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mercoledì 16 maggio 2018

Trent'anni fa, il 18 maggio 1988, moriva un eroe: Enzo Tortora. Un "orrore giudiziario" lo distrusse e la cultura del disprezzo gli spense la mente e il sorriso

La storia di Tortora in 18 intensi e dolorosi minuti

Trent'anni fa, il 18 giugno 1988, moriva un eroe: Enzo Tortora. La sua odissea era iniziata nel 1983 e da allora ad oggi non è cambiato niente. I procuratori accusano un colpevole e i giudici che dovrebbero vigilare (Gip), e quelli di primo grado, condannano l'imputato a prescindere. Si applauda e gioisca chi non ha imparato dai propri errori e da quelli altrui. E pensare che quanto in vita si vede e si vive dovrebbe far maturare l'esperienza in ognuno di noi. Invece i fatti degli ultimi decenni oggi ci insegnano il contrario. Ci insegnano che come nel medioevo siamo vittime predestinate di un 'sistema giustizia' che coi suoi ingranaggi stritola chiunque si voglia stritolare. Basta un'attimo, anche una voce lontana che dopo mesi cambia testimonianza e versione, naturalmente "per aiutare la giustizia", perché una persona semplice, una madre, un impiegato, un operaio, una ragazza, venga inghiottita nel vortice capace di farle dire addio agli affetti più cari e alla propria vita per sempre.

A causa di chi codifica le leggi attuali (viste in maniera diversa da tribunale a tribunale) tutti rischiamo di essere indagati, di finire in carcere, di restarci ingiustamente e di subire giornalmente il disprezzo mediatico di opinionisti e giornalai. Perché (è assodato) una volta arrestati e chiusi in cella saranno pochi quelli disposti ad osservare i fatti con occhio critico prima di scrivere e parlare. Come pochi saranno i popolani della pubblica opinione che non si faranno contagiare dagli insulti sprezzanti di chi staziona sui video per pubblicizzarsi e guadagnare più denaro. Il popolo è influenzabile, il caso Tortora lo dimostra in maniera chiara.

In tanti parlano di Enzo Tortora, ma di quanto accadutogli i giovani sanno pochissimo e i "più grandi" ormai non hanno un vero ricordo. La memoria è labile, si sa, però chi sui media e in magistratura ci vive da decenni il caso lo conosce bene, bene lo ricorda e dai tanti errori avrebbe dovuto imparare prima di entrare in pianta stabile sugli schermi, in procura o nelle aule di tribunale. Invece ancora oggi abbiamo a che fare con pseudo giornalisti che credono di essere il nuovo che avanza e invece sono "il vecchio che puzza" come quei procuratori e giudici onnipotenti convinti di avere la verità in tasca.

Chissà se gli italiani hanno capito che la parte maggiore della nostra informazione, e un segmento della nostra giustizia, negli ultimi trent'anni hanno bivaccato lasciando che migliorasse solo la tecnologia... che la mente delle nuove leve non ha seguito il passo ed è rimasta attardata col fiato grosso. La storia prima o poi ritorna, si dice, ma da noi la storia non si insegna. Per questo ci ritroviamo sempre a dibattere sugli stessi argomenti, sempre spaccati in due come vivessimo in realtà opposte e nascoste l'un l'altra da una coltre  fitta di nebbia, una nebbia mediatica che bagna gli occhi e asciuga la mente togliendole la necessaria lucidità.

Siamo tutti italiani, è vero, e siamo tutti figli di una cultura ipocrita cui la politica ha insegnato ad osservare le cose in maniera diversa e contrapposta. "Chi non è così", chi non ha colori, risulta "strano" agli occhi della massa, dato che tutti sanno come si fa ad odiare le idee dell'altrui schieramento per "partito preso". Ci hanno insegnato come vivere il quotidiano guardando il mondo su uno schermo piatto e negli anni ci hanno anche obbligati ad ascoltare in silenzio.

Così l'uomo senza voce, che non ha tempo di far altro se non lavorare e pagar tasse, torna a casa e si adagia sul divano e sulle parole che ascolta sugli schermi... non capendo che in tal modo aiuta il pastore di turno a raggruppare un gregge di pecore obbedienti. Non capendo che lui è parte di quel gregge.

Per cui nel silenzio capita che l'indagato di turno, senza prova alcuna, divenga sicuro assassino e trattato come una pezza da piedi buona solo per essere calpestata... senza ritegno e riguardo perché "così fan tutti" e perché l'informazione insegna a farlo. Sembra una sciocchezza... e se fossimo in un bar di periferia lo sarebbe anche. Però il problema, essendo nazionale è più vasto di quanto può sembrare. L'informazione raggiunge tutti, non solo i clienti di un bar ma anche gli addetti ai lavori, siano procuratori, giudici togati o civili di una futura giuria popolare. Persone che un domani dovrebbero operare senza condizionamenti di sorta. Persone che dopo anni di bombe mediatiche a lunga gittata decideranno della vita di chi, se in carcere da innocente, ormai non esiste più perché sotterrato da milioni di carte, da miliardi di pubbliche parole utili solo a confezionare una bara da gettare, una volta riempita, sul "fuoco della giustizia popolare".

E se è vero che i media aggiungono benzina e legna da ardere alla catasta, è anche vero che il fiammifero che la brucerà lo hanno in mano quegli italiani che a bocca spalancata aspettano il verbo di quegli investigatori e procuratori creduti a prescindere grazie alla serietà e alla professionalità di tanti procuratori sani che fanno da traino alla categoria. Il fiammifero l'hanno quegli italiani che la marea di giornalisti e opinionisti luccicanti e splendenti nutrono col cibo acquistato a basso costo da due aziende che rischiano di fallire: "L'azienda giustizia e l'azienda informazione".

Non so voi, ma io non ci sto a questo gioco. E non ci sto perché ho memoria, perché ricordo molto bene cosa scrissero sulle loro belle testate quando Enzo Tortora fu accusato di essere un esponente di spicco della "nuova camorra", quando fu accusato di essere uno spacciatore di cocaina. Io ho memoria e non potrò mai dimenticare che partendo da queste accuse si arrivò a scrivere, sul "Corriere della Sera" e non sul "giornale di Timbuctu", che il presentatore Tortora aveva intascato parte dei soldi stanziati per il terremoto dell'Irpinia. Io ricordo il Pm che a processo inveiva contro di lui dipingendolo come un bieco delinquente che sguazzava fra camorristi e crimine organizzato. Ricordo l'opinione della maggioritaria schierata all'ottanta per cento con la parte colpevolista. Di quella maggioranza assoluta che seguiva solo la pubblica accusa credendole ad occhi chiusi.

Questo purtroppo capita ancora e oggi come allora il popolo è convinto che la giustizia non sbaglia mai, che un procuratore non arresta il cittadino onesto e se una persona viene spedita in carcere da un gip un motivo c'è. Il popolo non sa che sui media vige il copia-incolla ed è convinto che l'informazione sia pluralista e non si appiattisca alle procure da cui si foraggia.

Quanto accaduto, dissero e scrissero i giornalisti dopo l'assoluzione di Enzo Tortora, non si dovrà più ripetere. La stampa dovrà essere solo 'la stampa' e non influire sulla vita dell'uomo, sull'indagato che si proclama innocente. Belle parole vero? Peccato che ad oggi risultino abortite.

Nel 1984 ben l'82% degli italiani era convinto della colpevolezza di Enzo Tortora. Questo nonostante i suoi programmi televisivi avessero battuto ogni record di ascolti e il presentatore fosse molto amato dal pubblico. I media dopo il suo arresto si gettarono contro di lui come molossi imbufaliti. I pochi giornalisti che scrivevano articoli contrari al volere della massa venivano emarginati. Solo gli amici fidati e la sua famiglia non lo abbandonarono a un destino che a un certo punto sembrava segnato.

Nel 1987, nonostante l'assoluzione con formula piena, il 34% dell'italico popolo aveva ancora la convinzione che qualcosa il giornalista Tortora avesse commesso, visto che era stato in carcere e subìto due processi. E a leggere certi commenti su internet, tanti anche oggi hanno la convinzione che i giudici lo abbiano graziato perché il potere politico voleva tornasse un uomo libero.

Enzo Tortora morì poco tempo dopo l'assoluzione definitiva. In quel periodo, seppur malato, non si arrese e lottò contro le ingiustizie. Lui sapeva lottare...

Ma non tutti riescono o possono lottare. Non lotta chi non ha la forza necessaria e chi non ha le possibilità economiche per far fronte alle enormi spese giudiziarie. E questi imputati saranno destinati a perdere la speranza, ad essere rinchiusi ingiustamente in cella, a subire l'ingiustizia che, se non sarà un suicidio a chiudere il discorso vita, li vedrà morire giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto nell'indifferenza generale... se non nella compiacenza generale.

Questo perché alcune sofferenze non si possono comprendere se non si vivono in prima persona. E se nella pubblica opinione ci sarà un'intrinseca convinzione di colpevolezza, quella che continuamente sputazzano gli opinionisti e i giornalai sui media,la sofferenza altrui non apparirà vera sofferenza ma verrà scambiata per finzione e nessuno si immedesimerà provando il dolore immane di chi viene chiuso in cella ingiustamente.

Per cui si applauda da solo e gioisca chi, per convinzione personale dettata dall'altrui mediatico pensiero, spera che un indagato finisca in galera prima ancora di essere giudicato colpevole in cassazione. Si applauda ora da uomo libero chi sale sul carro colpevolista ogni volta che s'arresta l'antipatico di turno. Si applauda e gioisca oggi perché con l'attuale sistema giustizia del doman non v'è certezza...

11 commenti:

  1. nemmeno io ci starei .
    mi viene una rabbia quando penso a chi sta in carcere da innocente . la vita per chi sta libero continua , con alti e bassi, ma è la vita che è cosi' . almeno per la quasi totalita' di persone
    che sta dentro subisce , almeno fosse colpevole , ma da innocente io non ci sto .
    non capisco come personaggi strapagati , che si presume siano intelligenti , che lavorino per il bene dl popolo.
    alla fine si accontentano e avvallano tesi cazziste .sarebbe da bacchettarli come un asino, perchè facciano il proprio dovere .
    per le ingiustizie io divento pessima .

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  2. A 30 anni dalla sua morte, come osserva Silvia Tortora, la figlia maggiore, "non è cambiato nulla: sono 30 anni di amarezza e di disgusto" L'inutilità di un sacrificio che dimostra solo che nel Bel Paese si replica il solito copione, un trasformismo un po' in tutte le istituzioni che nasconde la realtà immobile di una informazione asservita e di un popolo variamente indottrinabile.

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  3. Massimo, condivido anch'io tutto quello che hai scritto, ovviamente. E quando leggo "la sofferenza altrui non apparirà vera sofferenza ma verrà scambiata per finzione e nessuno si immedesimerà provando il dolore immane di chi viene chiuso in cella ingiustamente" il mio pensiero corre, come puoi ben immaginare, alla giovinezza ferocemente distrutta di Sabrina, a quelle sue lacrime definite - con grande successo di pubblico - "di plastica" (ma che vorrà dire poi? che razza di metafora è?), al doppio strazio di Cosima, in carcere per effetto collaterale, perché le bombe sganciate a ripetizione su queste due donne non sono state bombe intelligenti, ma al contrario micidiali bombe a grappolo, di quelle che non si fanno scrupoli di uccidere a casaccio e in più tempi. Anzi, il mio pensiero non corre là, perché è sempre là, e mi pare di sentirlo quell'odore di carcere, inconfondibile come quello degli ospedali, e quel rumore angosciante e spietato del blindo che si chiude. Mi pare di vederle, sedute nella loro cella, dove le hanno gettate con l'intenzione di lasciarcele per sempre. Da innocenti. Da innocenti perennemente in attesa che il mondo capisca. Innocenti e impotenti, e nonostante tutto dignitose in quella folle condizione di murate vive. Ma perché la gente non sa immedesimarsi in chi subisce la tortura dell'ingiusta carcerazione? Che ci provino, su, non è difficile. Si concentrino, i colpevolisti aizzati dagli opinionisti "sputacchianti", e anche solo per cinque minuti provino a identificarsi con quelle due sventurate, a stare nei loro panni, letteralmente, dentro i loro vestiti. E non mi sto dimenticando della vittima, non accetto questa obiezione-ricatto: è il gran circo ipocrita della tv che se ne è dimenticato, sia chiaro, non io, non quelli che, come me, vogliono giustizia per Sarah, per Cosima e per Sabrina. Se ne sono dimenticati, per dirne una, tutti quelli che, dopo aver gridato al "mostro pedofilo", hanno cambiato idea e hanno voluto libero il vero responsabile, così lo spettacolo poteva andare avanti.

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  4. Che dire? Non c'è molto altro da aggiungere se non che condivido in toto quanto scritto da Massimo e dagli altri, in particolar modo mi associo a quanto detto da Annamaria riguardo due povere donne tradite dal proprio padre e marito ma, soprattutto, distrutte da un sistema giudiziario che si serve della TV spazzatura per condizionare le menti deboli e vincere facile quando le prove sono latitanti o quando si vuole ad ogni costo aver ragione anche se la tesi accusatoria fa acqua da ogni parte andando persino contro l'evidenza, ma è la tesi del padrone e non si discute.

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  5. quando vedo quei personaggi in pompa magna , provo disgusto : sono come le mummie puzzolenti .
    se qualcuno sbaglia nel pontificare , ci sono quelli che non devono pontificare , ma , fare un lavoro certosino
    ragionare con la testa , controllare se tutto è come vogliono far sembrare .
    invece come il popolo indottrinato ci credono , e tutto rimane come prima , tanto sono i poveracci che soffrono . la devono smettere di far danni .

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  6. Grazie, Tanya. Ho riguardato con calma il filmato e trovo impressionante la quantità di punti di coincidenza con il caso Scazzi: la scena indegna dell'arresto di Tortora e di quello di Cosima, il "pentito" che denuncia Tortora e la chiamata in correità da parte del padre che basta all'immediata carcerazione di Sabrina, il colpevolismo acritico e viscerale in entrambi i casi, la gioia malcelata degli operatori dell'informazione, i testimoni che spuntano dopo come funghi accodandosi l'uno dietro l'altro dalla parte dell'accusa, la dignità di Tortora e la dignità di Cosima e Sabrina, l'avvocato Della Valle e l'avvocato Coppi che reclamano ed esigono il rispetto da parte del pm per i loro assistiti, l'uno e altro avvocato che di fronte alla condanna palesemente ingiusta pensano addirittura di lasciare la toga, perché il verdetto surreale, incredibile, fondato sul nulla, li ferisce e li offende evidentemente nella loro fede in tutto ciò che hanno sempre amato e perseguito, la giustizia, il diritto. Potrei continuare a lungo, ma vi prego, guardatelo con calma anche voi il filmato, e fatelo guardare. Ancora grazie a Massimo!

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  7. Sul caso Tortora si sprecano gli imbarazzi e le ipocrisie. Una ricorrenza da dimenticare in fretta con le solite frasi di circostanza. Sembra più che altro una fiction, qualcosa che deve apparire come una telenovela, non reale, non un caso di malagiustizia, uno sceneggiato. Non solo come dice la figlia non è cambiato niente, ma il sistema si è blindato. Oggi non potrebbe più esserci un caso Tortora perché l'imputato non avrebbe scampo...

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  8. Il "caso Tortora" è ormai un emblema. Terribile. Tristissimo. E sovente scomodato a casaccio.

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  9. Leggo da "La Fattoria degli Animali" di George Orwell. ed. Mondadori (Milando, 1984) trad. Bruno Tasso - Premessa di Fruttero e Lucentini, cap. 7, pag. 81:

    ... Le tre galline, che avevano capeggiato il tentativo di ribellione riguardo alle uova, si fecero avanti e dissero che Palla di Neve era apparso loro in sogno e le aveva incitate a disobbedire agli ordini di Napoleon. Anch'esse vennero gistiziate...".

    Vi ricorda nulla ? Il Diritto innanzitutto ! La giurisprudenza ! L'interpretazione creativa dei giudici !

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  10. Manlio, condivido!
    Ma condivido anche gli altri commenti.

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