Di Gilberto Migliorini
Tutto per il consumatore.
Facilitazioni, sconti e una migliore organizzazione del ménage familiare… è il
nuovo paradiso comprensivo di carta fedeltà e con la vita organizzata perfino
nel colore prediletto del condom e nella dieta a punti. Preferenze puntualmente
registrate e conservate in memoria per allietare la vita di un consumatore
vezzeggiato e coccolato con l’offerta promozionale e il regalo da catalogo. Con
i sistemi automatici e i database è davvero facile procedere a delineare
profili d’utente, individuando gli stili di consumo, le predilezioni, le
idiosincrasie e perfino le civetterie. Un consumatore perfettamente integrato
nel ciclo produttivo e monitorato nei suoi ritmi circadiani, quando dorme,
mangia e ha rapporti sessuali, si siede sul water e usa il bidè, quando e dove
si sposta e come sfoglia i moderni incunaboli
con lettore a viva voce incorporato. Se si tratta delle cure mediche il
database può fare una anamnesi accurata per ricostruire la storia clinica del
paziente, cure preventive magari con qualche amputazione precauzionale per
evitare i rischi di ammalarsi, con ricostruzioni e plastiche al silicone. Per i
lavoratori un controllo a distanza con i tablet e i telefonini per massimizzare
l’efficienza e la fedeltà aziendale.
Quello dell’anonimato diventa
un mondo nostalgico, magari da coltivare nel focolare domestico ma con tutti i
prodotti discount e gli ultimi gadget. La salute, il lavoro e il tempo libero fanno
parte di un sistema di consumi integrato e strutturalmente predisposto in un
ciclo programmato, dall'utero all'estrema unzione ma pur sempre con la carta
fedeltà, perfino nell'urna funeraria. Con il nuovo mercato dei trapianti non si
butterà via più niente, perfino il morto cerebrale (non ancora stecchito ma
solo svanito) sarà utile per
esercitazioni chirurgiche chimiche e
radiologiche (proposta di legge 746). Per la giustizia? Banche dati del Dna,
impronte digitali e magari, perché no, incrociando tutti i dati sensibili per
tratteggiare un potenziale profilo deviante da tenere sotto controllo. Arresti
non più in flagranza di reato, ma in semplice odore di trasgressione (meglio
prevenire che curare).
Siamo solo all'esordio di un
sistema che presto potrebbe comportare l’impianto obbligatorio fin dalla
nascita di un chip sottocutaneo, naturalmente per monitorare la nostra salute
fisica e mentale.
I sistemi di rilevazione
automatica e gli algoritmi di decodifica in pochi anni hanno trasformato i
vecchi schedari e le biblioteche informatiche in sistemi obsoleti e costruito
ben più di un semplice sistema di dati. Il carattere della profilazione non è
semplicemente quello di disporre - per ogni individuo o gruppo sociale - di un
insieme di storie e di icone (l’anamnesi dei comportamenti osservabili e dei
dati antropometrici). Si tratta di algoritmi di programma, profili
psico-sociali che sviluppano un controllo a monte, prima ancora che l’utente-consumatore-elettore effettui le
sue scelte. Un tempo era il Potere (i poteri forti, il sistema, il capitale),
oggi l’immagine è diventata più vaga, un riferimento a una macchina informatica
dove la differenza la fanno gli automatismi implementati nei sistemi di
rilevamento.
L’impronta di tutti i sistemi
di profilazione ha alla base fondamentalmente il comportamentismo del ‘900. Il
condizionamento classico, ma
soprattutto quello operante nella sua
versione aggiornata presuppongono la capacità dei sistemi educativi e persuasivi di
orientare il consumatore e l’attore sociale, indirizzando le risposte agli
stimoli nelle modalità ritenute più idonee. Non si tratta semplicemente di
registrare dei dati (un database) ma di plasmare i comportamenti sociali,
organizzandoli in funzione di quegli obiettivi che l’ingegneria sociale ritiene
meritevoli e produttivi, economicamente e ideologicamente vantaggiosi.
Se è vero che tale prerogativa
è sempre stata appannaggio di tutte le forme di potere delle società umane, è
anche vero che mai come oggi, anche grazie alla potenza di calcolo dei sistemi
elettronici, si è reso possibile un controllo accurato e talmente capillare da
prefigurare quelle società totalitarie anticipate nella letteratura del
novecento, nei romanzi come 1984
(Orwell) We (Zamjatin) Brave New World (Huxley), Fahrenheit 451 (Bradbury).
Ma forse in tali opere letterarie
sfugge ancora quello che con l’avvento dei moderni chip - associati ai complessi
algoritmi di monitoraggio - costituisce l’innovazione peculiare che dispiega
tutta la sua potenza di calcolo in questo ventunesimo secolo. L’informatizzazione
non costituisce semplicemente un database, è più ancora di un sistema educativo
e di condizionamento operante, è una
vera e propria programmazione dell’utente che fa della profilazione un
controllo in grado di anticipare valori, opinioni e ideologie. Non si tratta più
semplicemente di un’influenza sociale affidata ai mediatori di massa con tutte le indeterminazioni legate alle
risposte e alle idiosincrasie individuali, alle trasformazioni sociologiche e
ai condizionamenti culturali.
Il nuovo protocollo è più
ancora della teoria dell’ago ipodermico che instilla la sua influenza
individualmente su un consumatore isolato e indifeso, o nelle versioni più
attenuate in un utente in grado di risposte negoziali in rapporto al suo
retaggio culturale. Il sistema di profilazione non riguarda più quella forma
occasionale e accidentale nella quale il dato è rilevato e tradotto operativamente
nella pubblicità-propaganda atta a
suscitare consenso e a indirizzare l’elettore. Il nuovo modello non ha più
bisogno del consenso. Il controllo è ormai a monte, in modalità che anticipano
le scelte e le determinano organizzando la forma
mentis dell’utente prima ancora che i suoi comportamenti si realizzino come
opzioni. Il quotidiano stile di consumo è rilevato con quelle carte fedeltà e con quegli stili di
navigazione che non solo registrano e plasmano i comportamenti d’acquisto (di beni di consumo, di idee e di valori)
ma le modalità di scelta, i procedimenti logici e concettuali che orientano i processi
motivazionali nelle loro continue trasformazioni in tempo reale.
Non si tratta
più solamente di imporre un prodotto (una merce, o un’idea) ma di programmare stili cognitivi, procedimenti mentali e
matrici culturali implementando direttamente nel consumatore gli algoritmi
in grado di orientare le sue opzioni, di ridefinirne le occorrenze e di
adeguarsi alle sue modalità espressive per mettere a punto le migliori strategie
comunicative, per indirizzarne i valori e plasmarne l’abito mentale.
Al vecchio consumer - condizionato e influenzato da
un sistema con tutte le imperfezioni legate al carattere episodico del
controllo - si sta sostituendo una rete integrata di codici pesati e digitalizzati, intercambiabili
e personalizzati, un marketing
totalizzante e onnicomprensivo.
Pubblicità e propaganda
divengono più che modi di influenza criteri di mantenimento, procedure di
ripristino e forme di manutenzione di un utente-consumatore da tenere strutturalmente
monitorato in ogni aspetto della sua vita di relazione e in tutto il processo
di crescita, dal concepimento alla dipartita, controllato in ogni fase di
sviluppo: da una rete di calcoli numerici calibrati in funzione degli equilibri psico-sociali
e dei connotati culturali.
Le coscienze sono trasformate
in diagrammi di flusso con cicli ricorsivi e iterativi stimolo-risposta. La
digitalizzazione dell’attore sociale comporta da un lato la sua
spersonalizzazione e la sua allocazione all'interno di matrici statistiche come
entità astrattamente anonime, dall'altro la sua individualizzazione come
deviazione standard dall'idealtipo o gruppo di appartenenza. Una mandria di
utenti riguardata con l’occhio di un satellite geostazionario o con un lettore
di carte fedeltà di consumatori al pascolo in qualche superstore nello scanner
di un sofisticato algoritmo di profilazione. Tutto risulta interpretato secondo
criteri di devianza o omologazione, con la conseguente medicalizzazione del
difforme e criminalizzazione del diverso.
Un caso emblematico è quello
del Dna e delle relative banche dati. All'apparenza operazione assimilabile a
dare le proprie generalità? Non proprio. Al di là di uno specifico interesse in
relazione a una qualche problematica medica o giudiziaria (magari mai del tutto
trasparente e neutrale…) è quell'infallibile capacità del laboratorio della scientifica di rilevare tracce
biologiche leggibili anche a distanza di molto tempo e in condizioni ambientali
avverse. Sembra davvero che i miracoli siano possibili e che si riesca sempre a
spremere Dna di ottima qualità, proprio come nel film di Spielberg dall'omonimo
romanzo di Michael Crichton…
Si tratta proprio di quella
profilazione che sta diventando normale amministrazione, intrusione nella sfera
individuale che dietro a varie motivazioni nasconde intenti di potere e di
manipolazione nelle modalità più diverse. Una schedatura che non rimanda a un
semplice profilo biografico dell’utente e alla sua individuazione anagrafica,
ma a una registrazione che in qualunque momento può essere utilizzata con
scopi ancora da definire e che sfuggono al controllo e all'assenso dei soggetti
coinvolti. Si tratta di un gioco di potere, come per altre profilazioni che
hanno acquisito una parvenza di normalità e che rappresentano invece la cifra e
l’evidenza di una società globale avviata verso il controllo capillare, la
manipolazione e soprattutto la programmazione delle coscienze.
Dove può condurci questo
sistema ormai perfettamente integrato dove i margini di privacy (per usare una parola carica di implicazioni consumistiche)
risultano sempre più teorici e remoti? La società globale e integrata si caratterizza
sempre più per automatismi di registrazione e di controllo, dove le procedure
della macchina culturale si vanno rendendo autonome dal suo costruttore-ideatore.
La fantascienza ha immaginato
l’elaboratore elettronico che prende il sopravvento sugli umani (2001 odissea nello spazio) o l’androide
che agisce ormai indipendentemente dal suo costruttore rivendicando bisogni e desideri
antropomorfi (Blade Runner) o ancora
l’automa ormai fuori controllo e con una ratio distruttiva (Terminator).
L’immagine ottimistica della
scienza ottocentesca forniva l’immagine di una umanità liberata dal bisogno. I
problemi che l’uomo si trova ad affrontare in questo ventunesimo secolo non
indulgono più all'ottimismo scientista, soprattutto dovrebbero indurre a
riflettere sugli strumenti fisici e concettuali che andiamo costruendo, che
limitano sempre più la nostra libertà e violano la nostra autonomia in nome del
progresso e della efficienza produttiva. Non si tratta solo del debugging di un software difettoso, di
un mero problema di marketing invadente e pernicioso, di operazioni fraudolente
per incastrare, raggirare e manipolare… ma anche di quelle ideologie del
progresso e di quelle teorie scientifiche
che si ipostatizzano e agiscono
surrettiziamente anche quando crediamo di muoverci in perfetta autonomia e
liberi da condizionamenti.
Diventiamo schiavi dei nostri algoritmi e dei nostri
costrutti teorici, in un processo di alienazione, dominati dagli strumenti
culturali - sempre più potenti e totalizzanti - che andiamo creando. Vere e
proprie prigioni allettanti e... invisibili.
Homepage volandocontrovento
Gilberto, sei uno scienziato della comunicazione, ma dove vai a prendere tutte queste idee. ? Complimenti comunque.
RispondiEliminaBruno, il tema della profilazione è attuale, se ne parla da tempo nei libri e sulla stampa. Ho semplicemente affrontato l'argomento con un taglio allusivo al consumismo e all'identità biologica. In fondo si tratta di problematiche implicite in molti articoli dibattuti qui nel blog.
RispondiEliminaGilberto , complimenti per l'articolo
RispondiEliminaAnche se non proprio attinente all'argomento da te trattato, la "lectio magistralis " - con la quale Umberto ECO ha aperto il Festival della Comunicazione - rappresenta una ulteriore conferma del condizionamento comportamentale e mentale al quale siamo sottoposti spesso al di là della nostra volontà
segnalo il link del suo intervento per coloro che non lo avessero ancora ascoltato
http://liveon4g.tim.it/home/it/FestivalComunicazione14/Lectio-Magistralis-di-Umberto-Eco-Comunicazione-Soft-e-Hard.html
buona serata
Enrico
Ps
RispondiEliminaGilberto
se ti capita di trovarlo ancora in vendita ( sempre che tu non lo abbia già letto !) è assai interessante il numero di luglio 2014 di Limes
http://www.limesonline.com/sommari-rivista/a-che-servono-i-servizi-il-sommario
soprattutto il 1° capitolo “L’oro nero dei dati” di Francesco Vitali
http://ilnichilista.com/2012/11/28/dati-geopolitica-e-potere/
Enrico, Grazie per il suggerimento
RispondiEliminaNo, non ho letto Limes di Luglio, vedrò senz'altro di procurarmi la rivista. Mentre scrivo queste note sto invece ascoltando la lectio magistralis di Eco. Il tema della comunicazione è come sempre attuale e può prestarsi a tante interpretazioni, in qualche caso la trattazione può essa stessa rappresentare una suggestiva modalità di persuasione occulta. Spero che non sia il caso del mio articolo... Ciao, Gilberto
La mia domanda è: e allora?
RispondiEliminaO, tanto per citare il desueto Lenin, che fare?
Qui stai/stiamo scrivendo su di un blog che usa un'infrastruttura gestita da Google e dove tutto è superprofilato... Mi chiedo: perché?
Pensi che ci fosse una libera volontà prima della rivoluzione digitale e che adesso non ci sia più? Oppure che non ci fosse neanche prima? In ogni caso la domanda semplice da bar rimane sempre quella: e allora?
Intanto mi faccio un cicchetto, al bar!
Saluti.
No, Dan F. l’ho detto nell’articolo “Se è vero che tale prerogativa è sempre stata appannaggio di tutte le forme di potere delle società umane, è anche vero che mai come oggi, anche grazie alla potenza di calcolo dei sistemi elettronici, si è reso possibile un controllo accurato e talmente capillare…”
RispondiEliminaNessuna proposta di tornare a vivere nelle caverne. Alla tua domanda “semplice da bar” si può rispondere con la consapevolezza della grande macchina entro la quale ci muoviamo e di quella superprofilazione alla quale accenni. Il problema non è nello strumento (la rivoluzione digitale) ma l’uso che ne facciamo, non è nelle teorie scientifiche, ma nella loro ipostatizzazione, cioè nel loro uso dogmatico e come strumento di potere.
E allora? Chiedi.
Rispondo. Perché siamo qui a dibattere del caso Bossetti? Forse perché non ci accontentiamo delle versioni di comodo che la grande informazione mediatica ci propina e ai discorsi da bar preferiamo l’approfondimento ‘volandocontrovento’ rispetto agli stereotipi e alle lusinghe di qualche carta fedeltà…
La mia domanda è: e allora?
RispondiEliminaO, tanto per citare il desueto Lenin, che fare?
Qui stai/stiamo scrivendo su di un blog che usa un'infrastruttura gestita da Google e dove tutto è superprofilato... Mi chiedo: perché?
Pensi che ci fosse una libera volontà prima della rivoluzione digitale e che adesso non ci sia più? Oppure che non ci fosse neanche prima? In ogni caso la domanda semplice da bar rimane sempre quella: e allora?
Intanto mi faccio un cicchetto, al bar!
Saluti.
Gilberto,
RispondiEliminatu osservi giustamente che il problema non è nello strumento, ma nell'uso che se ne fa.
Purtroppo ogni volta che agli esseri umani si balena la possibilità di attuare ciò che desiderano o trovano più vantaggioso e comodo, prima o poi lo fanno, anche se è discutibile dal punto di vista etico.
Sembra una legge di Murphy...invece è solo realtà, come ci insegna la storia.
Questa tendenza umana all'egoismo e all'avidità non si annullerà mai e tra l'altro, di base, costituisce una spinta necessaria al progresso economico. Inutile combatterla con la repressione o con la rieducazione forzata, strumenti dei regimi totalitari che si sono sempre rivelati fallimentari in qualsiasi paese, ma neppure si risolve con il liberismo o il permissivismo, togliendo rigore alle leggi senza frenare le sopraffazioni dei più furbi e dei più svelti, in un orgia di finta libertà e finta democrazia dove tutti possono parlare, peccato che poi non serva a niente e a nessuno (tantomeno a chi parla).
L'unica possibilità che intravvedo è che i grandi vecchi, con la lungimiranza tipica di chi ha vissuto saggiamente e conosce bene il mondo, prendano in mano le regole, le riscrivano, le correggano quando serve, per difendere i giovani, i deboli, chi non ha ancora possibilità culturali né materiali per difendersi da solo (o non le avrà mai). Un supersenato antitrust, contro lo strapotere degli avidi. Ma anche questa probabilmente è un'utopia.
Con stima
Nautilina
Nautilina
RispondiEliminaIl problema è molto più terra terra, ma anche più serio di quanto appare superficialmente. Pochi sono consapevoli del problema profilazione, taluni lo ignorano e nemmeno sanno che esiste. (i pochi apprezzamenti al mio articolo dimostrano come la problematica sia rimossa e pressoché ignorata).
In qualsiasi supermercato la gente va con la sua carta fedeltà e perfino vengono suggeriti i prodotti in base ai gusti e alle propensioni rilevate dalla carta identificativa con tutta la cronistoria degli acquisti. Non si tratta di un account anonimo, è il nostro profilo comportamentale, il nostro stile di vita, perfino i nostri valori ricavati in modo indiretto attraverso le merci, gli stili e i prodotti di consumo. L’intrusione nella privacy sembrerebbe relativa, ma è un segnale importante di come ormai non ci rendiamo conto di essere diventati come pesci di vetro e di come siamo disposti a rinunciare alla nostra sfera inviolabile di intimità. Ormai appare del tutto normale passare attraverso uno scanner.
Il nostro stile di consumo può suggerire che siamo bevitori, vegetariani, se abbiamo regolari rapporti sessuali (acquistando preservativi), le nostre debolezze alimentari e le nostre idiosincrasie. Attraverso complessi quadri statistici si possono correlare stili di consumo e stili di voto, opinioni e modalità di acquisto. Coloro che hanno le leve del potere possono tastare il polso del loro gradimento attraverso indicatori che solo loro conoscono e sui quali possono intervenire con una sorta di ingegneria sociale. Tutto questo avviene alle spalle di un consumatore trasparente ma con procedure assolutamente opache e asimmetriche. Da una parte ci sono complessi algoritmi di profilazione e dall’altra un consumatore con un numero identificativo che non ha nessuna possibilità di conoscere l’utilizzo che vien fatto dei suoi dati comportamentali. No, Nautilina, credo proprio che nemmeno tu abbia capito la portata e l’ampiezza del tema in oggetto.
Considero simpatica e arguta l’ironia di Dan F.
RispondiEliminaGilberto, ho apprezzato il tuo articolo che conduce a riflessioni approfondite, ma, almeno finora, l’esistenza del
“Codice in materia di protezione dei dati personali”:
http://garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1311248
mi tranquillizza sufficientemente. (Forse sono un'inguaribile ingenua)
Reputo importante, in particolare, l’articolo 14
punto1:
"Nessun atto o provvedimento giudiziario o amministrativo che implichi una valutazione del comportamento umano può essere fondato unicamente su un trattamento automatizzato di dati personali volto a definire il profilo o la personalità dell'interessato."
Riguardo a “La fantascienza ha immaginato l’elaboratore elettronico che prende il sopravvento sugli umani (2001 odissea nello spazio) o l’androide che agisce ormai indipendentemente dal suo costruttore rivendicando bisogni e desideri antropomorfi (Blade Runner) o ancora l’automa ormai fuori controllo e con una ratio distruttiva (Terminator).
penso che, almeno finora, la realtà sia diversa.
Come ha scritto Piergiorgio Odifreddi, in un suo libro, la maggior parte dei sogni sull’I.A.(Intelligenza Artificiale) , dichiarati da Simon negli anni ’50, sono stati abbandonati e il ruolo del calcolatore è stato declassato: come strumento matematico è usato per fare calcoli massicci più che per dimostrare autonomamente nuovi teoremi. Con l’auto del calcolatore, però, sono state raggiunte applicazioni utili per codificare, ad esempio, conoscenze specialistiche in banche dati…
Nel campo del gioco degli scacchi, invece, le previsioni di Simon si sono avverate pienamente, benché in tempi più lunghi del previsto…
Almeno finora, comunque, l’I. A. è riuscita, a volte, a simulare il pensiero umano, riproducendone i risultati, ma NON a emularlo riproducendone i processi.
Gilberto,
RispondiEliminapoco male, c'è Ivana che come al solito ha capito proprio tutto e non va mai fuori tema, e poi ha sempre la citazione pronta.
Scusa l'OT.
Saluti
Nautilina
Cara Ivana
RispondiEliminaIntanto ti consiglio la lettura di un bel libro, non del tutto attinente al tema, ma credo in sintonia con i tuoi interessi: Paolo Gallina, L’anima delle macchine, Edizioni Dedalo sottotitolato Tecnodestino, dipendenza tecnologica e uomo virtuale (Paolo Gallina è professore di robotica presso l’università di Trieste)
Il mio articolo non si riferisce tanto ad atti e provvedimenti giudiziari quanto a tutti quegli algoritmi di profilazione che attraverso i nostri comportamenti estraggono una varietà di opportunità di controllo sociale da parte di chi detiene le tecnologie informatiche.
Il mio riferimento alla fantascienza era in parte ironico, ma tieni conto che spesso la tecnologia e i sistemi esperti possono sfuggire di mano.
Le banche dati con opportuni software possono offrire non solo strategie vincenti nel gioco degli scacchi, ma anche opportune strategie vincenti in una competizione elettorale se ad esempio si conosce in anticipo l’orientamento dell’elettorato riguardo ai temi di attualità, modificando quanto basta la campagna elettorale, facendo insomma le classiche promesse di Pulcinella.
Comunque l’argomento è troppo complesso per poter essere liquidato in poche battute. Considera la mia risposta come un assaggio, son sicuro che potrai approfondire e magari un giorno scrivere un libro sull’argomento.
Scusate del doppio post di oggi -- è un problema legato al malfunzionamento di Blogger coi commenti nella versione "mobile" della piattaforma quando, come me, si posta con un account Google. Non entro nei dettagli per non tediare.
RispondiElimina@ Gilberto 08:25 - parte 1 (che palle il limite di 4096 caratteri!)
RispondiEliminaIo non credo che gli "algoritmi culturali", per usare una tua espressione, che ingabbiano potenzialmente gli individui di oggi siano più pervasivi di quelli di una tribù del Borneo o di un plebeo romano o di un sevo della gleba medievale o di un qualunque altro individuo in una qualunque società umana del passato (e del presente). Questa naturalmente è una mia opinione.
La potenza di calcolo aumenta per tutti, potenziali controllati e potenziali controllori: dei mezzi che la usano bisogna però, come dici anche tu, averne piena consapevolezza e magari cominciare a conoscerli, cioè conoscerli tecnicamente e non per sentito dire.
Quanto alla profilazione ritengo che siamo sempre stati tutti profilati: prima dal Divino in una qualunque delle sue forme e oggi, che Dio è morto, dal Potere o da qualche altra astrazione con qualche altro nome. In definitiva da un fantasma.
Io, del fatto che qualcuno o qualcosa, interrogando un superdatabase, sappia cosa ho comprato, cosa ho scritto, quali video porno ho guardato, quali ricerche abbia fatto, chi abbia frequentato ecc. di tutto questo me ne fotto, ma non per una posa astratta da macho menefreghista bensì perché so benissimo che nella nostra società, il potere (con la "p" minuscola), non è affatto una gerarchia piramidale come quella angelica con al di sopra di tutto un nume onnisciente e onnipotente ma un flusso circolare di moltissimi poteri che si autolimitano per evitare che uno prevalga sull'altro -- il tutto probabilmente senza coscienza, come un sistema automatico di omeostasi. E, con un apparente paradosso, mi sento più libero così che in un posto dove magari nessuno sa niente di me ma dove, per il capriccio di un signorotto, potrei venir messo alla gogna per essermi inchinato davanti ai begli occhi della sua preferita!
@ Gilberto 08:25 - parte 2 (che palle il limite di 4096 caratteri!)
RispondiEliminaIl problema semmai, dal mio punto di vista, sono le troppe regolazioni coscienti imposte da un vecchio potere residuale di tipo piramidale e statalista che imbriglia questa autoregolazione con decisioni presunte "razionali" -- queste sì realmente pervasive della tua vita fisica e del tuo corpo. Sono i Carabinieri che vengono a prenderti alle 5 del mattino per portarti in gattabuia sulla base del mandato di un procuratore che con un paio di indizi ti fa arrestare; oppure chi decide con un clic sulla tastiera il valore di tutto il tuo denaro modificando il tasso d'interesse di una Banca centrale: sono queste le cose che fanno male! E sono i residui fin troppo persistenti delle società totalitarie del recente passato, fascismi e socialismi. L'epoca digitale può renderti più trasparente, certo, ma a chi? A società di marketing, a governi, a chicchessia? A loro volta però, grazie alla medesima tecnologia, sono anch'essi soggetti a maggior trasparenza. E quanti nel passato sono stati "trasparenti" al proprio confessore, al sovrano, al maestro, al gabelliere, alla banca, al feudatario, alla tribù, all'orda, alla famiglia ecc. ecc.? In ogni caso, se qualcosa fosse trasparente, sul serio, diventerebbe invisibile -- un paradoso che i buddisti insegnano da millenni.
La realtà ha comunque sempre ragione, perché è ciò che è e non può essere altrimenti, mentre la nostra libera volontà è solo un'illusione della nostra autocoscienza. Questo per introdurre il caso Bossetti.
Confesso che ne sono quasi ossessionato ma non certo per motivi morali o moralistici ma più come un rompicapo in apparenza assurdo che va risolto. Non ho altri motivi di appassionarmi al caso se non questa pulsione che me lo fa seguire e fa sì che ci ragioni sopra.
Poi posso scandalizzarmi del sistema giudiziario italiano, di come sono state fatte le indagini e di altre probabili iniquità: non è questo però che mi muove in primo luogo perché questo è un dato di fatto già digerito e assimilato. È il background della storia presente.
Infine, di quel che pensa la maggior parte della gente, nei bar, in TV, nei giornali o per strada, ne prendo atto e se qualcosa mi piace cerco di metterla in memoria -- il resto aleggia.
Saluti.
Gilberto
RispondiEliminaRipropongo la lettura di questo sommario articolo ricco però di numerosi spunti di approfondimento
http://ilnichilista.com/2012/11/28/dati-geopolitica-e-potere/
Enrico
RispondiEliminaL'articolo che segnali è una bella sintesi della problematica in oggetto. Però nel mio di articolo - sono un po' presuntuoso - dico qualcosa di più. Non mi riferisco solo all'aspetto tecnico della profilazione e ai suoi contenuti normativi e di controllo del potere. Il riferimento è anche a tutti quei costrutti teorici che stanno alla base dell'interpretazione dei Data raccolti attraverso i vari sistemi di monitoraggio (computer, telecamere, satelliti, sistemi di geolocalizzazione, scanner…). Gli algoritmi possono sì come si asserisce nell'articolo costruire tecniche di controllo e di manipolazione alterando perfino gli equilibri geopolitici, ma, aggiungo io, perfino sfuggire di mano ai suoi utilizzatori. Ovviamente non nel senso della fantascienza ma più prosaicamente nel software implementato nei sistemi automatici. La profilazione è sempre un'arma a doppio taglio, rappresenta una fotografia della realtà più o meno deformata, in grado di manipolarla ma anche suscettibile di interpretazioni basate su algoritmi potenzialmente difettosi (come tutti i costrutti umani). Le teorie scientifiche ad esempio. Il rischio che i nostri strumenti concettuali ci sfuggano di mano comporta che la macchina culturale si renda autonoma dal suo ideatore. Questo è vero in tutte le culture. Nel caso però di quella digitale il rischio è amplificato dai sistemi ricorsivi degli automatismi delle procedure informatiche. Il nostro profilo culturale insomma, con tutta la potenza del metodo sperimentale potrebbe anche contenere i germi della sua dissoluzione qualora finisse per sfuggire al controllo. E a quanto pare a livello ambientale siamo sulla strada buona…
GILBERTO
RispondiEliminaIl potere controlla...incontrollato, e la profilazione ha aspetti poliedrici.
Se dettagliassi di più, sarei costretto a riscrivere il tuo articolo, che condivido anche in alcuni "passi" dove il libertarismo è più accentuato.
Una stretta di mano, Pino
Sì Pino, sono proprio quegli aspetti poliedrici che sfuggono a una analisi superficiale. Sono sempre pronto ad imparare e sarei felice che tu riscrivessi il mio articolo prendendo in esame alcune di quelle modalità del caleidoscopio variegato e polimorfo attraverso il quale il potere esercita il controllo. Son sicuro che avrei da sorprendermi per le possibilità di manipolazione che ancora non riesco a immaginare, e che però già esistono e vengono usate surrettiziamente. Ciao, ricambiando la tua stretta di mano, Gilberto
RispondiEliminaP.S. Mi conforta che almeno qualcuno prenda in considerazione il contenuto del mio articolo
Siamo tutti in attesa che la Singolarità riscriva le modalità polimorfe del Potere...
RispondiElimina;-)
Saluti.
Grazie, Gilberto, per la segnalazione.
RispondiEliminaSì, m’interessa l’aspetto prettamente scientifico, ma non ho alcuna intenzione di scrivere libri e non l’ho fatto neanche quando mi era stato proposto in altre sedi, quando ero in servizio.:-)
Ritengo interessante che un articolo venga interpretato in modi plurimi, anche se il messaggio che l’autore vuol trasmettere non fosse quello che, di fatto, giunge ai destinatari, che interiorizzano ciò che scelgono autonomamente (o che credono di scegliere autonomamente) di interiorizzare.
Ritornando all’Intelligenza artificiale, ci sono almeno tre correnti di pensiero: c’è chi sostiene la cosiddetta “intelligenza artificiale forte” i quali credono che un computer correttamente programmato possa essere dotato di intelligenza non distinguibile dall’intelligenza umana dal momento che ritengono che “ragionare” non sia altro che “calcolare”; ci sono quelli che, invece, sostengono la cosiddetta “intelligenza artificiale debole” per i quali un computer mai potrà riprodurre i processi cognitivi umani nella loro totale complessità. Ci sono, poi, i sostenitori del connessionismo …
I sistemi esperti sono, sì, utilissimi perché codificano le conoscenze in banche dati e sanno trarre deduzioni da queste mediante linguaggi di programmazione che simulano aspetti meccanici del ragionamento, ma ritengo che la costruzione di veri e propri programmi strategici (riproducenti i processi del pensiero umano) almeno finora non sia stata praticabile.
Riguardo al controllo capillare a cui tende il Potere, ben venga tutto ciò che possa garantire SICUREZZA; finora il controllo non risulta efficace, perché, almeno finora, non diminuiscono i casi di delinquenza, bullismo e morti annunciate e NON evitate. C’è ancora chi viene denunciato per maltrattamenti, eppure continua a rimanere a piede libero uccidendo indisturbato …
Forse sarò controcorrente, ma se il mio profilo lo fa Google o Amazon per vendermi qualcosa, dico " e chi se ne frega", il problema è se quest'opera di "profilazione" viene svolta dallo Stato, con leggi la cui interpretazione è demandata a circolari che sono sempre a favore dell'ufficio a cui sono indirizzate. Immaginatevi una banca italiana del DNA e l'uso distorto che possono farne i sistemi burocratici-repressivi dello Stato Italiano, specialmente con l'impunità per comportamenti deviati che sostanzialmente vige in essi e quando pure si arriva a un processo e a una condanna di soggetti operanti in qugli apparati è solo perché qualcuno è andato contro quel sistema, sia da dentro, o da fuori, ma la regola generale è quella del "coperti e allineati".
RispondiEliminaIl discorso però può essere allargato a tutta l'attività statale, e purtroppo l'attività legislativa è indirizzata ad una forte repressione penale con nuove fattispecie di reato che magari erano già compresi nel perimetro di altri reati, ma che per moda, ideologia, insicurezza dettata dai media o altro, sono stati resi come fonte autonoma di punibilità anche se costituiscono i prodomi o le conseguenze di altri reati, vedi reati di autoriciclaggio, falso in bilancio, nuovi reati ambientali, reati fiscali ecc ecc.
Per non parlare del vero grande fratello,quello si realmente esistente, che è il sistema fiscale italiano con database collegati, praticamente la vita economica di un individuo viene totalmente controllata, ma questo per molti è una cosa giusta nella “giusta lotta contro l'evasione fiscale”, almeno sino a quando non toccano con mano la pervessione di questo sistema, poi allora ne dicono tutto il male possibile.
Per finire, il male che può derivare dagli strumenti di profiling non può che derivare dallo Stato in quanto dotato della forza dell'imperio delle sue leggi e del suo apparato burocratico senza controllo, a quelle non puoi opporti, mentre a Google si, basta spegnere il computer, bisognerebbe imparare la lezione che ogni volta si chiude uno spazio di libertà, la cosa prima o poi riguarderà anche noi.