Matteo Renzi non crede all'eliminazione... |
La nazionale italiana è lo
specchio di una Italia senza idee e senza carattere, un paese che non sa più
lottare e che ormai ripete gli stessi stereotipi tattici, le medesime meline
inconcludenti e che pensa di riuscire a sopravvivere e andare avanti con
espedienti e moduli di gioco che dietro all’apparenza del rinnovamento costituiscono
tutti i cliché e le pochezze che ci hanno portato fin qui. I calciatori non
possono che respirare, così come il resto di tutta la società in tutte le sue
manifestazioni e i suoi protagonisti, questo clima del Paese per il quale si
vive di promesse e di speranze affidandoci più che altro all’improvvisazione, con imbonitori che da tanto tempo ce la cantano e ce la suonano.
L’eliminazione
della Nazionale italiana non è un fatto inaspettato o casuale nel contesto di
un paese che crede di poter uscir fuori da una crisi che non è tattica, di
modulo, di formazione, ma che è il risultato di una mentalità e di una filosofia
fallimentari che ormai fanno parte integrante, geneticamente, dello spirito di
un popolo nell’ultimo ventennio. La debacle della spedizione azzurra costituisce
un evento in linea coerente con quanto il paese è diventato, ne è la più
puntuale e precisa sponsorizzazione, rappresenta simbolicamente tutta intera
l’illusione con la quale il popolo italiano continua ad offrire fiducia a
schemi di gioco fumosi e senza idee. Una nazionale di calcio non è solo i suoi
giocatori e il suo allenatore, è fatta di tutto quello che fermenta in una
cultura e in una economia. Essa rappresenta le passioni con le quali l’animo di
un popolo cerca, anche attraverso l’entusiasmo e il tifo, di offrire un pungolo
ai suoi sogni, di materializzare tutte le sue energie creative identificandosi con
una squadra che non è solo di giocatori, ma è anche e soprattutto di idee, proiezione
di tutto quello che vorremmo realizzare nel nostro futuro.
In un certo senso gli
attori sul campo hanno impresso del loro paese la mancanza di carattere e di
forza (ormai solo un ricordo) che si manifesta in un’anima rassegnata e
sconfitta. Guardando la nostra Nazionale sul campo, viene immediata l’immagine
di un gruppo alla deriva, senza coraggio e senza convinzione che annaspa,
proprio come tutto il paese, nell’eterno dilemma "essere o non essere", "attaccare
o difendersi", "rischiare o fare catenaccio", "tentare un’altra strada o sperare
ancora nei soliti incantesimi e giochi di prestigio?". La
squadra di calcio, come quella di governo, non è un risultato casuale, è lo
specchio di quello che siamo diventati inseguendo le chimere di chi ci ha
sistematicamente ingannato e continua a farlo. No, non basta l’entusiasmo dei
supporters per dare concretezza di gioco alla squadra, non basta la fede cieca
e disinformata perché la fiducia si trasformi in un progetto.
I tifosi (non si sta più parlando della Nazionale) sembrano
credere ciecamente a quanto si continua a fare, alzano le bandiere, si dipingono
il viso, si accalorano per poco o niente (gli ottanta denari), danno ancora
fiducia a una squadra che è soltanto un collettivo di dilettanti con un
allenatore che rappresenta l’inconsistenza,
il vuoto e pernicioso attivismo, di una guida (e di una filosofia politica) che
rischia di portare il Bel Paese a una sconfitta ben più drammatica e rovinosa.
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condivido
RispondiEliminaInnanzitutto ti ringrazio per l'attenzione prestatami e per le belle parole che mi hai dedicato. Mi sento onorato di avere colloquiato con una persona che usa il cervello e non i luoghi comuni e, credimi, non è facile al giorno d'oggi. Nel mio piccolo, ti assicuro che nel mio mestiere ho cercato di seguire proprio i tuoi metodi, ma ho dovuto scalare una montagna e non solo con la becera magistratura ma purtroppo con l'intero sistema. Adesso, ho appena compiuto sessant'anni, faccio un bilancio della mia vita (mi sono dimesso dal servizio) e non riesco ancora a capire se il mio cocciuto operato sia servito a qualcosa. Quando cerchi di fare pulizia, spesso muovi un meccanismo che ti si ritorce contro, lotti ma poi ti accorgi che dopo tutto ritorna come prima. E allora? Valeva la pena far fare tanti sacrifici alla propria famiglia (ho moglie e tre splendidi figli), valeva la pena fare dieci traslochi, valeva la pena mettersi sempre dalla parte del più debole per poi essere arrestato in quanto risultava illogico avere tanti incarichi, senza guadagnarci qualcosa? (sic). Per tornare alle cose futili sono d'accordo sul tuo articolo, ma immagino che, in caso di pareggio, tutti sarebbero saliti sul carro dei vincitori, definendo eroica la resistenza in dieci uomini. Ma come insegna Woody Allen (match point), una pallina che supera la rete prendendo il nastro può determinare a volte il destino umano! Un forte abbraccio, domenico
RispondiElimina@ GILBERTO
RispondiEliminaNon sono portato a facili entusiasmi. E poche volte ho commentato i tuoi articoli, di ottimo livello letterario ma, spesso, molto polemici.
Beh, questo tuo ultimo scritto descrive, con evidente onestà intellettuale, lo stato di prostrazione generale, in cui il popolo italiano (non già quello "italiota") è stato trascinato, suo malgrado da 50 anni di politica impostata al pressappochismo e ad interessi alieni a quelli dello Stato.
Saluti cordiali, Pino
Grazie Pino
RispondiEliminaIn ogni caso qualche volta polemizzare serve se non altro per smuovere le coscienze.
Ciao
Gilberto
Ciao Massimo. Ti seguo spesso e condivido molto di quello che scrivi. Questo articolo per niente. Cadi secondo me nel classico difetto di generalizzazione che non serve al nostro paese, meno che mai adesso. I problemi (e le partite :-)vanno affrontati nel merito come fai benissimo nei casi di cronaca. Saluti Stefano
RispondiEliminaStefano, grazie per i complimenti sugli altri articoli. Per quanto riguarda questo in particolare, se leggi in alto c'è scritto articolo di Gilberto Migliorini. Quindi non è un mio articolo e le tue critiche le passo a Gilberto...
RispondiEliminaCiao, Massimo
A Stefano
RispondiEliminaSì, essendo un mio articolo non c’è contraddizione, probabilmente non condividi mai quello che scrivo per cui il problema della coerenza non si pone, sono in perfetta linea di continuità. Comunque la nazionale di calcio a differenza di una normale squadra di campionato non è solo espressione tecnica, è anche passione e identità, in grado dunque di mobilitare energie, forza d’animo e tenacia. La passione sportiva dove c’è idealità e senso di appartenenza a una nazione o a una etnia mobilita nei giocatori un surplus di volontà di lottare, una capacità di soffrire superiore a quella del mercenario in una squadra di campionato. Un paese nelle sue manifestazioni è molto più unitario e interconnesso di quanto ad uno sguardo superficiale si possa ritenere…
Ehm, scusate...giro il commento a Gilberto, che ringrazio per la risposta
RispondiEliminaSaluti Stefano