia più traccia, è certa siano morte, sepolte o gettate in mare fa poca differenza. Ed a nulla valgono le ricostruzioni logiche che poco portano a pensare si sia consumata la tragedia finale, ricostruzioni di certo più veritiere di quelle inventate, senza avere neppure una base di partenza, dagli inquirenti svizzeri. Perché, se ancora non l'avete capito ve lo dico io, "quelli" inventano mentre poltriscono sulle poltrone in pelle di camoscio dei loro uffici. Non c'è mai stata davvero la voglia di indagare, la voglia di ritrovare le piccole, ormai s'è capito che cercano il silenzio assoluto per poter chiudere le indagini e lasciare Irina Lucidi al proprio destino.

Hanno iniziato credendo che il rapire due figlie fosse cosa normale se fatta da un padre, per questo hanno atteso prima di allertare i colleghi francesi e italiani. "Facciamogli fare una vacanza con le bimbe", avranno pensato, le ex mogli rompono sempre troppo i cosiddetti. Il problema è sorto quando si sono resi conto che lo Schepp non s'era preso una vacanza. Oddio, non è che se ne siano resi conto il giorno dopo, e neppure quello dopo ancora e nemmeno quello ancora dopo, no, hanno agito con la lentezza esasperante di una lumaca all'asciutto prendendosela pigra, d'altronde sulle poltrone di camoscio si sta più comodi in inverno (ed il periodo era invernale), l'hanno capito nella giornata del 4 febbraio, perché gliel'hanno fatto capire, a cinque giorni dal rapimento quando una telefonata li ha avvertiti che la sera precedente un uomo naturalizzato svizzero s'era gettato sotto un treno. Lì hanno realizzato che all'appello mancavano due gemelline. E cosa hanno fatto per trovarle? Dopo aver saputo che lo Schepp aveva fatto tappa a Marsiglia hanno immediatamente raccontato a tutti la favola che le voleva salite sul traghetto. Questa gli ha dato il modo di mettere le mani avanti ipotizzando due valige piene dei loro corpi ormai perse nel Mediterraneo. Ma che fosse una favola era semplice da capire, non serviva neppure tanta esperienza, bastava usare un minimo di logica.

Però occorre riuscire a ragionare con logica, mica è facile fare le ipotesi giuste, quelle che ti costringerebbero ad inviare rogatorie internazionali e a darti da fare. Ed infatti, non smentendosi, nell'attesa che gli italiani risolvessero il rebus del satellitare (fra l'altro per cercare le parti più piccole si sono mobilitati tantissimi volontari), che i francesi cercassero conferme degli avvenuti passaggi, con o senza figlie, a Lione ed a Montelimar, loro hanno alzato al cielo due elicotteri e chiesto quattro tabulati telefonici. "Per far questo - disse al mondo il procuratore di Losanna Pascal Gillièron - sono stati già spesi 600.000 Franchi". Parbleu che elicotteri e che tabulati girano per la Svizzera! Questo hanno pensato i gendarmi francesi che, capendo la poca voglia degli inquirenti elvetici, si adeguarono smettendo di indagare e, soprattutto, di cercare riscontri all'aeroporto di Lione e negli alberghi di Montelimar.

Ma poi ci fu la mobilitazione generale e 160 persone le cercarono morte, senza motivi solidi ma solo in base ad un uomo visto tempo prima passeggiare con un trolley, in un paesello ameno che poggia su un lago. Passarono tutto il centro abitato, setacciarono la spiaggia, si immersero nelle acque e controllarono pure il cimitero. Nella stessa vasta operazione, che durò due giorni, furono impegnati anche sette cani specializzati nella ricerca di cadaveri. E quando ci dissero che nulla era stato trovato fioccarono i commenti sarcastici tanto che un ragazzo descrisse, sotto l'articolo di un giornale svizzero, tutto il suo scetticismo parlando di quanto gli risultasse strano che sette cani specializzati in cadaveri non avessero trovato alcun corpo morto neppure al cimitero. Era una battuta? Non credo. Quel commentatore aveva capito che tutta l'operazione era stata una colossale bufala messa in piedi dalle autorità per cercare di riprendersi quella credibilità perduta dopo la faccenda, scandalosa, dei soldi spesi.

Ed infatti il tutto fu fatto in "pompa magna" e diede la possibilità al procuratore di bloccare le critiche, che da più parti arrivavano, e di dire ai giornalisti che le autorità elvetiche stavano facendo più del possibile per ritrovare le bimbe. Come no! Infatti da quella colossale e finta ricerca sono passati cinque mesi. Cinque mesi in cui l'unica cosa a loro riuscita bene è l'impigrirsi sulle solite poltrone di camoscio. Si era ad aprile e da allora, al massimo, hanno dichiarato che si stavano impegnando ma che non c'era nulla di nuovo. Nulla di nuovo in Svizzera, nulla di nuovo in Francia, poco di nuovo in Italia, l'unica nazione dove ancora oggi c'è chi nutre qualche speranza e dice che la possibilità siano vive è intatta. Ed è strano che a Foggia ci sia chi dica questo perché un mese fa ho letto su due giornali elvetici che gli inquirenti svizzeri, parlando della saliva trovata nel baule dell'auto del padre, avevano ufficialmente dichiarato che non ce n'era abbastanza per riuscire a capire vi fosse del veleno. Un modo malcelato per far credere all'opinione pubblica vi potesse essere.

Ma era una nuova bufala, una nuova falsità se è vero che il procuratore di Foggia, dottor Russo, ha dichiarato ai giornalisti mediaset che nella saliva non vi erano affatto tracce, né di droghe né, tanto meno, di veleno. Ed allora c'è da chiedersi con chi abbia a che fare la madre di Livia ed Alessia. Con quale ulteriore incubo debba confrontarsi quando chiede notizie sull'avanzamento delle indagini. C'è da chiedersi chi siano quei personaggi che non vedono l'ora di liberarsi dell'incombenza del caso Schepp sparando fior di falsità, pur di riuscire nell'intento, e quanti scheletri siano riusciti a far stare nei loro uffici in questi mesi. C'è da chiedersi quando inizieranno a dire una mezza verità, quando finalmente ammetteranno che non sanno da che parte andare a parare vista la loro grande ed intrinseca riservatezza. Perché in sostanza il problema sta tutto in una parola, "privacy". 

A causa di questa non si sono controllati i parenti dello Schepp, a causa di questa le indagini non sono mai partite e si è andati a dire ai giornalisti, ma il messaggio era rivolto chiaramente alla madre, che soffrivano per Livia ed Alessia ma la cosa migliore da fare era rassegnarsi, e questo è stato il primo chiaro sintomo della loro rassegnazione. Verrebbe da citare Alexander Pope e dire: "Non ho mai conosciuto un uomo che non sapesse sopportare le sventure altrui con perfetta rassegnazione cristiana".



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12 commenti:

  1. Massimo...Segue un racconto inverosimile--un racconto che concede un sottile spiraglio di speranza agli genitori angosciati come Irene:

    http://news.nationalpost.com/2011/09/11/unprecedented-for-kidnapper-to-return-boy-expert-says/

    A.

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  2. La posizione degli inquirenti svizzeri, questo richiamo a farsene una ragione, oltre ad essere moralmente e umanamente inaccettabile non credo possa essere considerata legittima da un punto di vista della legge. Livia ed Alessia sono scomparse da mesi, non é un brutto caso di cronaca degli anni cinquanta! E' tutto ancora qui, ancora presente nella quotidianita', i protagonisti (con l'eccezione dello Schepp) sono vivi, gli alberghi di Montelimar avranno lo stesso personale, le case e le auto dei protagonisti (famigliari compresi) possono ancora parlare agli esperti. Livia ed Alessia, qualunque sia stata la loro sorte, possono ancora essere ritrovate. E se fossero sul fondo del mare come lasciano intendere in Svizzera, beh allora ne portino le prove. Chiaramente, se su un traghetto sono SICURAMENTE salite, e SICURAMENTE non sono arrivate é facile immaginarne la fine. Ma non c'é niente di certo, proprio niente. Davvero, Massimo, mi chiedo se la linea seguita da chi in Svizzera si occupa delle indagini sia contemplata dalla legge, non esiste l'obbligo di continuare un'indagine se non ci sono elementi certi a chiusura?..... grazie

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  3. Ciao nico.

    Visto che non c'era il loro dna nella cabina del traghetto è difficile ti possano portare prove che indichino siano state gettate in mare.

    Per quanto attiene le indagini c'è anche in Svizzera un limite che può essere allungato. Ma se tu spargi il seme della rassegnazione, se dichiari ai giornalisti, per non dire che non c'era veleno, che la saliva non ha dato riscontri perché poca, significa che ti stai preparando alla chiusura anticipata. Era questo che volevo denunciare nell'articolo.

    D'accordo con te che ci sono ancora auto e tutto il resto, forse, ma vuoi mettere far analisi a dieci giorni dalla scomparsa e farle a nove mesi? Per non parlare dei gendarmi francesi che anziché passare dagli alberghi hanno pubblicato un numero di telefono chiedendo a chi lo avesse visto di telefonare. Ma poi chi lo ha detto che lo Schepp non avesse amici o parenti in quella zona? Possiamo saperlo se nessuno ha controllato?

    Per quanto riguarda gli anni '50 non ti so dire se i calendari d'oltralpe sono stati aggiornati.

    Massimo

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  4. Beh diciamo che i procuratori svizzeri assomigliano molto a quelli bergamaschi......

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  5. Non proprio Filippo, a Bergamo avranno sbagliato più volte direzione ma le indagini le hanno fatte, ed anche tante, a Losanna, invece, non hanno mai pensato le gemelline fossero vive e le uniche indagini partite sono quelle, poche poche ad essere onesti, per trovarle morte.

    La differenza è sostanziale perché per Yara in ogni modo si lavorava tanto e in buonafede, per Livia ed Alessia non si lavora affatto.

    Ciao, Massimo

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  6. Massimo vorrei tanto crederti. Non aggiungo null'altro per non creare ulteriori polemiche sulla ruggeri.

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  7. Massimo condivido pienamente la tua idea e se fossi Irina mi rivolgerei a degli investigatori privati

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  8. Personalmente credo (e soprattutto spero) che le bimbe siano state affidate a qualcuno e che quindi siano ancora in vita. Non c'è logica nel viaggio folle di MS, il quale, se avesse voluto fare ciò ha scritto ad Irina, avrebbe ucciso le bimbe e se stesso già in casa, a St Sulpice, mettendo fine a tutto in pochissimo tempo. Si sarebbe forse messo a rischio andandosene in giro per l'Europa, magari con la possibilità che la polizia lo avrebbe rintracciato e beccato? Lui ha iniziato il viaggio "depistante" per dare vantaggio chissà a chi, con bimbe al seguito, per una fuga lontana. Fuga sicuramente iniziata in Svizzera, per approdare chissà dove. Irina deve usare ogni mezzo a sua disposizione per non far calare mai l'attenzione sulla sparizione dei suoi due tesori. Se mi legge, l'abbraccio forte e continuo a sperare con lei. A Massimo, grazie per continuare a parlarne.
    Ciao
    Claudia

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  9. Scusate se insisto: è sicuro che dai pochi resti trovati si possa dire che l'ingegnere sia morto sotto quel treno?

    V.

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  10. E chi lo sa V., certo è che in questo caso dobbiamo fidarci di chi indaga, e se dicono che è lui dobbiamo credere sia lui.

    Tu Claudia hai centrato il problema, per quale motivo giocare al gioco dell'oca? Peccato che chi indaga non l'abbia mai pensata così e si sia fossilizzato in una lettera in cui lo Schepp neppure scrive di averle uccise ma lo fa solo sottintendere.

    Ciao, massimo

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  11. Un complimente al procuratore di Bari, persona veramente garbata e molto accorta. Magari tutti i magistrati fossero cosi.

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  12. Massimo, secondo te e' possibile che una donna in gamba come Irina si sia rassegnata ad una tale incapacita'? Che non si sia affidata ad un investigatore privato? Tu che informazioni hai?
    Personalmente, spero che non succeda mai, ma se mi rapissero un figlio, spenderei fino all'ultimo risparmio per trovarlo...

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