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mercoledì 30 marzo 2011

Irina Lucidi: La Polizia deve ritrovare Livia ed Alessia, siano vive o siano morte.

La famiglia Lucidi non ci sta al gioco impostato dalla Polizia cantonale vodese ed attacca il procuratore Gilliéron che, probabilmente a corto di argomenti, rifiuta di rispondere ai giornalisti. Domenica il nonno materno di Livia ed Alessia, Francesco Lucidi, ha pubblicato, sul sito ufficiale facebook che si occupa delle gemelline, una lettera aperta in cui, senza usare la parola vergogna da me utilizzata in abbondanza nell'articolo in cui denunciavo quanto detto pubblicamente da quel funzionario elvetico, oltre a chiedere energicamente la continuazione delle indagini ribadisce la assoluta incapacità delle forze dell'ordine preposte inizialmente alla ricerca del Matthias Schepp. Una lettera dai toni forti, non poteva essere altrimenti, che infila il dito nella piaga scoperta che ha permesso al padre di allontanarsi indisturbato e girare per giorni fra Svizzera Francia ed Italia.

Ma prima di Francesco Lucidi era stata la stessa Irina, parlando con un giornalista di Le Matin.ch, ad affondare la lama in quanto di incredibile avvenuto dalla sera del rapimento in poi.

"Quando in casa abbiamo trovato il testamento tutti i poliziotti erano preoccupati, infatti fino alle cinque del mattino siamo stati in ogni posto dove Matthias avrebbe potuto essere, amici, parenti, rimesse per le barche. Immaginavo, credevo, che si sarebbero attivati anche il giorno successivo, ma in realtà sono stata io, quando ho capito che non era stato fatto, con l'aiuto dei familiari del mio ex marito ad allertare la banca, la compagnia telefonica ed a chiamare le forze dell'ordine del sud della Francia. Tutte cose che avrebbero dovuto far loro da subito. Il giovedì, quando è arrivata la lettera da Marsiglia, sono andata ancora io, accompagnata da un mio vicino di casa, in quella città a verificare. Lì ho notato la differenza fra i modi di agire. Sono stati allertate da subito tutte le pattuglie e la foto è stata inserita nei loro computer. Nessuno, nonostante l'avessi data alla polizia elvetica, gliel'aveva mai faxata".

Non è tenera Irina, e come darle torto, per come sono state condotte inizialmente le indagini. Però ammette che ora il lavoro si sta svolgendo regolarmente e che anche in Svizzera la Polizia si sta muovendo nella maniera migliore e sta facendo tutto il possibile. Ma quando inizia a parlare del Procuratore vodese si nota che quanto da lui detto due giorni prima l'ha ferita profondamente.

"Come si può paragonare ed accostare la vita di due bambine ad un costo economico. Come si può solo pensare di abbandonare le indagini a causa di un bilancio di spesa elevato. Sentire che il pensiero del procuratore è propenso alla morte di Livia ed Alessia fa male ed è sconvolgente, ma in fondo è un'ipotesi fra le altre e non significa che lo siano davvero. In tutti i casi, siano vive o morte, lui e la Polizia devono cercarle e portarle a casa. Non posssono chiedermi di rassegnarmi e di accettare di non rivederle più. Forse fra vent'anni mi rassegnerò, non di certo ora! E' logico che le indagini non possono durare all'infinito e che prima o poi si fermeranno, ma dovrà accadere quando sarà stato fatto tutto il possibile, non adesso e non per risparmiare sulle spese di bilancio. Perciò sappiano che non mi lascerò prendere dallo sconforto. Non voglio facciano miracoli e neppure una resurrezione, voglio facciano il loro lavoro e mi mostrino eventuali risultati. E' il ruolo che ricoprono nella società ed è un dovere che hanno nei confronti del cittadino".

Niente mezze misure quindi. La madre determinata che abbiamo conosciuto in questi mesi s'è dimostrata ferma più che mai. Un poco meno sicura di sé lo è stata quando ha iniziato a parlare di Matthias Schepp e delle figlie. Il non sapere dove possano essere le bimbe, il non sapere dove possa averle portate, intimorisce anche il suo spirito forte. Irina dice al giornalista che aveva capito di essere in pericolo quando lei e l'ex marito si trovavano insieme, che ultimamente non era l'uomo con cui aveva sperato e deciso di costrursi una vita, ma afferma che non avrebbe mai e poi mai pensato potesse fare del male alle figlie, figlie che adorava e con cui avrebbe voluto passare molto più tempo.

Poi, nel ripercorrere quanto è avvenuto dal 30 Gennaio ad oggi, ammette che tutta la storia è un puzzle cinese gigantesco. Ogni pista non esclude altre piste e le bambine potrebbero essere ovunque, in Svizzera, a Montelimar dove il padre s'è fermato per dodici ore, a Marsiglia oppure in Corsica. Ma anche in un'altra qualsiasi parte del mondo con una terza persona. Inoltre c'è una domanda che le gira in testa, una domanda logica a cui nessuno sa dare una giusta risposta. Perché Matthias non è partito il venerdì sera, quando ha preso con sé Livia ed Alessia, così da avere quasi due giorni in più di vantaggio, ed ha aspettato fino alla sera della domenica prima di mettere in atto il suo piano?

Tante domande poche certezze ed una convinzione che a volte vacilla ma poi torna prepotentemente ad essere tale. Irina crede che le sue figlie siano ancora vive. Ed io la penso come lei.




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