Saggi-Denunce-Inchieste-Articoli dei lettori

sabato 23 ottobre 2010

La Cina uccide il fisico e la mente

Le ciminiere cinesi che scaricano fumi acidi 
E' chiaro che ai governi occidentali non conviene, per fattori economici, inimicarsi il rosso sbiadito dei comandanti cinesi e pubblicizzare quanto di marcio avviene dietro la Grande Muraglia. Ed allora, io piccola goccia, mi faccio un poco di spazio. Comincio col dire che la Cina non è veramente un nuovo impero; col suo miliardo e passa di persone, pur se parecchie ne muoiono annualmente grazie al lavoro molte più ne nascono, è da secoli che produce economia, anche se con gli alti e i bassi dovuti alla vastità del territorio ed a chi l’ha governata.
Basterebbe leggere gli articoli dei giornali di inizio '800 per accorgersi che l'economia di quella enorme nazione era una delle maggiori al mondo. Nel 1820 il PIL cinese era il 20% di quello mondiale. Dal 2004 ad oggi ogni anno ha superato il 10%. Dopo aver detto questo vediamo cosa scrivono i giornali asiatici indipendenti, giornali che girano in internet ma non trovano molto spazio in Europa. Prima di parlare degli uomini parliamo delle industrie.
 
«Da molte parti viene ormai riconosciuto che, come aveva già anticipato Asianews, tale fattore (la crescita del prezzo del petrolio) è dovuto all'esplosione della domanda di energia della Cina e di tutta l'Asia. L'ufficio studi di una grande banca britannica, la Barclay, ha stimato che solo nel primo trimestre del 2004 la domanda cinese, contando anche l'economia sommersa, era cresciuta del 41 % su base annua, sei punti percentuali in più dei dati ufficiali precedentemente riportati da Asianews. Forse tale dato avrà lasciato esterrefatti più gli esperti che non coloro che non si occupano di economia. D'altro canto è la crescita economica di tutta l'Asia a lasciare senza fiato. Dopo la Cina e l'India, con strepitosi dati di crescita, anche la Thailandia, la Corea del Sud e l'Indonesia hanno messo a segno invidiabili incrementi del Prodotto Interno Lordo (PIL). Il punto è dunque che la ripresa economica dell'Asia si ripercuote immediatamente sul fabbisogno di energia ed in generale di tutte le materie prime. A livello di teoria economica vale la pena chiedersi quanto reali siano i tanto sbandierati progressi tecnologici di efficienza energetica, cioè la riduzione della quantità di energia per unità incrementale di prodotto interno lordo. Secondo l'Agenzia Internazionale dell'Energia, la IEA, solo alla fine del 2004 la Cina aveva consumato 6,24 milioni di barili al giorno, 750 mila barili al giorno in più del 2003, cioè quasi la metà dell'intero volume delle esportazioni irachene. Dunque i prezzi del petrolio non salgono perché l'Iraq, Al Qaida o l’Iran, sono nei titoli di prima pagina di tutti i quotidiani del mondo, i prezzi del petrolio salgono perché la crescita dell'Asia non è un fatto contingente ma strutturale e di lungo periodo.»


Operai cinesi al lavoro
Dopo aver capito qual'è il volume di lavoro che si svolge in Cina vediamo come l'Economia ripaga chi lo esegue manualmente. Secondo il quotidiano «AsiaNews» sono milioni i lavoratori costretti a migrare nelle città dalle zone rurali per guadagnarsi da vivere, i 3/4 di loro non viene pagato (75 su 100 quindi lavorano gratuitamente). Non solo. Se un avvocato offre assistenza legale a questi lavoratori, chiaramente a titolo gratuito, fatica a fare anche le sole richieste di risarcimento in quanto gli operai non sanno realmente a quanto ammonti il loro avere (vengono assunti in nero senza un minimo garantito e questi, pur di lavorare, non chiedono neppure quanto percepiranno e si accontentano di un letto dove dormire 6 ore e di due ciotole di riso al giorno). La stragrande maggioranza lavora senza contratto, i più fanno fino a 18 ore al giorno e vivono in dormitori simili a prigioni. Senza permessi di soggiorno ufficiali i lavoratori restano fuori dai servizi sociali di base e sono facile preda di abusi da parte della polizia. Nel marzo 2003 Sun Zhigang, un ventisettenne stilista cinese in cerca di lavoro a Guangzhou, è stato arrestato perché sprovvisto di permesso di soggiorno. Portato in un centro di «custodia e rimpatrio» vi è rimasto tre giorni, fino a quando è morto in seguito alle percosse subite come stabilito dall’autopsia. I centri di detenzione fanno parte del sistema di controllo dei lavoratori emigranti nelle aree urbane; spesso sono accusati di essere fonte di crimine, ma in realtà vi sono detenuti tutti coloro che non hanno una residenza fissa o una regolare occupazione, inclusi mendicanti, disabili, persone con problemi mentali e bambine senza famiglia. Questi pseudo detenuti devono pagarsi il «soggiorno», il cibo e il rimpatrio, e se non sono provvisti di denaro vengono obbligati a lavorare. Molti sono costretti a rimanervi per mesi. Questi centri non sono altro che una componente del «Laogai». Con la parola Laogai si intendono quei luoghi dove riformare, portare a più miti ragioni, i detenuti cinesi dissidenti... ma in effetti questi uomini vengono fatti lavorare fino a 20 ore al giorno senza paga, praticamente ai lavori forzati, ed in caso di morte, prima di essere cremati, ai loro corpi vengono espiantati gli organi, poi venduti, e ciò che rimane di «buono» viene usato per «creme, saponi e profumi». 

Cattura di emigranti senza permesso di soggiorno
Ma quanti sono i Laogai in Cina? E’ praticamente impossibile da sapere perché vengono continuamente chiusi per poi essere riaperti in luoghi o province diverse. Amnesty International e Human Rights Watch stimano attualmente circa 1000 campi e 6.000.000 di detenuti. Dopo il clamore suscitato dalla morte di Sun Zhigang la polizia ha abolito temporaneamente i permessi di soggiorno e trasformato i centri di detenzione in centri di servizio sociale. Attraverso alcuni nuovi progetti pilota a Guangzhou i lavoratori emigranti vengono portati a conoscenza dei loro diritti legali ed assistiti in azioni giudiziarie contro gli abusi perpetuati sul posto di lavoro. Molti dei tanti datori di lavoro ricorrono a intimidazioni ed a violenza in seguito alle richieste di pagamento, per questo tanti operai tornano al loro paese senza aver riscosso alcun salario. Ma la disperazione dei lavoratori va oltre fino a arrivare al suicidio. Due casi su tutti; quello di Li Zihao, un contadino dello Henan che si è dato fuoco per il mancato pagamento di 6000 yuan nel gennaio del 2003, e quello di Hu Weigo, operaio dell’Hubei morto dopo essersi buttato da un palazzo. Non è solo la miseria a spingere queste persone ad un gesto così estremo; in Cina ha una importanza rilevante anche l’onore (chiaramente non per tutti, vedasi «industriali padroni») e non a caso questi suicidi sono avvenuti in prossimità del Capodanno Cinese. Questo perché proprio entro la fine dell’anno, secondo un'antica tradizione, è necessario sanare i debiti per non cadere nella vergogna. Per i lavoratori emigranti che tornano a mani vuote ai loro paesi di origine questo non è possibile. Ma non tutti muoiono per causa dell’onore. Secondo un sindacato clandestino cinese oltre 130.000 lavoratori muoiono ogni anno nelle miniere e nelle industrie (350 ogni giorno); le stime del governo sono più basse ed improntate all’ottimismo... ma come credere a chi comanda ed obbliga i giornali a scrivere solo ciò che fa comodo al partito stendendo veli d’ombra ogni qualvolta capitano inconvenienti da sopprimere tramite l’uso delle armi? (Vedi la strage del 1989 a Tienanmen...). A questi vanno aggiunti altri 6 milioni di persone, lavoratori e lavoratrici, che subiscono ogni anno danni biologici irreversibili a causa della totale assenza di misure di sicurezza e di misure sanitarie. Ma per il responsabile nazionale della sicurezza sul lavoro Li Yizhong non è così. In vista delle olimpiadi del 2008, in linea con i suggerimenti dati dal partito, egli ha rivendicato i buoni risultati della campagna di sicurezza lanciata dal governo; nonostante il suo ottimismo i numeri parlano di un’ecatombe. E questa è la prima e diretta conseguenza di uno sviluppo economico inarrestabile che sta facendo pagare prezzi altissimi, dal punto di vista sociale, al popolo cinese. Vari sono stati, negli ultimi tre anni, i regolamenti sulla sicurezza nei posti di lavoro approvati dal governo. La loro applicazione continua però a essere molto blanda ed i colpevoli nella stragrande maggioranza dei casi non vengono perseguiti. Prendiamo ad esempio le miniere. Nel 2006 il 95% dei funzionari di Partito, soci o unici proprietari delle cave dove si sono verificati incidenti mortali, è stato prosciolto da ogni accusa (i funzionari di partito proprietari delle cave? E’ questo il comunismo cinese?).
Il Nobel di Liu Xiaobo andrebbe diviso in parti uguali fra tutti i dissidenti... ma fra una settimana, vista l'informazione che abbiamo e le pubbliche minacce dei militari sbiaditi di rosso, chi ricorderà mai quel nome impronunciabile? Solo poche gocce destinate a disperdersi sotto la sabbia gialla.


Nessun commento:

Posta un commento