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mercoledì 29 dicembre 2010

La Procura di Taranto ha inserito nella sua collezione un'altra bella figurina

Ed è la più pregiata, il cellulare dell'uomo dal buffo cappello. 

L'orco dal buffo cappello
Grande fermento alla Procura di Taranto per la scomparsa del cellulare di zio Miché. Il procuratore, il gip e persino l'usciere, erano da giorni impegnati in una colossale caccia al telefonino, caccia che però aveva sempre dato esito negativo (e visto chi ci lavora all'interno nessuno se n'è meravigliato). Alla fine, stanchi e stremati, avevano deciso di chiedere aiuto al popolo credulone che li segue in massa. Ma poco prima di appendere i volantini in piazza, completi di nome e descrizione, ci si è ricordati di chi da sempre li ha aiutati a risolvere i misteri avetranesi, il Misseri senior. 


Il gip in persona si è recato nell'orto del carcere, dove vive e vegeta l'uomo dal cappello buffo, e lo ha implorato affinché tirasse fuori un nuova verità che non contemplasse al suo interno la parola cellulare. Ma qui zio Miché ha unito il genio alla memoria contadina ed ha risposto chiaro e conciso che lui il telefonino lo voleva lasciare in Procura quando l'hanno arrestato ma gli era stato impedito in quanto non rilevante al fine delle indagini; che quindi, non avendo parenti a cui affidarlo, l'aveva lasciato all'entrata del carcere, chiaramente in bella vista e con la speranza che qualcuno lo trovasse! Il giudice è corso all'interno della struttra mentre il Misseri, aggrappatosi ai suoi pantaloni togati, urlava a squarciagola: "Se vuole glielo brucio, vuole che lo bruci dottore?"

La storia chiaramente non è andata esattamente come io l'ho descritta, ma il succo che ne scaturisce è lo stesso. I procuratori solerti di Taranto non avevano sequestrato il cellulare dell'uomo credendolo un oggetto irrilevante. Strano che l'abbiano pensato, ma forse la parola pensato è troppo forte abbinata a loro, perché in un telefonino vi è la memoria dei momenti trascorsi. Non vi sono solo le telefonate fatte e ricevute, ma anche quelle senza risposta e quelle a cui una risposta non è stata data. Perché si è arrivati a pensare, e scrivo pensare perché un'altra parola non mi viene, che l'oggetto in questione ora risulti importante? Perché finalmente si sono accorti, meglio tardi che mai, che il giorno in cui Sarah è scomparsa quel soggetto dal buffo cappello ha fatto e ricevuto una enormità di telefonate, enormità se paragonate agli altri giorni. Ad esempio c'è n'è una diretta al fratello Carmine, con cui non parlava da diverse settimane e non si sa ancora il perché, che a sua volta dalle cinque e mezza alle sei di sera lo ha cercato ben cinque volte. 

L'ho chiamato perché, se mia moglie mi cercava, gli confermasse che erano scappati i cavalli, dice lo zio orco. 
L'ho cercato perché avevo saputo della scomparsa di Sarah e volevo sapere se c'erano novità, dice il fratello.

Queste dichiarazioni sanno di marcio e puzzano come i pannolini di un neonato con la gastroenterite. Se Carmine aveva aiutato Michele a nascondere la sua vera destinazione, una volta saputo della ragazza scomparsa doveva aver fatto due più due per forza. Quindi, anche credendo che lui non centri con tutta la messinscena, occorre comunque pensare che avesse capito parte di quanto accaduto quel giorno, pertanto una percentuale di colpa gli va ascritta. Ma se fosse vera la storia dell'auto passata in via Deledda alle 14.30? Se fosse vero che all'ultima chiamata ricevuta il telefonino di Sarah ha agganciato una centralina posta in campagna? 

La storia ferruginosa raccontata dall'orco cadrebbe e si aprirebbero nuovi scenari. Questo perché zio Miché era ancora a casa quando è arrivata l'amica di Sabrina, e amica è un'altra parola forte da dire, e la telefonata partita dal suo cellulare alle 15 sarebbe potuta arrivare a chi già aveva in custodia la ragazza per sapere dove l'aveva portata. Si è recato veramente sotto l'albero di fico nel fondo in cui abitava da bambino? Ed allora aggioniamoci perché in quel periodo, nello stesso fondo, abitava anche suo fratello e quindi il luogo era conosciuto da entrambi. Di conseguenza entrambi sapevano dove si trovava il pozzo in cui la ragazza era sepolta. 

Carmine parando il dietro al fratello ha fatto capire a tutti di non sapere dove lo stesso si trovasse al momento della scomparsa della nipote. Carmine dice di aver telefonato a Michele per avere novità, che ha fatto più telefonate perché non rispondeva. Ma perché insistere per mezzora. Perhé non ha provato al numero di casa o a quello di Cosima o Sabrina. Carmine è stato interrogato ed ha passato cinque ore in caserma, io credo ne passerà altre in compagnia dei procuratori.

Ma un'altra testimonianza puzza quanto le precedenti, quella del nipote Giuseppe. Ha dichiarato di aver visto lo zio verso le 15.35 e che era in ritardo di 40 minuti in quanto s'erano accordati per incontrarsi alle 15. Dovevano raccogliere i fagiolini. E già c'è di che pensare in quanto è un orario che impedisce al Misseri tutti quei movimenti, compreso l'occultamento, che ha detto di aver fatto il pomeriggio del 26 Agosto. Ma oltre a questo nipote, che dice di averlo incontrato e trovato tranquillo (ed è strano che un uomo buono, come da più parti si dice sia il Misseri, non lasci trapelare nulla di quanto di orrendo ed aberrante ha fatto pochi minuti prima), ce n'è un altro, Mimino, a cui ha inviato una telefonata la stessa sera alle 18.26; però non al suo cellulare... e neppure al telefono di casa. La chiamata era indirizzata al telefonino della moglie. "Per spendere meno in quanto abbiamo lo stesso gestore", dichiara l'orco al giudice. Ed io mi chiedo come facesse a sapere per certo che lo avrebbe trovato accanto alla consorte. S'erano accordati precedentemente? Quando?

Avrete capito che "i misteri di Avetrana" sono già diventati un film e che non siamo arrivati neppure alla fine del primo tempo. 

Il canile in memoria di Sarah prima o poi qualcuno lo farà. Per intanto Saetta, il cane che la seguiva tutti i giorni e a cui lei era più legata, è ancora un randagio lasciato in strada. Per intanto Sabrina, quella che le stava accanto da sei anni e le faceva le ramanzine, resta in carcere perché potrebbe inquinare le prove; come potrebbe fare, tranne il gip Martino Rosati (che lavora alla Procura di Taranto, ricordiamocelo) nessuno lo sa. Intanto il popolo di internet ha già condannato la cugina e 81% degli italiani la ritiene colpevole. E tenete in debita considerazione che contro di lei, oltre all'antipatia naturale che chiunque di noi può provare, non c'è uno straccio di vera prova e tutto il castello accusatorio sbanda ed è tenuto unito solo dalle parole dell'uomo dal buffo cappello. 

Come dice l'avvocato Galoppa, che presto a mio parere galopperà veramente, "il Misseri è un uomo umile che sta facendo un percorso verso la verità". Cosa dire di più, la Procura può stare solo che tranquilla perché l'ortolano che per il momento spazia all'esterno del carcere di Taranto è di sicuro una garanzia. E non ridete!

2 commenti:

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