Di Gilberto Migliorini
Sembra che tutti i problemi dell’orbe terracqueo, e dell’umanità, si possano riassumere in quei provvedimenti atti a scongiurare un aumento di CO2 e i connessi cambiamenti climatici con lo scenario più o meno catastrofico che ne consegue. Ma forse il problema è ben più complesso e quella del clima è solo un aspetto, forse neppure il più emblematico, di una cultura che sta esplorando le sue coordinate tecnico-scientifiche nel segno dell’apocalisse. Il tema parrebbe quello escatologico (la fine del mondo per una catastrofe climatica più che per una guerra termonucleare) una rivelazione nel segno di un futuro insieme profezia (la fine della storia) e del suo significato millenaristico. Per usare proprio la metafora dello scioglimento dei ghiacci, si tratta soltanto della punta di un iceberg, di uno scenario che si sta delineando in modo ancora nebuloso, soprattutto se si adottano i criteri dei metodi quantitativi, quelli che fanno dire a qualcuno che la terra si sta riscaldando. Ma ci sono altri (sempre scienziati ma in minoranza) che affermano che in realtà si sta raffreddando…
In un’opera famosa L'Apprenti sorcier (l’apprendista stregone) il poema sinfonico di Paul Dukas tratto dalla celebre ballata di Wolfgang Goethe (che a sua volta aveva tratto da Luciano di Samosata) c’è tutto il senso profetico del periodo che stiamo vivendo? Perfino Disney si è ispirato al tema nel film di animazione (Fantasia del 1940). E un cartoon è davvero emblematico del carattere virtuale delle nostre costruzioni teoriche: da tante immagini statiche si produce l’illusione di un film in movimento, non solo quello dell’attore sociale (Topolino) ma anche quello dello strumento (la scopa nell’episodio dell’apprendista stregone) che rappresenta la magia e l’incantesimo della scienza, il baconiano sapere è potere.
I metodi quantitativi hanno dato all’umanità l’illusione di poter controllare la realtà nel suo sviluppo storico, anzi hanno implementato il concetto del futuro inteso come utopia tecnologica. All’origine c’è la convinzione galileiana che il mondo sia scritto in caratteri matematici e che, dunque, si possa esplorarne il significato profondo e le modalità di funzionamento con i metodi quantitativi. L’epistemologia contemporanea ha però ricondotto l’analisi numerica a un mero stratagemma, uno strumento che utilizziamo per controllare il mondo, una sorta di rete a maglie sempre più fitte (numericamente) per esplorarlo in filigrana. Paradossalmente il cardinal Bellarmino con la sua nozione di strumentalismo era su posizioni epistemologicamente più attuali del fondatore della scienza moderna: gli elementi dell’analisi ‘scientifica’ del mondo derivano dalle cose o sono semplicemente imposti dallo spirito umano nel tentativo di conoscere il mondo?
La computer science ha portato il concetto di analisi numerica e di teoria della ricorsività alle sue estreme conseguenze, in un processo di automazione dei procedimenti stocastici e con l’utilizzo di algoritmi sempre più sofisticati che ci illudono di aver tutto sotto controllo, di poter contare su procedure infallibili per la risoluzione dei problemi più o meno complessi che l’umanità si trova ad affrontare.
Il caso del clima è emblematico, in fondo si tratta di numeri, centraline di rilevamento, quella rete di sensori che non solo metaforicamente usiamo per catturare il mondo, per rendercelo comprensibile e padroneggiarlo, nella fattispecie registrando una serie di parametri chimico-fisici. L’immagine è tratta dalla epistemologia popperiana che aveva denunciato i limiti dei nostri sistemi conoscitivi, in quelle maglie della rete (i nostri costrutti teoretici e le nostre strumentazioni) che buttiamo come pescatori zelanti di particelle infinitesimali, la trama invisibile del mondo fino ai sottilissimi ‘capelli’ della materia oscura... Per quanto fitta sia la rete non si può impedire che qualcosa sfugga all’osservazione e alla tracotanza di un metodo che ritiene di poter tenere tutto sotto controllo.
L’immagine è anche quella dei famosi paradossi di Zenone. Achille che non raggiungerà mai la tartaruga e la freccia che ad ogni istante (per definizione senza durata) è perfettamente immobile nello spazio. Eppure Achille raggiunge la testuggine e la freccia andrà a colpire il suo bersaglio. La verità è che non siamo in grado di prevedere il futuro, per quanto siano puntigliosamente precisi i nostri strumenti fisici e concettuali. L’incommensurabile costituisce una sorta di limite oltre il quale si apre l’incognita di un mare alieno. La scoperta fin dall’antichità che in figure semplici come il quadrato non è possibile esprimere il rapporto tra lato e diagonale con il rapporto di due numeri interi, portò alla crisi del principio pitagorico che tutto è numero (e dunque che esistono cose senza rapporto, senza logos). La leggenda ci dice che lo scopritore del terribile segreto, tale Ippaso da Metaponto, perì in un naufragio come punizione inflittagli dagli dei per aver propalato il terribile segreto.
Anche utilizzando dei processi di approssimazione, elevando a criterio un processo infinito di ricorsività, è sufficiente un errore arbitrariamente piccolo, una leggera discrasia, un piccolo infinitesimale errore di calcolo… e l’evoluzione di un sistema non è più quella prevista dal modello, anzi, è radicalmente diversa e le nostre previsioni devono essere corrette perché il sistema è fuori controllo e può collassare.
Sembra un paradosso ma proprio i metodi quantitativi contengono i germi di un flop clamoroso, quello di previsioni che possono essere clamorosamente smentite: il nostro futuro, proprio in seguito ai nostri progressi scientifici, è sempre più nebuloso e incerto. Il nostro sistema tecnologico-culturale è una macchina che non si può fermare facilmente, ha un’inerzia che dipende da un motore socio-politico e da un propulsore economico, in quanto il sistema si regge in gran parte su automatismi che sono stati via via implementati e che non sono più quelli naturali… non importa se creati da Dio o prodotto di un’evoluzione immanente (il Deus sive natura spinoziano)
Mentre il resto del mondo animale procede secondo regole implicite che potrebbero anche scaturire da una sorta di intuizione che travalica qualsiasi procedimento quantitativo, gli umani ritengono di possedere le chiavi analitiche in grado di migliorare il funzionamento del sistema complessivo delle cose. La costruzione di strumenti sembrerebbe il segno di un dominio sul mondo naturale e sugli altri esseri viventi, di una competenza che fa dell’uomo il signore del creato in quella indeterminatezza-determinazione espressa da Pico della Mirandola (nell’opera famosa Oratio de hominis dignitate), cioè nella possibilità di esplorare un campo di possibilità che vanno oltre una natura determinata (“Adamo, non ti diedi una stabile dimora, né un'immagine propria, né alcuna peculiare prerogativa, perché tu devi avere e possedere secondo il tuo voto e la tua volontà quella dimora, quell'immagine, quella prerogativa che avrai scelto da te stesso).
Ovviamente l’efficienza dei nostri strumenti conoscitivi e delle nostre competenze scientifiche va testata in una prospettiva nello spazio e nel tempo (sincronica e diacronica come si usa dire) in un bilancio che non solo tenga conto astrattamente delle nostre conoscenze sul funzionamento del tutto (più o meno precise e circostanziate), ma anche degli effetti che queste hanno su quella totalità che crediamo di comprendere e di tenere sotto controllo.
L’evoluzione dei nostri strumenti tecnologici da stadi ancora primitivi e approssimativi si è andata affinando sempre di più fino all’era dell’intelligenza artificiale che stiamo vivendo come quella della proverbiale possibilità di sostituire ai meccanismi naturali di funzionamento, considerati in qualche modo inefficienti e imprecisi, dei nuovi e più incisivi sistemi artificiali in grado di conoscere sempre più in profondità la logica del mondo e di poterne alterare il funzionamento per assicurare all’umanità l’utopia di un progresso vieppiù orientato al potere sulla natura, perfino su quella propria, modificandone prerogative e capacità, intervenendo su quel codice che quantitativamente si suppone sia alla base del nostro essere qualitativo in quanto uomini (magari votati a un futuro di creature angelicate?).
L’implicazione è però quella che la macchina che andiamo costruendo non si può fermare e si può modificare solo in parte, pena che il sistema possa incepparsi e collassare. L’uomo sarebbe allora un anticristo o pseudo-divinità che vorrebbe sostituirsi alla natura creata dall’architetto divino (o da un auto-logos), ma in un improbabile e velleitario tentativo di comprendere davvero il mistero criptico del mondo. Il prezzo da pagare potrebbe essere superiore ai vantaggi: da un lato il mondo animale nel suo complesso è trasformato in cosa, dall’altro la stessa umanità diviene via via uno strumento del sistema di funzionamento della macchina artificiale che andiamo costruendo con la motivazione di rendere il sistema sempre più efficiente. L’uomo di Pico della Mirandola, il miracolo del creato in grado di darsi autonomamente una natura in ascesa verso il mondo celeste, diviene non tanto un fine, ma un mezzo, un ingranaggio di quel sistema artificiale che sembra sempre più sfuggire al controllo.
I cambiamenti climatici per via dello sviluppo tecnologico ci sono davvero e aprono la prospettiva di un futuro incerto e problematico, ma sono soltanto uno dei tanti scenari di profonda incertezza che si sta concretizzando. Tutto il sistema dei procedimenti quantitativi e la matematizzazione del reale ci stanno portando verso scenari dove l’umanità potrebbe perdere completamente il controllo dell’ambiente artificiale che sta creando, fatto di processi delle cui conseguenze è consapevole solo in minima parte.
Nella meccanica quantistica è stato introdotto un concetto che filosoficamente era già stato anticipato dalla filosofia greca con l’apeiron di Anassimandro (l’infinito indefinito e indeterminato) ma in particolare da Eraclito, anche se in modo trasversale così da non poterlo equiparare al principio di Heisenberg che mina il determinismo di Laplace. Il concetto quantistico può anche essere espresso nell’impossibilità del soggetto conoscente di guardare il mondo da fuori, dal momento che lui stesso ne fa parte e dunque nel fatto che anche l’azione del conoscerlo rappresenta un effetto perturbatore che va continuamente a modificarlo nel tentativo di conoscerlo. L’aforisma di Eraclito, in genere poco compreso, esprime il concetto in modo ancora più emblematico (I confini dell'anima non li potrai mai trovare, per quanto tu percorra le sue vie, così profondo è il suo logos).
Il sapere pitagorico è per Eraclito solo un sapere intorno alle cose. L’armonia secondo il filosofo non è quella che si offre all’evidenza, non è possibile trasmettere la verità secondo un metodo dimostrativo matematico (la natura ama nascondersi). Comunque si voglia intendere il concetto di anima è evidente che la conoscibilità del logos (se veramente la sua profondità è infinita) è irrealizzabile, come irrealizzabile è una conoscenza scientifica che voglia considerarsi definitiva e deterministicamente vera. L’anima si può intendere anche come anima del mondo.
In questa ottica la hybris della scienza moderna con tutta la presunzione di infallibilità dei metodi quantitativi rappresenta una china assai pericolosa che può portare a perdere il controllo del sistema, non solo riguardo al clima… Ce ne è abbastanza per vedere un futuro dalle tinte fosche del pianeta che abitiamo (il pascoliano atomo opaco del male), ma più in generale a qualsiasi costrutto umano (teorico e pratico) che sia caratterizzato dalla presunzione, dalla tracotanza e soprattutto dall’incantesimo dei metodi ricorsivi che ci illudono di controllare il tutto. È sorprendente come un cartoon (Fantasia, il capolavoro di Disney) con le innovative per l’epoca sinfonie in stereofonia, l’esordio di toccata e fuga di Bach e con l’episodio del poema sinfonico di Paul Dukas, riesca ad esprimere concettualmente e musicalmente il senso dell’indeterminatezza (e l’ironia) riguardo alle nostre magie tecnologiche meglio di un simposio di fisici e climatologi che mettano in guardia sui rischi dell’effetto serra. Senza bisogno di immaginare un HAL 9000, il supercomputer che si ribella, in 2001 Odissea nello spazio film di Kubrick, Disney affronta invece il tema con leggerezza allusiva.
Il nostro intrepido e sconsiderato protagonista (Topolino) impiega i migliori trucchi di magia, prima ancora di imparare a controllarli. Si addormenta sui suoi costrutti nella convinzione di avere tutto sotto controllo, con la presunzione di comprendere e di conoscere l’incantesimo e con l’errata convinzione che all’occorrenza basta fare a pezzi la sua creazione per arrestarne le conseguenze e gli sviluppi nefasti. La musica del compositore francese nelle movenze dello scherzo esprime la baldanza del protagonista che crede di dominare e invece viene travolto da quelle stesse forze che ha suscitato…
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Carissimo Gilberto,
RispondiEliminacondivido in pieno le tue considerazioni. Aggiungo alcuni elementi: calcolare la temperatura media del pianeta, che varia tra un massimo di 70/80 gradi a - 70, a seconda delle località, e della variabilità continua di tale temperatura, è un fatto, anche matematicamente, impossibile. Il concetto stesso di media aritmetica o ponderata, o come la vogliano chiamare, è una pura astrazione: poniamo tre esempi semplicissimi da tutti comprensibili: 5 + 4 + 3 -> media 4; 6 + 5 + 1 -> media 4; 15 + 4 - 7 -> media 4.
Ebbene, la media è sempre la medesima, ma le situazioni sono ben diverse. Figuriamoci poi di calcolare, sia pure a zone ampie, la temperatura atmosferica terrestre che varia di 140 gradi più o meno, e ci rendiamo conto di quanto sia sciocco calcolare la media. Ancor più poi calcolare il livello del mare, calcolando solo la massa dei ghiacci che si sciolgono, ma trascurando infantilmente i metri cubi d'acqua che evaporano, visto che a maggior calore corrisponde anche una maggior evaporazione . Il sugo della storia è che si vogliono vendere nuovi prodotti tecnologici, per cui si fa un'intensa propaganda parascientifica e paramatematica sulla fine del mondo prossima e ventura. Rileggevo giorni fa una prevsione matematizzante di come sarebbe stato il mondo attorno al 2000, fatta negli anni '70 da un solito profeta USA: ebbene, ogni fonte di energia sarebbe stata consumata e la popolazione mondiale sarebbe stata a 20 miliardi. Ottimisticamente oggi siamo a 6 miliardi, pur 15 anni dopo...
Attendevo il nuovo calendarietto Touring con le popolazioni mondiali: stavolta non le hanno indicate, forse perché incredibili. Ero curioso di poter verificare quanti Siriani sono ora presenti in Siria (fino al 2015 erano 20 milioni), invece nulla. Da qualche anno si calcolano le popolazioni, non solo dal numero di autoctoni, ma anche dei domiciliati, presenti e rifugiati. Con tale criterio noi siamo a 60 milioni, in USA oltre 300, ecc. Così si calcolano le popolazioni (residenti + rifugiati, immigrati, ecc.) e la poipolazione mondiale si moltiplica alla ennesima potenza.
Saluti vivissimi, Manlio
Grazie Manlio
RispondiEliminaCome al solito tu cogli nel segno. Fa piacere trovare un interlocutore che argomenta con senso critico e senza pregiudizio.
Spero a presto un altro tuo lavoro, Ciao Gilberto
Carissimo Gilberto,
RispondiEliminariandavo a certe mie considerazioni in questi ultimi giorni. Questi scienziatoni, scienziatini e scienziatucoli di gran moda nei nostri tempi, ce l'hanno a morte con l'anidride carbonica, dimenticando che questa occupa una parte percentuale molto bassa nell'atmosfera terrestre, mentre l'azoto che è un gas mortale, dal nome stesso, rappresenta oltre il 70 % e l'ossigeno oltre il 20. Cosa che si studia già a scuola. Inoltre sembrano ignorare del tutto che ogni essere vivente produce anidride carbonica respirando, comprese le piante, che però correggono il processo alla luce solare con la fotosintesi clorofilliana. Ora, che l'anidride carbonica sia causa di riscaldamento è una santa ingenuità: basterebbe vedere se due ambienti con uguale cubatura e identica fonte di riscaldamento, ermeticamente chiusi, uno pieno di aria pura nelle percentuali del'atmosfera, l'altra pieno di sola anidride carbonica, mostrino una differenza di temperatura dopo un tempo determinato. Su Venere e su Marte domina, a quel che dicono gli astrofisici, anidride carbonica, e nondimeno Venere è caldissimo, Marte molto più fresco della Terra, segno evidente che la predominanza di anidride carbonica conta poco ai fini della presunta temperatura media.
Ma non basta: questi scienziatoni, scienziatini e scienziatucoli piangono a calde lacrime persino sui peti delle mucche di grandi allevamenti, ma quando vengono incendiati pozzi petroliferi, per bombardamenti o autosabotaggi (come in Irak, nel 1990), stranamente non sollevano obiezioni. Ma che dire delle esplosioni atomiche, su cui mai dicono nulla: si sa che un'esplosione atomica, da quella di Alamogordo in poi, provoca nel punto di esplosione milioni di gradi; nella vasta area ai confini migliaia di gradi, calore che, ovviamente, si disperde nell'atmosfera terrestre. Di questo gli scienziaton, scenziatini e scienziatucoli nulla dicono, né ancor meno hanno mai tentato di misurare di quanti grad, tra il 1945 e gli anni '80, si sia alazata la temperatura "media" terrestre. Così pure delle splosioni sotterranee, che procurano alla crosta terrestre effette riscaldanti enormi, ma che non vengono mai tenuti in considerazione. Tra poco ci imprranno la multa se respireremo troppo velocemente, emettendo troppa anidride carbonica, e tralasciando i gas emessi al gabinetto di decenza...
Felice Natale a te e a chi ci segue, Manlio
Ancora: la questione suscita molte considerazioni: se la temperatura media dell'atmosfera salisse di due gradi, come i soliti ecologisti millenaristi prospettano, avremmo bisogno di minor consumo di combustibile, mentre sul versante del condizionamento, esso resterebbe pressoché uguale considerando che l'energia elettrica può essere prodotta con sistemi più naturali.
RispondiEliminaVi ricordate (chi non è ancora ragazzo) gli slogans anni '80 sul metano: il metano ti dà una mano - c'è un cielo azzurro sotto di noi. A quei tempi la sostituzione del metano ad altri combustibili fossili (carbone, gasolio), sembrava la massima soluzione ecologica. Oggi non più: anche il metano è demonizzato come "gas serra".
Nessuno degli ecologisti millenaristi con loro professoroni al seguito sembra cchiedersi se pure i pannelli solari o eventuali batterie per automezzi a trazione elettrica, non abbiano risvolti di natura ambientale negativi (metalli pericolosi? acidi ? campi elettromagnetici, ?): questo naturalmente finché non vi sarà qualche altra trovata da vendere a chi crede ciecamente alla propaganda.
C'è una soluzione, parziale ? Almeno finché non saranno creati motori capaci di dare per scarto aria pura (ovvero, azoto, ossigeno, anidride carbonica, vapore acqueo, ecc. nelle corrette proporzioni, vi sarà sempre qualcosa che produrrà inquinamento, ovvero un incremento di un elemento rispetto all'altro.
Infine, il clima non è mai stato, come pensano questi ecologisti millaenaristi in un perfetto e stabile equilibrio: basti guardare la storia della Groenlandia (terra verde !!!), gelatasi in tempi storici non lontanissimi (1000 d. C. circa). Ciò si dovette, secondo i geologi, allo spostamento della corrente del Golfo verso nord-est, riscaldando così Inghilterra e Norvegia che, altrimenti, sarebbero ben più fredde. E di certo nel 1000, l'uomo non era in condizioni tecnologiche tali da spostare la Corrente del Golfo, con fabbriche e inquinamento. D'altronde la specie umana, grazie al cattivo uso della propria intelligenza logica e morale, si sta avviando da sé all'autodistruzione, per cui non vi sono ottime prospettive per essa. Come prevedeva Mark Twain in un suo racconto, nel futuro saranno gli animali a studiare l'uomo comne fossile in un qualche loro museo...
Mi permetto di aggiungere un ulteriore concetto, che mina le basi della scienza, quando a questa si attribuisce la capacita di spiegate tutto. É l'incompletezza o incongruenza della logica. In una logica costruita con un sistema di assiomi, per essere congruente dovrà necessariamente essere incompleta. Viceversa, aggiungendo assiomi in modo da rendere la logica completa, l'avremo resa incongruende. In sintesi, esisteranno sempre teoremi non dimostrabili in una logica congruente. Se una logica diventa completa, ossia capace di dimostrare tutti i teoremi, sarà diventata incongruente: esisteranno teoremi per i quali la logica può fornire risposte diverse a seconda del percorso logico scelto per dimistrarli. Massimiliano
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