Articolo di Gilberto Migliorini
Nel libretto di Arrigo Boito, Iago (il baritono) insinua sì il dubbio, ma con quell'arte ruffiana dell’allusione mascherata da prudenza e buon senso.
Iago: Temete, signor, la gelosia! - È un’idra
fosca, livida, cieca, col suo veleno - se stessa attosca, vivida piaga le
squarcia il seno.
La risposta di Otello (il tenore drammatico) ci riporta a
quell'ambito criminologico che un po’ conosciamo, fatto
di indizi e prove (più che altro immaginarie ed evocate con il sapore del
sospetto).
Otello: Miseria mia!! No! Il vano sospettar nulla
giova. - Pria del dubbio l’indagine, dopo il dubbio la prova, - dopo la prova (Otello
ha le sue leggi supreme) - amore e gelosia vadan dispersi insieme!
Il perfido Iago farà in modo
di innescare la gelosia di Otello instillando il dubbio pernicioso.
Nell'opera c’è il
capovolgimento dei significati: l’uomo nero,
il Moro, in realtà è nobile e cristiano, sia pure travolto dalla gelosia,
mentre il bianco Iago ha un animo nero e perverso. Lui è il demone e il perno è proprio il fazzoletto: un semioforo tanto decettivo quanto illusorio. Nell'Otello il segno
fisico, il significante, ha smarrito il nesso con il suo significato. Nero non significa più il negativo,
l’impuro, il satanico, come bianco
non ha più il valore semantico dell’onesto e del nobile. Il fazzoletto che
rappresenta la prova del tradimento (un Dna
ante litteram) è solo un’arbitraria relazione tra il significante e il significato,
un nesso che risulta tale per aequivoca
intentio. Nella fattispecie si tratta di un artificio per ingannare il Moro
di Venezia, che si lascia irretire incapace di comprendere che il nesso tra ciò che significa (il significante come
forma che rinvia a un contenuto) e il suo significato
(il tradimento della moglie Desdemona) non è altro che uno spettro immaginario,
una illazione, un fantasma maligno… e, soprattutto, un (auto)inganno.
L’idea che un insieme di
codici significhi un delitto, un tradimento e un colpevole, è in
quell'inversione figura-sfondo dove
un elemento isolato viene rappresentato come se possedesse relazioni implicite,
come se prefigurasse uno scenario: il fazzoletto di Desdemona - che si trova
tra le dita di Cassio (il presunto amante) - dà forma e consistenza al sospetto,
e funge da prova.
Il manipolatore Iago è
fondamentalmente l’illusoria certezza istillata, prima ancora che dalla gelosia,
da una sorta di delirio di onnipotenza circa la comprensione delle proprie
relazioni, dei link tra metadati, nel supposto nesso tra un fazzoletto e il tradimento, o nel caso che vede coinvolto Massimo Bossetti, tra il
rilievo del codice di un acido nucleico (l’insieme degli elementi grafici e
simbolici) e un delitto (il riscontro mentale o referente extralinguistico). Il
fazzoletto è simbolico, sta per qualcos'altro e in questo senso non è soltanto
un oggetto magari perso o abbandonato, è il significante di una tresca agli
occhi di Otello in quanto primo dono
alla sua amata all'esordio della loro storia d’amore.
Già perdere un pegno d’amore ha in sé la simbologia dello smarrimento affettivo, alimenta il sospetto che all'amato bene non corrisponda più un sentimento. Trovarlo poi nelle mani d’altri fornisce la molla di una gelosia latente, ma anche la ricerca di un colpevole.
Già perdere un pegno d’amore ha in sé la simbologia dello smarrimento affettivo, alimenta il sospetto che all'amato bene non corrisponda più un sentimento. Trovarlo poi nelle mani d’altri fornisce la molla di una gelosia latente, ma anche la ricerca di un colpevole.
Otello è ormai persuaso e
arroccato nel suo delirio - come chiunque creda di cogliere le prove di un
tradimento (o di un delitto) solo sulla base di un significante decettivo e ingannevole.
Otello: Fuggirmi io sol non so! - Sangue!... Ah!
L’abbietto pensiero! - Ciò m’accora - Vederli insieme avvinti…- Il fazzoletto! Il
Fazzoletto! - Ah! Ah! Ah!
Otello immagina uno scenario,
vede Desdemona nelle braccia di Cassio. La scena che si presenta nella sua
mente è vivida, vera, può perfino immaginare la consorte mentre freme nelle
braccia dell’amante… Il delirio della gelosia nutre le proprie fantasie, intesse
incubi e chimere, dà corpo e sostanza a un referente che esiste solo come
ossessione. E tutto è in forza di quel fazzoletto significante, la trama di Iago che rappresenta non solo un
personaggio, ma anche la personificazione di uno spettro, il dar voce a una
proiezione fantasmatica, la delirante certezza di aver chiaro il link che connette un pezzo di stoffa
(o un nanogrammo di materiale biologico) con un tradimento (o con un delitto).
Nelle ricostruzioni di
svariati programmi televisivi il rilievo di un codice genetico (che tra l’altro
nessun contraddittorio e controprova ha ancora messo al vaglio) sollecita nei
commentatori una serie di immagini e ricostruzioni (di fantasia) che vedono Bossetti
in azione a Brembate e poi in quel di Chignolo - proprio come Otello che si
tortura con le fantasticherie del tradimento di Desdemona.
Il fazzoletto di Desdemona è
più ancora di un semioforo è una
sorta di cronovisore, un kinetoscopio che proietta sequenze di
immagini nella mente di Otello e in quella di un’audience ormai persuasa… di
trovarsi direttamente a scorrere un film, come si dipanasse davvero, realmente,
fuori dalla testa e non soltanto nella camera oscura della mente. La potenza
evocatrice del Dna, un dato amorfo e slegato da un contesto reale di indizi, è
come l’input che innesca una sceneggiatura. Il fazzoletto è in grado di
sviluppare una trama dove anche in mancanza di altri riscontri il sospetto diventa materia per un ordito immaginario. L’intreccio
di illazioni, chiacchiere e fantasie che montano, crescono e assumono sempre
più le sembianze di una telenovela con i personaggi in azione e scene vivide,
scandite come fossero reali. La regia di Iago, l’Alter Ego di Otello, dà forza
ed energia all'azione, sviluppa il copione.
La forza della suggestione può
davvero portare il Moro di Venezia al gesto insano. Il veleno del dubbio e del
sospetto può venir inoculato col fraintendimento e l’equivoco, ma anche con
l’inganno e la frode: tutto può complottare per immaginare lo scenario del
tradimento di Desdemona, con l’accusa di Otello d’essere una vil cortigiana. Ogni azione della moglie
- come quella innocente di perorare la causa di Cassio - in forza del sospetto,
assume una luce sinistra, appare a conferma di infedeltà e di colpa. Iago non è
soltanto un illusionista, è anche la parte di ciascuno di noi che monta scenari,
costruisce storie e romanzi, intreccia tanti fatti banali e irrilevanti col
pre-giudizio, l’illazione e l’induzione in una sorta di dramma immaginario. In
certi casi la commedia degli equivoci sortisce il comico, come L’Elisir d’Amore donizettiano, ma in
altri casi è il tragico come l’Otello
e l’Aida verdiani.
Nei confronti del muratore di
Mapello c’è, forse, soltanto un dato che di
per sé non significa niente se non risulta inserito in un sistema di prove che
a quanto pare si sta ancora cercando di imbastire. È come se prima si mettesse
in carcere un uomo sulla base di un elemento orfano di qualsiasi relazione (se
non quello di mera etichetta o marcatore) e poi si cercasse di inserirlo in un
quadro indiziario che ancora non esiste ma che col senno di poi potrebbe
acquistare spessore e verosimiglianza. Come il fazzoletto di Desdemona, il Dna è definito prova perché è come quella scatola magica dove si può proiettare un
film e dove gli spettatori sono così coinvolti da essere terrorizzati dalla locomotiva
che sembra sul punto di travolgerli (come
nel “L'Arrivée d'un train en gare de La Ciotat”, uno dei più famosi cortometraggi dei fratelli Auguste e Louis
Lumière. Si narra che fece scappare gli spettatori terrorizzati, pensando di
essere davvero investiti dalla locomotiva). Il confine tra realtà e
fantasia sembra ormai del tutto smarrito in un processo mediatico (Iago) che suggerisce
a Otello (un’audience soggiogata dalla suggestione) la trama e l’ordito con i
quali intessere il copione di un delitto… Il pezzetto di tessuto (fisico e
biologico) ha in sé una sostanza invisibile, non è solo cosa, è il simbolo che incarna, il potere del link che evoca e che rappresenta, l’immaginario che dà consistenza
e realtà a un mondo virtuale.
Il problema non è solo sapere
come sia finito il Dna di Bossetti sul cadavere di Yara e di chiedere a lui una
spiegazione (e quale spiegazione si potrebbe dare per un segno invisibile, gli
elementi codificati secondo un pattern simbolico e astratto). Il problema non
è solo di stabilire se quei nanogrammi appartengano davvero al muratore di
Mapello. Il problema è di sapere se il
link esiste veramente o se, come per il fazzoletto di Desdemona, sia
soltanto un segno ingannevole come quel nome che Bernardo cluniacense - monaco benedettino del XII secolo - indica
con quel verso che recita: stat Roma
pristina nomine, nomina nuda tenemus. Roma antica esiste solo nel nome. Come
la rosa (del Nome della Rosa di Umberto Eco) esiste soltanto come universale, un Dna che non ha realtà ontologica costituisce soltanto un segno (semioforo) che esiste nel mondo degli enti virtuali. Forse potrà indicarci
qualcosa del mondo reale, ma non è detto.
Alla fine potrebbe risultare proprio come il fazzoletto di Desdemona, che nelle parole di Iago è “un tessuto trapunto a fior e più sottil d’un velo”, solo un pezzetto di stoffa insignificante, illusorio e ingannevole, quasi impalpabile come “la materia di cui son fatti i sogni”.
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Meraviglioso Gilberto, meraviglioso!
RispondiEliminaMassimo M
RispondiEliminaHo dovuto rileggere l'articolo perché non mi ero accorto che fosse meraviglioso. Comunque grazie davvero per l'apprezzamento. A parte gli scherzi, mi aspetto al contrario che molti non lo condividano, per qualcuno sarà un po' come il treno dei fratelli Lumière. no?
Si, la notiźia prende forma, diventa cio' che l'inconscio, che la legge, e' trascinato a comporre, accecato dall'ultimo stadio di respiro di una cosa sempre meno viva, alla quale i ritmi forsennati di chi ipnotizza le coscienze non permette di librarsi indipendente, la fantasia.
RispondiEliminaE' la danza macabra di chi non potendo essere impedisce ad altro di diventare, se uno abita dove abita non centra piu' nulla, movimenti abitudinari verranno ďipinti come indiziari e viceversa, tutta la forza inquisitoria mediatica converge su cio' che l'inconscio vuole leggere, a partire dai titolo ammalianti "Incastrato il muratore", "Due amanti hanno gia' confessato", "Non era al lavoro", "L'orco visitava siti pedoporno".
Hanno trasformato la notizia in un prodotto dell'inconscio, è li scritta, puoi çomprare cio' che l'inconscio vuole, desidera, compone, strutturato com'e' da paure, passionalita' umane, emotivita', rivalse.
E' la fine pero' di un processo sociale, non un incidente di percorso, la casalinga di Canicatti' sa che non vivra', o rivivra', mai certe storie in cui diventa perno, ed allora proietta i suoi desideri d'inconscio in cio' che viene a sapere, in cio' che legge, crea il mostro di cui ha bisogno, i media gli danno solo il nome, gli ingredienti a puntate, e' lo stillicidio del vero, e' il basta che paghi e libererai te stesso, vivrai la vita che desideri guardando quella degli altri trasformarsi, tutte le rivalse si sentiranno svuotate dall'orgasmo inconscio alla vista dell'orco fra le sbarre.
Siamo al peggior giornalismo di tutti i tempi, narrativa psicologica inserita nell'inserto di cronaca.
Eppure e' cosi' maledettamente semplice, in otto ferite non vi e' alcuna traccia di sangue, negli slip recisi si, degradata, inanalizzabile, ed in mezzo a quel sangue stranamente solo li presente un fiore del deserto, uno straordinario genotipo di ottima qualita', persino i Ris strabuzzano gli occhi ma non riescono a scrivere "impossibile", dopo tutti quei 92 giorni ad una presunta ininterrotta esposizione, scrivono "straordinario", e chi li interpreta capisce per come scrivono, appunto "straordinario", tutto il resto non lo leggono, l'indagine diventa straordinario, straordinario il risultato, come straordinario e' il genotipo.
L'architettura mediatica inibisce alla logica di vedere, pilota appunto il represso e crea la valvola di sfogo "ideale", e' cosi' che un mondo tristemente strumentalizzante brucia le repressioni di ognuno, nel camino di tutti, in quello della comunita', cosi' si annullano gli errori ed orrori dell'unicita' umana, buttando vecchie prebende mai risolte nel camino dell'impossibile plasmabile, l'informazione e' diventata il cestino delle coscienze.
Gilberto, hai evidenziato un qualcosa che lascia perplessi: infatti viene chiesto a Bossetti di dare spiegazioni su come sia finito il suo Dna sugli indumenti di Yara, in alternativa al parere dell'accusa. E a lui lo chiedono?!
RispondiEliminaQuello fa il muratore, che competenze certificate occorrono per dimostrare evenienze diverse da quelle sostenute dall'accusa? Non certo le sue. Quindi si vedrebbe costretto ad incaricare tecnici competenti pagati da lui. E se non avesse tutta questa disponibilità economica? In questo caso non potrebbe difendersi, varrebbe a dire che se un poveraccio finisce davanti a un giudice rischia una condanna, se invece ci finisce un benestante rischia un'assoluzione.
Sarebbe più costituzionale che fosse la magistratura ad impegnarsi per valutare la concretezza tecnica di ipotesi diverse da quelle dell'accusa.
Articolo stupendo, anche se mi urta il continuo abuso dell'inglesismo "link", quando è traducibilissimo con "collegamento".
RispondiEliminaQuanto al problema sollevato da etrusco, verrebbe da dire che in sistema veramente garantista, all'imputato dovrebbe essere concesso un fondo spese perlomeno pari a quello di cui hanno goduto gli inquirenti per le analisi scientifiche e i periti di parte. O in un processo sempre più basato su prove presuntamente scientifiche e perizie di parte e asseritamente super-partes si rischia di avere un giusto processo solo per gli abbienti, e (in)giustizia sommaria per i pezzenti (passatemi in termine, senza voler offendere i nulla tenenti).
Era da qualche settimana che mi domandavo come mai la difesa di Bossetti non giocasse l'ultima carta a propria disposizione (sulla pronuncia della Cassazione ripongo pochissima fiducia visto come si è già comportata in passato come per esempio nel caso di Parolisi) per permettere al proprio assistito di arrivare al processo non in custodia cautelare, cosa che sicuramente comporterebbe un lunghissimo periodo di detenzione. E cioè l'Incidente Probatorio sul DNA.
RispondiEliminaMa è di ieri la notizia lanciata dall'AGI (e rimbalzata su diversi media ma non quelli nazionali e locali che maggiormente seguono il caso):
http://www.agi.it/milano/notizie/yara_legale_bossetti_piu_sereno_incidente_probatorio_su_dna-201411061846-cro-rt10209
Nell'intervista rilasciata da Salvagni sembra si faccia cenno esclusivamente ad un I.P. sul DNA "prelevato dagli slip di Yara" ma bisognerà attendere per sapere esattamente i termini della richiesta. Perché bisogna anche considerare che la difesa richieda che l'I.P. verta anche sul famoso "test di paternità" Massimo Bosetti/Giovanni Bossetti, richiesto da Maccora e negato dal PM.
Per di più l'incidente probatorio probabilmente costringerebbe la Procura a svelare più carte di quanto fatto sinora e permetterebbe alla difesa di preparare una strategia migliore in vista della richiesta di rinvio a giudizio.
Allo stesso tempo richiedere un incidente probatorio sull'unica vera prova (anche se a tutti gli effetti potrebbe essere considerato un indizio grave) potrebbe essere un'arma a doppio taglio non permettendo più di tornare sull'argomento in fase di dibattimento o giudizio abbreviato. Se mai davvero l'intenzione venisse confermata si avrebbe un'evidenza di quanto la difesa si sente forte sull'aspetto delle indagini genetiche.
Temo tuttavia che la Procura farà di tutto per impedire l'IP e quindi dipenderà da come i periti della difesa argomenteranno la richiesta in modo tale da convincere il GIP a concederlo.
a Gilberto
RispondiEliminaaccostamento raffinato e sorprendente : il tuo articolo mi è piaciuto molto. Complimenti !
a TommyS
dopo aver letto l'articolo ho pensato anche io che se la difesa decide di giocarsi definitivamente questa carta significa che ha buone ragioni per sentirsi sicura
Almeno questo è ciò che suggerirebbe la logica
Yara, gli avvocati di Bossetti al contrattacco: "Fu ferita da tre coltelli"
RispondiElimina„"L’Istituto di Medicina legale di Pavia è lo stesso che dal luglio 2012 aveva in consegna il profilo genetico di Esther Arzuffi, la madre di Bossetti. Come mai si è arrivati all’attuale indagato solo due anni dopo? E dopo aver prelevato 26 mila profili genetici? - chiedono gli avvocati - Con quale Dna era stato raffrontato? Se l’Istituto di Pavia ha sbagliato con i capelli e i peli, può aver commesso un errore anche con il Dna? Ecco perché - annunciano e concludono - chiederemo che l’esame venga ripetuto durante un incidente probatorio".
Leggo che gli interrogativi con cui abbiamo "allagato" questo argomento........oggi diventano contraerea della difesa.
@ Massimo M
RispondiEliminaMa come è possibile che un collaboratore di Previderè annunci in un'intervista che uno dei capelli (o peli) era direttamente riconducibile a Bossetti per poi essere smentito pubblicamente ed i seguito con la perizia dal proprio responsabile?
Cosa era? Smania di riflettori da palcoscenico o dietro c'è qualcosa che non torna?
Il professor Fabio Buzzi, responsabile dell’Unità operativa di Medicina legale e Scienze Forensi dell’Università di Pavia, quindi non e' semplicemente un collaboratore qualsiasi, non si capisce cosa gli sia passato per quella testolina, visto che e' un dipendente pubblico non capisco perche' non sia stato licenziato, quello cjhe ha fatto e' da denuncia.
RispondiEliminaSaluti
Alessandro
Alessandro
RispondiEliminaCondivido pienamente il tuo commento. Ho scritto erroneamente "collaboratore" quando invece sarebbe il responsabile di Previderè.
Se ha rilasciato quelle dichiarazioni è perché qualcuno deve averlo informato di qualcosa che poi però si è rivelato non fondato.
Questo secondo me potrebbe significare che vi possono essere delle compatibilità di qualche tipo del DNA mitocondriale estratto dai capelli umani con quello di EA e Ignoto1. Ma che al tempo stesso vi possono essere elementi che escludono categoricamente che quei capelli siano riconducibili ad individuo che presenta un DNA mitococondriale come quello isolato dal RIS.
Per cui il mistero si infittisce ancora di più suggerendo che queste strane coincidenze potrebbero anche essersi verificate con il DNA nucleare sebbene il RIS ed il laboratorio di Pavia abbiano espresso conclusioni di "certezza".
RispondiEliminaOh oh, una testimone di allora che ora viene fatta conoscere
http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/11724941/Yara--spunta-il-supertestimone-.html
Questa testimone è già nota e non ritengo attendibile il suo presunto riconoscimento. La sovraesposizione mediatica dell'immagine di Bossetti può averla suggestionata...oltre al fatto che non lo riconosce con sicurezza ma con un cauto "mi pare".
RispondiEliminaKris
RispondiEliminasi tratta di una signora che aveva testimoniato ai tempi di Tironi e di Tombacco, quella già nominata in un articolo del 2011 che ricostruiva tutti gli orari degli avvistamenti:
Ore 18.35. La signora Abeni, che abita nella casa di fronte a quella della famiglia Gambirasio, è uscita coi cani. Il piccolo ringhia a due uomini, uno sulla strada l'altro sul marciapiede, che stanno camminando sulla via Rampinelli in direzione di via Morlotti.
Vedremo cosa uscirà dall'interrogatorio di Bossetti di oggi.
Meravigliosa la testimonianza a distanza di tempo. 2 uomini di cui uno alto 1,80 e uno più basso e tarchiato con un berretto nero in testa. Ebbene, l'uomo tarchiato, più basso e pure con un berretto calcato in testa "mi pare" sia MGB.
RispondiEliminaNo dico..............ma ci rendiamo conto? E fra le altre cose se ne accorge dopo mesi?
Cioè qui passiamo da CICCIOTTELLO a TARCHIATO!
Ma esistono foto datate 15 giorni prima la scomparsa di Yara in cui MGB e' esattamente come adesso: cioè un longilineo per la miseria.........un longilineo proprio per definizione anatomica: arti di lunghezza evidentemente superiore a quella del tronco e scarsa ampiezza toracica.
Sono testimonianze assolutamente prive di ogni fondamento di verosimilita'. E ci vanno a richiedere pure un interrogatorio? Ma fa bene a non rispondere...........queste sono prese in giro belle e buone. Ma dico io.............ma il significato di TARCHIATO e' noto o non e' noto? Treccani lo definisce come Soggetto di Corporatura Robusta e Massiccia........................proprio come MGB, na specie.................
Piuttosto.............chi erano costoro?
Guarda caso, l’altro sera QG fanno vedere una signora bionda al volante la quale si scusa ma non può rispondere ad alcuna domanda a causa del segreto istruttorio, però dando ad intendere che uno dei due uomini visti assomiglia o ANZI era proprio Bossetti,
RispondiEliminaoggi l’intervistano telefonicamente e casca dalle nuvole affermando di non aver MAI detto che assomigliasse a Bossetti, perché l’uomo era castano e con un berretto marrone in testa (domanda: come ha fatto a vedere i capelli se erano sotto il berretto?).
In un flash di sottofondo, viene fatta vedere una donna bruna che parla.
Cosa significa?
Vogliamo parlare piuttosto della notizia odierna sull’interrogatorio di Bossetti?
RispondiEliminaGià strano che i magistrati abbiano avuto la necessità di questa nuova seduta, la sesta, che avrebbe dovuto essere intesa “a garanzia dell’imputato”,
ma l’eccezionale notizia è che gli avvocati della difesa gli hanno fatto fare scena muta, “mi avvalgo della facoltà di non rispondere” è stata la tiritera dell’uomo ad ogni domanda del PM … per ore e ore.
http://milano.repubblica.it/cronaca/2014/11/24/news/yara_bossetti_tace_davanti_al_pm_gli_avvocati_pressioni_inaccettabili_per_farlo_confessare-101285703/
Il parere di tanti è che “mai si è visto un atteggiamento simile da parte della Difesa contro una Procura” (aggiungo io: nessuno ha osato tanto a Taranto contro Argentino e Buccoliero)
Il silenzio una “vendetta” contro presunte pressioni??
Mio parere: il nuovo duo ha dato un bel pezzo di corda al boia … ora 30 anni non glieli leva nessuno al muratore.