Di Manlio Tummolo
Carissimi Interlocutori,
chiariamo, se non sono ancora evidenti, due questioni: non nego e non dubito sull'esistenza di un patrimonio genetico e di un codice genetico (il primo come fatto compiuto in ogni singolo individuo, il secondo come programma o comando biologico trasmissibile al momento del concepimento, o già esistente nello spermatozoo o nell'ovulo: che esistano, è evidente dall'eredità dei caratteri somatici e neurologici che ciascuno di noi può visivamente constatare in sé e negli altri).
Ciò che in gran parte nego, e assolutamente pongo in dubbio, è la fiaba pseudoscientifica, ovvero magica (nel senso medioevale e rinascimentale del termine), che esso possa essere materialmente individuato e, peggio ancora, intenzionalmente modificato, con procedure appunto magiche, anche nel loro alone misterico e misticheggiante, da apprendista stregone, e non da sperimentatore critico ed epistemologo.
Il DNA viene rappresentato matematicamente come una doppia elica o spirale, fraintendendo in tale simbolo il rapporto tra il significante del messaggio genetico (materia o veicolo, in cui esso viene trasmesso) e il significato (ovvero, il contenuto imperativo del messaggio stesso). Tale DNA diventa così una strana figura geometrica vivente (la spirale di cui parla Vanna non casualmente, ma con appropriatezza, riferendosi al mito di Er riportato da Platone alla fine della sua celebre “Repubblica”, come segno di eredità per la futura reincarnazione: e infatti, che altro è il concepimento di un individuo se non la “reincarnazione” di un patrimonio genetico naturalmente arricchito?), che pur restando uguale in sé, possa essere modificato dallo pseudo-scienziato, alias mago, a suo totale o parziale piacimento, in questo o quel tratto della spirale .
Ogni figura geometrica è un puro concetto, ovvero prodotto mentale, una sintesi del pensiero, che ha quali suoi componenti dei punti, ovvero entità astratte, le quali hanno per dimensione 0 (zero), ossia sono a-dimensionali. La geometria e la matematica in generale hanno un rapporto concreto di conoscenza ed operatività col mondo materiale, solo in quanto pensato come uniforme ed informe, costituito da infinite particelle altrettanto uniformi, altrimenti tali scienze non servirebbero a nulla. Ora, se io chiedessi al più bravo matematico di dirmi da quanti punti sia composto un segmento di retta lungo 2 cm e da quanti punti un segmento di 10 cm, evidentemente maggiore, egli cadrebbe dalle sue nuvole, proprio perché l’a-dimensionalità del punto lo rende incalcolabile per definizione. Se, al contrario, egli mi dicesse che i punti sono una serie “infinita”, e quindi incalcolabile per questo, egli manifestamente contraddirebbe le sue definizioni di lunghezza lineare perché, nello stesso ambito (segmenti di linea retta, e non viceversa di linea curva o di superfici bi-dimensionali o di spazi tri-dimensionali), vi sarebbero un infinito lungo 2 cm e un infinito lungo 10 cm., il che sarebbe illogico, in quanto si confonde in tal caso l’indefinito (non sapere la quantità esatta dei punti) con l’infinito (ovvero, saper trattarsi di serie senza inizio né fine) [1] .
Pertanto, le due eliche del DNA sono al tempo stesso, e contraddittoriamente (!), considerate entità geometriche, quali modelli matematici, e realtà biologiche: la loro essenza è costituita dal celebre acido desossiribonucleico (dubbia è pure l’origine etimologica del termine), che ha evidentemente una sua formula chimica indicante, un complesso rapporto quantitativo e qualitativo tra carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e altro ancora: ma se acido è, per quanto complesso o a maggior ragione appunto per questo, esso è modificabile anche involontariamente per la presenza di una sostanza adeguatamente reagente che si trovi o si aggiunga in modo casuale in quel medesimo luogo: in breve, esso è inquinabile, né più né meno di ogni altra sostanza chimica. Lo stesso intervento dello scienziato-mago lo modifica per conoscerne la natura e individuarne l’appartenenza [2].
Vediamo di capirne le ragioni: pretendo, da un lato, che tale composto di gas (carbonio, ecc.) sia immutabile (come ogni figura geometrica), dall’altro che io possa operare su questo, come se volessi togliere al segmento A – B di 10 cm, 4 cm per aggiungerli al segmento C – D di 2 cm, per parificare così le rispettive lunghezze (ambedue di 6 cm). Ora, se questa pretesa volesse realizzarsi, dovrei saper con esattezza quanti siano i punti geometrici corrispondenti a 2 cm, 10 cm e 4 cm. In effetti, non potendo sapere quanti punti devo togliere o aggiungere (non si tratta di ottenere un regalo da un supermercato…), non sapendo neppure a quanti punti geometrici corrisponda ogni singolo cm, non posso assolutamente fare l’operazione, apparentemente semplice che mi sono proposto. Mi si obietterà: basta uno squadretto, una matita, una gomma, e il gioco è fatto. Eh no, gentili geometri: voi, così facendo avete solo corretto due disegnini su un foglio o su una lavagna, ma non avete agito in termini propriamente geometrici. Questo, viceversa, si può fare con un computer, non col “copia/incolla”, che opera analogamente al foglio, matita e gomma di cui sopra, ma con lo spostare parte dell’immagine del segmento, evidenziando il tratto voluto, puntando su di esso il cursore, e quindi spostando il mouse nella posizione voluta (attaccando il tratto tagliato al segmento minore). Ma è possibile fare ciò, in modo abbastanza semplice (come si fa pure con parole e intere frasi o capoversi), perché il computer procede con algoritmi, ovvero “ragiona” matematicamente e, sul piano materiale, per una serie di impulsi elettromagnetici tutti uguali. Si tratta di realtà “virtuali”, che potrebbero ben essere rappresentate anche in movimento, senza bisogno di comandarle nel momento stesso dell’esecuzione [3]. In termini puramente geometrici, i segmenti dati, proprio perché pure idee, sono invariabili in sé e in relazione a noi .
Nel DNA, la cosa è ben più complessa in quanto elemento organico, perché in esso occorre distinguere: il vivente in generale – l’animale o il vegetale – l’invertebrato e il vertebrato – il pesce – l’anfibio – il rettile - il mammifero – la scimmia – l’uomo: i passaggi sarebbero molti di più, ma per ragioni di semplicità, restiamo ai livelli elementari .
Arrivati all’uomo (supposto il 2 % del DNA), dovremmo selezionare 6 o 7 miliardi di individui viventi, senza tener conto dei defunti con tutte le specie di ominidi, e dei futuri, fino ad arrivare a quel singolo che ci interessa. Da dove si comincerà ? Quale tratto della celebre spirale prenderemo in considerazione ? In alto, in basso, nel centro?
Il discorso sarebbe forse ammissibile se il DNA avesse dimensioni visibili, almeno distinguibili (come si fa con le impronte digitali, con una buona lente d’ingrandimento) con un potente microscopio, e se avessimo una forbicetta o un coltellino per tagliarlo nel punto esatto e voluto della spirale, se avessimo una pompettina, un siringhetta, una pinzetta o attrezzo analogo, per trasferirlo nel luogo desiderato. Certo, a chiacchiere e con magiche formule tutto si può fare, ma concretamente? Sarebbe più facile reperire il proverbiale ago nel pagliaio e far passare l’evangelico cammello nella cruna d’un ago, piuttosto che operare a così minimi livelli. Useremo l’enzima DNA topoisomerasi per farlo? Ma questo enzima non modifica il DNA in esame, non interferisce chimicamente con esso? E, se lo fa come certo lo fa se no non “taglierebbe” nulla, di certo trasforma quel DNA in altro rendendolo quindi irriconoscibile. E dell’acido ribonucleico ad un’elica sola, il “messaggero” RNA, che si dice? Che sia più piccolo il messaggero del messaggio trasportato? Mah, misteri della nuova magia del XX e XXI secolo !
Lo taglieremo col pensiero, vista la leggerezza del DNA? Lo trasporteremo e innesteremo col pensiero? Ma allora siamo alla telecinèsi, di natura parapsicologica, e non propriamente sperimentale, ma ancora una volta magica. E mi viene da ridacchiare a questo punto, ricordandomi di quell'osceno indovinello su quale sia la cosa più leggera che si possa sollevare “al solo pensiero”…
A me pare, cortesi interlocutori, che si confonda in questo settore come in tanti altri, con la tipica grossolanità materialista, un messaggio qualunque con la materia, il mezzo o il veicolo, con il quale tale messaggio è rappresentato e trasmesso. Si confonde il concetto con la voce in quanto vibrazione dell’aria ovvero con le onde sonore provocate dai moti della lingua e trasmesse nell’aria, con l’inchiostro e la carta su cui le parole sono scritte, col gesso sulla lavagna, con gli impulsi elettromagnetici attraverso le onde particolari che agiscono pure nel vuoto: così si confonde un acido, che è una sostanza chimica mutevole, con l’imperativo di appartenenza ad una determinata specie e in un modo individuale, ereditato dai propri genitori. Questo ordine è di per sé immodificabile [4], ma posso ben rovinare la materia o il veicolo con cui esso è trasmesso (un’onda sonora, una lapide, un foglio di carta, una serie di impulsi elettromagnetici), ma così rischio di creare un mostriciattolo e non una variante individuale di una data specie, ammesso e non concesso che con queste procedure si costruisca effettivamente qualcosa e che questa “costruzione genetica” poi sopravviva .
In via naturale, riuscirò ad individuare l’ordine trasmesso nel DNA solo al compimento dell’opera (nell’uomo o nell’animale adulto, che visivamente constato e di cui posso verificare le caratteristiche trasmesse con l’osservazione dei lineamenti del viso, dell’ossatura cranica e corporea, per la statura ed altri dettagli minori); in via artificiale invece non riuscirò a capire nulla di tale ordine, mentre crederò di aver compiuto un miracolo (l’homunculus della magia faustiana [5]), mentre non otterrò nulla oppure compirò disastri irreparabili, una sorta di bomba atomica della biologia. Infatti, se è vero - ed io credo sia vero - che l’acido desossiribonucleico sia soltanto un “veicolo” e non il programma genetico, ciò spiegherebbe la grande affinità chimica con l’intero mondo animale e perfino vegetale, mentre al contrario non giustificherebbe la grande differenza (se non altro per i danni che fa) della specie umana dalle altre sotto ogni altro aspetto .
Concludo: il metodo scientifico, che deve essere autoanalitico ed autocritico, è necessario, ma non sufficiente soprattutto in settori dove la ricerca è solo agli inizi di un complesso e tortuoso percorso; diventa inutile ed anche pericoloso quando diventa autoapologetico, autocelebrativo, illudendosi di poter conoscere anche ciò che, con quei mezzi che ha a disposizione, è inconoscibile. Se si pretende di agire sulla materia, sfuggendo alla sua natura, ai suoi limiti, alla sua complessità, alternando astrazione pura e ambizione empiristica, i rischi, come la questione atomica ben dimostra e come potrebbero dimostrarlo gli esperimenti in sede microbiologica, sarebbero enormi, disastrosi e probabilmente irreparabili nei termini di tempo a nostra disposizione, costruendo solo sistemi teratologici anche autoripetitivi .
Solo la pluralità coordinata e paziente delle metodologie, non dominate da interessi lucrosi di speculazione e sfruttamento industriali, può raggiungere risultati significativi, sebbene relativi e provvisori, incompleti ma perfettibili .
NOTE :
[1] Se i punti geometrici fossero determinabili come quantità minima (una sorta di atomo geometrico), e quindi calcolabili nella loro successione, allora si potrebbe trovare una compatibilità esatta tra linee unidimensionali rette e curve, rendendo possibile un calcolo esatto della circonferenza e del cerchio (come pure di forme varie, quali ellissi e ovoidi), senza l’uso dell’indeterminato P greco, e di conseguenza delle figure bidimensionali e tridimensionali curve.
[2] Ogni atto di conoscenza presuppone, in linea di principio, l’assenza del mutamento sia nel soggetto conoscente, sia nell’oggetto da conoscere: se nell’indagine, uno o ambedue gli enti si modificassero, evidentemente la conoscenza dell’oggetto sarebbe impossibile (il celebre fiume di Eraclito). Nel caso del DNA, sia per la minima dimensionalità del suo essere, sia per l’azione esterna, si rende pressoché impossibile la totale conservazione dell’oggetto di indagine che, volontariamente ed involontariamente, viene modificato: il mondo microbiologico, rendendo estremamente difficoltosa un’osservazione puramente esterna e non modificante l’oggetto di indagine, a maggior ragione a causa della complessità del suo essere, del resto solo parzialmente già conosciuto (altrimenti non lo studieremmo, e la pretesa di conoscerlo già integralmente è una presuntuosa facezia), è ben più soggetto al principio di indeterminazione di Heisenberg, che non lo stesso ambiente inorganico.
[3] Il computer, o elaboratore elettronico, null’altro è che un “assemblaggio” di varie invenzioni in uno stesso complesso strumento, regolato da programmi pre-inseriti nel suo sistema: esso agisce quindi “meccanicamente”, automaticamente, reagendo a comandi nuovi con i comandi precedentemente inseriti. Se interviene un programma demolitore (detto, con termine traslato dalla microbiologia, “virus”), tutto ciò che preesisteva viene messo in crisi e il funzionamento cessa o agisce secondo nuovi ordini ricevuti. In sostanza, l’insieme dell’invenzione è certo nuovo, ma le sue singole funzioni sono antiche .
[4] L’ordine trasmesso è in sé immodificabile, ma lo rendo esplicito per mezzo della voce con determinate parole, per mezzo della pietra opportunamente scalpellata, per mezzo della carta su cui scrivo segni convenzionali con l’inchiostro, per mezzo degli impulsi elettromagnetici, ecc.; ma né la voce, né la pietra, né la carta, né l’inchiostro, né gli impulsi elettromagnetici, costituiscono da se soli l’ordine da trasmettere, ne sono soltanto il mezzo o il veicolo di trasmissione.
Per fare un paragone significativo, non si sono trovati i corpi degli esseri sepolti dalla lava del Vesuvio a Pompei nel 79 d. C, ma solo il vuoto provocato dal loro corpo dissolto nella lava. Tale cavità, a sua volta riempita col gesso o il cemento liquido (similmente si creano le statue di bronzo), ci dà il calco esteriore sia dell’uomo travolto mentre scappava, sia di un povero cane che, invano, tentava di strappare la catena per fuggire. Ebbene, quello che oggi chiamiamo DNA è forse, nella migliore delle ipotesi, il “calco” del DNA effettivo.
[5] Cfr. Wolfgang Goethe, “Faust”, Parte II, Atto II, Laboratorio di Wagner (già assistente di Faust). E’ interessante leggerlo per capire come, negli attuali micro- e nano-biologi d’oggi, si conservi la stessa mentalità dei maghi d’allora :
MEFISTOFELE: (ancor più sottovoce) Che accade mai ?
WAGNER: Si sta fabbricando un uomo.
MEFISTOFELE: Un uomo? e che ci avete dunque nascosto nella cappa del camino: una coppia di amanti ?
WAGNER: Dio ne scampi! la vecchia moda di generare noi la dichiariamo roba ridicola. Il punto delicato donde zampillava la vita, la soave forza che urgeva dall’interno e prendeva e donava, destinata a esplicar se stessa, poi ad assimilarsi gli elementi prossimi e man mano gli estranei - questa forza è assolutamente scaduta dalla sua dignità. Le bestie continuano a trovarci gusto, ma l’uomo, così generosamente dotato, deve avere in avvenire una più pura e più nobile origine. (Volto al fornello) Guardate! E’ diventato luminoso. Finalmente si può sperare che, se combinando centinaia di elementi si riesce a ottenere la sostanza umana (la combinazione [noi diremmo la composizione chimica, la formula], vedete, è quel che importa [se l’uomo è riducibile solo a formula chimica, può essere chimicamente riprodotto]) chiudendola poi in una storta e distillandola accuratamente, l’opera in silenzio si compirà. (Di nuovo volto al fornello) Si compie! Ciò che si voleva proclamare in natura un mistero, noi osiamo sperimentarlo razionalmente; e quel che la natura produce per organismo, noi lo produciamo per cristallizzazione…(sempre attento alla storta) Sale, lampeggia, si condensa, a momenti è fatto. Ogni vasto disegno in principio è giudicato follia, ma in avvenire noi rideremo del caso, e un cervello destinato a pensare, in avvenire lo fabbricherà un pensatore… Vedo già la forma leggiadra di un gentile omino che gesticola. Di più che possiamo noi volere… Ormai il segreto è scoperto, diventa voce, diventa linguaggio…”. Cfr. “Faust”, ed. it. Einaudi (Torino, 1965), Introduzione di Cesare Cases, trad. di Barbara Allason, pagg. 196 – 197).
WAGNER: Si sta fabbricando un uomo.
MEFISTOFELE: Un uomo? e che ci avete dunque nascosto nella cappa del camino: una coppia di amanti ?
WAGNER: Dio ne scampi! la vecchia moda di generare noi la dichiariamo roba ridicola. Il punto delicato donde zampillava la vita, la soave forza che urgeva dall’interno e prendeva e donava, destinata a esplicar se stessa, poi ad assimilarsi gli elementi prossimi e man mano gli estranei - questa forza è assolutamente scaduta dalla sua dignità. Le bestie continuano a trovarci gusto, ma l’uomo, così generosamente dotato, deve avere in avvenire una più pura e più nobile origine. (Volto al fornello) Guardate! E’ diventato luminoso. Finalmente si può sperare che, se combinando centinaia di elementi si riesce a ottenere la sostanza umana (la combinazione [noi diremmo la composizione chimica, la formula], vedete, è quel che importa [se l’uomo è riducibile solo a formula chimica, può essere chimicamente riprodotto]) chiudendola poi in una storta e distillandola accuratamente, l’opera in silenzio si compirà. (Di nuovo volto al fornello) Si compie! Ciò che si voleva proclamare in natura un mistero, noi osiamo sperimentarlo razionalmente; e quel che la natura produce per organismo, noi lo produciamo per cristallizzazione…(sempre attento alla storta) Sale, lampeggia, si condensa, a momenti è fatto. Ogni vasto disegno in principio è giudicato follia, ma in avvenire noi rideremo del caso, e un cervello destinato a pensare, in avvenire lo fabbricherà un pensatore… Vedo già la forma leggiadra di un gentile omino che gesticola. Di più che possiamo noi volere… Ormai il segreto è scoperto, diventa voce, diventa linguaggio…”. Cfr. “Faust”, ed. it. Einaudi (Torino, 1965), Introduzione di Cesare Cases, trad. di Barbara Allason, pagg. 196 – 197).
Che l’uomo possa essere riprodotto in forma chimica, o meglio alchimistica, era già sostenuto almeno da Paracelso (vedi nota 6, pagg. 361 – 362). La differenza per ora consiste nel fatto che i micro- e nano-biologi dei nostri tempi si illudono di possedere la materia prima da inserire prima in una cellula e quindi nell’utero della madre; gli antichi, più fantascientifici, prevedevano di arrivare subito alla composizione di un omettino che sarebbe cresciuto da sé. Nel film “Matrix” ci si immagina qualcosa del genere .
Caro Massimo,
RispondiEliminagrazie per la pubblicazione. I più vivi saluti, tieni duro: qualunque sia la difficoltà che stai attraversando, sarà presto superata ! Tuo Manlio
Complimenti Manlio. Un articolo davvero profondo, provocatorio, originale. L'ho letto d'un fiato ma lo rileggerò con più attenzione. L'inizio mi ha ricordato il 'paradosso delle masse nello stadio' di Zenone. Tutto l'articolo è una denuncia del conformismo che caratterizza l'immagine convenzionale della scienza spettacolo.
RispondiEliminaMANLIO caro,
RispondiEliminai miei complimenti per l'interessante scritto, che ho letto solo in minima parte.
Lo rileggerò stasera tardi, con più calma.
Una calorosa stretta di mano, Pino
Tummolo dixit:
RispondiElimina"Ciò che in gran parte nego, e assolutamente pongo in dubbio, è la fiaba pseudoscientifica, ovvero magica (nel senso medioevale e rinascimentale del termine), che esso possa essere materialmente individuato e, peggio ancora, intenzionalmente modificato, con procedure appunto magiche, anche nel loro alone misterico e misticheggiante, da apprendista stregone, e non da sperimentatore critico ed epistemologo."
E qui mi sono fermato. Proseguire lo trovo inutile se le premesse sono queste, cioè porre assolutamente in dubbio che il DNA possa essere materialmente individuato e intenzionalmente modificato. Lascio perdere il resto, mi spiace (e che l'umanista Tummolo non si renda conto che un "assoluto porre in dubbio" sia assolutamente autocontradditorio mi rende assolutamente certo della mia scelta). Magari tornerò a ripassare genetica sui testi di Hegel, dove l'in sé esce fuori di sé per poi tornare in sé, assolutamente.
Saluti.
Manlio, complimenti, questo saggio è interessantissimo.
RispondiEliminaSì, grazie per la menzione, la “ spirale” del mito di Er, quando lessi Repubblica, mi fece sobbalzare perché anni prima avevo trovato quella descrizione in uno strano libro “ Il trattato del fuoco cosmico” di una altrettanto strana scrittrice inglese che pare lo scrisse sotto dettatura di un saggio tibetano defunto da tempo, chiamata Alice Bailey ( non so se è corretto il nome), libro che poi gettai perché mi sembrò un coacervo di stupidaggini.
La descrizione che ne faceva la A. B. era ancora più precisa di Platone, parlava di luce e di colori.
Riporto da te: “ Concludo: il metodo scientifico, che deve essere autoanalitico ed autocritico, è necessario, ma non sufficiente soprattutto in settori dove la ricerca è solo agli inizi di un complesso e tortuoso percorso; diventa inutile ed anche pericoloso quando diventa autoapologetico, autocelebrativo, illudendosi di poter conoscere anche ciò che, con quei mezzi che ha a disposizione, è inconoscibile.”
Condivido in pieno e riporto:
“Se si pretende di agire sulla materia, sfuggendo alla sua natura, ai suoi limiti, alla sua complessità, alternando astrazione pura e ambizione empiristica, i rischi, come la questione atomica ben dimostra e come potrebbero dimostrarlo gli esperimenti in sede microbiologica, sarebbero enormi, disastrosi e probabilmente irreparabili nei termini di tempo a nostra disposizione, costruendo solo sistemi teratologici anche autoripetitivi .
Solo la pluralità coordinata e paziente delle metodologie, non dominate da interessi lucrosi di speculazione e sfruttamento industriali, può raggiungere risultati significativi, sebbene relativi e provvisori, incompleti ma perfettibili .”
Certamente è così, e mi permetto di aggiungere che fin quando l’uomo agisce sulla materia con la superbia del proprio sapere per penetrare in essa con gli strumenti tecnici e non si pone con rispetto verso ciò che appare, l’uomo non solo fa e farà disastri ma addirittura accresce a dismisura il suo ego per raggiungere una conoscenza senza chiedersi cosa c’è lassù, solo materia?
Ia scienza non può mettere Dio fuori della porta, lo deve integrare con i principi morali ed accoglierLo, non cercare di mettersi al Suo posto per “creare” o per capire come la scienza si muove.
Dan F. riporti:
RispondiElimina"Ciò che in gran parte nego, e assolutamente pongo in dubbio, è la fiaba pseudoscientifica, ovvero magica (nel senso medioevale e rinascimentale del termine), che esso possa essere materialmente individuato e, peggio ancora, intenzionalmente modificato, con procedure appunto magiche, anche nel loro alone misterico e misticheggiante, da apprendista stregone, e non da sperimentatore critico ed epistemologo."
E ti fermi perché Manlio mette “ in dubbio che il DNA possa essere materialmente individuato e intenzionalmente modificato” all’inizio del suo saggio. Se invece continui a leggerlo, tra l’altro è breve e questa è una qualità nuova di Manlio, ti renderai conto di come sviluppa il suo discorso sul dna e non lo fa come “umanista”.
Ma non credi che possa essere accaduto qualcosa a quei dna privi di qualcosa, abbondanti o no, depositati in zone geografiche differenti, da essere caricati di vita-morte-miracoli-condanna e libertà?
Manlio continua e spiega:
“…Pertanto, le due eliche del DNA sono al tempo stesso, e contraddittoriamente (!), considerate entità geometriche, quali modelli matematici, e realtà biologiche: la loro essenza è costituita dal celebre acido desossiribonucleico (dubbia è pure l’origine etimologica del termine), che ha evidentemente una sua formula chimica indicante, un complesso rapporto quantitativo e qualitativo tra carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e altro ancora: ma se acido è, per quanto complesso o a maggior ragione appunto per questo, esso è modificabile anche involontariamente per la presenza di una sostanza adeguatamente reagente che si trovi o si aggiunga in modo casuale in quel medesimo luogo: in breve, esso è inquinabile, né più né meno di ogni altra sostanza chimica. Lo stesso intervento dello scienziato-mago lo modifica per conoscerne la natura e individuarne l’appartenenza [2].”
Segui il filo del discorso che fila benissimo.
Grazie a tutti gli intervenuti, in specialmodo a Vanna, con cui c'è, per dirla all'inglese molto "feeling". Per Dan osservo, che ciascuno è libero di valutare le mie considerazioni come vuole, ma è ingenuo pensare che i secoli XX e XXI abbiano dato la prima ed unica risposta su un enorme problema una volta per tutte. Certo, le mie considerazioni hanno natura filosofica, ma l'epistemologia è sempre filosofia applicata alla scienza. Le certezze di tipo positivistico, che caratterizzarono dogmaticamente la fine del secolo XIX, sono saltate in un fungo enorme, distruttivo e radioattivo. Certa ricerca microbiologica ha potenzialità distruttive non meno di quell'orrore che è stata, ed è tuttora, l'arma atomica: una sorta di suicidio cosmico, come previsto dal Eduard Hartmann alla fine del XIX secolo. Ma queste grandi scoperte da apprendista stregone, che l'uomo pretende, ma non riesce, a voler dominare, sono per la nostra specie, un suicidio, per il pianeta un "geocidio" .
RispondiEliminaLa ricerca microbiologica, per ben che vada, non è alla fine, ma appena all'inizio di un lunghissimo percorso .
In tutti i casi, Auguri per una Pasqua Serena a tutti voi, Manlio
Pur, come sempre, nel massimo rispetto del punto di vista altrui, capisco e condivido Dan con cui mi sento sulla stessa lunghezza d'onda (anche se a me manca quella sua simpatica ed elegante ironia ed autoironia)
RispondiEliminaManlio, hai scritto: “Ora, se io chiedessi al più bravo matematico di dirmi da quanti punti sia composto un segmento di retta lungo 2 cm e da quanti punti un segmento di 10 cm, evidentemente maggiore, egli cadrebbe dalle sue nuvole, proprio perché l’a-dimensionalità del punto lo rende incalcolabile per definizione. ”
Nessun matematico cadrebbe dalle nuvole e risponderebbe tranquillamente che è possibile dimostrare che l’insieme dei punti di un dato segmento AB e l’insieme dei punti di un dato segmento CD si possono mettere in corrispondenza biunivoca (indipendentemente dalla diversa misura della lunghezza dei segmenti considerati) quindi il numero dei punti è lo stesso.
I più grandi matematici della storia hanno voluto non definire
i termini quali punto, retta, piano (che sono concetti primitivi)...
Cantor ci ha insegnato che l’infinito attuale richiede l’aritmetica transfinita, dove Cantor stesso ha definito, in modo rigoroso, che cosa significa che un infinito è uguale, maggiore o minore di un altro infinito …
Per l’autoironico Russell “La matematica è la sola scienza esatta in cui non si sa mai di cosa si sta parlando né se quello che si dice è vero”.
La matematica è una scienza formale astratta, e il suo studio procede per via logico-deduttiva. Si tratta di una scienza fondata su una teoria assiomatica, e i teoremi della matematica sono dimostrati in modo puramente logico partendo dagli assiomi prestabiliti.
Dunque un teorema matematico è vero relativamente alla teoria assiomatica assunta.
Ringrazio per gli AUGURI di BUONA PASQUA che ricambio volentieri estendendoli a tutti/e gli/le utenti del blog.
che dire ?
RispondiEliminabuona pasqua !
da magica
che replicare Magica?
RispondiEliminaBuona Pasqua!
A tutti una Pasqua Ottima.
RispondiEliminaCara Ivana, come al solito sulla matematica e il suo valore effettivo (ovvero strumentale e null'altro) non siamo d'accordo, nulla di nuovo, ma tanto meno di grave. Vorrei solo che, al di là di formulazioni puramente foniche, si dimostrasse ciò che si afferma con spiegazioni adeguate: un segmento di 3 cm da quanti punti è composto ? Un segmento di 10 cm da quanti punti è composto ?
La matematica è indubbiamente logica, su questo non contesto, ma essendo il regno dell'astrazione (lo disse Vico commentando Cartesio), si applica variabilmente alla realtà fisica: basti pensare al valore delle percentuali, di cui spesso si abusa in statistica. Es.: gli immigrati in Italia. Fino a ieri si diceva il 5 % dei residenti. Bene, ma quali residenti ? Gli autoctoni italiani, fgili e nipoti di Italiani, oppure tutti quelli che si trovano nel territorio, eccettuati i turisti? Allora poiché gli autoctoni, prima dell'immigrazione, erano al massimo 57 milioni, 5 milioni corrispondono al 10 % approssimato; ora si sono accorti che sono l'8 %, ovvero con una crescita del 3 %, rispetto a due o tre anni fa, il che vuol dire oltre il 50 % rispetto a loro stessi, superando di gran lunga l'anteriore 10 % di prima. Stando ai giornalisti che fanno pubblicità alla Soros, non costituiscono un problema. la matematica in sé non è un'opinione, ma applicata con comodità lo diventa.
Caro Manlio, rispondo nuovamente alla tua domanda:
RispondiEliminaI due segmenti hanno entrambi lo stesso numero di punti. (In qualsiasi segmento, in qualsiasi linea, in qualsiasi semiretta o retta, il numero dei punti è lo stesso).
Si può dimostrare che l’insieme dei punti del segmento AB (lungo 10 cm) e l’insieme dei punti del segmento CD (lungo 3 cm), si possono mettere in corrispondenza biunivoca. Si tratta proprio della relazione che caratterizza, nel finito, insiemi aventi un ugual numero di elementi. Per questo fatto, estendendo il concetto di numero, si può dire che i due segmenti hanno lo stesso numero di punti.
Cara Ivana,
RispondiEliminala serie dei punti di un qualunque segmento è semplicemente incalcolabile, perché è come cercare di contare quante idee vi sono in testa a qualcuno. Certamente, calcolare i granelli di sabbia di una spiaggia qualunque è già pressoché impossibile, ma calcolare il punto, che, come tu stessa asserisci, è un ente astratto, è impossibile. Tuttavia per logica, supponendo che il punto sia un ente concretamente esistente, per quanto minimo, un segmento di 3 cm ha meno punti di un segmento di 10 cm, o anche di 4 cm: sarebbe un'ovvietà, allo stesso modo che dire che una strada di 3 km è minore di una di 10 km, e percorrerla ad identica velocità comporta necessariamente più tempo, a parità di ostacoli eventuali sui due tratti. Di qui si conferma che alla mia domanda, i matematici cadono dalle loro nuvole e si avvoltolano in parole o suoni privi di reale (concreto, tangibile, verificabile) significato.
Nelle mie letture scientifiche, constato che, quando uno scienziato cerca di esprimersi, non con numeri e formule, ma con parole che esprimano concetti e questi a fatti reali, diventano verbosi, direi insignificanti.
Caro Manlio, mi sembra che tu non conosca la dimostrazione specifica.
RispondiEliminaCome ripeto, si può dimostrare, con una rappresentazione grafica, che l’insieme dei punti del segmento AB (lungo 10 cm) e l’insieme dei punti del segmento CD (lungo 3 cm), si possono mettere in corrispondenza biunivoca, come si possono mettere in corrispondenza biunivoca.
Basta disporre i due segmenti AB e CD (anche se avessero altre lunghezze) in modo che siano paralleli, si tracciano le semirette AC e BD e troviamo il punto d’incontro E; ora E sia punto di proiezione dei punti di CD su quelli di AB e viceversa. E si dimostra così il teorema da me già enunciato: "l’insieme dei punti del
segmenti AB e l’insieme dei punti del segmento CD,
si possono mettere in corrispondenza biunivoca, indipendentemente dalla loro lunghezza."
In matematica quelli che erano considerati paradossi a poco a poco si trasformano in nuovi teoremi, o definizioni, alla luce dei nuovi concetti che i matematici introducono per risolvere i paradossi stessi.
Il primo paradosso della storia riguardava l’incommensurabilità della diagonale del quadrato rispetto al lato. Con l’introduzione della nozione più generale di numero reale ecco che il vecchio paradosso si è trasformato ed è stata dimostrata l’irrazionalità della radice quadrata di 2.
Il paradosso di Zenone nasceva dall’apparente impossibile coesistenza di finito e infinito in uno stesso ente.
Fu Gregorio di San Vincenzo a considerare esplicitamente il paradosso di Zenone come una dimostrazione di convergenza di una serie geometrica …
Bolzano e soprattutto Cantor definirono come aventi lo stesso numero di elementi due insiemi che si possono mettere in corrispondenza biunivoca fra loro.
La definizione di Bolzano e Cantor è un esempio di soluzione di un paradosso per accettazione.
Si potrebbe dire che, in un certo qual senso, l’intuizione va rieducata dalla pratica per cercare di eliminare quella sensazione fastidiosa che può nascere dalla considerazione che due insiemi di grandezza intuitiva diversa abbiano la stessa grandezza matematica.
Insomma, la storia della matematica ci insegna che le varie crisi dei paradigmi e la fiamma dell’estensione dei concetti matematici sono attivati proprio dai cosiddetti paradossi che finiscono per venire integrati nel corpo stesso della matematica.
Caro Manlio, non è una colpa non conoscere gli insiemi di Cantor...tuttavia, quanto scrive Ivana è semplicemente assodato e dimostrato (dimostrato sul serio...) da secoli.
RispondiEliminaNei fatti, poi, la tua riflessione si deve confrontare con il fatto che alla fine del 2012 italiani dell'Istituto Italiano di Tecnologia http://archivio.panorama.it/scienza/salute/Ecco-la-prima-foto-del-Dna hanno concretamente fotografato il DNA che potrai vedere al link. Una bella spirale, stretta e regolare.
Ho realizzato una mia semplicissima animazione per una dimostrazione visiva ...
RispondiEliminahttp://imgur.com/a/v1BBO
Ringrazio l'anonimo per il link segnalato.
RispondiEliminaChe dialogo Manlio....!!!
RispondiEliminaDici:
"...La matematica è indubbiamente logica, su questo non contesto, ma essendo il regno dell'astrazione (lo disse Vico commentando Cartesio), si applica variabilmente alla realtà fisica: basti pensare al valore delle percentuali, di cui spesso si abusa in statistica....
...la serie dei punti di un qualunque segmento è semplicemente incalcolabile, perché è come cercare di contare quante idee vi sono in testa a qualcuno. Certamente, calcolare i granelli di sabbia di una spiaggia qualunque è già pressoché impossibile, ma calcolare il punto, che, come tu stessa asserisci, è un ente astratto, è impossibile..."
Comprendo e condivido!
Ivana ti risponde:
"...Come ripeto, si può dimostrare, con una rappresentazione grafica, che l’insieme dei punti del segmento AB (lungo 10 cm) e l’insieme dei punti del segmento CD (lungo 3 cm), si possono mettere in corrispondenza biunivoca, come si possono mettere in corrispondenza biunivoca. ( cioè due volte la biunivoca?)
Basta disporre i due segmenti AB e CD (anche se avessero altre lunghezze) in modo che siano paralleli, si tracciano le semirette AC e BD e troviamo il punto d’incontro E; ora E sia punto di proiezione dei punti di CD su quelli di AB e viceversa. E si dimostra così il teorema da me già enunciato: "l’insieme dei punti del
segmenti AB e l’insieme dei punti del segmento CD,
si possono mettere in corrispondenza biunivoca, indipendentemente dalla loro lunghezza."
E non ho capito nulla!
Cioè si dimostra con i "paradossi" che due lunghezze differenti hanno una corrispondenza biunica ... di spazi? di numeri, di punti? De che?
Il "paradosso" mi fa pensare ad un elastico che si tira di qua e di là per dimostrare quello che si vuole dimostrare.
Proviamo adesso a misurare un sentimento secondo lunghezza- peso- larghezza ...e non si può fare con nessun paradosso, con nessun teorema, nessun numero, ma non si può evitare di venirci a contatto e di sentirlo e di avere reazioni differenti.
E allora, se il numero è alla base di tutte le cose, è alla base anche dei sentimenti?
Certo che no, i sentimenti non si possono misurare, si possono solo sentire e su questa base comincia ad entrare in gioco la fisica dei Quanti che incontra l' indeterminato, sa che c'è e lo deve studiare scoprendo che i luoghi dello Spirito esistono e pare siano dimostrabili.
Forse ho scritto corbellerie, in matematica sempre una rapa sono stata, ma se per dimostrare qualcosa si usa un elastico...allora il mondo va male perché bisognerebbe dimostrare con i fatti quanto pesano l'odio e l'amore.
Per questo si cerca la particella di Dio e si vuole creare la vita, per dimostrare che con calcoli tecnici si può raggiungere lo Spirito...uno scopo molto utile che non serve a dare la pace.
Riguardo alla questione “paradossi” mi sono già sufficientemente espressa e a chi, eventualmente, volesse saperne di più, consiglio la lettura del piacevolissimo libro di Piergiorgio Odifreddi “C’era una volta un paradosso” (pur nella consapevolezza che non esistono “vie regie in geometria”, nel senso che ritengo non ci siano scorciatoie per imparare il contenuto della geometria stessa).
RispondiEliminaSulla dimostrazione che l’insieme dei punti del segmento AB (lungo 10 cm) e l’insieme dei punti del segmento CD (lungo 3 cm), si possono mettere in corrispondenza biunivoca, ho realizzato anche una rappresentazione grafica animata, molto semplice e chiara di cui ho già fornito il link.
Nella frase, che era stata da me digitata velocemente, mancano due parole rimaste nella…tastiera.:-)
Leggasi, quindi: “Come ripeto, si può dimostrare, con una rappresentazione grafica, che l’insieme dei punti del segmento AB (lungo 10 cm) e l’insieme dei punti del segmento CD (lungo 3 cm), si possono mettere in corrispondenza biunivoca, ed ecco come si possono mettere in corrispondenza biunivoca. (E ne era seguita, appunto, la dimostrazione)
Ivana, "corrispondenza biunica" vorrebbe dire per caso che i punti occupano uno spazio qualunque sia la lunghezza?
RispondiElimina"Bi-unico" vorrebbe dire: due uni?
Troppo cerebrale per me, sono una semplice.
Ciao
Grazie a Manlio Tummolo
RispondiEliminaper gli innumerevoli spunti riflessivi e a volte un pochettino simpaticamente provocatori,ben vengano.
Il metro, unità di misura,nella pratica é una barra di metallo,nella teoria la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in 1/299.792.485-esimo di secondo, adottata nel 1983 dalla XVII Conferenza Internazionale di Pesi e Misure.
Un metro lo abbiamo anche in un museo torinese mi raccontava un signore e viene tenuto in una teca a temperatura controllata perché in ambiente non controllato si modifica il metallo.
Il DNA,noi possiamo oggi fotografarlo in precise condizioni (per ora sei molecole), ma nulla ci dirà sulla miriade di interazioni con l'ambiente,molte di esse sono definite "aporie" per convenzione,moltissimo é l'ignoto.
Lo immagino come un volto fotografato: non mi dirà che lingua parla,cosa mangia,se é sano o malato, se ha una gamba o tre,con chi và a braccetto e chi é il suo nemico;e quando esce dal corpo portante e finisce in mezzo a fango acidi batteri ossigeno o ancora assenza di ossigeno come si trasforma...cosa diventa..quali pezzi perde per primi...
Se non esistessero le non conoscenze non saremmo qui a parlarne e i CNR avrebbero già chiuso i battenti.
Chissà in 2 cm lineari quanti neuroni ci stanno. :-)
Bellissima:
"perché è come cercare di contare quante idee vi sono in testa a qualcuno."
Prima o poi arriverà l'algoritmo giusto.
Se alla domanda quanti punti ci sono in una retta di 10cm manca la risposta, figuriamoci su 10cm di DNA, a proposito:quanto é lunga la catena?e fin dove si espandono le interazioni? ;-)
Bellissimo articolo,grazie.
Per quello che ne so, corrispondenza bi-univoca tra due punti appartenenti a due segmenti diversi AB e CD, vuol dire che ad ogni punto del segmento AB corrisponde uno ed un solo punto del segmento CD. E, viceversa, ad ogni punto del segmento CD corrisponde uno ed un solo punto del segmento AB. Quel "bi", premesso ad "univoca", indica un concetto di reciprocità.
RispondiEliminaComunque in un caso giudiziario, la matematica può aiutare, solo se applicata alla fisica ed alla tecnologia.
Saluti a tutti
Giacomo
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaGià nei paradossi di Zenone si delineava l’intrattabilità del pernicioso concetto di infinito. Uno in particolare, del filosofo di Elea, sembra riannodarsi alle moderne teorie quantistiche. Si tratta di quello più sorprendente: il paradosso delle masse nello stadio.
RispondiEliminaL’affermazione di Zenone che "se due masse in uno stadio si vengono incontro risulterà l’assurdo che metà del tempo equivale al doppio"
viene liquidata da molti commentatori come una fallacia matematica. In realtà Zenone coglie qualcosa di così profondo che anticipa la meccanica quantistica e forse va oltre nelle interpretazioni correnti. Il paradosso è nella prospettiva di uno spazio ridotto ai suoi costituenti elementari.
Prendiamo tre segmenti (A, B, C) uguali e che non si trovino allineati. Rappresento i segmenti come un insieme di punti che considero elementari, cioè gli atomi di spazio. Ovvero tra i singoli punti non esiste altro spazio essendo già quello ridotto ai suoi costituenti elementari. Lo spazio che appare tra i punti è cioè meramente concettuale, giusto per rappresentarli come entità separate non da altro spazio.
Il paradosso è nel fatto che la nuova corrispondenza si ottiene in modo tale che l’allineamento comporta dei transiti da destra a sinistra senza che mai tale passaggio sia avvenuto. Un punto che si trovava a sinistra di un altro ora si trova alla sua destra senza averla mai oltrepassata (tra i due elementi non c’è infatti altro spazio trattandosi di costituenti elementari).
Il paradosso ci appare comprensibile se immaginiamo lo spazio formato da elementi discreti come i pixel di un monitor dove in realtà il movimento è solo illusorio, è rappresentato non dal moto di un punto ma dall’accensione e dallo spegnimento di ogni punto luce dello schermo (assumendo che tra i pixel non ci sono altri punti luce).
Sulla scorta del paradosso di Zenone la luce in realtà non passa attraverso le due fenditure, semplicemente compare oltre la barriera, proprio come su un monitor, semplicemente un pixel si spegne e un altro si accende. Il problema del dualismo onda-particella non si pone più nel paradosso delle masse nello stadio in quanto la particella in realtà non esiste, si tratta solo di un passaggio virtuale. Oltrepassamento (localizzazione) e interferenza (proprietà ondulatoria) sono soltanto illusioni virtuali (‘ologrammi’).
Chissà forse siamo davvero in Matrix...
Buona Pasqua a tutti.
Dopo queste riflessioni sul DNA in generale mi permetto di segnalarne qualcuna sul DNA del caso Gambirasio/Bossetti in particolare su cui magari vorrete riflettere durante i momenti liberi di questo periodo pasquale:
RispondiEliminahttps://riflessionigenetiche.wordpress.com/
Biologo
RispondiEliminaHo letto l'articolo. La sostanza è stata ampiamente trattata in vari ambiti e la tesi è nota LA SCIENZA NON E' MAI NEUTRALE, lo scienziato crede di essere super partes, in realtà l'osservazione modifica continuamente la realtà che si osserva, non solo nel senso degli strumenti (fisici e concettuali) che si utilizzano, ma anche nel segno delle interferenze culturali e ideologiche che fanno da occhiali deformanti.
L'immagine positivistica dello scienziato che scopre la ‘mappatura genetica’, come se si trattasse di un continente, è carica di presupposti metafisici. Un test genetico come giustamente rileva l’articolo è carico di implicazioni e conseguenze sulle nostre scelte future, allo stesso modo che una notizia, non importa se vera o inventata, se attendibile o soltanto probabile, è in grado di influenzare i nostri comportamenti (profezia che si autoadempie). La manipolazione segue strade surrettizie, il genoma (anche in un caso di omicidio) influenza i nostri giudizi e le nostre scelte con ‘effetti Pigmalione’ con i quali si realizza un controllo dove gli esiti sono del tutto sconosciuti e le conseguenze sul piano sociale (e individuale) sono assolutamente fuori controllo.
L’idea che la scienza possa davvero sempre rappresentare un controllo positivo sull’ambiente e la possibilità di descrivere ‘oggettivamente’ la realtà è contraddetto in mille modi. Di fatto sul piano ecologico gli effetti dello sviluppo scientifico stanno a dimostrare che potremmo già trovarci in una situazione di rottura degli equilibri con conseguenze ancora sconosciute. Si parla di prova ‘scientifica’ in un delitto. L’aggettivo sembra un orpello per dare dignità indiscutibile e prestigio a qualcosa che nella realtà è semplicemente una raccolta di dati numerici servendosi dei classici metodi quantitativi con l’ausilio di idonea strumentazione.
Quando si dice che è stato trovato il Dna di un soggetto ‘x’ su un cadavere si sta dicendo una grave inesattezza. Si trova semplicemente una formula che può corrispondere a qualcosa che gli appartiene… ma PERCHE’, COME sia finità lì e QUANDO è tutto un altro discorso. Però l’effetto suggestivo e la catarsi emozionale fanno centro nei confronti di un pubblico mediatico che ha appreso i rudimenti di una scienza a fumetti nelle trasmissioni divulgative, quelle che ti dicono che in quattro e quattr’otto l’assassino viene inchiodato con l’acido desossiribonucleico.
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaInvito seriamente l'anonimo moderare il linguaggio!!!!
RispondiEliminaMaleducato,oltraggioso!!!
Ho apprezzato molto l'articolo,grazie Biologo.
( In riferimento alla Noyfil del gruppo Radici : l'azienda produce filati polimerici.. anche per tessuti auto.. Da approfondire)
Anche gli ultimi interventi di Vanna ho gradito molto e non posso non condividere Gilberto .
Un DNA dopo tre mesi di esposizione é degradato,nessun scienziato che si pensi tale può gridare al miracolo.
Auguri rinnovati di Buona Pasqua e Buone Vacanze a voi tutti.
Sono brutti tempi,le familie sono piene di problemi e la storia ci chiamerà rispondere delle nostre azioni un giorno,speriamo prevalga il dialogo in ogni dove.
Un saluto speciale al fautore e padron di casa Massimo Prati che ci ospita in questo bellissimo blog, ciao e tanti cari auguri Massimo, Dudú.
@Gilberto e @Dudu'
RispondiEliminaIn realtà gli articoli sono 3:
- Caso Gambirasio: la quantità di DNA nel campione 31-G1 Est
https://riflessionigenetiche.wordpress.com/2017/04/15/caso-gambirasio-la-quantita-di-dna-nel-campione-31-g1-est/
In cui viene evidenziata la contraddizione tra il risultato della quantificazione in cui il profilo maschile risulta minoritario e il risultato degli elettroferogrammi secondo i quali il profilo minoritario è quello della piccola Yara
- Caso Gambirasio: i kit scaduti
https://riflessionigenetiche.wordpress.com/2017/04/15/caso-gambirasio-i-kit-scaduti/
In cui vengono forniti dei riferimenti ai documenti delle ditte produttrici sia dei kit che delle apparecchiature di laboratorio in cui viene indicato di non utilizzare kit scaduti. La cosa è importante al contrario di quanto è scritto nelle motivazioni della sentenza...
- Le 33 analisi che non hanno confermato il profilo di Ignoto 1
https://riflessionigenetiche.wordpress.com/2017/04/15/le-33-analisi-che-non-hanno-confermato-il-profilo-di-ignoto-1/
In cui si discute del fatto quasi mai riportato che 33 analisi su 104 hanno restituito un profilo che nemmeno i periti dell'accusa si sono sentiti di assegnare ad Ignoto 1.
non sono maleducato, non mi conosci e oltraggioso casomai è un un nick che sbeffeggia un povero cagnolino.
RispondiEliminaqualcuno si offende per "di dietro", chiedo scusa e prometto che non succederà più.
odio, come tutti, quello che per me è un bastardo assassino e mi faccio prendere dal nervosismo.
Leggo solo ora.
RispondiEliminaDudù, condivido, come sempre.
Oggi è il Lunedì dell'Angelo, chissà se l'anonimo si è ricordata di averLo accanto oppure è talmente presa dal suo basso sentire che ha rimosso la Sua presenza perché non ha fede-speranza-carità ma solo lingua biforcuta e stupida.
continuate pure a difendere il vostro beniamino.
RispondiEliminaMAMMA MIA, QUANTA ROBA !
RispondiEliminaCarissimi, nei miei, brevi e lunghi, interventi non ho mai visto tanta partecipazione: ringrazio tutti, anche coloro che non concordano con le mie tesi e le mie ipotesi. I discorsi sarebbero molto lunghi: qui mi soffermo solo sul fatto geometrico. Concordo ovviamente con Vanna quando sottolinea che il presunto ragionamento di Ivana sia incomprensibile, e la pretesa dimostrazione non sussista perché usa solo parole prive di concetti effettivi. Tra un segmento maggiore ed uno minore, cone si fa a dire che vi è una relazione biunivoca ovvero reciproca ? I segmenti non sono persone che abbiano tra loro relazioni. Se poi si vuol dire che un segmento minore sia uguale ad una parte di un segmento maggiore, si dice un'ovvietà. Ricordo il prof. Torelli (lontanissimi anni '60, all'Istituto Magistrate "A. D'Aosta" di Trieste), quando parlava di rette coincidenti: io gli dissi che due rette coincidenti non potevano sussistere perché sarebbero state una sola ed unica retta. Il prof. Torelli non si scandalizzò, tutt'altro: disse soltanto che la mia era un'osservazione "filosofica", eppure allora, ragazzo, non avevo nemmeno iniziato lo studio della filosofia.
Zenone e la sua tartaruga: vi è in Zenone una contraddizione di fondo, che mi pare sia stata largamente trascurata: egli considera il passo della tartaruga un segmanto "infinito" perché costituito da infiniti punti o perché infinitamente divisibile, ma ignora del tutto che anche il passo di Achille era un segmento "infinito" per la stessa ragione. Ora essendo il passo di Achille maggiore del passo della tartaruga, egli in tutti i casi poteva raggiungerla e superarla. Un "infinito" maggiore supera un "infinito" minore.
Il punto è che l'infinita divisibilità di un corpo non coincide affatto con l'"infinità" del corpo stesso: era questa l'ambiguità delle argomentazioni di Zenone, su cui si scervellano matematici e talvolta filosofi .
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminavi ricordate cosa sosteneva ANDREOTTI ?
parlava di convergenze parallele .
inoltre diceva che; a pensar male qualche volta si indovina .
Biologo buongiorno e grazie per https://riflessionigenetiche.wordpress.com/
RispondiEliminache hai postato, interessanti tutti e tre, soprattutto chiari e comprensibili.
Penso che la difesa debba leggerli e seguire passo passo le spiegazioni che illuminano il modo pseudo "scientifico" col quale hanno condannato MGB nnaannessi e connessi.
Gliberto, bella la tua seguente frase: "... L'immagine positivistica dello scienziato che scopre la ‘mappatura genetica’, come se si trattasse di un continente, è carica di presupposti metafisici..."
RispondiEliminaLa penso esattamente così anche io.
Brava Magica! condivido.
RispondiEliminaIl continuo geometrico spaventa ancora così tanto?
RispondiEliminaSe si studiassero i risultati di Cantor, si capirebbe che lui ha definito un insieme infinito come una collezione di oggetti che può essere posta in corrispondenza biunivoca con una sua parte. La grandezza di Cantor è nell’aver percepito l’importanza del principio di corrispondenza biunivoca e nel coraggio intellettuale da lui dimostrato nel perseguirne le conseguenze.
Ogni segmento (non nullo) di qualunque lunghezza ha cardinalità c
Se ancora non fosse chiara, per qualcuno/a, la relazione binaria inerente alla “corrispondenza biunivoca”, potrei preparare, su eventuale richiesta, un’altra animazione ancora più semplice e significativa per visualizzare come, in una determinata configurazione di due segmenti di retta (non nulli), sia possibile la corrispondenza biunivoca (prendendo in considerazione le infinite parallele che intersecano orizzontalmente i due segmenti stessi rispettivamente di 3 cm e di 10 cm).
Riguardo ad Andreotti (anche se so che preferiva la fisica alla matematica) non posso escludere che, comunque, conoscesse la geometria ellittica … :-)
Ivana, ancora giudizi?
RispondiEliminaIl " continuo geometrico" non spaventa per nulla.
Perché dovrebbe spaventare?
Personalmente certi ragionamenti sono arzigogoli, non li capisco e non mi va di capire.
Il mondo andrebbe meglio senza quei "ragionamenti" freddi, tecnici utili solo per capire e smontare la creazione, non portano a nulla, non servono per rispettare l'ambiente e l'uomo infatti l'uomo non rispetta la Creazione.
Che poi Andreotti conoscesse "la geometria ellittica" è un "valore aggiunto" di niente, certo è che conosceva i meandri della politica molto bene la cosa non so quale utilità possa aver portato all'Italia e agli Italiani, visto che siamo tra le maglie delle tasse e della disoccupazione.
RispondiEliminaNon che la colpa fosse di Andreotti ma certo rappresenta la Politica più astuta e più sottile che è servita solo a gonfiare i portafogli e i privilegi di alcuni e anche a riempire di valanghe di problemi i tanti.
PUNTUALIZZANDO SUL PUNTO
RispondiEliminaCarissima Ivana,
qui finiremo col pensare che, tra te e il prof. Odifreddi, vi sia una stretta relazione biunivoca. Il problema che avevo posto (quanti punti vi sarebbero in due segmenti di diversa lunghezza) e a cui si è cercato di svicolare mettendo in campo l'ormai defunto George Cantor e i suoi teoremi (tipici di ampienti come i vecchi OPP, e gli attuali CSM), riguarda la natura dello spazio geometrico nella sua astrattezza (quando non cade nell'astrusità), ma anche nella sua applicabilità allo spazio fisico (statico, cinematico e dinamico), senza la quale non esisterebbero scienze come l'ingegneria, tanto per fare un esempio.
Veniamo dunque, letteralmente, al punto: esso è geometricamente definito a-dimensionale, ovvero senza nessuna delle tre dimensioni. Citando l'aritmetica, il suo equivalente non è l'1, che indica qualcosa, ma lo 0 (zero) ed è perciò assolutamente privo di forma. Il punto ha dimensione 0. Ora, una serie sommata di zeri, sia pure infinita, dà come totale 0 (zero). Non vi sarebbe quindi un ente infinito, bensì un Nulla assoluto. Impossibile quindi ogni passo successivo, se non procedere con un "salto logico": il punto viene inteso di fatto dal geometra come un infinitesimo dello spazio, un'entità minima, una sorta di atomo geometrico, che acquista una forma minima (un cerchietto, un quadratino, ecc. Sommando allora la serie infinita di infinitesimi si orttiene una linea, vuoi curva, retta o mista). Un simile procedimento non è logico, ma è opportunistico, altrimenti non si procederebbe, un opportunismo metodologico accettato per convenzione (segue).
(continua)
RispondiEliminaOra sfido chiunque a dirmi "logico", ovvero non contraddittorio, il considerare una serie indefinita (ovvero, non infinita perché il segmento ha due estremi A e B, oppure C e D) di punti lunga 10 cm composta dallo stesso numero di punti di una serie lunga 3, 5 o anche 9 cm. Sarebbe come dire che una quantità detta maggiore è uguale ad una quantita detta minore, e viceversa. Si tratta di ludi mathematici per formulas giochi matematici per mezzo di formule, le quali nulla dicono e a nulla servono, come il celebre caso del pastore che deve condurre le sue pecore, ma anche un lupo catturato; oppure del missionario con i cannibali. Giochini che divertono assai poco, in un mondo che, di problemi seri gravi e spesso insolubili, ne ha anche troppi .
Piaccia o non piaccia a Cantor e ai suoi eredi, o neghiamo l'estensione su base puntuale, o presupponiamo l'estensione uni- bi- e tridimensionale come serie maggiore o minore di punti, grazie alla quale (grazie Euclide !) si sono costruite opere durate da millenni (non so che cosa ci abbiano regalato i teoremi di Cantor: forse la bomba atomica ?).
SULLA CALCOLABILITA' DELLE IDEE
RispondiEliminaNon confondiamo le parole (voci o lettere) con i concetti o le idee, talvolta rappresentati da singoli termini, talaltra da interi discorsi. Per calcolare le parole, basta prendere un'enciclopedia di svariati volumi (es. la Treccani e contare quelle che conosciamo). Non parliamo poi di enciclopedia in lingue straniere, perché si complicherebbe la questione. I concetti e le idee prodotte da un qualunque cervello umano, anche il più primitivo, sono incalcolabili, anche perché molte conoscenze sono inconscie o appena sotto la coscienza. Poi basterebbe chiederci: da quanti atomi è composto un semplice bicchiere di vetro che contenga 1/8 di litro ?
Un celebre chirurgo positivista, a cavallo tra '800 e '900, disse o scrisse di non aver mai incontrato l'anima sotto il suo coltello anatomico. Sarebe bastato chiedergli: ha mai trovato l'idea di "coltello anatomico" o di chirurgia sotto il suo coltello anatomico ?
ANCORA SUL DNA
RispondiEliminaInviterei i miei cortesi oppositori a leggere con qualche maggiore attenzione tutto il mio scritto, comprese le note, e particolarmente quella che ho dedicato al dialogo tra Mefistofele e l'ex-assistente di Faust Wagner nel celebre dramma "Faust" di Goethe. Scoprirebbero così che le ambizioni creazionistiche dei maghi del '400- '500 coincidono con quelle degli scienziatuzzi e scienziatucoli del XX e XXI secolo, tutti armati della loro sacrale micro- e nano-tecnologia. Se il DNA è solo acido desossiribonucleico, la sua formula dovrebbe contenere: l'intera evoluzione dei viventi; ogni singola specie; ogni singola famiglia (umana); ogni singolo individuo, e nondimeno essere sempre e solo lo stesso acido. Se l'acido è liquido, come fa ad avere una certa forma ? Se è una doppia elica, costituita da due filamenti ciascuno di 1 m (dicono), ma larga un infinitesimo, tanto da risultare invisibile al più potente microscopio, dov'è l'inizio e dove la fine ? Dove si trova il segmento individuale umano, dove le caratteristiche specifiche di quell'individuo (es: il naso lungo).
In realtà viene volutamente confusa la forma del modello matematico al computer (ovvero virtuale e creata dall'operatore) con la realtà effettiva.
Si confonde il veicolo col messaggero e col messaggio, messaggio indecifrabile se non quando il corpo è abbastanza formato. Si confondono l'inchiostro per stampare, la carta su cui stampare, le parole stampate e infine ciò che lo scrivente voleva dire. Una cosa è la funzione esercitata dall'organo, altra cosa è l'organo stesso. Noi verifichiamo la natura dell'organo e i suoi prodotti, ma non la funzione che l'organo svolge, se non indirettamente. Una cosa è lo stomaco con i suoi acidi annessi, altra la digestione come elaborazione chimica di ciò che si ingerisce, altra la funzione che manda avanti il tutto; il cervello è una cosa (organo), altre cose sono ragionamenti, istinti, emozioni, ricordi (segue).
(continua)
RispondiEliminaE' tipico degli scienziatucoli del nostro infelice secolo il riduzionismo, ovvero ridurre tutto a ciò che si vede e si tocca, pretendere di quantificare tutto, anche ciò che, per definizione, non è quantificabile, illudersi di poter risolvere il tutto con formulette o formulone algebriche, che, se si analizzano concettualmente e fattualmente, non dicono nulla. Una forma di scadente neopitagorismo che ha solo prodotti orrori, tipici degli apprendisti stregoni, quali la bomba atomica.
Nessuno può o vuole negare anche i pur evidenti progressi, in special modo della medicina, ma non dimentichiamo che essi sono dovuti a lunghe e pazienti ricerche, spesso con sconfitte, talvolta con effetti secondari negativi. Insomma, nel campo della ricerca scientifica non si può mai cantare una definitiva vittoria, ma sempre agire con la coscienza dei limiti, talvolta superabili, talvolta invalicabili (etici), della ricerca sperimentale .
L'ELEATISMO, ZENONE D'ELEA, MELISSO DI SAMO, ANTISTENE E GORGIA
RispondiEliminaLa seguente nota è scritta per chi non abbia dimestichezza con la storia della filosofia, e soprattutto delle sue origini, che predispongono qualunque ricerca scientifica successiva.
E' da premettere che ciò che ci resta di questi pensatori greci delle origini della filosofia è costituito da frammenti (citazioni) e reinterperatzioni successive, spesso dettate da intenzioni polemiche, altre faziose: quindi l'interpretazione data a tutto il pensiero pre-platonico, (piuttosto che pre-socratico, perché lo stesso Socrate non ha lasciato nulla di scritto: ben diversa è la maniera di rappresentarlo in Platone, o in Senofonte, opposta quella di Aristofane) è oggetto di continue analisi, riesami e revisioni.
Chiarito ciò, vediamo che il grande problema dell'Eleatismo, che alcuni ricollegano a quello di Senofane (grande critico del politesimo tradizionale), a partire da Parmenide è quello di dimostrare che l'Essere, la Realtà non sono affatto in movimento e mutamento, come sosteneva Eraclito, se non per pura apparenza, quasi un'illusione ottica, ma sono in sé e di per sé assolutamente immutabili. L'Essere è assoluto, ed incontraddittorio, come dice il principio di Parmenide "L'Essere è, il Non - Essere non è, e non può essere". Ciò perché Parmenide riteneva che il mutamento e movimento delle cose (puramente apparente) se fosse stato reale, sarebbe stato un passaggio dall'Essere al Non -Essere e ciò gli pareva assurdo.
A lui, come ai suoi seguaci Zenone di Elea, e Melisso di Samo, sembrava che il mutamento non fosse quindi passaggio tra modi d'essere diversi eppure "analoghi", ma appunto una transizione tra l'essere e il non-essere. (segue)
Zenone di Elea e Melisso di Samo non erano, come qualcuno potrebbe credere, persi in vacue meditazioni: ambedue erano uomini d'azione. Il primo, arrestato e sottoposto a tortura da un tiranno di cui non ricordo il nome, per non essere costretto a parlare, si morse la lingua fino a staccarla e la sputò in faccia al torturatore. Melisso di Samo vinse addirittura gli Ateniesi in una battaglia navale. Essi difesero il pensiero parmenideo in modo opposto, giungendo, per quel che riguarda il mondo a conclusioni ben diverse. Zenone pensava e procedeva da matematico, Melisso da metafisico: il primo concordava col maestro relativamente alla limitatezza del mondo, il secondo ritenne il mondo infinito (da questi opposti deriverà la spietata ed irridente critica di Gorgia).
RispondiEliminaDel paradosso di Achille e della tartaruga, si è già detto: forse più interessante è il tema della freccia il cui moto apparente è solo una catena di stati: in certo modo, Zenone intuisce il cinema, che sappiamo costituito da fotogrammi che si alternano a fasi di buio e di luce col movimento della pellicola. La nostra retina percepisce il moto delle immagini, e non la successione di singoli fotogrammi. Ovviamente, se è vero che i fotogrammi in sé sono statici, è pur vero che la pellicola si muove, altrimenti la nostra retina non percepirebbe il movimento, anche grazie alle fasi luce-buio.
Vediamo ora la questione dello stadio: forse il "paradosso" meno comprensibile, anche perché insufficientemente riportato: bisognerebbe vedere se Zenone concepiva il moto dei due gruppi in mnaniera disordinata o come quello di due schireramenti oplictici che marciao uno contro l'altro al passo ed in forma regolare: tuttavia, nell'un caso come nell'altro non si capisce perché il tempo impegato a riempire lo statdio sarebbe insieme metà e doippio. Possiamo però riconoscere che il rapporto tra metà e doppio è abbastanza chiro nell'assunto facilemnete dimnostrabile che la metà del dopoppio è uguale al doppio della metà. Infatti: 2: 2 = 1 2 x 0,5 = 1. Non so se Zenone si riferisse a questo o ad altro . (segue) .
Scusate gli errori, devo fare in velocità perché tra poco qui si svolgerà una piccola cerimonia.
RispondiEliminaMelisso ragiona in modo dettagliato con altra procedura: il mondo fisico è infinito (qui si ricollega ad una corrente pitagorica che sosteneva la medesima tesi), assolutamente pieno, le sue parti e particelle non hanno modo di spostarsi né all'interno del mondo, né all'esterno (vuoto, che non sussiste), perché questo non esiste. Il ragionamento di Melisso è molto complesso .
Antistene, fondatore della Scuola Cinica e maestro del celeberrimo Diogene di Sinope (quello della botte e di Alessandro...) ai parmenoidei rispomndeva alla teorie con una fatto: si metteva a camminare. Con ciò, molto pragmaticamente, voleva dire che si possono fare tutti i ragionamenti che si vogliono, ma questi devono tenere conto della realtà fisica .
Gorgia, in un discorso sul Non-Essere, si diverte in modo veramente abile a contrapporre le tesi di Parmenide a quelle di Melisso (finitizza ed infinità del mondo), ed arriva a dimosttrare con finissima dialettica che il Non Essere esiste e che l'Essere non esiste. Praticamente gran parte dei successivi commentatori non hanno capito nulla e hanno parlato di "nichilismo gorgiano". Ma se leggessero il suo testo confrontandolo a quello di Melisso, senza pregiudizi platonici e aristotelici, si sarebbero resi conto che Gorgia era ben altro che un nichilista. A lui si deve la prima difesa della donna, in una società "misogina", e l'esaltazione della morte per la patria.
Nessun giudizio; mi sono espressa in termini esclusivamente generali, in un’ottica storica, considerando quella che io chiamo “paura quasi atavica dell’infinito attuale”.
RispondiEliminaL’infinito attuale, infatti, aveva spaventato già lo stesso Aristotele il quale negava l'esistenza di un infinito attuale fisico, così come negava un infinito attuale mentale.
Bernard Bolzano è stato il primo a reclamare la trattabilità matematica dell’infinito attuale, ma soltanto con Richard Dedekind e Georg Cantor fu risolto il problema dell'infinito in atto …
Personalmente sono in “opposizione” (nel senso di “rivalità”, “lotta”) esclusivamente con me stessa, tendendo a un mio costante miglioramento, sperando di poter superare (almeno di pochissimo!) i miei limiti. Come avevo già avuto occasione di dire sotto un altro articolo, e con altre parole, con gli/le interlocutori/interlocutrici c’è, da parte mia, solo un confronto di idee.
Lo “scontro” (interiore) avviene, poi, tra me e … me! :-)
“Punto” deriva dal latino “punctum” (della famiglia dei termini collegati col verbo “pungere”) ed etimologicamente ha un significato sia spaziale (punto) e basta pensare per esempio al punto come segno moltiplicativo proposto da Cartesio; sia temporale (istante, attimo).
In geometria, invece, è un termine primitivo e di esso non si dà definizione. L’importante è che verifichi le proprietà enunciate nei postulati della teoria scelta.
La matematica insegna la libertà!
Nello scegliere termini primitivi e assiomi da porre a fondamento della sua teoria il matematico è LIBERO: l’unico vincolo è, poi, la coerenza con quanto da lui scelto come fondamento della propria teoria!
Riguardo ai paradossi, come avevo già detto, in matematica rappresentano uno stimolo utile per giungere a nuove definizioni e a nuovi teoremi alla luce dei nuovi concetti introdotti per risolvere i paradossi stessi.
Per esempio, le curve di Peano e Hilbert hanno condotto alle definizioni di dimensione e di curva date da Menger e Urysohn. Tali definizioni, però, non escludevano comunque curve paradossali come quella di Helge von Koch.
Dal momento che curve, come appunto quella di Koch, non possono essere misurate nel modo solito, avendo lunghezza infinita, ecco che Felix Haussdorff propose di misurarne il grado di autosomiglianza, estendendo la nozione di dimensione e il paradosso di Kock fu risolto introducendo le curve frattali .
(Mi sembra che in fisica esistano almeno due analoghi dell’apparente paradosso matematico di dimensione frazionaria: la carica frazionaria dei quark e lo splin frazionario dei fermioni.)
Insomma, in matematica i paradossi rappresentano davvero uno stimolo utile a nuove “scoperte” o “invenzioni” (dipende da come si vuole liberamente considerare la matematica: una scoperta? un’invenzione?)
Riguardo al DNA, pare che sia utilizzato anche nei casi di furti di bestiame:
http://www.corriere.it/cronache/17_aprile_21/polizia-ritrova-bestiame-rubato-grazie-banca-dati-animale-dna-ef699c94-26a2-11e7-b6b1-a150ed5c16fd.shtml
Il significato geometrico del punto, come elemento base dello spazio è in realtà dedotto da quello di spazio come contenitore infinito rispetto allo spazio materiale, che alla mentalità greca antica in generale ripugnava, ma non a tutti, a partire dallo stesso Euclide, è la definizione data dalla geometria elemntare in tutti i testi scolastici. Il punto geometrico, pungere o non pungere, è l'opposto dello spazio: questo ha tre dimensioni infinte, quello non ha dimensioni. Quanto alla "libertà" matematica, che voto dài a tuoi alunni quando scrivono 2 + 2 = 8 ? E che cosa dice il tuo preside se promuovi chi non sa fare 1 + 1 = 2 ?
RispondiEliminaCerchiamo di evitare l'inutile propaganda. la matematica non è affatto libera, ma segue regole ferree. Il paradosso è filosofico, mai matematico.
Quanto ai furti di bestiami, i nostri cari agenti non sanno neppure trovare l'autore dei borseggi, come nel mio caso, altro che bestiame. Non hai mai subìto un furto ? Prova e vedrai...
Ci manca pure "l’ottica storica, considerando quella che io chiamo “paura quasi atavica dell’infinito attuale”.
RispondiEliminaE ci mancava pure l'infinito che metteva paura ad Aristotele, forse perché lui aveva superato la conoscenza socratica del suo se stesso ed era approdato all'orgoglio dell'ipse dixit per questo aveva paura dell'infinito racchiuso nella sua coscienza.
Poiché non mi pongo problemi di "infinito" in quanto esso è inutile nel vivere quotidiano, a me piace l'Infinito come suscitatore di rime sublimi o come dimensione dell'Inconoscibile Eterno e Incomprensibile che sta oltre il mio umano sentire e manco ci provo ad avvicinarmici perché so che non potrei raggiungerlo.
Non ne ho paura, se c'è, si trova in una dimensione irraggiungibile sotto tutti i punti di vista e a noi poco ci riguarda.
Se l'uomo avesse meno orgoglio e superbia ad avventurarsi verso piste che non è in grado di seguire vivrebbe meglio. C'è un "finito" intorno a noi che non conosciamo, non accogliamo, magari non lo rispettiamo e andiamo a perdere tempo sull'infinito.
La conoscenza strizza cervelli è priva di morale e per questo il Sommo Poeta
spedì all'Inferno l'acuto Ulisse.
La ginnastica di cervello non fa bene a nessuno e svia dai problemi veri.
Ogni tanto qui ci si prova a farlo.
Manlio, la libertà, come ripeto, riguarda la costruzione di una teoria! Una volta costruita, come ribadisco, occorre essere ben coerenti con i termini primitivi e gli assiomi posti a fondamento della teoria stessa!
RispondiEliminaDetto in termini MOLTO banali, una volta fissate determinate regole, a quelle bisogna coerentemente attenersi!
Un articolo semplice e chiaro, in merito, è “Le definizioni come educazione alla libertà” di Mario Ferrari (Università di Pavia); si trova nel volume “La didattica della matematica in aula” a cura di Bruno D’Amore e Silvia Sbaragli.
Mario Ferrari si è posto la domanda, a cui, poi, ha ampiamente risposto: “Come, insegnando matematica, possiamo sviluppare il gusto per la libertà?”
Tale articolo comincia citando:
1) Georg Cantor che ha affermato: “L’essenza della matematica è la libertà”;
2) Roger Godement (algebrista francese del XX secolo) che scriveva nella prefazione al suo Cours d’Algèbre: “[…] Anche insegnando matematica, si può almeno tentare di dare alle persone il gusto della libertà[…]”
3) George Papy che al convegno internazionale di Knokke del 1974 affermava: “Ciò che noi vogliamo è creare un uomo libero”.
Chiudo l’argomento
Carssima Ivana,
RispondiEliminail tuo concetto di "libertà" è evidentemente molto simile a quella del carcerato che è libero di camminare per la sua cella diritto, obliquo, piano e di corsa, col passo del cavallo (scacchi), su una gamba sola, ecc. Anche sulla costruzione di teorie il discorso sarebbe lungo, molto lungo. I matematici, di per sé, che non siano forniti anche di spirito filosofico (porsi dubbi e domande), procedono con le loro regolette, che chiamano teorie, ma si occupano solo di quantità pure, ovvero esistenti soltanto nella loro mente, ancorché spesso utili (come strumenti) a risolvere problemi pratici. La matematica nasce in effetti da esigenze pratiche (pagare merci e misurare le cose, per paragonarle e per costruirle). Questo nessuno può negarlo, ma - ahinoi - quando hanno la pretesa di credere che ciò che è idea, sia anche realtà effettiva, lì allora cominciano le divagazioni, che talvolta arrivano anche alla follìa. Proprio poco fa ho sentito per radio (Wikiradio) la biografia del matematico indiano, morto tra l'altro molto giovane, Ramanjani (mi scuso se la grafia è errata, ma cerco di rendere quello che ho soltanto sentito a voce). Ebbene, il commentatore nel narrare rappresentava un personaggio indubbiamente interessante, ma anche uno che scambiava suggerimenti onirici di non so quale dea indiana per una "verità" matematica. Dovendo venir qui, non so poi che cosa sia successo delle sue "soluzioni" di noti teoremi matematici .
Se lo facessi io, mi chiuderebbero subito in un centro di salute mentale.
A proposito di Aristotele, egli propriamente non negava l'infinito nello spazio fisco e metafisco e, accettando implicitamente o esplicitamente quel ragionamento ptitagorico per cui ciò che limita qualcosa, la continua (il mare limita la terra ed ambedue sono limitate dall'atmosfera, ecc.. ciò che limita deve altresì avere qualcosa in comune con ciò che da esso viene limitato), egli immaginava o supponeva che, oltre al mondo dei quattro elementi, esistesse il mondo dell'etere (quinto elemento), l'Empireo, che è appunto il contenitore infinito del mondo a noi visibile. Non si può dire che gli antichi (i greci soprattutto) avessero paura dell'infinito, ma semplicemente che lo consideravano un'imperfezione. E poi il "modernissimo" Einstein che concepisce l'universo curvo e limitato, aveva forse paura dell'infinito ?
RispondiEliminaIl fatto è, ancora una volta, che l'infinito matematico è puramente verbale, come semplice verbale negazione del finito, non dà affatto l'idea di qualcosa di immenso nel quale l'universo che noi conosciamo sia solo un minimo punto .
Aristotele negava l'uso dell'infinito attuale in matematica!
RispondiEliminaManlio, mi sembra che tu conosca poco la storia e l’epistemologia matematica e, per quanto mi riguarda, avevo chiuso l’argomento.
Mi limito a dire che a me è piaciuto il libro “L’uomo che vide l’infinito” di Robert Kanigel (Traduzione di Maddalena Mendolicchio) Rizzoli.
(Titolo originale dell’opera: The Man Who Knew Infinity. A Life Of The Genius Ramanujan”)
Qui si trova quanto riportato nella quarta e nel risvolto di copertina:
https://www.ibs.it/uomo-che-vide-infinito-libro-robert-kanigel/e/9788817089876
Aggiungo soltanto che Hardy (matematico platonista), il grande paladino di Ramanujan, era un ateo convinto ed era profondamente consapevole che la matematica riesce a descrivere universi chiari e luminosi, belli e raffinati nella loro struttura , in confronto ai quali il mondo fisico appare “torbido e confuso”.
Interessanti le discussioni filosofiche matematiche, ma fuori tema. Recentemente alcuni ricercatori del San Raffaele di Milano (genetisti che operano sul DNA) hanno messo a punto e sperimentato con successo una cura per i piccoli pazienti affetti dalla nascita da leucodistrofia metacromatica e dalla sindrome di Wiskott-Aldrich (malattie genetiche fino a qualche anno fa incurabili). I sei bambini (tre leucodistrofici e tre con la Wiskott-Aldrich) sono al terzo anno di cura ed hanno avuto un notevole regresso della malattia ed oggi possono condurre una vita normale. Alla domanda “…Certo, a chiacchiere e con magiche formule tutto si può fare, ma concretamente?…” una risposta al filosofo la potrebbero dare i genitori di questi bambini.
RispondiEliminaBravo e opportuno Anonimo delle 17 55.
RispondiEliminaPurtroppo il simpatico Manlio ha scritto, testardamente, un sacco di corbellerie: come un cieco, che non sa di esserlo, a cui un antipatico burlone abbia maliziosamente raccontato un giorno che il badile che ha in mano è un bisturi, aggiungendo le spiegazioni d'uso. Del bisturi....
Manlio, del tutto innocente nella sua profonda sebbene orgogliosa s-conoscenza, usa il badile per verificare la natura dei tessuti da analizzare sul vetrino, nello specifico la conoscenza matematica, che va ben oltre il 2+2. Da cieco e con il badile, non ce la farà. Lo strumento che usa non è adeguato al problema richiesto. Necessaria sarebbe una buona operazione, che certamente richiede tempo di preparazione, tanta pazienza, e una buona convalescenza, che gli ridoni la vista (oggi fanno miracoli) così che possa, da persona intelligente quale è, decidere consapevolmente di usare il bisturi opportuno e, possibilmente, anche un valido microscopio.
Ramanujan: sognava le dee indiane, ma le intuizioni che aveva rimangono scolpite nella storia della matematica come frutto di un genio assoluto e inimitabile. Per me, poteva sognare chi voleva, in bianco e nero o anche in technicolor, se poi il risultato era quello testimoniato dai suoi lavori.
Suggerisco la lettura de "la Mente nuova dell'imperatore", Rizzoli, del fisico matematico Roger Penrose, come anche, per sgomberare il campo dalle sciocchezze, "La strada che porta alla realtà. Le leggi fondamentali dell'universo", dello stesso autore.
anonimo veneziano
RispondiEliminaSorry,
e cche palle!
( Non a te Manlio )
quei libri li abbiamo letti ..
RispondiEliminaraccontano balle a piu' non posso : non siamo allocchi . capito?
leggerete le motivazioni della futura condanna dell'appello, allocchi.
RispondiEliminae quelle balle non ne raccontano.
Cara Magica, io i libri di cui sopra non li ho letti e ti garantisco che certi argomenti non m'interessano eppure non mi sento un allocco.
RispondiEliminaAnzi... a volte mi pare di volare alto con la fantasia e di sentirmi un uccello in perlustrazione, mi sembra di scorgere tanti libri poco utili nella vita di ogni giorno ma molto utili per irrobustire il proprio ego: io so, io conosco, io sono.
Se certi studi fossero stati utili per aiutare l’uomo, la natura, il mondo…invece non sono serviti a gran che.
Ma non è quello che Socrate lesse a Delfi: "conosci te stesso" e lui imparò, insegnò anche con l’esempio della sua morte.
Che senso ha la conoscenza delle enciclopedie se non ci sottoponiamo ogni momento alla ricerca del nostro mondo interiore e al rispetto degli altri?
L'anonima-o che ti risponde addirittura ha già sfogliato il mazzo dei tarocchi ed ha già letto le motivazioni della condanna, oppure ha collaborato alla stesura… di una condanna… per una famiglia…una sola bada bene mentre c’è un drappello dietro ben nascosto che è libero di fare ciò che vuole.
Povera-o anonima-o è lei come un uccello notturno che si ciba solo di notte e di giorno dorme.
La luce del sole lo disturba poverino preferisce l'oscurità per sopravvivere.
Infatti cara Ivana, Aristotele non fu un grande matematico, a differenza di Platone che escludeva dalla sua Accademia chi ignorasse la geometria. Quanto alla mia ignoranza, lo siamo tutti: infatti io non sono matematico, come tu dimostri di capire assai poco del discorso filosofico che è qualitativo e non deduzione da formule di formule, e teoremi di teoremi, che hanno certo valore simbolico e strumentale (lo ripeto a sazietà, ma fai finta di non capirlo...). Potrei anch'io citare libri su libri: te ne consiglio solo il "De Antiquissima Italorum sapientia..." di Giambattista Vico, proprio come critica alla matematica. Potrei aggiungervi le considerazioni di Kant (nella "Critica della Ragion Pura"), dove si parla di matematica come "serie di giudizi a priori sintetici" (ovvero costruttivi, ma sempre in funzione strumentale). E' meritevole di elogio che tu canti con entusiasmo la tua disciplina prediletta, ma - te lo dissi già altre volte - non pensare che sia l'unica, la definitiva o la più universale: essa è uno strumento indispensabile, ma è uno scheletro fossile che non vive, se non è arricchita da considerazioni qualitative della realtà (cfr. Leibniz).
RispondiEliminaRiguardo agli anonimi o ad altri, perché invece di citare libri a casaccio, citati magari da Wikipedia, non ci espongono le loro illustri dottrine sul DNA ? Ma credete sul serio che sul codice ereditario sia stato detto tutto quel che serve, che tutto sia scoperto ? In tal caso, poveri ingenui !
Caro Manlio, non so dove e/o come io avrei dimostrato di “capire assai poco il discorso filosofico”; a me la filosofia è sempre piaciuta molto (e da giovane l’avevo approfondita attingendo anche a vari testi specifici), anche se, poi, ho seguito maggiormente la filosofia della matematica e, in modo più costante, la storia e l'epistemologia matematica.
RispondiEliminaLe interpretazioni di ogni pensiero filosofico sono sempre varie, per cui se tu e io possiamo aver scelto interpretazioni differenti, non vuol dire che uno di noi non capisca il “discorso filosofico” che rimane sì "qualitativo", ma soprattutto interpretativo.
Un esempio? Eccolo: riguardo al più famoso paradosso di Zenone esiste perfino, tra le altre, l’interpretazione motivata di un Zenone filopitagorico (interpretazione che credo tu conosca).
Tutto ciò che è matematico era, soprattutto allora, pitagorico, per forza di cose, sebbene si inquadrino nel pitagorismo dottrine anche abbastanza diverse, ma legate da fattori religiosi e rituali. Zenone d'Elea, come del resto tutto l'eleatismo, fu poi messo in crisi dalla Sofistica, che ne svelava le contraddizioni e le insufficienze, per quanto in effetti ci resta dai rispettivi frammenti. Certo, se ci fossero pervenute opere complete su questi grandi autori, scopriremmo cose ancora più interessanti.
RispondiEliminaQuanto alla tua comprensione del pensiero filosofico, lo si vede dalle tue obiezioni che non hanno natura filosofica, citi Tizio o Caio come se dovessero essere autori di un qualche Vangelo della realtà, e seguono appunto l'"ipse dixit", traduzione in latino del corrispondente detto greco riferito proprio a Pitagora, le cui stesse origini sono in discussione. Un frammento almeno lo qualifica come "etrusco", il che sarebbe interessantissimo ai fini di quella corrente filosofica, nata con Vico e sviluppata da Cuoco, che fa della filosofia pitagorica, ancorché in lingua greca, una filosofia prettamente italica.
La differenza tra te e me, al di là di una diversa formazione culturale, è che io vedo la matematica come una metodologia strumentale finalizzata alla comparazione e al calcolo delle quantità pure, ovvero astratte (ma applicabili alla realtà inevitabilmente, perché ad es. la prospettiva che è una funzione visiva dell'uomo, pur essendo in sé illusione ottica, è inevitabile e necessaria: la prospettiva con le sue regole è matematica pura), tu sembri vederla come l'unica scienza assoluta della realtà. Saranno anche ragioni polemiche di dibattito che tendono ad accentuare le proprie posizioni, ma così appare a chi ti segue, e non solo da oggi. Comunque, per me non è certo la "fine del mondo". Apprezzo sempre la convinzione autentica nelle persone, anche se lontana dalle mie convinzioni.
Manlio, hai scritto:
RispondiEliminaApprezzo sempre la convinzione autentica nelle persone, anche se lontana dalle mie convinzioni.
Condivido pienamente.
Sì, resta il fatto che convivono tranquillamente interpretazioni diverse ...
Per esempio, l’interpretazione del paradosso del “pie’ veloce Achille” che vede Zenone a favore della tesi parmenidea dell’immobilità assoluta dell’Essere, convive sia con l’interpretazione di un Zenone antipitagorico sia con quella di un Zenone filopitagorico (anche se quest’ultima interpretazione è molto meno diffusa).
Le mie non sono obiezioni, infatti non mi oppongo, ma espongo il mio punto di vista senza alcun desiderio di far prevalere il mio pensiero.
I matematici da me citati (tra cui Cantor stesso) sono tutti matematici anticonformisti (altro che “ipse dixit”!) capaci di perseguire le proprie scoperte (e/o invenzioni!) con coraggio intellettuale notevole e io li cito per semplice correttezza perché non vorrei si pensasse che voglio aprire strade che, invece, sono state già ampiamente aperte da altri! Non sono una pioniera (anche se ho talvolta ho cercato di riscoprire da sola quanto già scoperto molto prima da altri!), non faccio passare per mio ciò che è stato già sostenuto da matematici vari e (loro sì) originali.
Dopo attenta valutazione personale, ho scelto liberamente e convintamente, tra le tante, la via matematica da me ritenuta fonte inesauribile di ricerca, di continui approfondimenti e di possibili deviazioni libere e interessanti …
Come ribadisco, a livello personale vedo la matematica come costruzione libera, logica, coerente, elegantemente bella e la paragono a un’immensa splendida metropoli in continua ristrutturazione ed espansione, ben collegata con molteplici metropoli anche loro in continuo, come liberamente lo definisco, “movimento operativo”, perché la vita stessa è trasformazione.
Ivana
RispondiEliminaMi sono piaciute queste ultime tue riflessioni, a inclinazione filosofica, mi ricordano un bel libro (famoso) che ho letto tanti anni fa di Morris Kline "Matematica la perdita della certezza"
Dunque, Zenone: come ho detto, tutti gli autori preplatonici, di cui ci resta poco, trasmesso da altri (anche con finalità del tutto proprie), o come per Socrate nulla, se non narrazioni biografiche, è difficile dare un'interpretazione che non sia fortemente condizionata da questi limiti. I ragionamenti di Zenone, concependo lo spazio come insieme infinito di punti, sono sostanzialmente pitagorici, anche se usati in funzione essenzialmente polemica verso chi affermava la variabilità delle cose nella loro qualità e nella loro posizione. Infatti, la geometria tradizionale o classica è un mondo immutabile, anche quando nella costruzione di figure o nello svolgersi di teoremi, si usano procedimenti che diremmo non dinamici, ma semplicemente cinematici (ovvero senza badare alle cause del moto). Io invece vedo in una matematica in progress un vero pericolo, come le deviazioni che ci hanno portato a quei disastri estremamente rischiosi, in cui si confonde un segno con la realtà, la divagazione in formule che, all'atto pratico, trapassano dalla teoria quantitativa ad una pratica qualitativa incerta: soprattutto quando tutto ciò viene trasbordato dalla matematica pura alla fisica prima teorica e poi pratica. Alla deviazione dallo studio e dalla ricerca teorica a pretese e presuntuose "certezze" di fatto. Su questa strada l'umanità può creare la tomba per sé, per le specie viventi e per l'intero pianeta, processo disastrosamente cominciato dall'inizio del secolo XX .
RispondiEliminaErrata Corrige: in prima riga leggere "su tutti gli autori preplatonici"
RispondiEliminaGrazie, Gilberto, per la gentilezza.
RispondiEliminaOltre al libro da te citato, in cui l’autore vede la matematica come una costruzione dovuta alla capacità di astrazione degli esseri umani, avevo letto altri bei libri simili, tra cui cito volentieri almeno questi due:
http://www.lafeltrinelli.it/libri/reuben-hersh/cos-e-davvero-matematica/9788880898733
https://www.amazon.it/Luniverso-tazza-Verit%C3%A0-bellezza-matematica/dp/8830415413
In quest’ultimo la matematica non è vista come semplice cassetta degli attrezzi, ma come vero e proprio “modo di pensare” e più precisamente come un linguaggio che ci consente di tradurre la complessità del mondo in schemi manipolabili.
Lo scopo che cerca di raggiungere l’autrice è quello di dimostrare che l’interesse per la qualità della vita non è affatto inconciliabile con argomentazioni quantitative. Quantità e qualità vengono considerate inscindibili in quanto, per lei, le intuizioni quantitative ci aiutano a capire i problemi qualitativi e gli strumenti matematici servono a fornire nuovi punti di vista.
Riguardo al più famoso paradosso di Zenone, l’interpretazione di un Zenone filopitagorico è, come ripeto, la meno “gettonata” e non la si trova facilmente scritta, anche se non stupirebbe che Zenone avesse voluto difendere la provenienza filosofica del proprio maestro, in un momento in cui la ribellione contro i Pitagorici era forte.
Infatti Pitagora (allievo di Anassimandro, che era stato allievo di Talete) era il maestro del maestro del maestro di Zenone stesso. :-)
In base a tale interpretazione verrebbe dimostrata l’esistenza della monade pitagorica ...
se la matematica vi fa diventare coglioni come siete allora no grazie
RispondiEliminaanonimo sei sempre molto garbato e non ti smentisci mai, stessi toni riguardo il caso Bossetti.
RispondiEliminaIl punto è che se la matematica serve a smontare quello che c'è dietro-dentro-fuori il mondo e diviene anche determinante per trovarne le "regole" di funzionamento di ciò che si guarda cercando di capirne i significati per mezzo del pensiero filosofico, il tutto diviene una grande ginnastica mentale che non porta beneficio vero all'individuo, alla società, al pianeta.
Ovvero quale è la ricaduta sull'uomo di tale fatica, encomiabile certamente.
L'uomo è andato sulla Luna, dicono, sono entrati nella spirale dna ( ma già Platone e gli Induisti ne parlarono che pure non avevano le apparecchiature che abbiamo oggi), ma ha continuato a far guerre, a distruggere, ad inventare armi sempre più sofisticate, ad essere violento, a provare invidia, a sfruttare i deboli, ad arricchirsi ed accumulare.
Quindi se la matematica con la sua origine o derivazione filosofiche non aiuta l'uomo a guardarsi dentro, non fa progredire l'uomo dal punto di vista spirituale e non serve a nulla, solo ad inorgoglirsi ed intorcinarsi dietro i suoi calcoli.
Secondo te andare alla ricerca della "particella di Dio" porta l'uomo ad avvicinarsi a Dio o lo porta a mettersi al posto di Dio e sentirsi tale?
Intanto gli oceani hanno immense isole di rifiuti, pensa che imbecille l'uomo scienziato e matematico non ha pensato a tenere pulito il pianeta e a non far morire di fame milioni di bambini e a tranquillità economica a tutti invece di...
RispondiEliminaIntanto gli oceani hanno immense isole di rifiuti, pensa che imbecille l'uomo scienziato e matematico non ha pensato a tenere pulito il pianeta e a non far morire di fame milioni di bambini e a tranquillità economica a tutti invece di...
È l’uomo politico (non matematico, non scienziato e non filosofo), che governa e che possiede quindi il potere decisionale, ad avere determinate responsabilità.
Riguardo alla questione “spirituale” ci sono molti, tra i matematici atei che conosco, i quali, comunque, accettano tranquillamente una visione spinoziana del mondo …
Non capisco perché "Zenone pitagorico" dovrebbe essere stato meno "gettonato" di altri, quando la matematica, anche elementare dei suoi tempi, era essenzialmente pitagorica, almeno nella culura greca (di quella degli Egiziani o dei babilonesi sappiamo in realtà assai meno ancora, ma le loro opere dimostrano che erano abbastanza avanti in tale settore). Il fatto è che, nei manuali si procede per settori chiusi, e si crede che a Pitagora credessero soltanto i pitagorici, il che non è suffragato da nulla, non esistendo allora altre matematiche che quella pitagorica (Platone, ad es., non fa che sviluppare tesi pitagoriche, riviste attraverso Socrate e gli stessi sofisti). I manuali sono certo necessari come propedeutica storica, ma limitandosi ad essi, non si capisce nulla di filosofia: il che vale per larga parte di coloro che, dopo gli studi medio-superiori, si sono applicati ad altre questioni, sebbene la filosofia sia, per dirla con Terenzio, ciò che non esclude "nulla di umano", ovvero nemmeno l'anti-filosofia.
RispondiEliminaQuanto alle particelle, per un credente nessuna appartiene ad altri che a Dio, o perché create da Lui, o perché regolate da Lui. Già la terminologia è, te lo dico senza difficoltà, infantile, degna di coloro che vivono nelle formule matematiche e hanno una disastrosa difficoltà ad esprimersi con concetti e parole, pura propaganda, slogan da carosello .
Infine, caro Anonimo: se queste questioni non ti interessano, perché non ti occupi di cose più importanti, ad esempio come far soldi con la finanza (altra scienza matematica) ?
Che accettino o meno "tranquillamente" la " visione spinoziana del mondo" al mondo che ne viene?
RispondiEliminaNon solo ginnastica mentale ma orgoglio di conoscenze inutili per il comune vivere. Se gli scienziati, in toto, fossero più presenti tra gli umili invece di riempirsi la bocca di numeretti e formulette, farebbero opera meritoria.
E' facile dare la colpa alla politica se c'è immondizia nell'oceano, la politica lo sappiamo che si muove sul comando, sul potere, sul danaro, e sono questi alti concetti morali che poi pagano mega-ricerche per trovare, ad esempio, la particella di Dio e che NON hanno intenzione, per quanto se ne sappia, cure efficaci per il cancro oppure nuovi antibiotici per il bacillo di Koch che si è corazzato ben bene, ad esempio.
Ma vedi cara Ivana, mentre la " particella di Dio" rende il piccolo scienziato come un Dio, trovare cure, rimedi per la gente comune o per i poveri del Terzo Mondo non fa comodo, elimina persone ( il mondo è affollato e si deve alleggerire), le cure anticancro sono costosissime e non tutti possono permettersele.
Quindi la politica, la scienza, l'economia vanno a braccetto per curare gli interessi dei soliti pochi, in confronto alle masse, che ben sappiamo.
Sono millenni che l'uomo, le civiltà ripropongono certi meccanismi...con risultati morali nulli. Corsi e ricorsi storici del grande GB Vico.
Già la terminologia è, te lo dico senza difficoltà, infantile, degna di coloro che vivono nelle formule matematiche e hanno una disastrosa difficoltà ad esprimersi con concetti e parole, pura propaganda, slogan da carosello
RispondiEliminaA chi ti riferisci? Quali “slogan”?
Nel caso ti fossi riferito a me, non capirei perché continui a rispondermi avendo una simile opinione nei miei confronti e nei confronti dei matematici in generale.
Tante domande si affollano, comunque,nella mia mente: Eventuale complesso di superiorità? Eventuale provocazione con caduta di stile? Eventuale intento prevaricatore? Eventuale timore di un confronto col “diverso”? Eventuale bisogno di rapportarsi esclusivamente con lettori plaudenti?
Comunque sia, a chiunque tu ti sia rivolto, ritengo semplicemente inutile proseguire questo nostro dialogo e cercherò di evitare ulteriori interventi (senza sentire alcuna necessità di irritarmi e di diventare offensiva). Serenamente penso di essere stata io a sbagliare perseverando nell’illusione della possibilità di un confronto leale, senza pregiudizi, fra persone di pari dignità inter se.
Mi sono espressa sapendo di parlare con un “filosofo”, per cui semplicemente tengo in considerazione la frase proverbiale latina “intelligenti pauca”, avendo già premesso che ognuno sceglie, liberamente e consapevolmente, l’interpretazione che condivide focalizzando l’attenzione su un dato aspetto ritenuto significativo.
Aggiungo solo che riguardo al più famoso dei paradossi di Zenone l’interpretazione più seguita (almeno negli ambienti universitari matematici) è quella di un Zenone che non aveva il concetto di limite. L’importanza dell’argomento di Zenone sta, appunto, nel fatto che da tale paradosso nascono il concetto di limite e quello di serie.
Con tale famosissimo paradosso Zenone aveva evidenziato la difficoltà di essere rigorosi nei ragionamenti riguardanti l'infinito, mostrando come anche la nozione di “movimento” potesse racchiudere una grande complessità e come fosse un'impresa davvero ostica la matematizzazione di simili concetti.
E nel tempo è stata sviluppata l’analisi matematica e i matematici si sono soffermati a ragionare sul concetto di serie numerica perché il loro intento era quello di dare un significato alla somma di infiniti addendi e si sono posti le domande (a cui finora sono state date determinate risposte) “Che oggetto matematico è la somma della serie? Come può essere definita in modo adeguato e rigoroso?”…
L’interpretazione dettagliata inerente a un Zenone filo pitagorico, a quanto mi risulta, si aggira solo oralmente almeno negli ambienti universitari matematici e l’ho trovata nero su bianco soltanto in un volume di epistemologia matematica dove lo stesso autore sostiene di non averla mai trovata scritta.
Vanna, il computer stesso, di cui anche tu stessa usufruisci, è nato grazie a un matematico, da molti definito “padre dell’informatica”.
Penso che se venissero forniti più soldi per la scuola, per l’educazione e per ricerca scientifica, invece di usarli soprattutto per gli armamenti e per scopi bellici, la qualità della vita potrebbe realmente migliorare.
Ultimamente c’è stata, o no, una marcia degli scienziati contro la disattenzione politica (una protesta della comunità scientifica americana ed europea)?
Ad maiora!
Condivido in pieno Ivana la tua frase seguente:
RispondiElimina"Vanna, il computer stesso, di cui anche tu stessa usufruisci, è nato grazie a un matematico, da molti definito “padre dell’informatica”.
Penso che se venissero forniti più soldi per la scuola, per l’educazione e per ricerca scientifica, invece di usarli soprattutto per gli armamenti e per scopi bellici, la qualità della vita potrebbe realmente migliorare.
Ultimamente c’è stata, o no, una marcia degli scienziati contro la disattenzione politica (una protesta della comunità scientifica americana ed europea)?"
Speriamo che quella " marcia" sia la goccia che fa traboccare il vaso!
Cara Ivana,
RispondiEliminanon mi permetterei nei tuoi confronti di esprimere tali giudizi, il giudizio che ho dato e che confermo pienamente è contro quegli scienziatucoli e loro divulgatori giornalistici che, pur essendo atei e materialisti, adorano i papi e i monsignori, e mettono Dio nel mezzo delle loro formulette magiche, con cui pretenderebbero di incantare non si sa bene chi; una contnua alimentazione della presunzione che crede di sapere e nulla capisce. Il "bosone di Dio" o "particella di Dio" vanno spiegati in ben altri termini che con questa terminologia da strapazzo. Tuttavia il farne uso con così grande facilità non fa assolutamente onore a chi la usa, anche se con ottime intenzioni. Il confronto di cui parla dovrebbe essere fondato su argomentazioni, non l'uso di ripetere sempre frasi o pensierini altrui. Quanto alle nostre discussioni, ognuno è libero di rispondere o di non rispondere: io, per prassi, l'ho detto in questo blog, fin dalle prime volte da quando ho cominciato a scrivervi, che rispondo sempre a tutti, in modo civile a chi risponde in modo civile, in modo polemico e anche "violento" a chi offende: tutto là. Grazie a Dio (non alla particella, né ai suoi scienziatucoli...), c'è libertà di parola e di discussione, nei limiti concordati e col tono dell'interlocutore. Ciò che mi dà molto fastidio è lo scambiare il carosello propagandistico per argomentazione, come oggi è di moda ad ogni livello, ritenendo che si possa convincere la plebaglia con frasi fatte, slogans, dichiarazioni gratuite, espressioni miracolistiche ed altro, una strada che sta portando al rincretinimento universale, e peggio che all'imbestialimento dell'uomo (se ne vedono i risultati).
La scienza d'oggi, invece di rifarsi al motto di Seneca "rem tene, verba sequentur", parte dalla proprie formulette matematiche e da queste pretende di spiegare la realtà: la conseguenza ? la bomba atomica e l'eventuale distruzione del mondo. Queste le grandi conquiste. Il discorso sarebbe assai lungo...
Per capire la differenza di quando gli esseri umani avevano un cervello ragionante e non delegavano il proprio pensiero né ai computers, né ai bosoni, né ai busoni, riporto una bellissima frase che Fritz Martini cita in conclusione della sua storia della letteratura tedesca, ed. Saggiatore, Milano, 1960, trad. it. di Italo Alighiero Chiusano, pag. 685. Tale periodo è di Karoline Schlegel ad August Wilhelm Schlegel (fratello o marito), nel 1801 :
RispondiEliminaO amico mio, non stancarti di considerare quanto è breve la vita, e che nulla ha un'esistenza più reale di un'opera d'arte. La critica tramonta, le generazioni umane si estinguono, i sistemi cambiano, ma il giorno in cui il mondo prenderà fuoco come un pezzetto di carta, le opere d'arte saranno le ultime viventi scintille che entreranno nella casa di Dio. Solo dopo verranno le tenebre".
Alle opere d'arte, aggiungiamo quelle filosofiche, seriamente intese: dubito che, invece, le operazioni matematiche potrebbero avere la stessa sorte.
Visto che altri interventi non vi sono, mi permetto di fare alcune conclusioni sulla scienza in generale, sulla matematica in particolare. Immanuel Kant scrisse due opere, una che sono i "Prolegomeni ad ogni metafisica futura che potrà presentarsi come scienza" e l'altra "La Religione nei limiti della semplice ragione". Le due opere trattano quindi dei limiti, non tanto di contenuto, quanto soprattutto di metodologia. Nulla di simile è, finora, accaduto alla scienza di natura sperimentale o teorico-matematica, che di limiti non ha mai voluto trattare, pensando di poter esaminare la realtà esclusivamente con la propria metodologia.
RispondiEliminaIn effetti, i limiti della ricerca scientifica, non per i contenuti e gli obiettivi, che devono essere sempre liberi, bensì per la metodologia specifica devono essere i seguenti:
1) Ogni scienza specifica ha un metodo specifico, che vale nell'ambito dei propri contenuti, degli specifici oggetti di ricerca, non di tutti a cui non possono essere estesi.
2) La scienza deve quindi essere regolata da un'epistemologia, ovvero dallo studio di ciò che quella scienza può dare col suo specifico metodo.
3) La scienza deve anche tener conto delle condizioni morali, in modo che l'efficacia di un metodo non sia di danno all'umanità e all'ambiente biologoico del pianeta, e che la sperimentazione, soprattutto in campo biologico, non presenti caratteri di crudeltà e di sadismo (es. vivisezione).
4) Bioetica ed epistemologia devono quindi cooperare, perché il successo di breve termine potrebbe, a lungo termine, diventare un danno.
Se gli scienziatoni che, per vincere più facilmente una guerra tremenda, hanno progettato e prodotto la bomba atomica, avessero meditato "a priori" i danni che questa poteva produrre, per una singola arma, e per tutte le armi altrettanto o maggiormente potenti e distruttive di quel tipo, non l'avrebbero mai costruita. Oggi, quando "i buoi" sono scappati da tempo, si vorrebbe che tornassero da sé alla stalla, ma chi comincerebbe per primo ?
Se da quando esiste la Scienza gli scienziati avessero meditato sui possibili risvolti negativi delle loro ricerche, l'umanità sarebbe ancora ferma all'età della pietra o quasi. Gli scienziati che hanno costruito la bomba atomica lo hanno fatto su richiesta e con il finanziamento dei politici che hanno anche deciso come e quando utilizzarla. Purtroppo se avvengono certe storture non è colpa solo dello scienziato ma dell’uomo in genere, perché nella sua natura sta la sete di potere e di guadagno, l’ansia del prevalere sul proprio prossimo e per arrivare allo scopo ogni mezzo può esser utile sia esso una clava, una bomba atomica o batteriologica e chissà cos’altro in futuro. Le “deviazioni” scientifiche hanno causato e probabilmente causeranno tanti mali al mondo in cui viviamo ma non dimentichiamo il peso che certe ideologie-filosofie, partorite da sommi pensatori, hanno avuto ed hanno nell’evoluzione di questo processo. La smania di potere è una brutta malattia genetica, esclusiva del DNA umano. E' da sperare che un giorno la scienza identifichi il locus e modifichi questo gene sballato; forse allora il mondo potrà realmente cambiare.
RispondiEliminaCarissimo Anonimo,
RispondiEliminagli scienziati hanno operato con i soldi dati loro dai politici, i quali di per sé nulla avrebbero saputo di bombe atomiche o altro, se qualcuno non metteva loro la classica "pulce nell'oercchio". Che la materia fosse divisibile all'infinito (ma divisibilità teorica e divisione concreta non sono lo stesso), era già stato detto perlomeno da Cartesio, Leibniz e Wolf. Questi due ultimi, come in parte Vico, immaginavano un punto sì indivisibile, ma in senso metafisico, ovvero un'entità immanente ai corpi, piuttosto che un corpo esso stesso. La chimica, tuttora per quanto ne sappia, è ancora fondata sul concetto di atomo (ovvero elemento indivisibile della materia); la fisica è andata oltre. Perché oggi nessuno pensa (ma forse l'anonimo potrà dirmelo)a dividere l'elettrone, il positrone, il neutrone, il neutrino, ecc. ? Non esiste ancora la tecnica ? O semplicemente si ritiene che non la massa, ma l'energia sia indivisibile ? Mah, misteri della scienza contemporanea che, con le sue formula risolve ogni problema, nella pratica spesso li aggrava o li rende perfino insolubili.
Ma tornando alle tecniche belliche, si pensi che Fulton, inascoltato da Napoleone, fu invece ascoltato dagli Inglesi: come adoperare la forza del vapore ad usi bellici. E' sempre lo scienziato (che non è un santo), mai il semplice politico, ad inventare strumenti di morte, dai tempi delle prime lame di selce all'arma atomica.
Caro Manlio,
RispondiEliminaE' vero, lo scienziato non è un santo come del resto non lo è il politico.
Ritorniamo così al concetto che gran parte del negativo che c'è nel mondo è comunque frutto del pensiero umano. Per quanto concerne la tua domanda sulla divisione delle particelle sub atomiche, pur non essendo io un fisico, posso dirti che è la fisica quantistica che si occupa di questo. L'elettrone ad es. sembra essere composto da tre sub particelle (recente scoperta). Anche il bosone di Higgs è una sub-particella. E' curioso che il termine "particella di Dio" con il quale lo si identifica non è stato coniato dagli scienziati ma è il frutto di una errata traduzione in italiano del titolo del libro "The God Particle: If the Universe Is the Answer, What Is the Question?" di Leon Ledermann. God nel titolo è abbreviazione di goodmamn (maledetta) ma nella traduzione italiana è diventata "di dio" come se fosse stato scritto God's. I giornalisti e i media, come al solito, hanno fatto il resto.
Caro Anonimo ma non troppo, "goodmann" dovrebbe dare come abbreviativo "good", e non "god": misteri della lingua britannica oggi dominante il mondo, grazie alla... bomba atomica. Degli abusi giornalistici, a scopo di divulgazione reclamistica, avevo già fatto cenno.
RispondiEliminaLo scienziato, per ovvie necessità, deve vendere il proprio prodotto (scoperta o invenzione che sia) al miglior offerente,che poi ne farà l'uso che crede, dai miracoli della tecnologia terapeutica agli orrori bellici. Si torna al punto base: quando si dice "umano" nel senso di buono, si usa il termine in senso autoapologetico, come il "sapiens sapiens"; in realtà, "umano" può anche significare l'estremo dell'atroce. Una consapevolezza di ciò potrebbe evitare ogni degenerazione, sia nella presunzione di essere l'unica specie indispensabile nel pianeta, sia anche di poter fare tutto dominando le altre e se stessa.
Carissimo Anonimo (??),
RispondiEliminachi mi conosce sa che verifico sempre le informazioni, e non mi limito a seguire i dizionari su Wikipedia e simili, compilati da altrettanti anonimi associati, che magari confondono sinonimi e contrari.
Allora vedo che: "maledetto" si dice in inglese damned o cursed. Non ho trovato nessun goodmann (semmai, sarebbe goodman = buon uomo; con due "n" si dice in tedesco, nel significato di essere umano maschio o marito, come Frau vale donna o signora o moglie);
Inoltre vedo che good = buono (in ogni caso associato a concetti positivi qualitativamente), man = uomo; manner = maniera o modo; god = Dio (in tedesco Gott, come buono = gut) o anche "loggione" (!!).
Cfr. Dizionario tascebile Garzanti (2004, pagg. 662) e Dizionario ed. Melita (1990, pagg. 1076).
In conclusione, il "bosone" non è una particella "maledetta", ma di "Dio" oppure da "loggione". Qui i giornalisti e i loro abusi divulgativi c'entrano poco. Come ho detto, lo scienziato deve vendere il suo prodotto e quando vuol esprimersi in parole e non in formule matematiche, spesso cade in frasi ridicole o assurde. Se ne potrebbe raccogliere uno "stupidario" (e qualcuno, mi pare, lo ha già fatto). Lavorare con cifre e lettere algebriche è un conto, se ne possono ricavare operazioni assai complesse, ma tradurle, attraverso parole in concetti e questi collegati ai fatti, allora si piange amaramente...
Carissimo Manlio
RispondiEliminaHai ragione, nel mio precedente del 17.5 ho fatto un clamoroso errore di battuta (ho scritto goodman al posto di goddamn) e nella fretta non ho spiegato bene ciò che volevo dire. Ritento.Il titolo originale del libro scritto dall'autore era "The Goddamn Particle: If the Universe Is the Answer, What Is the Question?" L'editore, ovviamente per ragioni di mercato, ha abbreviato Goddamn (maledetta, dannata) in God Particle (Particella Dio); solo nella traduzione italiana del libro è diventata "di Dio" come se nel titolo inglese fosse stato scritto God's Particle). Lo stesso Higgs, che aveva teorizzato l'esistenza di questa particella nel 1964, ha dichiarato di non condividere questa definizione (God Particle) ritenendola offensiva. La particella in questione (Bosone di Higgs) nel mondo della fisica veniva scherzosamente chiamata maledetta, dannata, perchè non si riusciva mai a identificarla: ci sono voluti quasi cinquant'anni e la conferma è avvenuta dal CERN di Ginevra. In conclusione, il bosone (non c'è solo quello di Higgs) non è una particella maledetta e neppure di Dio ma è solo una delle tante particelle che costituiscono la materia e che i fisici stanno studiando. Gli scienziati c'entrano ben poco con i titoli sensazionalistici; c'entrano invece molto gli editori, i traduttori e i giornalisti con i loro abusi divulgativi.
Dialogo interessante: ho scoperto qualcosa di nuovo!
RispondiEliminaGià, a sapere che cosa studiano i fisici d'oggi, oltre alle loro formule! "Goddamn", caro Anonimo ? Ma non è un composto tra "god" (e siamo sempre lì) e "Damn" (ovvero damned") ?, il che significherebbe una bestemmia. Difendere gli scienziati d'oggi, è un'impresa assai ardua, caro Anonimo: sono solo dei grandi tecnologi, abilissimi nel digitare (come tutti i giovani d'oggi), ma ripeto: tradurre in termini comprensibili le loro elaborazioni algebrico-informatiche è praticamente impossibile. I giornalisti tentano di farlo, ma, tra l'ignoranza linguistica degli scienziatoni e l'ginoranza presuntuosa dei giornalisti divulgativi, il risultato è disastroso. Uno dei motivi per i quali l'umanità sparirà ben presto sarà proprio la digitalizzazione della scienza (alias, scemenza tecnologica).
RispondiEliminaIn Goddamn (maledizione, dannazione) o in goddamned (maledetto, dannato) la radice God ha un significato rafforzativo (maledizione divina) e non di una bestemmia. La stragrande maggioranza degli scienziati non credo che bestemmi in quanto si definisce atea. Il linguaggio universale dello scienziato è la matematica e per chi non la conosce è ovvio che sia incomprensibile. Ad es. dietro la tecnologia che ci permette di scrivere su questo blog ci sono tante teorie, formule astruse, equazioni, ricerche come nella pastiglietta contro il mal di testa. Credo che alla persona comune non interessi più di tanto la traduzione in termini comprensibili delle elaborazioni algebrico-informatiche che hanno permesso agli scienziati di arrivare ad una scoperta-invenzione ma interessi piuttosto il risultato concreto di questa scoperta-invenzione. D'altronde ognuno ha il proprio campo o campi di conoscenza e quindi i propri limiti; il non sapere cosa studino oggi i fisici e non comprenderli non è un dramma o un motivo per essere catastrofici. "Cosa studiano i fisici oggi?" probabilmente è la stessa domanda che si è posto qualcuno (dandosi anche la stessa risposta) da quando ufficialmente è nata la fisica.
RispondiEliminaCaro Anonimo (a ?),
RispondiEliminaperché ti definisci tale, quando è evidente chi sei ? Giochiamo a nasconderello ?
Un ateo bestemmia già quando nomina Dio: se Dio non esiste, come potrebbe maledire qualcosa ? E se Dio esiste, come può maledire una sua propria creazione? Gli scienziati, che fanno simili sragionamenti, dimostrano solo e sempre di essere incapaci di esprimersi, abituati a lavorare puramente con formule e numeri. Mi ero già preparato a casa (come detto, qui lavoro in Biblioteca, non essendo più collegato da almeno due anni ad INTERNET) alcuni esempi di come, quando si debbano tradurre in espressioni verbali formule algebrico-fisiche, questi scienziatoni e scienziatucoli non sappiano esprimersi.
Traggo le seguenti dall'Enciclopedia delle Scienze, ed. Garzanti, in edizione economica del 2005, giusto come esempi di tale oscurità:
BOSONE :
particella elementare con ---> [vale per "vedi"] spin intero o nullo [come se l'intero e il nullo potessero coincidere !], il cui comportamento è regolato dalla statistica di Bose-Einstein (---> statistiche fisiche). Per i bosoni non vale il ---> principio di esclusione di Pauli, cioè, non c'è limite al numero di particelle che possono trovarsi nello stesso stato quantistico. Sono identificati come bosoni i mesoni, i fotoni, i gluoni (pag. 206) Come dire, tutto e niente...
BOSONE DI HIGGS :
Particella associata al campo di H[iggs] come mediatrice delle interazioni tra campo e particelle. Poiché il campo è scalare, la particella di H. ha spin nullo... la sua massa oscilla tra i 100 e i 300 GeV (1GeV = 10° e V) pag. 740 (chiaro e limpido, vero ?).
SPIN :
momento angolare o momento di rotazione proprio di una ---> particella elementare distinto da un eventuale momento angolare orbitale... Da un punto di vista... più rigoroso [!!!], si può dire che su ogni particella elementare è effettuabile in modo diretto o indiretto [come se fosse lo stesso...], una misura di momento angolare intrinseco, oltre che misure di posizione, di impulso o energia, di momento angolare orbitale, ecc.... pag. 1397 .
Si prosegue ben più a lungo, per un'altra intera fitta colonna e poi per un'altra pagina due capoversi, con varie formule (pag. 1398) di senso ancora più oscuro. tutto ciò per dire, sommariamente, che le particelle ruotano analogamente a nano-sistemi stellari.
Si intende poi per "quanto" la quantità minima di cui possono variare (ma se è "minima" come fa a variare ?) alcune specifiche proprietà (p. es. energia, momento angolare) di un sistema .
Sfido chiunque, di sano intelletto ad apprezzare come chiare queste definizioni, e aggiungo come aggravante: su un testo che dovrebbe essere "divulgativo", ma di buon livello !
Per favore, non prendiamoci in giro: la fisica, specie subatomica dei due ultimi secoli, è solo matematica con pretese neopitagoriche di natura ontologica (ovvero, di realtà effettive), il che non è. Di qui i disastri dal 1945 ad oggi .
Perdona, caro Manlio: tu sei uno di quelli che non vuoi farsi fotografare temendo che in quel diabolico scatto, soprattutto se digitale, gli venga rubata l'anima un pezzo alla volta, translitterando il mite studioso Tummolo, un pezzettino (discreto) alla volta, in un universo parallelo?
RispondiEliminaMa no, che dico: la Garzantina del 2005 [almeno quella aggiornata... :-(....]le scemenze che hai scritto....le conclusioni presuntuose e insensate che ne hai tratto.....è impossibile che tu ci creda.
Ci ha preso in giro e noi ci siamo cascati!!!!!
anonimo, ma non l'anonimo precedente, piuttosto quello di qualche post fa.
Quanti anonimi! mi pare che le Garzantine del 2005 non siano così vecchie (ma forse l'anonimo d'oggi non era allora ancora nato...), ma poco importa: il linguaggio è il medesimo, i concetti insussistenti sono uguali, il vuoto si identifica. A dire il vero, su questo stesso sito si trova di me anche un filmato, ma poco importa. Non ho paura di farmi fotografare, sebbene ormai stia per compiere 69 anni, ma non sono neppure tanto vanitoso da farmi fotografare in tutte le pose e in ogni abito, compreso quello adamitico.
RispondiEliminaUn giorno o l'altro farò un piccolo esame della celebre formula (più antica del 2005) E = m (cxc), del celebre Einstein (la scrivo così perché non so qui come aggiungere il simbolo giusto: 2). Poi vedremo quanti lamenti sulla mia ignoranza in materia verranno fatti...
Abbiate il coraggio di mettervi almeno un nomignolo, Eroi: e quando mi criticate, invece di offendere, dateci quei chiarimenti che, secondo voi, occorrono. Altrimenti le vostre sono solo blaterazioni, propaganda di regime per una "scienza" che sta avviando l'umanità alla rovina .
E vediamo allora, visto che nessuno ha aggiunto nulla, questa celebre formula, abbstanza semplice apparentemente, in realtà piuttosto complessa, contorta e male spiegata.
RispondiEliminaChe significa dire che l'energia è uguale o è equivalente ad una determinata massa moltiplicata per il quadrato della velocità della luce (ossia la velocità della luce moltiplicata per se stessa) ?
Intanto, che cos'è una moltiplicazione ? Null'altro che un'addizione ripetuta almeno due volte con addendi uguali. Posto, ad es., un numero "a", a x 5 = a + a + a + a + a. Se io moltiplico quindi la massa per la velocità della luce al quadrato, ottengo massa o velocità ? Ma che cos'è la velocità? null'altro che il rapporto nel movimento di un corpo tra spazio e tempo; tanto maggiore lo spazio attraversato in un'unità di tempo, tanro maggiore la velocità; se invece in uno spazio determinato il movimento richiede più di quell'unità del tempo, la velocità è minore. Posto lo spazio di 100 km, è più veloce il corpo che percorre quei km in un tempo minore.
Bene, fin qui siamo nella fisica più semplice ed elementare. Ora, che vuol dire quadrato della velocità : una velocità maggiore ? Uno spazio che rappresenta in quadrato del percorso attraversato dalla medesima velocità ? E infine che significa che una massa, se moltiplicata per la velocità della luce, sia o diventi energia ? Che occorre far muovere una certa massa velocità al quadrato della velocità della luce, per ottenere energia ? Forse per questo le bollette dell'ENEL sono così care ? La massa si sbriciola, producendo energia, mentre se si limita alla sola velocità della luce, senza quadrato, l'energia non si sviluppa ? O, peggio ancora, se si va alla velocità del suono ?
Il comodo delle formule è che sembrano dire chissà che, ma non dicono nulla: infatti: posso ben scrivere che a + b + c + d = e, ma che cosa siano a, b, c, d, ed e non lo so, sebbene supponga che si tratti di cifre o numeri diversi fra loro e che "e" sia appunto il risultato di questa addizione. Il problema dunque è quello che, quando si traducono le formule in parole esprimenti concetti, e questi in fenomeni, o non si riesce, o è assolutamente problematico con possibilità di più soluzioni ipotetiche. Da qui, rimango nella mia convinzione che la matematica sia necessaria per misurare i fenomenti, ma non a conoscerli nella loro intima struttura. Mi si obietterà che non si ottiene nulla senza questa misura o si resta nel vago: questo è vero. POccorre quindi corroborare la descrizione dei fenomeni con la loro misurazione, ma non limitarsi ad uno o all'altro dei criteri di conoscenza. Cari Anonimi, alle armi !
Caro Manlio, non metterti a fare le moltiplicazioni dando definizioni a vanvera.
RispondiEliminaAmmiro la tua dedizione allo studio, ma stai affrontando il problema dalla parte sbagliata. L'equazione che ti affascina è relativistica, deriva (per esempio) dalla semplificazione per velocità prossima a quella della luce di una serie di Taylor. Serie infinita in cui i termini superiori al primo diventano leggerissimi, irrilevanti man mano che, appunto, cresce la velocità trattata. Il premio Nobel Sheldon Glashow che puoi trovare qui http://www.pbs.org/wgbh/nova/einstein/experts.html con altri studiosi di altissimo livello spiega in modo molto efficace e semplice il senso di quella equivalenza: quando un oggetto emette luce, per esempio un lampo di luce, diventa un pochino più leggero. Un po' di massa se ne è andata. L'equazione di Einstein ci racconta come funziona l'Universo, non ci spiega le bollette dell'Enel, che, ti dò ragione, hanno caratteristiche ai limiti dell'esoterico.
p.s. ci sono libri bellissimi che puoi trovare anche on line, per iniziare a dipanare la matassa relativistica. Uno, scritto da una delle firme gloriose (che fu) di Scientific American, Martin Gardner, lo trovi addirittura qui: http://www.introni.it/pdf/Gardner%20-%20La%20relativita%20per%20tutti.pdf
C'è anche il bellissimo libro di Sir Arthur Eddington, Spazio Tempo Gravitazione. Un best seller, lo trovi certo anche in biblioteca.
Chiudo qui, perchè non ho nessuna intenzione nè di accanirmi, nè di perdere tempo.
Mica male per Zelig!
RispondiEliminaGrazie per le imponenti bibliografie. Amo molto leggere, ma cose comprensibili. Basta vedere come il mio interlocutore si esprime per capire che non dice nulla. Il carattere della scienza, quando è tale, è quello di avere la capacità di analizzare i propri metodi e i propri contenuti in modo ragionevole per convalidare, o negare, o migliorare tali impostazioni. Coprirsi con formulette è fare quello che facevano un tempo le navi da guerra: per sfuggire al nemico, emettevano nebbia e fumo. Oggi non basterebbe, perché c'è il radar.
RispondiEliminaLa scienza fisica d'oggi, come la micro- o nanobiologia sono solo strumenti per il suicidio della specie, per giunta nemmeno consapevole, ovvero anche più pericoloso.
Un chiarimento sul concetto di relativo, ovvero di ciò che pone in relazione due o più cose; ma tale relazione presuppone qualcosa di assoluto: ad esempio, per rendersi conto di un movimento occorre porre un punto fermo (che lo sia o non lo sia, poco importa: tale vogliamo, e perciò dobbiamo considerarlo tale). Una realtà che sia solo "relativa" (ovvero, senza elemento considerato stabile ed assoluto), è una non-realtà, puro vuoto, un elenco senza inizio e senza fine: dunque privo di significato, dunque perfettamente inutile, quando non nocivo.
IL METODO DI TILL EULENSPIEGEL E IL METODO
RispondiEliminaRAZIONALE (confutatorio e dimostrativo)
I
Per chi non lo sapesse, Till Eulenspiegel (Till, Specchio della civetta) è un personaggio tradizionale della letteratura germanica (tedesca e olandese, soprattutto), di ispirazione universitaria medioevale (un clericus vagans). Till può essere considerato l’inventore (nulla di nuovo sotto il sole) dell’impostazione associazionista-condizionatrice e comportamentista di certa psicologia di marca anglosassone e sovietica, che trova i suoi fondamenti nell’idea che l’uomo, come gli
animali, si comporti per azioni e reazioni pressoché automatiche, scatenate dall’ambiente. Till, infatti, dimostra “scientificamente” come si possa insegnare a leggere ad un normale asino: egli scrive su un quadernone delle “i” e delle “o”, mettendo tra quelle pagine un po’ di fieno. L’asino gira le pagine col muso, non si ferma su quelle vuote e, quando trova il fieno, “legge” “i-o, i-o”, così tutti gli ascoltatori ammirano il metodo d’insegnante, sperimentato da Till . Così, il tanto “arretrato” Medioevo sembra irridere preventivamente alla psicologia comportamentista del secolo XX .
Altrettanto satirica è la descrizione del metodo assertivo e dogmatico in materia astronomica, utilizzato da Till: egli infatti dichiara: “Il numero delle stelle nell’intero Universo è di 1.564.627.402 [il numero è puramente esemplificativo]: dimostrate voi che sia diverso da quanto da me asserito”. Ovviamente, nessuno era in grado di dare un numero diverso, di tanto o poco che fosse .
Così il metodo assertivo dogmatico pretende di dare certezze attraverso numeri. Per cercare di capire il ruolo dell’ISTAT, nella sua ispirazione ideologica neo-pitagorica, non ho avuto occasione migliore, se non di vedere il suo slogan: “NUMERUS REI PUBLICAE FUNDAMENTUM”. Una delle peggiori bestialità che si possano affermare: “Il numero è fondamento della Repubblica”. Non il Popolo, non la Legge, non la Giustizia, non il Lavoro, o quale altro principio etico-politico: IL NUMERO ! Senza rendersi conto che il numero è solo un segno, un simbolo di una quantità, maggiore o minore, ma sempre determinata; un segno estremamente manipolabile che indica semplicemente una situazione quantitativa generica ed astratta, raccolta in un certo momento su un certo campione: transeunte quindi, e non certo proiettabile verso il futuro, se non con una catena di “se, ma, però, forse, ecc.”.
(continua)
II
RispondiEliminaNella mentalità dello statistico, pover’uomo che si ubriaca di cifre come l’etilista di alcool puro, la realtà è fatta di cifre, su cui fa con molto arbitrio tutta una serie di operazioni, ovviamente astratte quanto lo sono i segni su cui opera, e queste operazioni vengono fatte sempre per soddisfare gli interessi dei suoi committenti. Riguardo al passato, possiamo verificare le assurdità delle previsioni statistiche fatte qualche decennio fa: negli anni ’70, si prevedeva, per distogliere i popoli dalla fecondità demografica, che a fine secolo XX, vi sarebbe stata una popolazione mondiale di 28 miliardi. Sono trascorsi 17 anni dalla fine del secolo, ma, dando per buoni i calcoli odierni (i quali, detto di passaggio, sommano dovunque gli autoctoni e i presenti sul territorio, sicché siamo almeno al doppio), oggi saremmo sui 7 miliardi, ovvero appena ad ¼ del previsto e pre-calcolato di allora [1] .
Il neo-pitagorico non solo pretende di misurare con “esattezza” indiscutibile le cose (i suoi sono numeri, ovvero “fatti”, mica illazioni, mica chiacchiere, come quelle del comune cittadino, che diamine !!!), ma pure di conoscere con i numeri le cose in sé, la realtà più vera e profonda, lo stesso evolversi del mondo attraverso il ruotare di numeri, operazioni, percentuali, algoritmi e logaritmi. Per capire quanto poco possano controllare i loro numeri, basti pensare ai dati di affluenza ad una manifestazione qualunque: gli organizzatori moltiplicano i presenti (mettendo insieme pure i passanti casuali e i curiosi) per 5 o per 10; la Polizia fa l’opposto, divide per 5 o per 10, valutando solo le due file esterne (siccome una manifestazione non è una parata militare, in cui basta moltiplicare la fila anteriore per il numero delle file, e si ottiene il risultato esatto, è assai facile ingannarsi). Quanto poi al magico prevedere il futuro, questo è impossibile anche partendo dai dati più esatti: infatti una certa percentuale di crescita, di diminuzione o di stabilità, non è una legge fissata nell’Eterno e per l’Eterno: è solo una situazione momentanea. Mussolini prevedeva per gli anni ‘60 o ’70 una popolazione italiana di 60 milioni, che è stata raggiunta (se vera…) appena negli ultimi anni adesso con l’invasione di 5 o 10 milioni di afro-asiatici e sudamericani. La popolazione italiana autoctona è presumibilmente nell’ipotesi migliore ancora oggi sui 55 milioni .
Con la complicità di medici, con o senza frontiere, al fine di derubare le pensioni, illudendo i gonzi si promette un’aspettativa di vita immortale, addirittura !, sostenendo che ormai morire è un obiettivo quasi impossibile grazie alle cure, allo sport, al buon nutrimento “mediterraneo”, ecc. Già il termine “aspettativa” (un tempo non lontano si diceva semplicemente “vita media”) è una truffa, perché tutti ci aspettiamo di vivere sani, forti, belli, robusti, incrollabili, oltre ogni limite ragionevole di tempo, ma tra l’aspettarsi e il raggiungere ce ne corre. I calcoli, ai limiti dell’imbroglio, si basano sulla sopravvivenza di quella generazione iperselezionata che ha vissuto due guerre mondiali e altre minori, che ha sofferto fame, miseria, epidemie, invasioni militari, e sono sopravvissuti a tutto ciò, perché i più forti (pensate che nel giro di trent’anni circa morirono per sole cause di guerra oltre un milione di persone, tra il 1915 e il 1945, per non dire dei morti di spagnola, di tifo, di colera, di asiatica, ultima grande influenza).
Chi fa mai i calcoli reali per ogni classe o annata: ad esempio, per dire solo della mia: quanti dei nati nel 1948 in Italia oggi vivono ? Non mi meraviglio dei disgustosi partitocrati ed affaristi che mirano ad arraffare denaro (il denaro di chi muore il primo giorno di pensione o ultimo di lavoro, che non abbia eredi immediati, che fine fa ? chi se lo ingozza ?): mi meraviglio di medici, con o senza frontiere, che per vantarsi delle loro mirabolanti terapie dei nostri tempi vogliono far credere all’immortalità fisica, all’eterno benessere fisico, all’eterna giovinezza, anche dopo compiuti 1.500 anni di vita e forse più. Siamo nell’Era delle Mistificazioni Numeriche, o meglio delle Frottole pure e semplici .
RispondiEliminaIII
Ben altro è il modo di procedere razionale, che è la base di quello autenticamente scientifico: dubita dei dati e dubita della natura di ciò che osserva, rifiuta gli slogans, calcola ma in via ipotetica e conosce i limiti formali e metodici del numero, non ha certezze assolute ed è conscio che tutto debba essere controllato periodicamente se non continuamente. Le sue certezze non si acquisiscono in giornata, ma attraverso lunghi e pazienti esami, relativi ai punti d’osservazione e corredati di metodi rigorosi, ognuno confacente alla materia di studio (non esistono metodi – panacea, buoni per tutto…). Non esaurisce mai le domande, e dà risposte provvisorie e molteplici ai propri dubbi. Sa che la scienza di oggi sarà, e dovrà essere, superata domani. Al pretenzioso motto dell’ISTAT, il razionalista oppone quello di Bacone:
“VERITAS FILIA TEMPORIS”. La Verità dell’Uomo è una conquista lenta e faticosa, che dura secoli e millenni, come Vico, dopo Bacone, ci insegnò [2].
E, quanto alla confutazione, il razionalista autentico sa che confutare non significa tanto dimostrare o pretendere di dimostrare la falsità di una tesi che non si condivida, ma più semplicemente spiegare il perché e il come non si condivida quella certa tesi, mentre il dimostrare positivo non è “dimostrare” una verità assoluta o relativa, quanto esporre le motivazioni per cui si condivide una certa tesi piuttosto che un’altra. Nel caso specifico di una discussione orale o scritta, per poter confutare occorre ascoltare attentamente l’altro, tener conto delle sue motivazioni, capirne i punti deboli, esporli, motivarne la fragilità, ma a nulla serve elencare bibliografie (non è in esame il pensiero di non partecipanti al dibattito, ma quello di chi sta discutendo), e, men che meno, insulti. Le bibliografie servono nei saggi o nelle opere, non in una normale discussione .
La pretesa dell’uomo di dimostrare verità o falsità di qualcosa nella sua realtà, così singolarmente, come in gruppo, come pure in un determinato periodo storico, vuoi con ragionamenti deduttivi, induttivi, sperimentali e con calcoli matematici, vuoi con prediche di papi e imam, e rivelazioni sedicenti divine, è sempre erronea ed ingenua, oppure indice di frode intenzionale.
La verità ontologica dei fatti è un lungo, faticoso, collettivo percorso dell’intera umanità nel corso della sua intera storia.
(continua)
RispondiEliminaNOTE :
[1] “Alla fine del secolo la pressione demografica reale nell’ambiente naturale sarà circa otto volte l’attuale: equivarrà cioè a una massa di ventotto miliardi di uomini…”. Questa atroce fesseria fu calcolata da un tale John Mc Hale, e candidamente riportata come cosa seria da A. Peccei, in “L’ORA DELLA VERITA’ SI AVVICINA. QUALE FUTURO ?”, in Edizioni Scientifiche (!!!!!!) e Tecniche Mondadori (Milano, 1974), a sua vota citato da Antonio Desideri “Storia e Storiografia”, ed. D’Anna, Firenze 1989, vol.III , pag. 1203, II colonna (testo scolastico per i Licei !) .
[2] Sull’opposto fronte epistemologico, i sostanziali scettici, come Karl Popper, secondo il quale il processo scientifico è un semplice rincorrersi di congetture e confutazioni, per cui che cosa resterebbe di conoscenza della realtà ? Nulla, se non illusioni di conoscere. Un po’diversamente, ma non troppo, la pensa Joseph Agassi, per il quale è conoscenza ciò che regge la confutazione (finché la regge…).
Si confonde l’acquisizione (minima) della verità per ogni individuo, con l’acquisizione storica umana (Popper, non dimentichiamo, odia lo storicismo): così si produce l’immobilismo conoscitivo, pur in un lavoro da Sisifo. Si crede di sapere, si confuta ciò che si sa, quindi si riprende ad illudersi di conoscere, fino a nuova confutazione, e così all’infinito… Per lo storicista, l’avanzata è lentissima, contrastata, ma c’è: solo l’esperienza secolare o plurisecolare conferma o nega determinate ipotesi. Positivismo e neopositivismo logico, sulla base della tradizione gnoseologica tradizionale, dànno per certe o accertabili tutte le conoscenze, se queste sono “scientifiche”, il che sarebbe tautologia. Se il certo o l’accertabile, è “scientifico”, quando una nozione è certa o accertabile e, dunque “scientifica” ? Di qui la lotta con il razionalismo critico (meglio, scettico) di Popper.