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sabato 15 novembre 2014

La chemio arricchisce i cassieri della morte...



Oggi è una giornata triste e voglio parlar male di chi cura senza curare e di chi sforna farmaci che non hanno vere capacità terapeutiche. Tanto per cominciare cerco di farvi comprendere meglio cosa si intende per oncologia. Non è ciò di cui si parla in tivù quando, in nome della ricerca, si devono racimolare denari per pagare mega-strutture e professori computerizzati. No. Questa è solo una delle branchie del colosso legato ai tumori, quella che da circa 70 anni cerca rimedi e non ne trova. La ricerca oncologica, da decenni sempre bisognosa di aiuti economici, non è la maggior forza di ciò che si dice sia una branchia medica intesa a curare la malattia per eccellenza, quel maledetto cancro che uccide giorno dopo giorno... ovunque si radichi: sia nei polmoni che nello stomaco, sia nell'intestino che nel pancreas, sia nell'utero che nel fegato e in altri punti del nostro corpo. Io voglio parlar male di tutti, ad iniziare da quella branchia medica che se hai un "brutto male" ti "cura" con la chemioterapia. Per chi non lo sapesse, questa è la cura convenzionale, convenzionata con la Sanità, che usano il 90% dei centri oncologici per curare (curare?) chi ha un tumore. Per chi non lo sapesse, la chemioterapia non da garanzie di alcun genere e alla fin fine serve solo a far lievitare i costi della Sanità, a far ingrassare le multinazionali del farmaco e a far lavorare migliaia di persone specialiste del nulla.

Oddio, è vero che se scoprissi oggi di avere un tumore da ieri forse la chemio mi curerebbe, ma è anche vero che mi lascerebbe un'eredità. Tutti gli sperimentatori che lavorano per le case farmaceutiche mondiali sanno che devono curare e guarire un topolino che ha il tumore. Ma sono gli sperimentatori stessi a far crescere il tumore, e per questo frequentemente la cavia si salva e la malattia regredisce. In poche parole, io forse guarirei, facendo qualche ora di chemio a settimana, se mi trovassero subito un piccolo tumore e se mi curassero in velocità. Ma quella cura, come mi ridurrebbe?

La chemioterapia agisce indiscriminatamente su tutte le cellule del corpo, non solo su quelle contagiate dal cancro, in maniera identica; partendo dal presupposto che le sane abbiano la forza di resistere, il prodotto chimico dovrebbe uccidere solo quelle malate. Ma la tossicità della terapia non garantisce che le sane restino sane e ha diverse controindicazioni. Ad esempio, potrebbe rovinarmi l'udito e la vista, darmi disturbi esagerati allo stomaco inducendomi ulcere, bruciori, nausea e vomito continuo; potrebbe favorire la depressione, farmi cadere i capelli e le unghie, rovinarmi per sempre i denti... e tutto questo anche dopo diversi mesi dalla somministrazione del farmaco. Il Cisplatino, ad esempio, quello più usato perché costa meno (si fa per dire), oltre a ingrassare le case farmaceutiche produttrici, dopo un certo periodo non avrebbe più alcun effetto curativo a causa della assuefazione e della riorganizzazione che le cellule tumorali riescono a stabilire in tempi record.

Quindi se io scoprissi di avere un tumore in stadio avanzato cosa mi sentirei dire? Forse che un oncologo mi direbbe: "Vale la pena che lei cerchi una cura alternativa perché quel che le stiamo per fare serve solo a rovinarle il tempo che le resta da vivere"?. No, forse gli oncologi lo pensano ma non lo dicono, vi garantisco che io so quali parole usano... ho una lunga esperienza in questo campo. Volete saperlo anche voi? Riordiniamo per bene le idee come farebbe un tumore serio che si rispetti e mettiamo dei distinguo. Non tutti gli oncologi che ho frequentato sono come quelli che descriverò; tanti hanno, oltre alla professionalità, anche un innato senso umano. Quelli che stimo sono persone di Prima Categoria che parlano in maniera sana anche di terapie diverse, anziché staticizzarsi solo su ciò che impone lo stato e usano per lavoro perché permette loro di percepire un buon stipendio. Persone che ci sono se hai bisogno di un qualunque consiglio e, soprattutto, persone che te lo danno il consiglio. Sono certo che, conoscendo meglio di me coloro di cui parlerò, questi seri e umani professionisti (che spesso hanno realizzato dei piccoli miracoli) non si sentiranno tirati in causa.

Ma torniamo agli oncologi tradizionali, a quelli che marciscono all'ombra di chi gli ha insegnato che tanto un tumore porta alla morte (morte che prima arriva e meglio è per la famiglia). Per come li ho conosciuti ci sono due tipi di oncologi: quelli che le hanno viste tutte e sono certi che sei destinato a morire, e quelli che le hanno solo sentite raccontare (però chi gliele raccontava era talmente bravo che anche loro si sono convinti che la morte sia inevitabile). Queste categorie a loro volta si dividono in altre due categorie. Quelli che le hanno viste tutte sono "diretti" e "indiretti", quelli che le hanno sentite raccontare sono "morbidi" ed "elastici". Parliamo dei diretti.

Usualmente chi scopre di avere un tumore si sente già morto, di notte non dorme e soffre come un lebbroso costretto a vivere all'esterno della società. Cerca di non darlo a vedere, cerca di non pensare che entro breve non sarà più in grado neppure di andare a prendere un bicchiere d'acqua e dovrà vivere sulle spalle della sua famiglia. Immerso in questo cupo stato d'animo, in cui solo la speranza accende di tanto in tanto qualche lumino, si presenta alla prima visita oncologica. Ha mille e più paure, ma ancora la speranza che il dottore gli dica che la sua patologia è curabile. Appena arriva davanti "all'oncologo diretto", dopo essersi spogliato in uno sgabuzzino, il "malato" verrà palpato in ogni punto critico, poi si andrà a rivestire. Sarà in quei pochi attimi che chi l'ha accompagnato col cuore gonfio di speranza dirà: "Mi dica professore, si può fare qualcosa?". Ed ecco cosa si sentirà dire dall'oncologo "diretto" che abbandonato lo sguardo di comprensione mostrato al paziente chiuderà il viso in una smorfia di estrema durezza: "Non crediate che il signore possa guarire! Lui non me lo ha chiesto e io per questo non ne ho parlato, ma se me lo avesse chiesto gli avrei dovuto dire che ha tre mesi di vita, se non fa la chemio, e al massimo dodici se la fa!". A questo punto la mente dell'accompagnatore si offuscherà e non riuscirà più a proferire frasi intere e corrette.

L'oncologo indiretto, invece, a differenza del suo collega non aspetterà dietro la scrivania l'entrata del paziente, andrà nella sala d'aspetto e comincerà da subito a metterlo a proprio agio con frasi del tipo: "Come si sente? Vuole un bicchiere d'acqua? Comunque a guardarla sembra in forma". E via di questo passo. Poi, dopo la visita e non appena si ritroverà solo con l'accompagnatore, comincerà la sua litania. "E' un tumore che non ha soluzioni, la cura è obbligata e non dà garanzia del risultato, comunque occorre iniziarla al più presto e vedere come reagisce". L'accompagnatore certamente chiederà se esiste una possibilità di guarigione, e sarà quel momento che l'oncologo cambierà stile di voce e professionalmente dirà: "Nel nostro settore non esiste la parola guarigione. Noi dobbiamo cercare di far vivere quel poco che ai nostri pazienti rimane nel miglior modo possibile".

Il diretto e l'indiretto fondamentalmente hanno detto le stesse cose. Chi ha un tumore non guarisce.

Passiamo all'oncologo morbido. Il suo approccio al paziente sarà del tipo palpativo, l'accompagnerà alla sedia e gli toccherà la spalla con un mezzo sorriso, perché intero sarebbe troppo, che farà pensare ad una cura certamente efficace. Dopo la visita parlerà all'accompagnatore, senza neppure aspettare che apra bocca, di Cisplatino e Taxolo, come se chi gli è di fronte ne capisse il significato, ed all'unica domanda: "Mi scusi dottore, parlavo con alcuni suoi colleghi che mi dicevano di non illudermi...", risponderà da tecnico specializzato: "Sicuramente questa è una malattia che non dà speranze di guarigione. Nessuno in oncologia parla di guarigione. Si preferisce dire che il malato curato efficacemente dopo un tot di anni è libero da malattia; oppure, se la chemio ha un qualche effetto, che c'è una regressione della malattia. In tutti i casi non bisogna mai perdersi d'animo e continuare la cura con costanza, solo così avremo risposte efficaci. Certo, occorre vedere anche se il fisico del paziente sopporterà i farmaci, ma questa sarà una valutazione che faremo all'occorrenza e solo se servirà. Ora facciamo un passo alla volta, cominciamo già da domani con gli esami per poi passare alla terapia vera e propria nel volgere di poche settimane". 

Chi non si affiderebbe a siffatto specialista senza mai osare di interferire con il suo lavoro che magari non farà magie o guarigioni ma sarà comunque fatto al meglio?

Infine, ma non per ultimo, vediamo l'oncologo elastico. Questo tipo non è frequente e si trova specialmente fra i più giovani. Lui, usando le più famose banalità, dirà sempre ciò che chi ha di fronte vuol sentirsi dire. Ad esempio: "Non bisogna mai farsi prendere dallo sconforto, finché c'è vita c'è speranza. In fondo al tunnel c'è sempre una luce e solo chi si arrende non la vede. Guarire no, ma provare almeno a farlo regredire in modo da tenerlo sotto controllo sì, in fondo abbiamo tante possibilità che fra i farmaci chemioterapici ci sia quello più adatto al tumore di cui è affetto il paziente. Non disperarsi mai se il primo non funziona come vorremmo, abbiamo altre frecce per il nostro arco"

Dopo questa disquisizione la nostra fiducia salirà e di certo faremo curare chi amiamo dall'oncologo elastico. 

Ma vediamo in dettaglio le parti salienti dei discorsi su accennati e cerchiamo di capire meglio alcune cose. Nessuno di loro ha mai detto chiaramente che il paziente guarirà, anzi, tutti in maniera diversa e autonoma, hanno assicurato che non vi sarà guarigione. Questo è un punto da tenere in molta considerazione. Ognuno di quegli oncologi ha onorato il giuramento di Ippocrate. Il primo, a cui non è stato chiesto niente dal paziente, non ha disubbidito alla regola di dire sempre la verità; il secondo, che ha avuto un approccio paternalistico, e il terzo, che ha instaurato un modello utilitaristico facendo capire che lui sa cosa deve fare, si sono mostrati deontologicamente preparati; così anche il quarto che facendo sentire il paziente parte attiva e integrante della cura si ritroverà un malato che non guarirà ma che collaborerà fattivamente. In ogni caso c'è sempre quella parola che disturba. Non guarirà. In anni e anni di tumori ci hanno convinti che se affetti da questa patologia il meglio che ci possa capitare è vivere ancora, se va grassa, qualche anno. E questo è ciò che si dice nei reparti ospedalieri dove si vive il dramma, dove infermiere dolci e sensibili aiutano e supportano medici ipocriti e menefreghisti (ripeto, non tutti sono così, ma io ne conosco davvero tanti di siffatta specie).

Quando partono le campagne televisive tutto cambia. Le parole per scardinare le persone nell'intimo sono: «La Ricerca ha fatto passi da gigante!». Da anni ascoltiamo questa litania sempre uguale.

Ed allora parliamo della Ricerca. In tivù ci dicono che il tumore del seno, se preso in tempo, ha una probabilità di regredire nel 90% e più dei casi. Ci dicono che per il tumore dei polmoni si stanno facendo nuove sperimentazioni e che, sempre se preso in tempo, si aumenterebbero le possibilità di restare in vita. Ci dicono che altri tumori, pancreas, fegato, intestino, hanno una risposta alle cure moderne, se presi in tempo, del 20/30 % superiori a 10 anni fa. Del tumore ovarico se ne parla poco, ma quando se ne parla ci dicono che, se preso in tempo e quindi ancora circostanziato nelle sole parti intime femminili, ha una buona risposta oncologica. C'è sempre nelle loro frasi quel discorso che si intromette, quel "se preso in tempo" che disturba. Ma cosa significa quella frase? Semplicemente che il cancro non deve essersi propagato in altri organi. Che non deve aver creato metastasi in punti lontani da dove è partito. Se si prende in tempo, quindi al suo insorgere, non occorrerà fare la chemio, o se ne farà un quantitativo minimo, e ci sarà la possibilità di guarire.

Ma, chiediamocelo, chi può cercare di "prendere in tempo" un tumore? Molta probabilità di prenderlo in tempo l'hanno quelle persone che fanno analisi del sangue trimestrali o semestrali e aggiungono alle solite, pagando la differenza, i marcatori che indicano la presenza di possibili anomalie cancerogene: il CA125, il CEA e altri. Come ci ripetono spesso in quei programmi televisivi, tutti dovremmo tenere il nostro corpo controllato. Questo è un buon consiglio che chi "arriva bene" alla fine del mese può seguire, parlando di moneta... ma chi ha poche possibilità economiche? Dovete sapere che se non avete patologie gravi non siete dispensati dal pagare il ticket sanitario. Fare le analisi del sangue in una struttura dello Stato costa quasi quanto una analisi fatta in un laboratorio privato, se poi aggiungete alcuni marcatori il prezzo sale di molto. Quante famiglie italiane possono permettersi di spendere 200 euro ogni tre/sei mesi per fare le analisi che potrebbero rivelare la presenza di un carcinoma?

In Italia ci si pulisce troppo spesso la bocca con la parola prevenzione, lasciata comunque a carico del singolo cittadino che, non dovesse farla e arrivando a uno stadio già avanzato di tumore (quindi con metastasi) peserà poi sul bilancio familiare e sulle casse dello stato in maniera esagerata. Quindi, a conti fatti è allo stato che conviene farsi carico della prevenzione. La fa con lo screening della mammella e col pap test, ma ogni quanto questi controlli vengono eseguiti? Bastano? Evidentemente no, visto che si deve ricorrere alla chemio in maniera massiccia. Quanto costa alla Sanità "non guarire" il malato con la chemioterapia? Ve lo dico io. Un ciclo di dodici terapie può costare 50.000 euro, però di solito si fanno cicli da sei o da otto perché in tanti casi il paziente non ha la forza per proseguire. Ma questi soldi servono solo per le terapie. I costi dei medicinali aggiunti, quali punture ormonali ed epo (servono a ripristinare quanto la chemio demolisce) e il mantenimento della struttura ospedaliera (reparto oncologico), oltre alle paghe di chi vi opera, vanno sommate al costo totale delle medicine.

In Italia ci sono 280.000 nuovi malati ogni anno; 170.000 di questi muore. Mettendo il tutto in percentuale, sembrerebbe che se ne salvino circa il 40%. Ma il dato è falso e alterato. Infatti il 20% di chi viene dichiarato libero da un tipo di cancro ne contrae uno diverso e più incisivo dopo breve tempo, il 19% del restante muore negli anni successivi a causa di una malattia che è la somma dei fattori devastanti derivati dalla chemioterapia. E' chiaro che alcuni di questi tumori, quello al seno ad esempio, sono più facili da curare e alzano le percentuali di sopravvivenza. Ma se non vi sono metastasi non si fa la chemio; se è circoscritto si opera chirurgicamente togliendo il nodulo tumorale e la parte che lo contorna, oltre a qualche linfonodo ascellare (questo causerà gonfiori con cui la paziente dovrà convivere una volta guarita), e si eseguiranno, entro i sei mesi successivi, 30 cicli di radioterapia. Al massimo ci sarà l'invito, non l'obbligo, di assumere una pasticca al giorno per i primi cinque anni (una cosa facoltativa perché sperimentale). L'unica controindicazione è data da piccole ustioni che si formano dove vengono irradiate le radiazioni, ma sono velocemente curabili con pomate e creme di vario tipo (che comunque sono da pagare). La radioterapia costa poco allo Stato e spesso rende molto di più. La chemioterapia, invece, lievita i costi e non dà garanzie. Per quale motivo farla se, come dicono tutti gli oncologi, già si sa in partenza che non ci sarà guarigione? Quali ipocrite parole saranno dette dai suddetti medici a chi sanno aver rimasto poco da vivere?

"Allora signora, abbiamo ancora qualche mese per vederci, oggi si sente almeno un po' peggio?"

Quale motivo spinge la medicina a continuare sulla direzione che instrada i pazienti al cimitero? Lo sappiamo tutti, i soliti luridi e sporchi soldi! Tanto è vero che negli anni si sono accantonate medicine testate ed economiche per far spazio ad altre meno testate e più costose (link da: sportello dei diritti)

La chemioterapia è un businness difficile da stroncare. La spesa che grava sullo Stato è enorme, quasi incredibile e improponibile. Ogni malato che non sia affetto da un tumore al seno costa alle strutture sanitarie dai 200.000 euro in su. Fate voi i conti o li faccio io? La maggior parte di quei denari in quali tasche vanno a finire? Facile, in quelle delle multinazionali dell'orrore. Anche a quelle che vendono farmaci che fanno morire con le controindicazioni. Vi riporto parte del bugiardino di uno di questi farmaci, si chiama Doxorubicina.

Effetti collaterali: - Gravi aritmie acute sono state descritte durante o poche ore dopo la somministrazione; - Una mielosoppressione grave può provocare insorgenza di emorragia e superinfezioni e costituisce una indicazione alla riduzione o alla sospensione della Doxorubicina. Esiste un rischio accertato di sviluppo di cardiomiopatia indotta dalle antracicline e dipendente dalla dose cumulativa. Il rischio di insufficienza cardiaca nei pazienti neoplastici trattati con Doxorubicina persiste per tutta la vita. Può potenziare la tossicità della radioterapia e di altre terapie anti-neoplastiche. Neoplasie benigne e maligne. Il verificarsi di una leucemia mieloide acuta secondaria. Il danno del tratto gastrointestinale può indurre ad ulcera, emorragia e perforazione. La Doxorubicina è altamente irritante e lo stravaso nella sede dell'infusione può provocare dolore locale, irritazione, infiammazione, tromboflebiti, che possono causare un'ulcera grave e necrosi della cute. Smaltimento: Il personale che manipola la Doxorubicina deve indossare indumenti protettivi: occhiali, camici, maschere e guanti monouso. Tutti gli articoli usati per la somministrazione e la pulizia, inclusi i guanti, dovranno essere posti in appositi sacchi per rifiuti ad alto rischio per l'incenerimento ad alte temperature. Le fuoriuscite o le perdite di soluzione devono essere trattate con ipoclorito di sodio diluito che preferibilmente va lasciato agire per tutta la notte e a cui va fatto seguire un risciacquo con acqua.

Letto quanto sopra, siamo certi che gli oncologi si farebbero iniettare i farmaci che loro stessi prescrivono ai nostri familiari? No, credetemi, la maggioranza di loro quei farmaci li prescrive ma non li userebbe mai. Qui riporto la  risposta ad una richiesta fatta nel marzo del 2005 dal Senato australiano.

Inchiesta sui servizi e sulle opzioni di trattamento di persone con cancro prodotta dal Cancer Information & Support Society del St. Leonards di Sydney.

- Alcuni scienziati del McGill Cancer Center di Montreal, in Canada, hanno inviato a 118 medici esperti di cancro ai polmoni un questionario per determinare quale grado di fiducia nutrissero nelle terapie da loro applicate nel caso essi stessi avessero sviluppato la malattia. 79 medici hanno rimandato il questionario: 64 di questi hanno scritto di non acconsentire a sottoporsi a un trattamento che contenga Cisplatino (il chemioterapico più utilizzato), mentre 58 dei 79 reputano che anche tutte le altre terapie sperimentali siano inaccettabili a causa dell'inefficacia e dell'elevato grado di tossicità.

Paura eh?

Sapete cosa penso, che siamo tutti in balia di troppe persone senza scrupoli. C'è solo il denaro che inquina le menti trasformandole in discariche dove far confluire tutti i denari. Non è morale la mia, è pura realtà dei fatti. Gli oncologi in fondo sono solo la base serviente del partito sanitario farmaceutico. Loro sanno di non curare e si abituano alla morte che diventa una sorta di compagna da assecondare. I Mega-Centri di ricerca, compreso il Centro Oncologico Europeo, quando chiedi un consulto ti dicono banalità che paghi dai 250 euro in su. Servono ad ammortizzare i costi di gestione.

Tutti sanno che chi ha in casa la malattia per eccellenza non bada a spese. I malati si affidano a tutto e a tutti pur di cercare la guarigione, è notorio... anche a sciacalli che nulla sanno di cancro e lo curano con la cioccolata calda! E noi, esseri comuni costretti ad affidarci agli altri, abbassiamo gli occhi perché negli anni ci hanno insegnato che alla parola tumore va associata la rassegnazione. Mentre i cassieri della morte gli occhi li alzano al cielo e scrollano le spalle. A causa del cancro, nonostante 70 anni di ricerca, nel mondo ogni anno muoiono tredici milioni di persone. E c'è chi ancora dice che la ricerca ha fatto passi da gigante?

Pochi professori sono come il Dr. Leonard Saltz, specialista in cancro al colon al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center (il più famoso centro di trattamento del cancro degli Stati Uniti), che sul New York Times ha messo in faccia a tutti la dura realtà dicendo chiaro e tondo che "le persone malate di cancro si rivolgono a noi pensando che gli ultimi farmaci messi in commercio siano in grado di curare il cancro metastatico. Troppo spesso rimangono sorpresi nell'apprendere che anche l'ultima tecnologia nata dalla ricerca non è in effetti una cura. Ed è molto difficile dir loro che il massimo che abbiamo a disposizione è un farmaco che costa 10.000 dollari al mese. Un farmaco che non guarisce nulla perché può solo allungare il tempo medio di sopravvivenza di un altro mese o due. Molto spesso questa è la verità".

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6 commenti:

  1. La pentola degli interessi legati alle terapie mediche... e dei pazienti che sovente divengono cavie inconsapevoli. Certo non si può fare di ogni erba un fascio, ma è evidente che il discorso che affronti è di grande importanza e ci riguarda tutti. La sanità muove una enorme quantità di denaro e dovremmo essere tutti interessati a conoscere i meccanismi economici e politici che sovraintendono all'impiego delle risorse e alla logica degli interessi coinvolti.

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  2. Ma è stato mai stabilito se la sanità deve servire per curare o per fare soldi?
    Perchè tra le due c'è una certa differenza...

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  3. Caro Massimo, mi sono sempre chiesta perchè si preferisce arricchire i colossi farmaceutici per arricchirsi, anzichè investire fondi per la ricerca. In fondo anche coloro che fanno questo lurido gioco sono esseri umani, e come tali non esenti dall'ammalarsi di cancro.
    Loro e i loro cari.
    La spiegazione mi sfugge.

    Hanno disponibilità economiche per la prevenzione? Ma non basta. Ci sono dei tipi di cancro che in pochissimi mesi ti uccidono e nemmeno un accuratissima prevenzione fa si che non succeda.

    Hanno la possibilità di andare in paesi dove la ricerca avanzata ha trovato delle cure alternative alla chemio che assicurano la guarigione? Non ne sono a conoscenza.

    E se in nessun altra parte del pianeta 'è la possibilità di sopravvivere sempre e comunque perchè queste avide persone si sentono così al sicuro da ciò che non combattono?

    Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi.

    Un abbraccio
    Sira

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  4. Cara Sira, posso dirti cosa mi disse nel 2006 il primario (grande persona già molto anziana) di un buonissimo reparto oncologico italiano dove non si spande la chemio in tutto il corpo ma si usano anche altre cure valide e meno invasive.

    "Noi signor Prati non possiamo ricoverare chiunque. Noi possiamo fare qualcosa solo quando la paziente è dichiarata allo "stato terminale" e solo se ha ancora valori ematici e birilubina nella norma. Prima di venire da noi i malati devono seguire il protocollo imposto dalla Sanità che prevede, a seconda dello stadio in cui si è trovato il cancro, una cura a base di chemio. In caso contrario non abbiamo il permesso di ricovero e non veniamo rimborsati".

    Forse Sira lo sai anche tu che gli oncologici "normali" non fanno di testa loro. Sono robot che agiscono in base a una lista sanitaria di prodotti chemioterapici da usare a seconda del tipo di tumore. Spesso è inviata al loro reparto dai Centri Oncologici come quello di Milano, ma è una stupidata perché basta entrare in internet per avere la lista governativa dei farmaci da usare per i diversi tumori. Puoi trovarla a questo link: www.agenziafarmaco.gov.it/allegati/all_1_oncologia_adulti.pdf

    Per cui alla persona comune che si trova a combattere contro un tumore lo stato non dà scelta. Quella è la cura e quella devi fare. E' chiaro che chi può permetterselo si sposta all'estero, in strutture all'avanguardia che hanno percentuali di guarigione molto migliori delle nostre.

    Ma sta certa che se lo stadio del tumore è molto avanzato muore anche chi ha tanti soldi. Per questo occorre essere i primi dottori di noi stessi e usare le informazioni mediche al meglio, perché l'informazione giusta aiuta a salvare la propria vita.

    Oramai, ad esempio, la maggioranza delle donne moderne sa come palparsi il seno, quindi se nota un piccolo nodulo e agisce di fretta può salvarsi. Ma i sintomi per riconoscere anche un diverso tipo di tumore sono tanti e tutti individuabili. La stanchezza cronica unita all'inappetenza, la respirazione faticosa, il sangue nelle feci, il dimagrimento troppo rapido, i gonfiori alla pancia uniti al rumore dell'acqua nell'addome... tutti questi sono sintomi che fanno sospettare ci sia un tumore che avanza. Non ascoltarli e non far nulla, magari a causa di problemi familiari che non permettono indagini mediche immediate, significa far avanzare i tumori e rischiare che si creino quelle maledette e temute "metastasi" che più sono sviluppate più impediscono la guarigione.

    E' chiaro che gli atleti, così come per i cantanti che necessitano di "fiato" per fare concerti, sono più controllati sotto il profilo medico preventivo. A questi nei momenti di attività si fanno fare analisi anche settimanali (mensili quando sono inattivi), ed è normale, se il medico che li ha in cura chiede analisi allargate (e chi ha soldi le chiede), che per loro si alza la probabilità, in caso di sospetti, di trovarsi a combattere con un tumore in fase iniziale. Per cui da un tumore tante volte si salvano e guariscono, anche se molto spesso anche loro sono presi per i capelli...

    Quindi, in questo periodo storico, prevenire è la parola giusta da usare contro i tumori. Ed io credo che chi guida le multinazionali farmaceutiche, quelle che con la loro immensa potenza comandano anche sui governi occidentali, abbia la possibilità di prevenire. Non credo ci sia una cura efficace che non si vuole divulgare per continuare a guadagnare sempre più soldi e potere. Credo che la ricerca troppo ramificata e disunita, tutti vogliono essere i primi a trovare il farmaco giusto, sia deleteria e contribuisca a non farlo trovare quel farmaco. Finché non si uniscono le forze...

    Ciao, Massimo

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  5. io so solo che mia sorella (era) giovane , non volle fare la chemio, con presunzione di onnipotenza :voleva guarire senza cure invasive. non avrebbe sopportatao la perdita' dei capelli . accetto' la radioterapia . son passati 20anni ed è ancora viva e vegeta .. sara' stato un caso ?
    a volte penso che la chemio lavrebbe uccisa .

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  6. Parole sacrosante Massimo, condivido in pieno. Da tempo mi sono ormai convinto che il cancro altro non è che un grande business. suggerisco di leggere questo bel blog sull'argomento curato da una diretta interessata che è guarita senza l'utilizzo delle cure convenzionali.
    http://blog.ilgiornale.it/locati/category/metodo-di-bella-3/

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