Marco Strano, Psicologo della Polizia di Stato e Dirigente Nazionale UGL Polizia di Stato (responsabile della ricerca scientifica e formazione professionale) ha maturato più di 30 anni di esperienza nel settore della criminologia, di cui 20 come "investigatore di strada" in ambiti particolarmente complessi come gli omicidi della criminalità organizzata (negli anni '90 era nel “mitico” nucleo operativo speciale antimafia del Prefetto Sica all’epoca delle stragi di Palermo). Poi il suo settore di azione si è spostato su pedofilia e cybercrime, di cui si è occupato quando dal 2001, dopo quasi 18 anni nei servizi di intelligence, si è rimesso la divisa e ha diretto per 5 anni l’Unità di Analisi della Polizia postale. Attualmente è in servizio presso l’Ufficio di Coordinamento sanitario della Polizia di Stato e si occupa di un progetto operativo sull’Autopsia Psicologica. Parallelamente all'attività investigativa ha sviluppato alcune ricerche scientifiche pionieristiche divulgate in tutto il mondo, come l’applicazione dell’intelligenza artificiale al criminal profiling. E’ considerato uno dei maggiori esperti al mondo di Psicologia investigativa. Stimatissimo nella comunità scientifica negli ultimi anni si è fatto conoscere al grande pubblico per le sue partecipazioni a trasmissioni televisive dove si è sempre distinto per la pacatezza dei giudizi e la chiarezza espositiva. Marco Strano opera inoltre da molti anni nel mondo dell’Associazionismo. E’ stato fondatore, Presidente e Direttore scientifico della prestigiosa I.C.A.A. – International Crime Analysis Association (sciolta nel 2013 e in fase di rifondazione in Svizzera) ed è attualmente è il Presidente del Centro Studi Crimecafé e membro del Direttivo dell’European Drone Pilots Association. Dal 2013 è inoltre Socio Onorario dell’Associazione Senza Veli Sulla Lingua che difende le Donne da ogni forma di discriminazione e violenza.
Il criminologo e il circo mediatico
Articolo di Marco Strano
Articolo di Marco Strano
Negli ultimi anni, nei talk show televisivi e sulla carta stampata la presenza di criminologi che potremmo definire, genericamente, come “esperti di casi e fenomeni criminali”, è diventata sempre più assidua. I pareri e le analisi che vengono fornite da questi personaggi appaiono però spesso abbastanza superficiali e scontate, e soprattutto centrate più sulla colpevolezza di un individuo e sull'efficacia delle indagini in corso che alla specifica competenza della Criminologia che si dovrebbe, invece, occupare più della dimensione psicologica e psichiatrica del criminale che delle investigazioni. Il criminologo di formazione psico-sociologica, infatti, ha come funzione primaria quella di fornire al Magistrato di Sorveglianza una valutazione sulla pericolosità sociale di un detenuto al fine di suggerire il trattamento carcerario più adatto. Il criminologo di formazione medico-psichiatrica, ha invece la funzione di indicare ai magistrati giudicanti, nel corso del processo, se l’imputato aveva capacità di intendere e di volere al momento del crimine, al fine di stabilire se deve essere processato normalmente o se, invece, più che il carcere è opportuno indirizzarlo verso una struttura psichiatrica (Ospedale Psichiatrico Giudiziario).
Esistono poi in Italia altre figure di criminologi, in verità pochissimi e tutti appartenenti a forze di polizia, che forniscono il loro apporto nella fase iniziale delle indagini, quando ancora i sospetti non si sono concentrati su un individuo specifico. Si tratta dei cosiddetti profilers, che nei casi ancora irrisolti delineano un profilo di colui che “potrebbe aver commesso quel determinato delitto”. Questo profilo in realtà serve agli investigatori per limitare la rosa dei sospettati e ad ottimizzare le risorse investigative, concentrandole sui soggetti più probabili.
Nel mondo operano diverse scuole di profiling e quella statunitense è probabilmente la più famosa, abilmente veicolata anche da film di successo e da alcune riuscite serie televisive tipo “criminal minds”. L’approccio americano è molto centrato sulla statistica e sfrutta database dove vengono diligentemente inseriti casi di vario genere. L’approccio europeo è maggiormente logico e deduttivo ed è centrato sull'analisi della scena del crimine, della vittima e delle informazioni investigative. In effetti la professione del criminologo in Italia non è regolamentata. Non esiste un albo professionale come per i medici o gli psicologi e di fatto chiunque può auto-ascriversi il titolo di criminologo. E’ come dichiararsi esperto di fenomeni criminali. E dove non c’è una regolamentazione precisa dovrebbe esserci il buon senso. Ci vorrebbe una laurea in materie compatibili (Medicina, Psicologia, Giurisprudenza, Sociologia ecc.) e una formazione post-laurea specialistica. E ovviamente una buona esperienza sul campo.
Ma il buon senso spesso non c’è: come nel caso di un Ragioniere di Padova che dopo aver frequentato un corso di 4 giorni in America ha cominciato a proporsi come esperto della scena del crimine e, addirittura, a proporre corsi di formazione su tale tematica. E il risultato di questa situazione è l’imbarazzo dei criminologi veri, quelli con decenni di esperienza sulle spalle e l’assoluta perdita di credibilità della professione. Non è un caso, del resto, che sulla figura del criminologo ci abbiano messo l’occhio anche i comici che hanno intuito come all'interno di questa area professionale alberghi sovente l’improvvisazione. Il gruppo di Simona Ventura - a “Quelli che il calcio” su RAI2 - inserì tra le “gags” proprio i criminologi e anche Gene Gnocchi - su Rai 3 - per diverse settimane scherzò pesantemente su questa professione. Stessa cosa per Zelig e altri programmi di satira.
Ma torniamo ai criminologi dei talk show. Fermo restando che non c’è niente di male nel fornire ai telespettatori delle interpretazioni su un delitto, occorre però fare delle valutazioni di fondo. In primo luogo un criminologo serio ha bisogno di “documentazione di prima mano” per esprimere un parere specifico, altrimenti può solamente fare delle valutazioni statistiche e logiche, ma senza azzardare un giudizio di colpevolezza o il profilo di un presunto colpevole. In altre parole, è necessario poter accedere al fascicolo investigativo per poter esprimere una valutazione attendibile, altrimenti le possibilità sono due: o si rimane sul generico, rischiando di apparire banale, oppure si rischia di giungere a conclusioni non supportate da basi scientifiche.
Ma la legge dei media impone a volte anche la superficialità, per cui la soluzione trovata da diversi criminologi televisivi è stata a dir poco geniale. Considerando che nel 90% dei delitti la vittima conosceva il suo assassino (anche perché non si capisce perché dovresti uccidere uno che non ti ha fatto nulla), che la maggior parte degli assassini sono uomini e che statisticamente le persone uccidono maggiormente in una fascia di età dai 25 ai 50 anni, è sufficiente, quando il conduttore televisivo di turno formula la fatidica domanda rispetto al nuovo crimine insoluto: “dottore, chi potrebbe aver ucciso?”, rispondere, ostentando una certa sicurezza: “sesso maschile, di età dai 25 ai 50 anni e con una conoscenza pregressa della vittima”. In circa 90 casi su 100 ci si azzecca e si fa un figurone. Il problema è che un investigatore che si sente prospettare un simile profilo, ha di fronte, in una nazione come l’Italia, almeno una ventina di milioni di possibili autori e ovviamente non può utilizzare tale informazione in nessun modo.
Certamente può capitare che una vecchietta di 80 anni, fisicamente in forma e cattivissima, senza alcuna conoscenza della vittima, possa uccidere e quindi “sbugiardare la previsione” del nostro criminologo televisivo. Ma è abbastanza scontato che un’evenienza di questo genere sia assai rara e poi, tutto sommato, potrebbe rappresentare un isolato incidente di percorso del criminologo che rimane comunque autorevole e continua ad essere invitato nei salotti mediatici. Da Porta a Porta a Matrix, da Pomeriggio sul 2 ai programmi domenicali di Mediaset, non c’è un nuovo caso di cronaca in cui non venga formulata dal criminologo di turno la fatidica frase: “L’assassino? E' certamente un uomo che conosceva la sua vittima, bisogna quindi cercare nella cerchia dei parenti o dei conoscenti”. Francamente non è difficile immaginare che quella parte di pubblico dotato di un minimo di spirito critico si sia resa conto della superficialità di tale apporto e abbia fiutato l’inganno.
Ma in fondo, come si suol dire, a questo mondo c’è posto per tutti. Sul fatto che però tali pareri non facciano male a nessuno, invece, sono stati avanzati numerosi dubbi. La capacità di influenzare le persone da parte dei media è cosa oramai risaputa e “tra le persone” - siano essi telespettatori o lettori - ci possono essere anche coloro che a vario titolo sono direttamente interessati alle indagini di quel delitto. E non è un caso che negli Stati Uniti venga preclusa la fruizione di programmi televisivi e giornali, nei limiti del possibile, alle giurie popolari che devono esprimere un verdetto.
Sta di fatto che in Italia in occasione di alcuni omicidi famosi, si possono citare quelli di Samuele Lorenzi, Chiara Poggi, Sarah Scazzi e Melania Rea, si è assistito a una sorta di processo parallelo celebrato in televisione con tanto di giudici, investigatori e periti che quando non erano completamente estranei alle indagini, quindi disinformati, erano, cosa assai più grave, coinvolti nel caso, quindi deontologicamente inadatti a parlare in pubblico e a fornire pubbliche informazioni. Ma la legge dell’audience impone questo e altro.
Quali sono i casi che finendo in questa trattazione mediatica esasperata diventano famosi? Normalmente quelli irrisolti che consentono di essere trattati come veri e propri “gialli”. Solo se la Polizia riesce in poche ore a trovare il colpevole di un delitto non si genera suspence e l'accaduto rimane sulle pagine dei giornali per poco tempo, quando non resta in ambito locale e viene raccontato in un telegiornale minore. Ma, purtroppo, non tutti i crimini trovano soluzione. In tutto il mondo, del resto, ogni 10 omicidi almeno 4 rimangono insoluti. Quindi quattro assassini su dieci la fanno franca. Per cui la Polizia non sempre riesce a scoprire l'autore del delitto: non è una cosa atipica e per gli addetti ai lavori rientra nei fisiologici limiti dell’apparato investigativo.
Inoltre gli omicidi che vengono scoperti con una percentuale minore, sono solitamente quelli che maturano nell'ambito della criminalità organizzata. Quelli commessi da killer professionisti che lasciano poche tracce e che operano in ambienti culturalmente omertosi dove trovare testimonianze è davvero difficile. Gli omicidi “intrafamiliari”, quelli commessi da un parente, da un amico o da un vicino di casa, sulla carta sono più semplici da risolvere, poiché gli investigatori hanno la possibilità di individuare un movente tra le persone vicine alla vittima ed anche perché abitualmente un "assassino non professionale" lascia più tracce. Ma non sempre è così facile come si pensa. Edmond Locard, uno dei padri dell’investigazione scientifica moderna, ci ha insegnato che un criminale lascia sempre qualcosa di sé nell'ambiente dove avviene l’omicidio e che sempre qualcosa di quell'ambiente rimane attaccato all'assassino. Si tratta solo di saperlo trovare.
In altri termini, gli investigatori sono particolarmente efficaci nel dimostrare che un soggetto era presente in un determinato luogo cercando i segni della sua presenza (DNA, impronte digitali ecc.). Se il sospettato in fase di indagini dichiara di non essere stato in quel luogo, è bello che incastrato e l’inchiesta si conclude velocemente. Ma nella maggior parte dei delitti irrisolti (degli ultimi anni) o in quelli dove il verdetto lascia dietro di sé una lunga scia di polemiche, l’assassino aveva modo e ragione di frequentare abitualmente il luogo dove è avvenuto l'omicidio. Trovare una sua impronta sulla scena del crimine, quindi, non è più un elemento risolutivo. Il sospettato può infatti giustificarla dicendo di averla lasciata in una fase temporale precedente a quella dell’assassinio. Il giallo di Garlasco rientra in questi casi, così come quello di Cogne. Vengono trovate delle tracce, ma non si riesce a stabilire con assoluta certezza se il principale sospettato le ha lasciate mentre uccideva o in precedenza.
In altri termini, gli investigatori sono particolarmente efficaci nel dimostrare che un soggetto era presente in un determinato luogo cercando i segni della sua presenza (DNA, impronte digitali ecc.). Se il sospettato in fase di indagini dichiara di non essere stato in quel luogo, è bello che incastrato e l’inchiesta si conclude velocemente. Ma nella maggior parte dei delitti irrisolti (degli ultimi anni) o in quelli dove il verdetto lascia dietro di sé una lunga scia di polemiche, l’assassino aveva modo e ragione di frequentare abitualmente il luogo dove è avvenuto l'omicidio. Trovare una sua impronta sulla scena del crimine, quindi, non è più un elemento risolutivo. Il sospettato può infatti giustificarla dicendo di averla lasciata in una fase temporale precedente a quella dell’assassinio. Il giallo di Garlasco rientra in questi casi, così come quello di Cogne. Vengono trovate delle tracce, ma non si riesce a stabilire con assoluta certezza se il principale sospettato le ha lasciate mentre uccideva o in precedenza.
Potrebbe averle lasciate tempo prima, oppure al momento della scoperta del cadavere. Insomma, in tutti i questi casi il “principio di interscambio” di Edmond Locard perde di valore assoluto e le azioni della Polizia scientifica, pur se estremamente sofisticate, entrano un poco in crisi. Certamente esistono delle tecniche di indagine che cercano di dare anche una origine temporale a una traccia. Trovare un'impronta digitale o l'orma di una scarpa impregnate col sangue della vittima, indica sicuramente che il proprietario di quella impronta o di quell'orma ha lasciato la sua traccia dopo l’omicidio. Ma siamo sicuri che, senza ombra di dubbio, è stato lui ad uccidere? E se si fosse sporcato toccando il cadavere per capire se era realmente morto? Insomma, visto che per il nostro Diritto Penale una persona deve essere dichiarata colpevole “solo in assenza di qualsiasi ragionevole dubbio”, la prova scientifica, pur se importantissima, dimostra di non essere "una verità assoluta" perché a volte può avere e dare diverse spiegazioni.
E in questo senso è particolarmente attuale la polemica sui rischi che si corrono affidandosi esclusivamente alle indagini scientifiche. Abbandonare le indagini convenzionali, fatte di intuito, di testimonianze, di ricerca delle contraddizioni negli interrogatori, è ritenuto da molti "un grave errore". Certamente l’illusione di poter spiegare sempre tutto con il responso di un laboratorio è molto diffusa, rinforzata anche dai telefilm alla CSI e derivati. E riuscire in pochi minuti a risolvere un caso intricato sfruttando la semi-infallibilità della Scienza moderna, è una chimera che stuzzica anche magistrati e poliziotti. Ma spesso è solo una mendace illusione. I casi risolti grazie alle sole prove scientifiche, in effetti non sono molti. Secondo la maggior parte degli investigatori la scoperta di un delitto e il successivo esito positivo di un processo (ovvero la condanna di un colpevole certo o la sua assoluzione “senza alcun tipo di dubbi”), avvengono quasi sempre per una serie di circostanze in cui la prova scientifica è integrata e supportata da valide e intelligenti indagini convenzionali.
Cosa avverrà in futuro in questo delicato settore? Aumenteranno i casi risolti e molti assassini rimarranno ancora impuniti? La risposta è legata anche a quanto la società è disposta a investire e a quante innovazioni saranno introdotte. In Gran Bretagna, con l’introduzione della banca-dati del DNA il numero dei delitti scoperti è aumentato vertiginosamente. Attualmente in Italia, dove questa banca dati non esiste, in moltissimi casi si è trovata una traccia biologica contenente il DNA dell’assassino, ma non essendoci la possibilità di comparare tale traccia non si riesce a identificare il responsabile.
L’altra dimensione chiave nel successo investigativo è legata alla preparazione professionale dei poliziotti e dei magistrati. La rapida evoluzione delle tecniche di indagine impone infatti una formazione specialistica, e, soprattutto, continua, in coloro che combattono il crimine. Sempre più delitti nascondono la chiave del mistero nella memoria di un computer o in altri ambiti della tecnologia digitale, negli anni nascono nuovi metodi di indagine biologica con cui è necessario avere dimestichezza, inoltre la capacità di anticipare le mosse di un assassino, conoscendo la sua psicologia, costituisce sempre più una dimensione conoscitiva indispensabile per l’investigatore moderno.
L’altra dimensione chiave nel successo investigativo è legata alla preparazione professionale dei poliziotti e dei magistrati. La rapida evoluzione delle tecniche di indagine impone infatti una formazione specialistica, e, soprattutto, continua, in coloro che combattono il crimine. Sempre più delitti nascondono la chiave del mistero nella memoria di un computer o in altri ambiti della tecnologia digitale, negli anni nascono nuovi metodi di indagine biologica con cui è necessario avere dimestichezza, inoltre la capacità di anticipare le mosse di un assassino, conoscendo la sua psicologia, costituisce sempre più una dimensione conoscitiva indispensabile per l’investigatore moderno.
Dalla capacità di investigatori, magistrati, criminologi ed esperti forensi di migliorare la loro professionalità, nonché dagli investimenti tecnologici e strutturali che si introdurranno in questo comparto, dipenderà, quindi (nel prossimo futuro), il miglioramento delle indagini e la capacità di scoprire i delitti e di assicurare i colpevoli alla giustizia.
E se questo miglioramento non dovesse avvenire niente paura. Possiamo sempre restare al presente e continuare a risolvere brillantemente i casi nei talk show televisivi. Così una volta scoperto l’assassino andremo tutti a dormire... tardi, ma felici e contenti.
Sito personale di Marco Strano
Crime Cafè
Associazione Europea dei Piloti di Drone
Senza Veli Sulla Lingua
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa il dottor Strano della notizia fresca: "Yara: scienza conferma, il killer è figlio dell'autista di Gorno, Il DNA dell'autista di Gorno morto nel '99 a 61 anni, prelevato dopo la riesumazione, ha una compatibilità del 99,99999987% con una macchia di sangue trovata su Yara".
RispondiEliminaGrazie per il bell'articolo dove peraltro è detto (cito): "Secondo la maggior parte degli investigatori la scoperta di un delitto e il successivo esito positivo di un processo avvengono quasi sempre per una serie di circostanze in cui la prova scientifica è integrata e supportata da valide e intelligenti indagini convenzionali."
Grazie
Gilberto
buongiorno a tutti
RispondiEliminae se non bastasse i criminologi ci sono gli psicologi, che intervengono ogni giorno in tv . saro' presuntuosa? forse . ma le conclusioni di certi psicologi le trovo talmente ovvie da essere concluse dalla gran parte delle persone senza per questo essere degli psicologi di grido e andare in tv a pagamento a volte per danneggiare le persone
i criminologi li trovo piu' adatti (meno una) perchè avranno letto le carte o frequentato i processi .per cui li ascolto con interesse : pero' quando sono neutri , altrimenti danneggerebbero gli imputati .
infine i pessimi personaggi . mi chiedo che forse non hanno tempo di stare attenti ai particolari o alle logicita' , ponderare per bene gli indizi non essere dei lecchini della procura .. cosi' tanto per preparasri una benevolenza se ne avessero bisogno nel futuro . questi giornalisti opinionisti che vanno a braccetto con chi indaga ,, naturalmente chi indaga quasi sempre è convinto della colpevolezza , per cui il giornalista dovrebbe informarsi anche da chi difende . ciaooo !
Buona sera a tutti cari amici.Tema molto interessante quello della criminologia,in cui si acquisisce una certa esperienza col passare degli anni.Il Dottor Strano ho avuto modo di vederlo in qualche trasmissione,e debbo dire con tutta sincerità che il suo modo di spiegare i fatti mi ha impressionato.Ottimo articolo e ottima spiegazione su come ci si comporta in una scena del crimine,nulla deve essere trascurato,anche il più piccolo dettaglio può essere utile alle indagini.Tutto questo avviene naturalmente quando si è veri professionisti,e non avventori da strapazzo domenicali,buoni per l'audience e per un pubblico che sa poco o nulla,o al massimo per sentito dire,il che porta sempre a esprimere opinioni colpevolizzando il malcapitato o la famiglia di turno.Le prime 48 ore dicono che sono le più importanti,dopo iniziano le difficoltà e si deve far uso di tutti i mezzi a disposizione per rilevare impronte o qualche traccia lasciata incautamente dagli assassini,dna,un capello,un impronta digitale o di scarpe,i tabulati telefonici,o qualsiasi indizio utile.Il mio caro amico Massimo è un uomo dalla mille risorse,dopo il bellissimo articolo del Dottor Edoardo Mori ci ha proposto questo del Dottor Strano,non so come fa, ma gli dico grazie.Rinnovo i miei complimenti al Dottor Marco Strano e tanti saluti ai mie cari amici Magica e Gilberto.
RispondiEliminachiaro ed interessante, come tutti i suoi scritti che ho letto.
RispondiEliminasarebbero necessari in Italia banche dati per il DNA e per la tipologia dei reati seriali....
Gentilissima signora Maria Grazia le do il benvenuto nel blog di Massimo Prati.Il suo intervento credo che non sia casuale,qualcosa l'ha spinta ad intervenire in merito all'articolo del Dottor Strano.Dice di aver letto i suoi scritti,e penso che siano interessanti come i suoi naturalmente,e spero di leggerne alcuni appena posso.Ho dato una sbirciatina al suo blog,ottimo e con tanti temi su cui poter commentare.Spero che il suo prossimo libro "DELITTI DEL TERZO MILLENNIO" sia di grande successo,i miei più sinceri auguri.
RispondiElimina
RispondiEliminaSig. Michel COMBALUZIER, voglio anche ringraziarti su questo forum per tutto quello che hai fatto per me e la mia famiglia. Grazie a te abbiamo ritrovato il sorriso. Mio marito ed io non smetteremo mai di ringraziarvi per questo prestito di 60.000€ che ci avete concesso. Spero che anche gli altri candidati che mi leggeranno solleciteranno te. Ecco il suo indirizzo E-mail: pierrecombaluzier18@gmail.com