Articolo di Gilberto Migliorini
per comprare l'italiano bastano due euro e mezzo al giorno |
Un’offesa alla nostra dignità di persona, non per quanto viene dato, che ammetterebbe solo un atteggiamento discreto (in realtà elargito con una mano e tolto con l’altra in un gioco delle tre carte), ma che viene sbandierato ai quattro venti, come certi filantropi che umiliano il poveraccio sottolineando la propria prodigalità con affettata indulgenza. Italiani trattati come pezzenti, come cani ai quali si butta un osso da rosicchiare, come i mendichi ai quali si distribuisce la minestra del convento. Non lavoro equamente distribuito, non riforme per incentivare investimenti, non quanto spetta di diritto e sulla base dei fatti… ma umanitarismo verso cittadini trattati come postulanti pidocchiosi, come pitocchi ai quali si fa dono di una sorta di pacco ‘natalizio’ pieno di illusioni. Come è possibile che un popolo che ha dato i natali a tanti personaggi illustri possa accettare di essere trattato come fosse soltanto una massa di ignavi, vili indolenti e infingardi, che accettano di essere trattati come zimbelli, come zerbini, come sudditi ai quali si toglie perfino il diritto di scegliere. Come è stato possibile cadere così in basso? Pendere dalla mano che ti dà un tozzo di pane come se bisognasse leccarla, come se quella fosse la mano del padrone… da riverire con servile contropartita.
E dove sono i commentatori, gli opinionisti, i testimoni (quelli importanti) che non battono ciglio di fronte a uno spettacolo che ricorda la distribuzione di cibo e vestiario agli orfanelli, ai mutilatini, agli appestati. E bisogna vedere con quale spocchia, con quale boria, con quale sussiego avviene la distribuzione (moltiplicazione) dei pani e dei pesci… degno di quei sovrani taumaturghi che porgendo le mani curavano la scrofola e la lebbra col loro tocco regale sulle croste disgustose. Come è possibile che un popolo di cittadini possa essere umiliato a tal guisa e fino a tal punto da non ribellarsi, da non protestare per essere trattati come poveri pirla, come allocchi, come postulanti senza onore. La televisione di regime non fa una piega, a parte qualche eccezione che conferma la regola di un’informazione in gran parte addomesticata, di informatori appiattiti come piattole sul dispenser di lusinghe e di privilegi. Come si può accettare di essere considerati come un popolo di analfabeti, di neghittosi, di quegli ignavi che “tengon l’anime triste di coloro che visser senza infamia e senza lodo”?
È solo in base alle risposte a
queste domande che si può tentare di riemergere dalle acque putride e stagnanti
di una situazione politica che ci sta portando lentamente al collasso. Di
analisi ne sono state fatte molte, troppe, e c’è davvero il rischio di ricadere
nel déjà vu, nella riproposizione dei
soliti cliché e delle vecchie e inossidabili tirate più o meno ideologiche, o
al contrario negli economicismi e tecnicismi finanziari, nelle filosofie della
storia, nei paternalismi o nei moralismi di varia natura. Si dovrebbe parlare
di un fatto eminentemente culturale? La cultura del nostro paese che affonda le
sue radici… Dove? Nel cattolicesimo? Nella controriforma? Nel fascismo che
prima ancora di essere un periodo storico è una forma mentis che nonostante la fine del ventennio gli italiani
hanno ancora inscritto nel loro dna?
Ancora sudditi, sempre a marciare come bravi soldatini, sempre soltanto carne
da macello, passivi e privi di forza morale, senza consapevolezza d’essere
uomini liberi e con una testa pensante sulle spalle.
Eppure la nostra storia è
ricca di grandi personaggi, l’Europa è debitrice verso l’Italia del suo grande
passato se non come nazione almeno come terra che ha prodotto una cultura profonda
e originale in tutti i campi del sapere. E allora? Come è stato possibile scivolare così in basso? Le analisi in
genere trovano sempre dei referenti a posteriori per giustificare i processi di
imputazione storica, c’è sempre modo per concatenare gli eventi secondo
modalità scientificamente neutrali che mostrino l’origine del nostro presente in
quella prospettiva storica, andando a reperire nel passato gli elementi che
portano fin qui, in questo luogo devastato e devastante: una società senza
morale, senza logica, senza giustizia e… senza dignità. E anch’io allora mi
appresto all’ennesimo tentativo di spiegare, concatenare, elucubrare,
concettualizzare…? La disamina diventa allora un pretesto, l’ennesimo sterile
gioco un po’ intellettuale e un po’ truffaldino di costruire scenari, storie e
antistorie d’Italia, sceneggiature e canovacci che ritraggono il Paese in un
film. È quello che l’Intelligencija
italiana ha fatto nel cinema, nella letteratura, nelle varie forme artistiche,
talvolta con esiti pregevoli, vuoi con sarcasmo crudele e vuoi con leggerezza
ironica e disincantata.
Eppure… la sensazione, al di là del valore artistico, è stato sempre quello di una incapacità di cogliere l’essenza del problema Italia, invariabilmente declinato secondo qualche stereotipo più o meno accentuato, più o meno convincente. È come se si fosse esplorata la superficie della nostra mentalità andando alla ricerca di quei referenti storici che dovrebbero spiegare il nostro presente. Il determinismo è infatti forse la nostra malattia più tenace che affonda le sue radici… Ecco sto per commettere l’errore di cercare nel passato le risposte, ma non perché il passato non sia importante, ma perché è forse perfino più problematico del presente. Uno storico ha detto con un aforisma graffiante che immagiamo il passato e ricordiamo il futuro, che significa che proiettiamo all’indietro le nostre interpretazioni, decodifichiamo il passato alla luce delle categorie del presente e non già il presente alla luce dei fatti del passato. Orwell è stato ancora più categorico: il presente opera una continua falsificazione del passato. Ma allora? Come uscire da una contraddizione che comporta l’impossibilità di costruire una storia plausibile e di comprendere veramente quello che siamo e come siamo diventati quello che siamo: un paese che fa ridere (per non piangere)?
Un paese con personaggi alla Totò che vendono la fontana di Trevi (e che purtroppo oggi hanno davvero il potere per farlo: svendere il territorio) con interpreti all’Alberto Sordi, un po’ vigliacchi e un po’ millantatori e che però ricevono il plauso e la credibilità da parte di chi viene raggirato, con quella marea di quaquaraquà che vivono di riflesso di una tv commerciale (tutta) come comparse e figuranti in quel palinsesto del nulla dove giornalmente si muovono i lacchè del potere. Come siamo arrivati fin qui? La domanda ha un che di assurdo e di drammatico. Che ci sia di mezzo il destino (quelle spiacevoli congiunzioni astrali) che per quanti sforzi non possiamo mutare in quanto inscritto nelle stelle? Oppure si tratta soltanto della nostra natura (antropologica) una sorta di imprinting che si perde nella notte dei tempi? Retaggio storico, come dire la memoria di quello che siamo, scolpita nella nostra anima, per sempre nei secoli dei secoli?
Forse semplicemente siamo quello che vogliamo essere, qui ed ora, un po’ incapaci di scegliere e un po’ vigliacchi come tanti personaggi da film, incapaci di un atto di coraggio, di rompere finalmente di schemi, di guardare in faccia alle cose, di fare scelte diverse, rischiare di cambiare per davvero e non di replicarci con il solito personaggio che ci vuole vendere il nostro futuro e che fa piangere dal ridere…
Clicca qui per leggere la sceneggiatura del "corto" - Capodanno- di Gilberto Migliorini pubblicata sul sito Hommelete - Ricerca Produzione Film (volume 05)
Leggi gli altri articoli e i Saggi di Gilberto Migliorini
Eppure… la sensazione, al di là del valore artistico, è stato sempre quello di una incapacità di cogliere l’essenza del problema Italia, invariabilmente declinato secondo qualche stereotipo più o meno accentuato, più o meno convincente. È come se si fosse esplorata la superficie della nostra mentalità andando alla ricerca di quei referenti storici che dovrebbero spiegare il nostro presente. Il determinismo è infatti forse la nostra malattia più tenace che affonda le sue radici… Ecco sto per commettere l’errore di cercare nel passato le risposte, ma non perché il passato non sia importante, ma perché è forse perfino più problematico del presente. Uno storico ha detto con un aforisma graffiante che immagiamo il passato e ricordiamo il futuro, che significa che proiettiamo all’indietro le nostre interpretazioni, decodifichiamo il passato alla luce delle categorie del presente e non già il presente alla luce dei fatti del passato. Orwell è stato ancora più categorico: il presente opera una continua falsificazione del passato. Ma allora? Come uscire da una contraddizione che comporta l’impossibilità di costruire una storia plausibile e di comprendere veramente quello che siamo e come siamo diventati quello che siamo: un paese che fa ridere (per non piangere)?
Un paese con personaggi alla Totò che vendono la fontana di Trevi (e che purtroppo oggi hanno davvero il potere per farlo: svendere il territorio) con interpreti all’Alberto Sordi, un po’ vigliacchi e un po’ millantatori e che però ricevono il plauso e la credibilità da parte di chi viene raggirato, con quella marea di quaquaraquà che vivono di riflesso di una tv commerciale (tutta) come comparse e figuranti in quel palinsesto del nulla dove giornalmente si muovono i lacchè del potere. Come siamo arrivati fin qui? La domanda ha un che di assurdo e di drammatico. Che ci sia di mezzo il destino (quelle spiacevoli congiunzioni astrali) che per quanti sforzi non possiamo mutare in quanto inscritto nelle stelle? Oppure si tratta soltanto della nostra natura (antropologica) una sorta di imprinting che si perde nella notte dei tempi? Retaggio storico, come dire la memoria di quello che siamo, scolpita nella nostra anima, per sempre nei secoli dei secoli?
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RispondiEliminaDove valori di amicizia onore e lealtà vengono calpestati
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Non ti lascia mai solo
Non è gelosa la sua fedeltà ? è come l’edera dove si attacca muore
Il suo nome? TRISTEZZA . VITTORIO
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La condizione descritta nell' articolo deriva da una "MENTALITA'" tipicamente italica di lamentarsi per avere un sostegno da qualcuno.
RispondiEliminaQuesto modo di vivere è il risultato di centinaia di anni di dominazioni straniere che hanno piegato la nostra dignità.
Spero nelle future generazioni per riconquistare il nostro orgoglio di popolo e nazione.
le generazioni future dovrebbero essere meticce .da come stiamo andando .
RispondiEliminadubito infine che l'orgoglio di essere italiani sara' un sogno privo di concretezza.. dopo anni di dominazioni straniere ciao .
( Ciò che ci differenza dal PASSATO)
RispondiEliminaLe generazione del dopo la guerra per apatia e superficialità hanno dato vita AL NUOVO MEDIO EVO guidato da l'ipocrisia e da SB
Ciò che disarma è l’assenza di punti di riferimento,
la Chiesa con gli scandali del passato e del presente si è assimilata ai Potenti della Terra.
Permettendo al male di insinuarsi nelle menti deboli che Senza una guida spirituale hanno ceduto
Cadendo vittime della Peste moderna ( AIDS Droga e Lobotomizzati ) vera forza del Male .
Incapaci di accettare i sacrifici della vita sono diventati schiavi dell’oblio
Con danni per tutte le Persone Oneste costrette a lavorare per mantenere chi Governano e le lobby che rappresentano + la triade dei servi elencati.
Aspettando un nuovo RINASCIMENTO che apra le menti e faccia si che gli spettacoli degradanti a qui assistiamo quotidianamente abbiano fine.
Per dare vita ad una nuova ERA ricca di valori dove la FRATELLANZA PREVALGA su gli EGOISMI
Per la nascita di un MONDO MIGLIORE. VITTORIO