Di Gilberto Migliorini
O, wonder! / How many goodly creatures are
there here! / How beauteous mankind is! O brave new world / That has such
people in't!
Il romanzo fantascientifico
del 1932 dello scrittore britannico era stato preceduto da Noi (Мы, romanzo del 1919)
di Evgenij Ivanovič Zamjatin, la storia raccontata dal suo protagonista D-503 dove
le persone sono contrassegnate solo con numeri e lettere, ironicamente incasellati
come emblemi della felicità finalmente conseguita dai cittadini dello Stato
Unico. La visione futuristica di abitazioni e oggetti costruiti esclusivamente
in vetro e materiali trasparenti, così che chiunque sia visibile in ogni
momento, anticipa lo sguardo indagatore del Grande Fratello. Non è ancora
quello del pubblico che osserva i partecipanti chiusi all'interno di una casa,
spiati dalle telecamere che li seguono ovunque, un copione dove lo spettatore è
proprio lui in realtà il vero oggetto della scopofilia. L’indagine non è ancora
quella del Big Brother orwelliano, il
dittatore dello stato totalitario di Oceania. Orwell conosceva il romanzo
tradotto in inglese nel 1924 (We) e pubblicato
in lingua russa solo nel 1988 (per via della censura). La metafora del Big Brother è al fondo solo una delle
tante immagini con le quali la letteratura anticipa e rappresenta le linee di
tendenza e la struttura dei rapporti sociali nel loro sviluppo storico e nella
loro essenza paradigmatica.
L’ipostasi del Grande
Fratello è oggi quella di una sorveglianza e controllo globale con tutti i
raffinati sistemi tecnologici. Il dittatore è solo una controfigura del potere,
il vero Grande Fratello è ormai dentro
di noi. La rappresentazione iconografica oggi serve per orientare un cittadino
elettore, per dargli l’illusione di poter identificare e sostanziare un potere
che in realtà ha interiorizzato e naviga nelle sue arterie, si occulta nelle
sue circonvoluzioni cerebrali.
Stiamo diventando profili da
password e entità digitali, indirizzi nei file di sistema, soggetti allocati su
un foglio elettronico. Siamo dramatis
personae di uno spettacolo multimediale, comparse di un film che per
protagonista ha l’algoritmo. Un copione già scritto in ogni dettaglio? A conti
fatti il 1984 orwelliano a distanza di 36 anni da quando è stato scritto - e di
circa altrettanti dal suo immaginario futuro - appare oggi poco più di un schema
per difetto, sempre valido concettualmente, ma ridotto a parodia di se stesso.
La vicenda di Winston Smith, l’uomo qualunque di una vicenda
politico-esistenziale, sembra più che altro una commedia con quella tortura dei
topi che non impressiona un telespettatore abituato a ben altri misfatti.
Nemmeno
Aspettando Godot di Beckett riesce
più a tenere il passo col teatro dell’assurdo. Le vere torture si sono fatte
invisibili, hanno un carattere edonistico, sono supplizi interiorizzati nelle
segrete stanze di encefali riformattati. I sistemi di calcolo e i procedimenti
ricorsivi stanno lentamente implementando il programma con la password e il
codice utente direttamente nelle circonvoluzioni cerebrali.
Oramai la distopia, l’immagine
spaventosa di una società opprimente e dagli esiti apocalittici, ha fatto il suo
tempo. L’incubo si è trasformato in uno slapstick comico e surreale. Perfino Auschwitz
e gli epigoni dell’olocausto sono diventati normale amministrazione, il
quotidiano normativo. Gli eccidi di massa, i bombardamenti a tappeto, la
distruzione dell’ambiente fisico e sociale sono soltanto opzioni di un
videogioco su un monitor, normale programmazione del palinsesto mediatico. La
soluzione finale è diventata una delle tante telenovele: l’apocalisse fa parte
dello spettacolo con gli indici di ascolto e lo share.
Il 1984 orwelliano non appare più l’utopia fosca di un futuro
distopico, appare più che altro la parodia in un Grande Fratello vip, l’esegesi
delle carte fidaty e dei cookie di navigazione, sistemi di profilazione per
rendere efficiente il servizio all’utente, per soddisfare i bisogni del target.
Il Big Brother si è evoluto in una
sorta di scopofilia con accluso onanismo, un voyeurismo da amplesso in
poltrona. Il sex appeal di veline e letterine sono gli zero e gli uno
opportunamente allocati nella texture, pixel nel mondo piatto dello screen, gli
elementi ‘puntiformi’ a costruire i bitmap e l’illusione d’immagine, l’erotismo
dei dati cromatici e dei persuasori sotto forma di computer grafica. L’immagine
di guerre e distruzioni, il dolore e la sofferenza trovano performance nello show dove l’audience si commuove e si
sdegna tra un gossip e una telenovela, spegnendo poi la tv per stappare lo
spumante e mangiare il panettone.
Nel nuovo sistema della realtà
virtuale si trasmette l’essenza del mondo, in filigrana, la struttura invisibile,
l’algoritmo celato nella tessitura, la quantità numerabile su un monitor. La
caverna mediatica ci tiene avvinti non più come semplici schiavi ma come anime
integrate e collusive. La spelonca platonica è diventata un gioco di ruolo. Come
Truman lo spettatore si persuade che possa uscir fuori vincitore. Che
l’universo là fuori sia soltanto una nostra proiezione? Che tempo e spazio
siano solo le forme del meta-verso simulato e artificiale di Matrix?
Stiamo diventando parte di un
sistema perfettamente integrato, digitalizzati pesati e misurati secondo metodi quantitativi, dove tutto è numericamente rappresentabile, inscrivibile e
modificabile in vista di un’esistenza felice e forse immortale. La caverna
platonica è diventata un teatro di luci con la macchina da presa e la regia, un
film in lavorazione. Stiamo accovacciati nel nostro loculo di
protagonisti-spettatori, anche quando ci crediamo in viaggio, siamo dislocati
nella location del nostro anfratto simulato, perfino quando come astronauti
camminiamo sul suolo del pianeta rosso.
Con l’avverarsi del computer
quantistico trasferiremo anche noi stessi, o almeno la nostra essenza, in un
teletrasporto virtuale, ricostruiti perfettamente identici in un’altra location,
forse addirittura in un’altra galassia. Saremo un po’ come le galline ovaiole
che passano la vita in gabbia a fare uova o come maiali in allevamenti
intensivi, perfettamente organizzati, produttivi, assuefatti, intercambiabili e
trasferibili come un pacco postale, macellabili e ricostruibili con le
istruzioni di montaggio, collocabili e perfettamente rappresentabili in un
universo simulato, con tutti gli accessori per correggere l’invecchiamento, la memoria…
tutto quello che ostacola l’efficienza e
il profitto.
Saremo integralmente protetti
con vaccini poli-valenti contro qualsiasi patologia conclamata, perfezionati
come l’ultimo modello geneticamente testato, ingegnerizzati come Ogm
ricombinati, ricondotti alla nostra vera essenza molecolare, al nostro
background di file system. Affezionati teleutenti - novelli oggetti di sintesi,
ibridi e transgenici - saremo in grado
di renderci felici solleticando la parte appropriata del genoma per trovare il
riscontro cognitivo e lo stimolo emozionale nell’appropriata area cerebrale. Solleticando
opportunamente le sinapsi sperimenteremo tutta la gamma delle passioni: il
sesso, la torta al cioccolato, la filosofia, la teosofia, il calcio mercato... Basterà
innescare l’algoritmo adatto nello schema dei link degli impulsi nervosi. Ritroveremo
l’amore perduto semplicemente con il driver, a comando, solleticando chimicamente
il neurone.
Guariremo perfino da quel
senso di angoscia che ci sorprende quando ci chiediamo il motivo di esistere,
derubricato finalmente nell'impedenza molecolare, nella biochimica del nostro
cervello. La scienza darà risposta a tutto, perfino alle domande che ancora non
sono affiorate nella nostra coscienza e che attendono solo di dare le risposte
già pronte e bell'e impacchettate. Nel computer olistico troveremo risposta a
tutti i quesiti esistenziali, perfino a quelli che non riusciamo ancora a
immaginare. Nel magazzino del sistema di dati troveremo finalmente la nostra
collocazione come profilo utente, password, codice e, naturalmente, la nostra
anima immateriale sotto forma di algoritmo digitale.
Il paradiso terrestre sarà
qui tra non molto... ci troveremo teletrasportati a vivere su un altro pianeta,
simulacri e fotocopie perfettamente riprodotte in un paradiso alieno. Saremo
esseri matematicamente organizzati e strutturati, il mondo imperfetto sarà
soltanto un ricordo ancestrale, vivremo come parte coerente e interconnessa dell’elaboratore
onnisciente e immortale. L’etica troverà riscontro, al di là del bene e del
male, nei nuovi algoritmi del sistema
modulare.
Il tempo dei vissuti sarà
finalmente superato, assimilato ai ritmi di lavoro, ai processi di sistema,
all'aspettativa di vita. La durata nella coscienza, dilatata o contratta in
ragione delle nostre emozioni, dei nostri desideri e delle nostre speranze non
avrà più rilievo. Il tempo vero è ormai il pendolo, la lancetta, le
oscillazioni… i processi ripetitivi, isotropi e astratti, il tempo
spazializzato degli atomi, i pixel del monitor dove viviamo interconnessi...
È davvero quella dei metodi
quantitativi la struttura vera del mondo... o è solo l’illusione che tutto sia scritto,
come credeva Galileo, in termini matematici? L’ipostasi dei nostri strumenti
conoscitivi e la presunzione di possedere le chiavi del mondo potrebbe condurci
a un errore catastrofico? La neutralità dello scienziato è solo lo schermo di
un desiderio di controllo e di dominio ammantati di buone intenzioni?
Coraggio nuovo mondo, le
risposte ai quesiti sono già crittografate a
chiare lettere nell'elaboratore centrale, il qubit, la sovrapponibilità
degli stati, l'interferenza, l'entanglement e perfino l'indeterminazione.
Ciao, GILBERTO!
RispondiEliminaBuon lavoro. Ma, in questa vorticosa, infrenabile metamorfosi avveniristica, troverà ancora posto la divinità?
Buon inizio d'anno, Pino
Grazie Pino, anche a te Buon Anno
RispondiEliminaBella domanda Gilberto
RispondiElimina".. L’ipostasi dei nostri strumenti conoscitivi e la presunzione di possedere le chiavi del mondo potrebbe condurci a un errore catastrofico? La neutralità dello scienziato è solo lo schermo di un desiderio di controllo e di dominio ammantati di buone intenzioni?.."
La scienza è un'illusione ottica, non in sè, ma nell'uso dell'uomo..
Avrebbe dovuto sfamare,evitare l'inquinamento,migliorare la qualità e le sorti dell'umanità. Chi la paga la scienza? Non certo chi non ha acqua o chi ha fame, o chi muore di amianto,o chi raggiunge l'eternità dentro la bara non distruggendosi mai. Abbiamo belle auto, bei telefoni,bei libri,ci portano credere di avere tutto, poi ti guardi intorno...e vedi un mondo insoddisfatto, uno che con il camion si scaraventa sulla folla,un'altro che lancia la moglie dalla finestra, il prete fà in festini in canonica,ragazzini che si vendono per un telefonino,processi farsa su MPS, piccole guerre per tenersi un posto di lavoro. Un minestrone di cose che non funzionano e non si vuole farle funzionare.
I bei sogni di equità sociale,miglioramento della qualità della vita, i buoni propositi sono diventate ancora di più chimere nel 2016 d.c.
Una Raggi che chiede silenzio e non botti diventa ella stessa un strumento di chi non vuole menti libere,bambini senza mani o volti sfigurati, devono vendere le industrie del settore, mica si può pensare al bene della gente.
La scienza è uno specchio che non riflette la realtà,lo stato delle cose,dei fatti,dei drammi,delle carenze,delle bombe, dell'acqua inquinata,dei tortellini marci in vendita,o del latte blu o delle farine sintetiche. Siamo o no menti libere? Stanno per organizzarci? Non si saprà più di latte blu o fosse comuni con cadaveri squartati ad Aleppo? E non è forse censura un processo protetto dal silenzio imposto da un giudice?
Un "pot-pourri " non avrà mai il profumo di una rosa, purtroppo per chi vorrebbe darlo intendere.
Anche gugly si conforma scrivendo : "il blog dovrebbe informare" ?. Chi ragiona fuori da MdF non ha gli strumenti per ragionare? Se lo dice anche lei..
" ZeroHedge analizza freddamente il significato delle dichiarazioni del nostro capo dell’antitrust, Pitruzzella, in merito alle “fake news”. Come al solito, dietro una richiesta apparentemente ragionevole, si cela una verità inconfessabile. L’establishment vuole mettere in atto un “Ministero della Verità” orwelliano, una schiera di individui non eletti, ovviamente coordinati da Bruxelles, che non rispondono a nessuno delle loro azioni ma che possono decidere cosa è vero e cosa no. Chi controlla il presente controlla il passato, e chi controlla il passato controlla il futuro (Orwell, 1984).
Nell'articolo di denuncia, prosegue la dealineazione del progetto censura che si vuole "ottenere" ,interessante la conclusione.
http://www.informarexresistere.fr/2017/01/02/litalia-chiede-alleuropa-di-censurare-la-liberta-di-espressione-su-internet/
Buon Anno Gilberto,non venga mai mancare la libera espressione.
Buon Anno a te Dudù e a tutti i commentatori del blog.
RispondiEliminaGrazie per gli auguri che volentieri rinnovo.
RispondiEliminaOttima l'ineccepibile forma con cui ti esprimi, capisco l’ironia provocatoria che pervade il tuo articolo, ma non riesco a condividere una visione tanto apocalittica della realtà.
Credo non sia proprio nemmeno all’orizzonte un calcolatore capace di ragionare in modo indipendente rispetto alle precisissime istruzioni che gli occorrono.
La scienza, poi, è ormai un’attività collettiva. L’errore scientifico rimarrà, sì, sempre possibile, ma la sua resistenza, che una volta poteva essere di parecchi anni, attualmente è ridotta a pochi. Il controllo gruppale sull’esperimento è immediato, affidato a uno o più team operativi, e tale controllo è anche retroattivo, per cui risulta molto più difficile sbagliare.
Penso che dipingere la scienza come carica di aspetti inquietanti e pericolosi tratteggiando lo scienziato come un pazzo, privo di sentimenti, freddo calcolatore, diabolico manipolatore affetto dal delirio di onnipotenza, faccia parte di certi stereotipi della fantascienza horror di determinati filoni narrativi che non esulano dalle scienziaggini e come tali andrebbero considerati.
Recentemente è stato capito come fare un "editing genomico" sui topi da laboratorio e si spera di poter introdurre, anche sugli esseri umani, una terapia genica specifica in modo che a trarne vantaggio siano la qualità e la durata della vita.
Proponi Gilberto, visoni che fanno riflettere:
RispondiElimina"...È davvero quella dei metodi quantitativi la struttura vera del mondo... o è solo l’illusione che tutto sia scritto, come credeva Galileo, in termini matematici? L’ipostasi dei nostri strumenti conoscitivi e la presunzione di possedere le chiavi del mondo potrebbe condurci a un errore catastrofico? La neutralità dello scienziato è solo lo schermo di un desiderio di controllo e di dominio ammantati di buone intenzioni?..."
Vado a pensiero libero come mi viene: non credo che la "struttura vera del mondo" sia scritta in termini matematici, sarebbe riduttivo, a meno che dietro il numero ci sia un "Fattore" che lo ha creato. E certo è che l'uomo è presuntuoso,come dici,il suo desiderio di controllo ci porterà alla catastrofe anche se fosse " ammantato" di buone intenzioni, ammantato è proprio la parola giusta perché dietro nasconde altre intenzioni.
La civiltà cibernetica ci sta rendendo macchine, dietro ogni tasto che noi tocchiamo potrebbe nascondersi un controllo a monte che ci monitora e ci spinge a fare solo quello, a stare attaccati alle macchine e a perdere l'umanità e la verità che si avvicina ci viene negata.
E' sicuro che oltre i tecnicismi, oltre le scienze esatte, non ci sia altro?
E se ci fosse un Altrove che invece agogna la semplicità del sentire racchiusa nella Legge della Carità? Nessuno potrebbe ammantarsi di nulla, ognuno troverebbe la sua strada e la via tecnica-cibernetica aprirebbe altri panorami.
Gilberto, rileggendo il tuo interessante scritto, aggiungo che con il mio precedente post sono fiduciosa e ottimista, forse però potresti aver ragione.
RispondiEliminaVanna
Vanna
RispondiEliminaL'articolo aveva chiaramente un intento provocatorio, nel senso di sollecitare l'interlocutore alla riflessione. Ottimismo e pessimismo sono in funzione di una analisi personale e direi introspettiva...
Certamente Gilberto, hai sollecitato non poco. Giravo voci in rete che non rassicurano per nulla, potremmo essere nella spirale di una Matrix che viene da lontano e che potrebbe toglierci anche la parvenza di libertà nella quale crediamo.
RispondiEliminaCiao.
Credo che la matematica vada considerata nei suoi molteplici aspetti; ritengo che essa occupi un posto di rilievo nel campo della speculazione scientifica astratta, nel campo tecnico-applicativo, ma anche nell’ambito della formazione culturale e intellettuale poiché educa alla rigorosità del linguaggio; se si puntasse su una formazione matematica più seria (senza trascurarne, naturalmente, il lato ludico) penso avrebbero meno influenza sociale l'eristica (soprattutto in politica), l’ambiguità e prevarrebbero la chiarezza e la trasparenza.
RispondiEliminaGià lo stesso Platone pensava che i metodi della matematica potessero essere da giuda del comportamento umano.
È vero che Platone stimava la matematica facendo scrivere sull’ingresso della sua Accademia 'medeis ageométretos eisito' ma come promemoria per analogia con una disciplina che fa dell’astrazione il suo metodo andando oltre il dato sensibile. La matematica per Platone sembra a conti fatti più una disciplina da usare in senso metaforico per indicare qualcosa che trascende il mondo della percezione sensibile, ma non già per dimostrare che essa sia in qualsiasi modo fondante dell’essere e del bene. Anche il nesso tra etica e matematica è esteriore rispetto all’idea del BENE che non è un mero principio morale, ma il fondamento etico e teoretico. Il rigore poi non è della matematica ma della logica di cui la matematica non possiede alcuna esclusiva. Tanto è vero che la logica matematica (nome assegnato da Giuseppe Peano a quella che era già nota come logica simbolica o formale, era sostanzialmente la logica di Aristotele, scritta nei termini dell'algebra astratta e della combinatoria.
RispondiEliminaInfatti, a proposito di Platone, io ho parlato dell’argomento “comportamento umano”, non di ontologia.
RispondiEliminaCredo che la logica matematica, conosciuta anche come logica simbolica, sia stata sviluppata quando si è accettato che possono essere usati gli strumenti propri della matematica per studiare la struttura della logica stessa.
Peano, da te citato, sosteneva che l’insegnamento della matematica deve essere rigoroso a qualunque livello scolare e se viene fatta una dimostrazione, allora deve essere rigorosa. Se l’immaturità del discente non permette tale rigore, è meglio non fare una dimostrazione piuttosto che evitare il rigore. Comunque, fu lui stesso a trasgredire, poi, tale sua affermazione, nel suo famoso libretto.
Insomma, c’è rigore e rigore e, soprattutto, l’idea di rigore è mutevole nel tempo.
Gli Elementi di Euclide furono considerati esempio di rigore dai suoi tempi fino al XVII secolo e poi sono state trovate varie “manchevolezze” e l’opera più famosa del grande Hilbert rappresenta una revisione sistematica e rigorosa del lavoro di Euclide. Insomma, ogni epoca ha un suo concetto di “rigore”.
Inoltre, come ha constatato lo stesso Peano, creando una curva che riempie uno spazio piano, ha incontrato difficoltà a definire, in termini rigorosi, l’idea di curva.
Non è facile essere rigorosi, ma credo che cercare il rigore aiuti a cercare la chiarezza e la trasparenza.
Ancor prima di Platone per Pitagora il Numero era al centro del suo sistema speculativo.
RispondiEliminaNel mondo delle Idee di Platone non ricordo che il Numero abbia questa grande importanza, tra i suoi Miti non ricordo il numero.
Ricordo altresì il grande significato del " conosci te stesso" socratico ovvero abbi coscienza di te, come fondamento di tutte le cose.
( Ma posso sbagliare, i miei sono ricordi, non ho preparazione adeguata.)
Il numero, e quindi ciò che tecnicamente ne deriva, non credo che abbia insito il concetto di coscienza, di valori, di etica.
Difatti il numero permette di misurare la lunghezza, la larghezza, l'altezza, il peso e le forme ma non può dare una misura della coscienza, dei valori, dei sentimenti.
Ed è per questo che l'uomo fa e procura molti danni, perché misura troppo fuori se stesso ed evita di misurare e di esplorare il significato della propria coscienza e dei valori.
Dal tempo dei Greci e degli Antichi siamo regrediti spiritualmente, loro avevano i Miti con i quali cercavano di penetrare l'inconoscibile e di raccontare un passato lontano nel quale l'uomo dialogava con gli dei, oggi ci crediamo dei perché formuliamo teoremi, raffiniamo il concetto di numero.
se solo ci fosse maggiore contatto interiore col proprio sentire, forse non saremmo andati sulla Luna, ma avremmo una Terra, per intero, più rispettata.
Perché vedi nella matematica solo l’aspetto quantitativo?
RispondiEliminahttp://www.centrostudilemuse.it/index.php/articoli/11-matematica/22-finalita-dell-insegnamento-della-matematica
La logica matematica, inoltre, è la scienza del ragionamento matematico e, per metodo, viene utilizzato facilmente il metodo scientifico matematico.
I numero, poi, portano a domande importanti (dal punto di vista ontologico):
RispondiEliminaI numeri sono un'invenzione? Sono una scoperta?
Il mio punto di vista è chiaro, non m'interessano le invenzioni o le scoperte, nel mondo spirituale il numero vale zero, il cuore, la solidarietà, la carità, la cattiveria , la bontà, i valori morali non sono numeri, costituiscono l'essenza che trascende il tempo, lo spazio, il peso, la misura, la quantità.
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RispondiEliminaPer me la “cattiveria” è solo un disvalore sociale, perché non utile al vivere civile; ritengo che i valori sociali siano soprattutto: il rispetto, l’onestà, la rettitudine, la lealtà, l’accoglienza, la solidarietà, l’amore, la pace e la non-violenza.
RispondiEliminaLa coscienza è il segno distintivo della nostra specie? Forse è un aspetto marginale della nostra fisiologia?
Già molti decenni fa il neurochirurgo Benjamin Liber e il neurofisiologo Hans Kornhuber hanno scoperto che i comandi del cervello alla nostra azione precedono di mezzo secondo la decisione cosciente di eseguirla.
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