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sabato 2 febbraio 2013

A Francesco Tuccia i giudici regalano tanti bonus e lo condannano a otto anni di carcere giudicandolo solo per la violenza sessuale... e il tentato omicidio?


Se la famiglia non avesse protetto la figlia, cercando per la sua stabilità mentale di mantenerla anonima e isolata il più possibile dai media, ma avesse iniziato un bombardamento mediatico fatto di continue interviste e atti di accusa, le cose al tribunale de L'Aquila sarebbero andate in maniera diversa? Se i genitori si fossero presentati dalle nostre intrattenitrici, pomeridiane e serali, un giorno sì e l'altro pure, se in televisione ci fossero andate anche le amiche e i parenti, c'era la speranza che Francesco Tuccia finisse in carcere a scontare almeno quattordici anni, anziché i miseri otto che si è ritenuto giusto infliggergli? Non lo possiamo sapere, ma visto il silenzio calato in fretta su un fatto di cronaca che fa guardare con altri occhi i propri figli, visti gli innumerevoli casi trattati in maniera esponenziale e fatti ingoiare al pubblico senza neppure addolcirli con una zolletta di zucchero, possiamo dire per certo che la Difesa dell'imputato, in questo caso come in altri, ha goduto di ampi margini su cui muoversi. Perché alla fin fine si sa che senza i torbidi attacchi dell'opinione pubblica, la Difesa può non trovare ostacoli insormontabili quando parla e cerca di convincere i giudici.

Non è giusto, dato che la giustizia dovrebbe operare al di sopra di ogni condizionamento, ma è umano l'essere condizionati dal martellamento continuo dei media. Come è umano credere che una convinzione nasca in autonomia, che ogni parola udita o letta sia la stessa che da subito ci è rimbalzata nella mente, che non sia la pubblicità che propaganda l'informazione a condizionarci. Questo anche se la prova del nove ci dice il contrario, ci dice che il silenzio mediatico agevola chi deve difendersi e non la vittima. Io stesso ho ascoltato persone, ultra-colpevoliste quando devono parlare di altri casi trattati ampiamente dai media, dire: "Quella della discoteca? Se l'è cercata. Cosa ci faceva in quel locale alle tre di notte? Cosa aveva bevuto? Se stava a casa sua non le capitava niente. Va là che si ricorda cosa le è capitato, è che non le conviene dirlo!". Frasi ridicole e stupide che nascono da una mancata informazione, da una sottocultura retrograda che vuole i maschi difendibili oltre ogni limite quando i loro reati riguardano la sfera sessuale femminile. Non vorrei che al tribunale de L'Aquila fossero entrati nello stesso ordine di idee. Se così non è, c'è da dire che all'imputato sono capitati giudici di animo infinitamente buono. Infatti a soli tre mesi dall'arresto un Gip gli ha concesso di uscire dal carcere e di starsene ai domiciliari, mentre a processo altri hanno completato l'opera regalandogli ogni bonus possibile e finendo per considerare la violenza subita dalla giovane priva dei requisiti necessari per aggravare una posizione processualmente critica.

La Difesa ha fatto la sua parte. Indossando la coda della volpe ha cercato di attenuare in ogni modo la posizione del proprio assistito. Puntando sull'alcool in maniera unidirezionale, lei non ha ricordi ed è stato facile creare nuove scene, ha cercato di portare una ricostruzione diversa che allievasse la colpa. In poche parole: gli avvocati, come prassi, si son fatti pompieri ed hanno gettato molta acqua sul fuoco creato dall'Accusa. Forse per questo i giudici non hanno visto il fuoco ed hanno sentenziato come se la ragazza alle tre e quaranta di quella notte non fosse appesa al filo del destino, quindi in pericolo di vita. Come se non fosse stata lacerata internamente, come se non fosse sanguinante oltremisura dietro un cumulo di neve. Come se non fosse stata fortunata a salvarsi, visto che è stata rinvenuta per caso dal titolare del locale andato anzitempo, mezz'ora prima del solito, a fare il giro di ispezione attorno alla discoteca. Insomma, hanno sentenziato come se il fatto fosse accaduto nell'ora di punta in una qualsiasi fermata della metro. Quindi, a dar ragione alla sentenza, per chi ha giudicato, anche senza l'intervento e l'aiuto datole dai buttafuori la ragazza non sarebbe morta, perché in grado di camminare con le proprie gambe, di salire su un'auto e di andare all'ospedale o, al limite, di chiamare un'ambulanza... ma quando mai?

Non è così, fosse rimasta un'altra mezz'ora stesa dietro quel cumulo di neve sarebbe di certo morta, ma deve essere così, perché se avesse rischiato di morire occorreva dar ragione alla Procura e considerare, oltre alla violenza sessuale, anche il tentato omicidio. Però i giudici, nonostante il ragazzo l'avesse lasciata agonizzante al freddo e fosse già in auto pronto alla partenza, non hanno considerato gravi le conseguenze che sarebbero potute derivare dalla violenza. Questo è l'unico ragionamento che può spiegare la sentenza di chi ha creduto prevalenti le attenuanti e scalato un minimo di sei anni di carcere al Tuccia. Ma c'è da dire che per crederlo, devono aver visto un'altra storia o immaginato un altro film. Per capire e farci un'idea degli avvenimenti, guardiamo l'intervista fatta al responsabile della sicurezza della discoteca "Guernica". Un'intervista che in pochi hanno visto, un'intervista che fa capire cosa in realtà sia accaduto alla ragazza e quante probabilità avesse di potersi salvare. Tanto per essere chiari e per dare una informazione in più, quella notte all'esterno del locale si sfioravano i dieci gradi sottozero... e chi è seminudo e perde sangue, a quella temperatura perde molto velocemente il calore naturale del proprio corpo.


Altre parole non servono. Giustizia a L'Aquila non c'è stata e per ottenerla in appello serviranno altri giudici. Giudici che oltre al carcere stabiliscano per l'imputato anche una serie infinita di sedute psicanalitiche, così che qualcuno possa aiutarlo e fargli capire che la vita umana è sacra, che è stato fortunato oltremisura perché senza l'intervento dei buttafuori sarebbe diventato un assassino ed avrebbe attirato i media in maniera esponenziale. Così fosse stato, non avrebbe trovato giudici caritatevoli ed ora non sarebbe ai domiciliari ma chiuso in un carcere a scontare una condanna all'egastolo.

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18 commenti:

  1. una storia schifosa, e non ci sono neanche le attenuanti di rancori pregressi nè di ragioni o motivi personali che l'abbiano portato all'omicidio.
    uno sconosciuto che agisce contro una sconosciuta riducendola a quel modo ha qualcosa di grave che non va nella testa, e se la vittima è una qualunque, la reiterazione del reato è quanto di più possibile e prevedibile.

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  2. Quello che sconcerta maggiormente è che il collegio giudicante, ha ritenuto come nulla, non il "tentato" omicidio, ma un omicidio vero e proprio, non realizzatosi, per il fortuito intervento del personale e del proprietario della discoteca.
    Lasciare sanguinante copiosamente, dopo averla barbaramente ferita in punti delicatissimi, seminuda, sulla neve, e con -10°, significa VOLER UCCIDERE!
    Come si può parlare di "tentato" omicidio, peraltro, ripeto, non tenuto in nessuna considerazione, in sede di giudizio, quando il barbaro reato poteva concludersi fatalmente?
    Ti riferivi ai massmedia Massimo. Certo che hanno la loro importanza. E lo abbiamo visto in casi recenti discussi sul tuo blog.
    Una sentenza ingiusta, quella che è stata inflitta al bruto seviziatore, lasciato PER PREMIO in libertà, nonostante la possibilità di concreta reiterazione del reato.
    Ma di che Giustizia parliamo?

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  3. ahimé le legge ha le sue regole e il dolo omicidiario va dimostrato olre ogni ragionevole dubbio; voler stuprare, voler seviziare, voler lesionare, perfino voler ridurre in fin di vita, sono cose diverse dal volere uccidere, al di là delle conseguenze (per le qauli, se morte sopraggiunge, sono previste altre figure di reato). cio che i giudici potrebbero (quasi) sempre fare, dato che volendo si trova un modo per motivare congruamente, é prendere molto sul serio la pericolistà di questi energumeni tanto in sede di misure cautelari, che di (non) concessione delle generiche che d'applicazione di misure di sicurezza ulteriori rispetto alla pena....e non lo fanno praticamente mai. questa é la grande colpa che imputo loro: nemmeno laddove potrebbero, indirizzano il margine discrezionale che comunque hanno, per rendere giustizia non solo "giuridica" ma anche "sociale" alle vittime.
    "consoliamoci", almeno, che otto anni non sono poi pochissimi da fare ( ammesso di farli....altra nota dolente)
    buona vita a questa poveretta....
    -chiara-

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  4. Concordo con Chiara: ricordiamo il massacro di Aldrovanfi: quattro anni e sei mesi, compiuto non da un violentatore da discoteca, carico di droga e di alcool, ma da quattro poliziotti in servizio, da quattro "tutori dell'Ordine", cosiddetti ! La questione verte sempre sulle proporzioni della pena relativamente al reato compiuto: un tentato omicidio non può essere punito come un omicidio effettivo; un omicidio non può ssere punito come una strage; una strage non può essere punita come un genocidio. O dovremmo ripristinare antiche ed orribili pene ripugnanti alla nostra cultura giuridica post-illuminista e positivista, o dobbiamo fissare l'ergastolo (magari con lavori forzati, anche questi ormai rinnegati dal Diritto penale internazionale) come pena massima per un genocidio. Da lì ne discende una gradualità di pene fino alle minime lesioni fisiche o psichiche.

    In Germania un omosessuale cannibale è stato punito con una pena assai mite; lo stragista Breivik altrettanto.

    Dell'altro ieri sono due notizie di opposta tendenza: un bambino di 7 anni ammanettato e processato per un furterello da bambino (USA); un giudice che condanna l'imputato a 5 anni dopo essersi addormentato in aula, costretto dal clamore a dimettersi (Russia).

    Il problema di fondo è costituito da un sistema mentale arcaico, che va criticato e rifatto di sana pianta, applicando con rigore il principio della proporzionalità tra reato e pena, ma anche della certezza del compimento della pena, perché non serve minacciare sanzioni terribili quando poi queste non vengono mai interamente applicate.

    Tanto la tenuità della pena, quanto l'eccesso della pena favoriscono il crimine, perché nel primo caso non spaventano il possibile delinquente; nel secondo lo incoraggiano a compiere il massimo se è certo che in tutti i casi avrà una pena eccessiva.

    Razionalità e ragionevolezza devono essere l'unico fondamento di un vero Diritto, civile, amministrativo, penale, procedurale.

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  5. da Bigi

    Non si può certo dire che questa sìa una giusta sentenza ma mi auguro che ci sìa il ricorso dei familiari della vittima,certo è che questa specie di giustizia ci dà da pensare, forse speravano che questa povera ragazza ricordasse ogni singolo minuto per poterlo raccontare come se non bastasse la sua cartella clinica, il medico che l'ha presa in consegna e il gestore della discoteca per dare almeno venticinque anni a questa specie di essere umano che oggi sa con estrema certezza che può riprovare la bravata......che disgusto per questi uomini . Credo che avete ragione quando dite che bisogna dare,il proprio dolore e la propria tragedia, al mondo intero e forse qualcosa si riesce a muovere .

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  6. Sentenza discutibile ma sinceramente non inattesa...sarà che la mia fiducia nel sistema "giustizia" non esiste più da tempo.
    Non sono del tutto convinta che i media abbiano tutta questa utilità per avere un minimo di giustizia...per distruggere le persone forse ma per aiutare non credo proprio.

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  7. Ciao Massimo,
    l'esposizione mediatica legata alla mancanza di professionalità, di imparzialità, e soprattutto agli interessi in gioco- affinché si continui a tenere viva l'attenzione -aggravano una realtà sempre più alla deriva.
    Tutti gli atti, che un tempo erano relativamente riservati, almeno fino a che non si arrivava al giudizio, sono alla mercè di pseudo-professionisti che "giocano" con il destino delle persone.

    Di seguito la lettera di Davide Rosci che non ha bisogno di commenti:

    Quando sono stato arrestato il 20 aprile scorso, dissi che ero sereno; ciò che mi portava ad esserlo era la fiducia che riponevo nella giustizia, la consapevolezza che gli inquirenti non avessero in mano niente di compromettente e la percezione che, nonostante il grande clamore creato ad hoc dai mass-media, il processo fosse equo ed imparziale, così come previsto dalla legge.

    Mi sbagliavo! Ieri ho visto la vera faccia della giustizia italiana, quella manipolata dai poteri forti dello stato, quella che si potrebbe tranquillamente definire sommaria. Una giustizia che mi condanna a pene pesantissime, leggete bene, solo per esser stato fotografato nei pressi dei luoghi dove avvenivano gli scontri.


    Avete capito bene, ieri sono stato punito non perché immortalato nel compiere atti di violenza o per aver fatto qualcosa vietato dalla legge, ma per il semplice fatto che io fossi presente vicino al blindato che prende fuoco.

    Non tiro una pietra, non rompo nulla, non mi scaglio contro niente di niente. Mi limito a guardare il mezzo in fiamme in alcune scene, e in un’altre ridere di spalle al suddetto.

    Tali “pericolosi” atteggiamenti, mi hanno dapprima fatto guadagnare gli arresti domiciliari (8 mesi) ed ora anche una condanna (6 anni) che definirla sproporzionata sarebbe un eufemismo.

    Permettetemi allora di dire che la giustizia fa schifo, così come fa schifo questo “sistema” che, a distanza di anni e anni, dopo una lotta di liberazione, concede ancora la possibilità ai giudici di condannare gente utilizzando leggi fasciste. Si, devastazione e saccheggio è una legge di matrice fascista introdotta dal codice Rocco nel 1930, che viene sempre più spesso riesumata per punire dissidenti e oppositori politici solo perché ritenuti scomodi e quindi da annientare.

    Basta! Non chiedetemi di starmi zitto e accettare in silenzio tutto ciò, consentitemi di sfogarmi contro questo sistema marcio, che adotta la mano pesante contro noi poveri cristi e che invece chiude gli occhi dinanzi a fatti ben più gravi come il massacro della Diaz a Genova e i vari omicidi compiuti dalle forze dell’ordine nei confronti di persone inermi come Cucchi, Aldrovandi, Uva e molti altri ancora.

    Non posso accettarlo! Grido con tutta la voce che ho in corpo la mia rabbia a questo nuovo regime fascista che mi condanna ora a Roma per aver osservato un blindato andare in fiamme e che ora mi accusa di associazione a delinquere a Teramo, solo per non aver mai piegato la testa.

    segue

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  8. .....Non mi resta altro che percorrere la via più estrema per far sì che nessun’altro subisca quello che ho dovuto subire io e pertanto così come fece Antonio Gramsci, durante la prigionia fascista, anche io resisterò fino allo stremo per chiedere l’abolizione della legge di devastazione e saccheggio, la revisione del codice Rocco e che questo sistema repressivo venga arginato.

    Comunico pertanto che da oggi intraprenderò lo sciopero della fame e della sete ad oltranza fino a quando non si scorgerà un po’ di luce in fondo a questo tunnel eretto e protetto dai soliti noti.

    Concludo nel ringraziare i mie fratelli Antifascisti, i splendidi ragazzi della Est, i firmatari del Comitato Civile, i tantissimi che mi hanno dimostrato solidarietà in questi mesi e soprattutto quanti appoggeranno questa battaglia.

    Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa un dovere!

    Davide Rosci

    Ciao Sira

    ps
    E il mondo che fà????


    RIYAD - Un importante predicatore dell'Arabia Saudita, Fayhan Ghamdi, ha stuprato e poi picchiato a morte la figlia di cinque anni con un bastone e una frusta, e per questo terribile crimine è stato condannato a pagare una multa di 50mila dollari. La penale, chiamata dalla legge islamica "blood money", può essere pagata in sostituzione della pena di morte come risarcimento alla famiglia della vittima.
    La vicenda ha scatenato la rabbia del mondo arabo, ed è resa ancora più meschina dal fatto che la somma versata è pari alla metà del solito, poiché la vittima è una donna.








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  9. Più che abolire l'articolo penale su "devastazione e saccheggio" (atti che non possono essere leciti in nessun paese del mondo), occorre applicarlo nel modo dovuto.

    Mi si permetta tuttavia di esprimere un po' di scetticismo sul fatto che uno, durante scontri e violenze, se ne stia a guardare in piena tranquillità e gusto estetico un mezzo blindato che brucia, spettacolo non certo allegro, ma anzi pericoloso visto che, se esplode il serbatoio del carburante, non è certo qualcosa di salutare.

    Senza contare che nemmeno le circostanze del fatto suscitano allegria, serenità o tranquillità.

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  10. Salve Tummolo, il suo post delle 21.20 non può essere che condiviso, postando la lettera del Rosci non volevo mettere in risalto le sue personali battaglie contro codici penali, ma la pena a mio avviso spoporzionata e iniqua, tenendo ben presente che non ci sono prove certe della sua responsabilità.

    Che poi possa avere idee o atteggiamenti che personalmente non condivido, questo non toglie il fatto che
    è stato una delle tante vittime di un sistema nelle cui grinfie spero di non trovarmici mai.
    Con stima
    Sira

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  11. Gentile Sira,

    che uno, solo perché guarda, riceva una condanna 6 anni di carcere, comunque rivedibile se è in primo grado, la pena è certo eccessiva. Difficile tuttavia che i giudici vi credano, in quanto non si tratta di un incidente stradale dove i "guardoni" sono tanti, ma di un vero combattimento da "guerriglia urbana", nei quali, generalmente, il cittadino comune evita di farsi invischiare e non si sofferma nella contemplazione del mezzo incendiato, per giunta con proprio pericolo. La fotografia lo ritratterà di sicuro mentre guarda, più o meno interessato, ma poi occorre verificare il resto.

    Il nostro sistema giudiziario, lo si è detto più volte, è mal funzionante: su ciò non ci piove. L'importante però è aggiungere che altri non sono migliori: un bambino ammanettato per furto (in USA), un giudice che dorme il sonno del giusto e condanna l'imputato a cinque anni (in Russia), il cannibale omosessuale condannato in modo irrisorio (in Germania), ecc., insegnano che nemmeno all'estero vi è la "Giustizia".

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  12. buongiorno a tutti.
    si sono viste le guerriglie di roma e genova .
    se mi fossi trovata in mezzo mi sarei dileguata., anche perchè come dice tummolo stare in mezzo a quei tafferugli era molto pericoloso .,e poi essere arresstato come facente parte di quello che succedeva .
    chi se ne sta a guardare magari non partecipa ma gioisce.perchè idealmente fa parte di quei rivoltosi .
    abbiamo visto banche e negozi dati alle fiamme m una madonnina fracassata con disprezzo . .
    quelli che parteciparono si ritennero una volta individuati tutti innocenti. anche chi fu arrestato sul posto .. eppure il macello c'era stato .
    trovo giusta
    la considerazione sulla giustizia italiana ..
    comunque le leggi sono fatte da persone di destra e di sinistra . non credo che le leggi di sinistra siano cosi' permissive come pensa quel ragazzo -.
    pensa che quello che successe in quei frangenti avesse il benestare della sinistra? .

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  13. GIUSTIZIA INFAME, SCHIFOSA! QUEL BASTARDO MERITA LA PENA DI MORTE ALTRO CHE 9 ANNI!

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  14. Signor Filippo,

    e allora che cosa comminerebbe a chi compie più violenze con annessi omicidi ? Lo squartamento ? Il rogo previe torture ?

    Se diamo la morte per una violenza sessuale, il successivo violentatore la prossima volta ucciderà la violentata, così ha anche possibilità di evitare ogni testimonianza e l'eventuale individuazione.

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  15. Caro Ch
    Consiglio una rilettura più attenta del mio articolo. Mi sembra che di tutto il suo discorso l’unico punto che coglie nel segno sia a proposito della autocentralità. Infatti:
    1)La concezione della superiorità del presente rispetto al passato (vincere facile)- in forza di uno sviluppo storico culturale, scientifico e quant’altro - è proprio di quella concezione storiografica che giudica il passato dall’alto di una sorta di superiore visione della storia. E’ tipico di un’epoca (la nostra) nella quale si presume di essere detentori di superiori strumenti interpretativi e di quella concezione del progresso che è appunto un mero fatto ideologico. (già il concetto di 'evoluzione culturale' che lei usa è piuttosto equivoco e discutibile, connotato da elementi interpretativi che contraddicono proprio quella autocentralità di cui lei sembra farsi paladino)
    2)Riguardo alla astrattezza che lei rileva nella mia argomentazione, ribadisco una rilettura del mio articolo: ho riportato il testo del Manzoni che a sua volta ha utilizzato le fonti storiche desunte dal testo del processo (di cui non avremmo più documentazione se non fosse stato coinvolto il nobile Padilla)
    3)Riguardo infine alla autocentralità di ogni epoca storica della quale si può essere astrattamente d’accordo, bisogna però dire che tale concetto presuppone che lo storico possa calarsi in un’altra epoca spogliandosi appunto da tutti gli elementi deformanti della propria. Cosa assolutamente impossibile. Questo però non ci sottrae al dovere di osservare il passato sforzandoci di comprenderlo per capire il presente nel quale viviamo. Uno storico (Namier) usava un aforisma paradossale dicendo che noi 'immaginiamo il passato e ricordiamo il futuro'. Spero di essere riuscito almeno in parte a dare una risposta ai suoi quesiti e a replicare alle sue osservazioni (peraltro non banali). Gilberto M.

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  16. FRANCESCO TUCCIA SULLA SUA PAGINA FACEBOOK HA SCRITTO : NO ALLA VIOLENZA ALLE DONNE E AI BAMBINI, MA LUI NON HA SOLO STUPRATO QUELLA POVERA RAGAZZA, VOLEVA UCCIDERLA. MALEDETTO. SE NON VENIVA PRONTAMENTE SOCCORSA SAREBBE MORTA. QUINDI I GIUDICI DEVONO DARE 30 ANNI A QUESTE PERSONE, ALTRO CHE 8 ANNI. SE QUESTA FOSSE LA LORO FIGLIA CHE FAREBBERO. E' STATA APERTA COME UN POLLO, ALTRO CHE STUPRO. METTETELO IN MANICOMIO CRIMINALE E BUTTATE LE CHIAVI.

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  17. ABBIAMO DEI GIUDICI CHE FINGONO DI NON CAPIRE. MA COSA SONO 8 ANNI CON QUELLO CHE HA COMBINATO FRANCESCO TUCCIA. VADA A NASCONDERSI CON LA SUA FACCIA DA BRAVO RAGAZZO. E' SOLO UN PERVERSO E UN MAIALE. COME SI FA A RIDURRE UNA RAGAZZA IN QUEL MODO, L'HA ROVINATA ANCHE PSICOLOGICAMENTE. CHISSA' CHE IN CARCERE TROVI QUALCUNO CHE LO CONCIA PER LE FESTE. E' QUELLO CHE SI MERITA.

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  18. TENTATO STUPRO DICONO I GIUDICI, MA QUELLO E' TENTATO OMICIDIO. QUELLA RAGAZZA HA RISCHIATO SERIAMENTE DI MORIRE SE NON VENIVA SOCCORSA NELL'IMMEDIATEZZA DEI FATTI. PERSINO IL MEDICO CHE L'HA OPERATA HA DETTO DI NON AVERE MAI VISTO NULLA DI SIMILE. VERGOGNA. TUCCIA, DEVONO FARE LA STESSA COSA A TE E POI VEDIAMO SE TI PIACE ESSERE STUPRATO. TU, VOLEVI UCCIDERE.

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