Di Gilberto Migliorini
Piramide del potere (clicca sula foto per ingrandire) |
Ormai ci sono il biologo e il chimico, il fisico e lo psicologo che non solo rilevano dei dati, ma che sfornano giudizi a tutto tondo. La prova scientifica è diventata la bacchetta magica che risolve anche il caso più difficile. Forse alla fine il camice bianco (e la toga) verrà indossato da software biologici, test di Turing informatizzati e da computer dedicati, con una stampante che sforna in automatico la foto del colpevole estratta da un database. I tre gradi di giudizio daranno alle procedure una veste formalmente ineccepibile velocizzando finalmente una giustizia lenta e farraginosa. Il problema dell’arretrato non verrà risolto sfrondando un ginepraio di leggi contraddittorie e incomprensibili per noi comuni mortali, e nemmeno con magistrati attrezzati con strumenti di epistemologia giuridica. In futuro nello showbiz si tratterà di verdetti spettacolarizzati, con trailer, colonna sonora e magari un teaser ad effetto con un cast di opinionisti ed esperti al seguito del carrozzone mediatico. Sarà un blockbuster che incanta con gli effetti speciali, uomini in camice bianco e valigetta al seguito mentre il criminologo, nel salotto televisivo, snocciola una litania di aforismi alla monsieur de la Palisse in salsa scientifichese.
Un attimo, mi hanno appena telefonato per dirmi che è già così! Accidenti, ne abbiamo fatta di strada!
Una spettacolarizzazione che
sponsorizza un film (con relativa prova del Dna)
davvero coinvolgente. I delinquenti devono farsene una ragione, oppure
aggiornarsi secondo i nuovi standard con Kit (già in vendita su Internet) per
utilizzare il test del Dna come nuova
opportunità (magari seminando l’acido nucleico di altre persone sulla scena del
crimine). Per gli innocenti occorre prepararsi preventivamente un alibi di
ferro... e forse non basterà neppure quello.
Come
Timothy Durham, accusato di aver stuprato una ragazza di Oklaoma City.
Nonostante 11 testimoni gli fornissero un alibi, la prova del Dna lo fece ugualmente condannare (noblesse oblige della ‘prova scientifica’). Solo la disponibilità economica della
famiglia consentì una replica del test e si poté dimostrare che il test precedente era
stato male interpretato.
Tra gli scienziati, qualcuno
con coraggio comincia ad ammettere che l’infallibilità del Dna è un mito, una
chimera, a differenza della giustizia che di fronte alla cosiddetta prova
scientifica non sembra sfiorata da dubbi epistemici. L’Ipse dixit adesso è appannaggio del sistema tecnologico. Salvo
confondere quello che è semplicemente un
dato (talvolta per giunta sbagliato o comunque da interpretare) con quella
che è una prova (da rappresentare in
un sistema indiziario possibilmente non teorematico).
Ma forse il problema è a
monte, almeno per il nostro paese. La cultura espressa dall'Italia è quella di
un sistema di chiusure che ricordano la nostra civiltà medioevale, quel sistema
di vincoli e di pastoie, una ragnatela dove la certezza del diritto scema nelle
segrete stanze e dove tutto avviene attraverso relazioni clientelari e scambi
di favori, do ut des, del tutto
normali nell'organigramma dei poteri. Quella cultura che - dall’Alto medioevo, nel disordinato sviluppo delle repubbliche cittadine e attraverso il Rinascimento
– giunse fino a noi inabissandosi in quel clima della controriforma nel quale
viviamo in un presente interminabile intervallato qua e là da sprazzi di modernità
non del tutto scevra dai pregiudizi e dalle auliche superstizioni.
Quando si parla di caste si
intende un sistema di privilegi e di potere che risulta impermeabile rispetto
a quelle regole scritte che dovrebbero informare la società civile, un potere
che sta al di sopra della legge in forza di una posizione eminente che ai suoi
aderenti garantisce immunità, prebende e prestigio, una discrezionalità decisionale
e una autonomia senza controllo, se non in quei protocolli formali di un
bizantinismo e preziosismo vuoti e strumentali. Il diritto e la politica sono
intessuti di interpretazioni che rimandano a rapporti di natura imperscrutabile
in quanto appannaggio di caste mimetizzate in un linguaggio simbiotico e
semanticamente indecidibile. Appartenere a una casta, però, non ha solo risvolti
positivi: i privilegi comportano un onere, un gravame non lieve, il rispetto
di quelle regole esoteriche non scritte che di fatto limitano le libertà del
suo adepto in rapporto ai suoi pari. Tutta una serie di conflitti morali e di sotterranei
antagonismi, di gelosie e di tradimenti, non può non creare un perenne stato di
disagio e una sorta di ritorno del
rimosso, soprattutto in coloro che conservano ancora un barlume di
coscienza critica e di autonomia personale. L’affiliato a fratellanze è
costretto a sfogarsi nel chiuso soffocante della propria gerarchia, talvolta
ribellandosi a un sistema che in quanto protettivo è anche castrante e oppressivo,
conchiuso e autoreferenziale in una interdipendenza di poteri di supporto e di
rimandi, senza più nessun riferimento alla realtà ma solo a dei puri ed eterei formalismi.
Il sistema interconnesso delle
istituzioni politico-giudiziarie degli ordini scientifico-professionali, dei
protocolli informativi e mediatici, porterà Bossetti a una condanna? E lo stesso sistema condurrà l’Italia al default, a
un fallimento sociale ed economico catastrofico? L’ultimo governo, quello in carica, sembra avere tutte le carte in regola per svendere il Bel Paese, forse
addirittura con il beneplacito della maggioranza degli italiani che neppure si
rendono conto di seguire un pifferaio magico. Il Paese è ormai irretito in un
sistema che lo sta lentamente soffocando, un popolo di inconsapevoli carcerati proprio come il muratore di Mapello, che tira a campare nella speranza che prima
o poi succeda qualcosa, che sia stato davvero trovato il colpevole di un
delitto e i responsabili dello sfascio delle istituzioni. La cultura delle
chiusure e delle caste impermeabili, sta lentamente e inesorabilmente facendo il
suo lavoro di cesello: gutta cavat
lapidem. La libertà espressa attraverso l’uguaglianza dei diritti e le
garanzie costituzionali esiste solo come quadro oleografico e orpello retorico,
una finzione che vale per chi appartiene alle gerarchie dominanti. Al politico e
all'amministratore si danno i domiciliari, magari nella villa di famiglia con tanto di parco e dependance, mentre il detenuto comune in fermo giudiziario o
in attesa di giudizio, viene messo in isolamento in una cella grande quanto il loculo di un sepolcro.
Però i sistemi chiusi di camarille e massonerie inibiscono e schiacciano non solo il cittadino comune, ma anche gli stessi aderenti e affiliati alle lobby in antagonismo o in negoziazione. Perfino il privilegio del potere può talvolta risultare un peso insopportabile per chi conserva ancora il senso di una coscienza libera. Il conflitto talora si svolge perfino nelle segrete stanze…
Però i sistemi chiusi di camarille e massonerie inibiscono e schiacciano non solo il cittadino comune, ma anche gli stessi aderenti e affiliati alle lobby in antagonismo o in negoziazione. Perfino il privilegio del potere può talvolta risultare un peso insopportabile per chi conserva ancora il senso di una coscienza libera. Il conflitto talora si svolge perfino nelle segrete stanze…
Esiste la possibilità che
nasca una nuova cultura? Oppure i germi di quella che ci sta soffocando sono
ormai ovunque? Qualsiasi tentativo di rinascita di un popolo ridotto in
schiavitù mediatico-istituzionale è condannato a riprodurre gli schemi mentali che
lo costringono in un ghetto di ignavia e qualunquismo? Il controllo della
cultura è attuato in modo capillare a monte, in un sistema mediatico che plasma
e indottrina un popolo di replicanti. Il target farfuglia e ripete pedissequamente
i rituali di una cultura nazional-popolare che lo illude di esprimere il suo
pensiero e le sue emozioni, mentre è soltanto la marionetta di un teatrino. Dove
possono ancora esistere nicchie di libertà? Nel sindacato? Nella cultura
alternativa? Nell'associazionismo e nel volontariato?
I nuovi congegni elettronici che consentono nuove modalità di relazione e di intrattenimento, sembrano più che altro veicolare i germi della cultura superficiale del cinguettio e del vuoto a perdere. Le forme di dissenso sembrano prendere la strada del déjà vu, della fuga in avanti e degli schematismi obsoleti. È lo stato orwelliano nel quale qualsiasi Winston Smith, l’uomo qualunque, everyman della società del Big Brother, può solo rifugiarsi in qualche negozio da robivecchi accontentandosi di un anfratto di libertà come il protagonista di 1984? La cultura televisiva ci avvolge ormai come la coperta di Linus, un po’ protegge dalle dissonanze cognitive che potrebbero precipitare l’utenza in un dubbio pernicioso (quello che ci stanno raccontando un sacco di balle) e un po’ ci tranquillizza e rasserena insieme alla ninna nanna che ci fa addormentare nel bozzolo caldo, protettivo, rassicurante e telegenico dell’informazione di lana caprina.
I nuovi congegni elettronici che consentono nuove modalità di relazione e di intrattenimento, sembrano più che altro veicolare i germi della cultura superficiale del cinguettio e del vuoto a perdere. Le forme di dissenso sembrano prendere la strada del déjà vu, della fuga in avanti e degli schematismi obsoleti. È lo stato orwelliano nel quale qualsiasi Winston Smith, l’uomo qualunque, everyman della società del Big Brother, può solo rifugiarsi in qualche negozio da robivecchi accontentandosi di un anfratto di libertà come il protagonista di 1984? La cultura televisiva ci avvolge ormai come la coperta di Linus, un po’ protegge dalle dissonanze cognitive che potrebbero precipitare l’utenza in un dubbio pernicioso (quello che ci stanno raccontando un sacco di balle) e un po’ ci tranquillizza e rasserena insieme alla ninna nanna che ci fa addormentare nel bozzolo caldo, protettivo, rassicurante e telegenico dell’informazione di lana caprina.
Bossetti tenuto in galera, e tanti altri come lui, è
l’ipostasi di un paese che non riesce ad infrangere le proprie catene, di
istituzioni che si appellano a prove del Dna improbabili e astratte, che non sa
guardare oltre le apparenze, che ripete pedissequamente i suoi errori
fotocopiandoli per pigrizia e opportunismo. Alla fine le istituzioni siamo noi,
uomini in carne e ossa, responsabili del nostro destino. Non siamo ancora
macchine… ma siamo sulla buona strada per diventare automi. Non siamo ancora quel
Dna che qualcuno pretende ci rappresenti, ma ne stiamo facendo il feticcio
dietro il quale nascondere tutti i nostri luoghi
comuni.
A quell’acido nucleico non è
appeso solo il muratore di Mapello. A quei nanogrammi di sostanza biologica sta
appesa anche la credibilità di scienziati, magistrati, giornalisti,
opinionisti, criminologi e perfino uomini politici che stanno in quelle connessioni
sistemiche di un paese da sempre organizzato in ruoli gerarchici e interconnessi.
Di sicuro faranno di tutto per non mollare l’osso, ben sapendo che l’innocenza
del Bossetti sarebbe una iattura per tutto un sistema di potere.
Di certo scoprire un domani che è davvero innocente e che il Dna "trovato" non ha motivo di esistere non farebbe
scricchiolare gli attuali rapporti di forza. Di certo, però, sarebbe uno spiacevole
incidente di percorso e, chissà, forse farebbe riflettere quella vasta platea
mediatica che ha l’attitudine di bersi tutto d’un fiato e a mandar giù senza ogni intruglio batter ciglio
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RispondiEliminaCaro Gilberto,
RispondiEliminaquesta volta non voglio farti i complimenti perchè finirei per apparire ripetitivo.
Questa volta voglio sottolineare la grande onestà intellettuale, colpevolista o innocentista qualsivoglia, con cui hai posto l'attenzione sul nodo cruciale di questa vicenda.
Timothy Durham fu condannato perchè alcuni capelli ritrovati nella zona del crimine avevano caratteristiche simili a quelli di TD, pari ad un 95%.
TD non era a Tusla dove venne consumato il crimine, si trovava a tirare a piattello a DALLAS con un riscontro di ben 11 testimoni.
Il dettaglio di questo caso è che sulla scena del crimine furono ritrovate anche INCONCLUSIVE tracce di sperma.
Condannato, dopo alcuni anni di carcere si ricolse all'Innocence Project una organizzazione giuridica che si impegna a difendere condannati ingiustamente attraverso l'uso di test del DNA. In 12 anni ha liberato 318 condannati ingiustamente a causa del DNA. Il DNA apparteneva ad un certo J. Garrison, morto suicida.
Il nostro caso non è così paradossale: mancano i testimoni e manca un alibi..........ma non c'è immediatezza per cui difficilmente 11 eventuali testimoni sarebbero stati in gradi di ricordare dove fosse MGB quasi 4 anni prima. Non ne ha la più pallida idea nè lui, nè i suoi stretti familiari che altro non hanno potuto fare come avrebbe fatto un accanito tifoso Milanista o Juventino che fosse: e cioè che se fosse stato di domenica ero quasi sicuramente allo stadio.
11 Testimoni a scagionare contro comparazioni di capelli e INCONCLUSIVE traccia di sperma.
Miliardi di Indizi non UNIVOCI e non interpretabili in maniera credibile contro 1 Traccia di DNA incredibilmente di ottima qualità di "forse sangue".
Mi chiedo se in mancanza di 11 testimoni l'Innocence Project avesse sposato la causa innocentista e portato alla liberazione di TD.
Mi chiedo CHI sarà in grado di evitare a MGB una condanna senza che nessun Innocence project, ammesso che ne esista in Italia, sia in grado di portare in esame un DNA che non può più esistere...........incredibilmente non più abbondante?
Se è questo l'oltre ragionevole dubbio.............perdiamo tutti e come hai ben detto: Agenda fra le mani............appuntarsi tutto. Potrebbe salvarci la nostra vita e quella dei nostri familiari.
Articolo interessantissimo. Se in Italia non esiste un'organizzazione che tuteli dagli errori giudiziari...sarebbe opportuno che qualcuno la crei.
RispondiEliminaAnche se ci appuntassimo tutto su un agenda, non verremmo creduti lo stesso...non dobbiamo cambiare noi ma la testa di chi opera nella giustizia.
Kris
Grazie Massimo M. e Kris
RispondiEliminaIl caso Bossetti infatti travalica lo specifico e pone l'accento sulle procedure e la mentalità che informano gli apparati della giustizia. A riguardo segnalo il saggio
LA PROVA DEL DNA TRA ESALTAZIONE MEDIATICA E REALTA’ APPLICATIVA: PROBLEMI TECNICI ED ONERE PROBATORIO (dell'università LA SAPIENZA): www.archiviopenale.it/apw/wp-content/uploads/2013/06/2012_laboratorio_prova.pdf
In realtà non l'ho ancora letto, l'ho solo scorso e da un primo assaggio mi è sembrato interessante (lo leggerò appena avrò un po' di tempo). Se ne avete voglia potete leggerlo e darne un giudizio...
Ciao
Gil
Grazie della segnalazione Gilberto.
RispondiEliminaKris