giovedì 10 settembre 2015

Inferenza induttiva e probabilità statistica: omini rossi, omini verdi e… omini blu. L’illusione della prova del Dna

Di Gilberto Migliorini



Dal noto all’ignoto le generalizzazioni che estrapolano previsioni su base statistica hanno come limite quel procedimento o inferenza induttiva messa alla berlina dal grande epistemologo Karl Popper nella sua celebre metafora del tacchino induttivista presa da Bertrand Russell. A un tacchino viene portato il cibo sempre alla stessa ora del mattino, ma per scrupolo induttivista prima di precipitarsi a trarre conclusioni il gallinaceo comincia a fare osservazioni sistematiche per una verifica puntuale dell’orario in cui viene alimentato.

Di lunedì e mercoledì. Di sabato e domenica. D’inverno e d’estate. Quando piove e quando c’è il sole. Quando la squadra del cuore perde e quando vince. Quando la tv trasmette una telenovela e quando un gioco a quiz…. ha sempre conferma che l’ora del pasto non cambia.

Dopo una serie ininterrotta di verifiche il tacchino ritiene di essere pago e di poter approdare ad una inferenza induttiva scientificamente corroborata da tante osservazioni con la conclusione perentoria “mi danno sempre il cibo alle nove del mattino

La conclusione purtroppo si rivela falsa alla vigilia di Natale quando il tacchino anziché venir nutrito viene sgozzato.

L’induzione non esiste – osserva Popper - non esiste un metodo basato sulla routine che possa vantare una pretesa di validità scientifica. Per quanti cigni bianchi abbia osservato non potrò mai giungere alla conclusione che tutti i cigni sono bianchi, nessun numero di osservazioni di spettri di atomi di idrogeno potrà stabilire che tutti gli atomi di idrogeno emettono gli stessi spettri. (induzione ripetitiva o per enumerazione)[1]. Nessuna induzione per esclusione (chi è l’assassino se non lui? Chi può aver rubato la marmellata se non Pierino?) può esaurire tutte le teorie false nel tentativo di far valere la teoria vera (come credevano Francesco Bacone e Stuart Mill). Il numero delle teorie rivali è potenzialmente infinito (anche se ne prendiamo in considerazione alcune e crediamo che queste possano esaurire i casi possibili). L’omicida, se si tratta di un delitto, può essere semplicemente qualcuno che neppure immaginiamo e la marmellata… beh per quella non occorre solo un Pierino per assaltare una dispensa…

Una nuovo fatto può in qualunque momento contraddire tutta l’esperienza precedente.
I metodi utilizzati nel ricavare generalizzazioni sono per vari motivi relativi e arbitrari in ragione dei modelli di calcolo adottati e dei campioni scelti. Come per il tacchino di Russell, si rischia di approdare a una fallacia per via di quello che risulta imprevedibile e ignoto.

L’esempio classico del lancio di una moneta ci dice astrattamente la probabilità che esca testa o croce (50%). Tale probabilità è però chiaramente illusoria e fa riferimento solo agli enti astratti e ideali della matematica, non solo perché nessuna moneta reale possiede un bilanciamento perfetto, non tanto perché la mano che lancia la moneta ha una sua peculiarità anatomica e funzionale, ma anche perché la stessa probabilità è frutto sempre di una esperienza limitata: nessuno può sapere quale potrebbe essere la probabilità al procedere dei lanci tendendo all'infinito. 

Tutti i procedimenti induttivi sono basati sul passato e sulla prefigurazione del futuro sulla base della proiezione dei dati ricavati (più o meno correttamente) da quanto è già accaduto. Nel caso del lancio di una moneta si fa riferimento ai risultati già ottenuti per fare una previsione di probabilità per i lanci successivi, dimenticando che ogni lancio è sempre come fosse il primo e con quella probabilità che esca testa o croce che nella fattispecie è un astratto 50%. Un po’ come nell'illusione di inseguire i numeri ritardatari al gioco del Lotto, dimenticando che l’universo delle uscite di numeri è soltanto un promemoria della nostra mente e non quello dei bussolotti… La statistica del pollo è insomma - più che una scienza - una scommessa che il più delle volte funziona sui grandi numeri (ma non sempre) e che non tiene conto che ad ogni istante nel mondo reale avvengono cambiamenti nelle abitudini alimentari e che perfino i tacchini qualche volta la fanno franca e non finiscono nel piatto, preferiti da qualche altra pietanza che si va affermando nei nuovi gusti culinari del consumatore…

A questo, come nota introduttiva, bisogna aggiungere, sempre citando Popper, che l’Osservativismo è un mito, l’osservazione non è mai spoglia da tutte le aspettative teoriche che la influenzano, la mente non è una tabula rasa. Si parte sempre inevitabilmente da un pregiudizio, cioè da un giudizio che orienta le nostre osservazioni. Senza una qualche forma di pregiudizio l’osservazione si diluirebbe in un angolo a 360 gradi privo di una qualche direzione investigativa. Il pregiudizio è in qualche modo necessario, almeno in una fase preliminare quando occorre dare alla ricerca un orientamento (che naturalmente potrebbe anche essere illusorio e decettivo). Le nostre ipotesi iniziali, i nostri pregiudizi di partenza possono essere disillusi e corretti alla luce di nuove osservazioni. E in questo senso è importante la correttezza e l’onestà intellettuale di chi compie una ricerca in qualunque ambito, tornando sui suoi passi e formulando nuove ipotesi.

Il fingerprinting genetico che confronta i loci (le sezioni di Dna che variano da persona a persona) analizzando i reperti rinvenuti sulla scena del delitto, sembra essere all'apparenza una tecnica affidabile e in grado di orientare una indagine verso il colpevole. È proprio vero? La tecnica non è applicata a una situazione da laboratorio dove è possibile isolare le variabili e tenere tutta la procedura sotto controllo. L’immagine della ‘scientifica’ che opera con tutti gli strumenti del caso e con grande circospezione, non tiene minimamente conto che le situazioni che all'origine non sono controllate (variabili dipendenti, variabili indipendenti e riproducibilità) sono suscettibili non solo di contaminazioni (vedi il celeberrimo caso Heilbronn), di manipolazioni, di errori e di inquinamenti, non solo di falsi positivi e negativi, non necessariamente di procedimenti dolosi da parte del vero colpevole che voglia allontanare da sé qualunque sospetto. Non esiste solo l’eventuale manipolazione da parte dell’investigatore quando voglia risolvere brillantemente un caso con qualche aiutino, convinto della colpevolezza di mister x. Esiste anche quella sorta di possibile innamoramento dell’inquirente di una sua ipotesi investigativa per la quale si amplificano tutti gli elementi a riprova e si trascurano tutti quelli a disconferma. 

La profezia che si autoadempie è uno dei fenomeni psicologici più potenti che agiscono surrettiziamente soprattutto quando sono in gioco processi motivazionali che coinvolgono la sfera emotiva e gli automatismi mentali. L’esempio classico di tutti i manuali di psicologia sociale è quello delle false voci che corrono e dell’effetto Pigmalione che sono in grado di avere un’incidenza reale nelle più svariate situazioni (in economia, in ambito educativo, in campo scientifico… e naturalmente proprio in quello investigativo). Alcuni esempi:

- Se si sparge la voce (falsa) che una banca è sull'orlo del fallimento: tutti i correntisti si precipiteranno agli sportelli a farsi restituire il denaro creando di fatto una situazione che farà collassare quel sistema creditizio.

- Se un insegnante si comporta nei confronti di un alunno come se non si aspettasse da lui nessun risultato positivo, di fatto le prestazioni del discente andranno progressivamente a peggiorare e confermeranno la previsioni del docente (effetto Pigmalione).

- Se falsi dati abilmente corroborati da informazioni ad hoc testimoniano la validità di una teoria scientifica, molti ricercatori saranno indotti a valutare alcuni dati neutri come ulteriore conferma della sua validità.

- Se si sparge la voce che X è il responsabile di un delitto, anche in mancanza di prove ma solo sulla base di alcuni indizi ambigui e contraddittori, salteranno fuori facilmente testimoni indotti dalla suggestione e in buona fede a dare un contributo del tutto fuorviante e anche fatti del tutto irrilevanti saranno valutati come indizi di colpevolezza.

Gli esempi potrebbero continuare all'infinito, ma alla base del caso mediatico e di un delitto c’è l’influenza che il prestigio della scienza è in grado di esercitare non solo sull'opinione pubblica ma anche su chi poi andrà a giudicare per quell'alone di infallibilità del metodo sperimentale e dei risultati eclatanti delle sue applicazioni nei vari ambiti. Purtroppo tale fiducia è solo l’illusione che la tecnologia possa trovare un colpevole semplicemente con un esame da laboratorio: le ricorrenze statistiche non rendono infinitesima la possibilità d’errore come certe percentuali tendono a farci credere (es: 99,999999…) e neppure a costituire prova di alcunché. Si tratta di meri indizi per un investigatore che sia consapevole che sta operando non sulla base di una astrazione teorica e che la ‘realtà’ criminologica può confermare, ma anche smentire quelli che sono solo dati numerici decontestualizzati. 

Le situazioni reali, quelle in cui si è costretti a operare senza sapere come si è formata la traccia scientifica e non quelle del laboratorio che controlla un esperimento scientifico fin dalla sua origine e in tutte le sue fasi, sono proprio quelle situazioni dove il metodo induttivo può prendere delle solenni cantonate e come per il tacchino di Russell andare incontro a degli equivoci colossali. Nelle situazioni ideali il grado di corroborazione dei risultati è in genere soddisfacente (ma non è escluso l’errore). Lì tutti i parametri sono conosciuti e tenuti sotto stretto controllo, sono replicabili e riproducibili. I modelli teorici vengono applicati in un contesto definito in ogni sua parte.

Quando però i modelli riguardano la complessità delle situazioni reali, non solo con le loro indeterminazioni ma con tutti i loro lati oscuri e sconosciuti (fuori controllo e fuori dal raggio d’azione della ricerca sperimentale), allora il dato può essere del tutto insignificante o addirittura orientare un’indagine in una direzione dove a pregiudizio si assomma pregiudizio in un processo esponenziale che porta a terribili equivoci.

La corrispondenza tra due Dna espressa in percentuale è di natura casuale, esprime la probabilità che il materiale biologico repertato sulla scena del crimine ‘appartenga’ al sospettato (nel senso che non sia semplicemente dovuta al caso). In realtà quello che si rileva non è qualche particolare che indichi l’’appartenenza’ del materiale biologico al soggetto x, come potrebbe essere un oggetto che gli appartiene (un fazzoletto, un coltello, un indumento, una carta di credito…) ma semplicemente un semioforo, cioè qualcosa che sta per qualcos'altro.

Che del sangue o un umore appartenga ad X è come dire che un numero di targa appartiene a una determinata automobile, ma non necessariamente che la targa (l’oggetto reale) sia quella dell’automobile. La targa come oggetto reale si può riconoscere per alcune caratteristiche fisiche: ad esempio ha un graffio, è un po’ arrugginita, presenta dei rilievi con certe caratteristiche che qualcuno chiama anche numeri, magari un po’ stinti… e tutta una serie infinita di caratteri individualizzanti. Il suo codice, il numero della targa, può essere riprodotto artificialmente, è solo un simbolo astratto. Un oggetto che presenti una struttura completa può appartenere a qualcuno, una cosa senza più struttura non può più appartenere a nessuno avendo perso le sue caratteristiche di riconoscimento. Un oggetto possiede caratteristiche riconoscibili e irripetibili: un mobile anche di serie può essere riconosciuto nella sua individualità soprattutto se presenta le usure del tempo che lo rendono proprio quel mobile (ma in realtà anche un mobile appena uscito dalla catena di montaggio presenta delle imperfezioni e delle peculiarità che lo rendono unico). Perfino un libro fresco di stampa ad un’analisi accurata possiede caratteristiche individualizzanti. Non sono i simboli e i concetti che esprime, che sono seriali di tutti quei libri con quel titolo e quell'autore, ma tutte le imperfezioni fisiche e perfino i suoi caratteri organolettici caratterizzano quel volume cartaceo in quanto oggetto fisico (nessun libro come oggetto fisico è veramente uguale all'altro, soprattutto dopo che è stato manipolato). E si può dire la stessa cosa di un fazzoletto, di una penna, di un vestito… di un corpo umano nella sua interezza.

La decodifica mediante il Dna non indica alcuna appartenenza, ma solo una corrispondenza. Come per la targa di una automobile (il suo codice numerico e non l’oggetto targa) il Dna indica soltanto uno schema astratto che corrisponde a quello di un individuo (non potremo mai dire che gli appartiene perché impossibile dimostrarlo). La differenza è sostanziale. Riprodurre l’oggetto reale è impossibile, richiedendo una quantità di informazioni praticamente infinita con una distinzione a livello atomico e subatomico. Ricreare il suo codice è invece possibile, con tecnologie opportune falsificare un Dna risulta relativamente facile. Quando si parla di fotocopiare o scannerizzare un oggetto, in realtà ci si riferisce soltanto al suo codice e non alla sua struttura completa che presenta un grado di complessità infinito (la storia dell’intero universo) che nessuna macchina potrebbe mai riprodurre a meno di disporre di un tempo illimitato (e senza considerare il principio di indeterminazione, la misura di componenti omologhe di posizione e quantità di moto). La distinzione tra struttura esterna e struttura interna di un corpo poi è del tutto illusoria. La struttura di un corpo è quel corpo non destrutturato, non smembrato, non digitalizzato…

Senza voler forzare troppo la mano con la metafora del principio di indeterminazione (con la realtà in parte creata dallosservatore) è banalmente vero che in psicologia sociale (profezia che si autoadempie) il ruolo di chi rileva e osserva attraverso strumenti statistici e procedure standard sovente amplifica e decodifica dei dati in funzione di una interpretazione che già in partenza guida la sua ricerca (il pregiudizio popperiano). Senza dover richiamare i concetti quantistici, in psicologia è banalmente vero che il ruolo dell’osservatore non è mai neutrale (nella psicoanalisi è stato elaborato il concetto di proiezione). La scienza sperimentale, soprattutto fuori dai laboratori, è permeata di effetti Pigmalione. La storia della scienza è piena di frodi, errori e strafalcioni. Se poi il metodo è applicato alla complessità delle situazioni reali in tutte le loro indeterminazioni la cautela è d’obbligo (si dimentica troppo spesso che fuori dal laboratorio, moltissime variabili non sono sotto controllo e che i metodi induttivi risultano fallaci).

La corrispondenza, come nel lancio della moneta, è puramente teorica, il rapporto ad esempio tra il dato numerico di una popolazione e la corrispondenza probabilistica (a prescindere da eventuali errori di decodifica, cattiva interpretazione, degrado e manomissione) è soltanto un dato che come per il tacchino si riferisce a una inferenza induttiva con un valore indiziario. Ma l’indizio potrebbe essere smentito in qualunque istante da altri dati che al momento non conosciamo (non trattandosi di una situazione da laboratorio che controlla tutte le variabili). Occorre poi tener presente che l’ambito di ricerca su una popolazione un tempo poteva essere ragionevolmente circoscritto ad un territorio limitato, al giorno d’oggi con la facilità degli spostamenti che consentono in poche ore di trasferirsi perfino in un altro continente diventa difficile circoscrivere un ambito territoriale nel quale formulare una corrispondenza statistica che non sia convenzionale e/o arbitraria.

Serve osservare che anche nel caso di una corrispondenza reale, che cioè del materiale biologico corrisponda al Dna di X,  questo non significa necessariamente che X sia implicato in un delitto. In realtà si può solo dimostrare che un oggetto appartiene effettivamente a qualcuno (anche se è possibile la costruzione di falsi); per quanto riguarda il sangue o gli umori si tratta solo di probabilità, naturalmente con tutte le incertezze statistiche e le possibili contaminazioni, traslazioni ed errori interpretativi. Dato per corroborante, il metodo statistico di fatto dovrebbe valere solo come pregiudizio (uso il termine in senso positivo come nel linguaggio popperiano). L’indizio dovrebbe semplicemente indirizzare un filone d’indagine - l’investigatore in cerca di di prove - ma mettendolo poi al vaglio di altri elementi e senza necessariamente un significato di colpevolezza.

Che un fazzoletto si trovi sul luogo del delitto non significa che il suo possessore sia coinvolto, che la sua carta di credito si trovi nei pressi di un cadavere è ancora solo un dato che merita un approfondimento. Lcorrispondenza diviene ancora più astratta e simbolica (ma non per questo irrilevante, meritevole di approfondimento)[2] a maggior ragione se è semplicemente il numero di carta di credito ad essere repertato sul luogo del delitto (come di fatto è l’analisi numerica di un Dna riferito a qualcosa come il sangue o la saliva, sui quali si possono solo rilevare dei codici o semiofori)[3].

Proviamo a fare un esperimento mentale per chiarire meglio i concetti fin qui espressi.

Su un ipotetico pianeta vivono degli omini rossi e degli omini verdi. Da una sommaria statistica, un po’ a spanne, risulta che per ogni 10.000 omini rossi esiste un omino verde. verdi sono una razza minoritaria molto religiosa ed è capitato che alcuni di loro abbiano ucciso e dopo il crimine inciso una svastica sulla schiena della vittima. Un giorno in un paese di 10.000 abitanti viene trovato un cadavere e i sospetti cadono immediatamente sugli omini verdi per la peculiarità del delitto: c'è una svastica incisa sulla schiena. Per cui viene arrestato l’unico omino verde che abita in zona. Lo sciagurato viene condannato perché la vittima presenta l’incisione inconfondibile praticata dagli omini verdi sulla schiena della vittima, il sommo tribunale del pianeta emette la sentenza con la motivazione che si tratta di indizio grave, preciso e concordante

Ai più dei terrestri, credo, la sentenza di condanna parrebbe una grave violazione del buon senso e delle più elementari regole del diritto, non solo per motivi vagamente razziali, non solo per il fatto che chiunque avrebbe potuto adottare quella procedura della svastica per depistare e nemmeno per il fatto che di verdi su quel pianeta dovevano essercene almeno un milione se la popolazione complessiva fosse di dieci miliardi e nemmeno per il fatto che qualcuno di loro poteva anche derogare dalla procedura standard e non incidere la svastica. 

Penso che tutti riterremmo quella sentenza aberrante per la mancanza di elementi di prova e perché basata solo su un mero dato indiziario (utile per l’investigatore ma non probante per il giudizio). Eppure si tratta della medesima situazione del Dna con la pretesa che questo funga da elemento di prova o da indizio grave, preciso e concordante.

La differenza è che per rilevare la svastica non occorre nessuna apparecchiatura scientifica, mentre per leggere il Dna occorre un imponente organizzazione tecnologica. Quello che fa tutta la differenza è solo il prestigio di un laboratorio scientifico e il conseguente prodursi delleffetto Pigmalione (vedi anche l’esperimento Asch sull’influenza di una istituzione scientifica sui processi di valutazione e discriminazione visiva[4]). Sul piano concettuale e dal punto di vista statistico non c’è alcuna differenza.

Il contatto tra la vittima e il presunto assassino è estrapolato da dei segni (semiofori) portatori di significato dei quali inoltre non si conosce il contesto se non per via induttiva e probabilistica con tutte le possibili imprecisioni e approssimazioni che queste comportano in mancanza di dati certi circa le frequenze che quei segni ricorrono in una popolazione.

Qualcuno suggerisce di creare banche dati sempre più vaste, di procedere a una profilazione mondiale del Dna della popolazione (come si sta facendo con carte fidaty e quant'altro in altri ambiti) che prelude a una schedatura che in qualunque momento potrebbe essere utilizzata non per fini di giustizia ma per altri scopi che prefigurano una società come quella descritta nel 1984 orwelliano. La profilazione prelude alla fine della privacy e alla possibilità di un controllo sempre più invasivo con la motivazione della sicurezza e dell’efficienza. Il Dna è ormai come il famoso cavallo di Troia, serve come giustificazione per un modello di società del controllo sistematico e di un cittadino sempre più in balia di poteri occulti.

Fondare la prova di un delitto sulla base del Dna rappresenta una procedura priva di quei falsificatori potenziali che la rendano scientifica secondo il modello popperiano. Una teoria è scientifica quando è possibile estrarre da essa conseguenze che possono essere confutate (cioè deve indicare un insieme non vuoto di falsificatori che nel caso la potrebbero smentire). La scientificità di una teoria deve comportare la possibilità di estrarre conseguenze passibili di controllo fattuale[5]. Gli asserti sempre verificabili non hanno alcun carattere di scientificità mancando di falsificatori.

Es: Gli asserti: La storia è il dominio dell’irrazionale; nella storia agisce la provvidenza; sono sempre verificabili e non indicano quali falsificatori andrebbero a smentirli.

La eventuale corrispondenza del reperto del Dna su un cadavere è solo un dato ancora da interpretare (si fa spesso confusione tra dato scientifico e prova scientifica con una sorta di scorciatoia epistemica). Se dico che la corrispondenza dimostra che X è l’assassino dovrei anche indicare quali falsificatori andrebbero a smentirmi, ma per questo un’indagine dovrebbe produrre elementi probatori, dimostrare che il reperto è coevo, non accidentale, non frutto di manomissioni o inquinamenti (onere di chi formula un’accusa e non di chi è chiamato a difendersi), e formulare ipotesi alternative da porre al vaglio.

P.S.
Gli omini blu? A già, dimenticavo gli omini blu di cui parlo nel titolo. Quelli sono un po’ dappertutto su quel pianeta, anche nei blog e nell'antinferno del Sommo Poeta locale. Sono come il tacchino di Russell. Giungono a conclusioni definitive sull'onda dell’inferenza induttiva e non sospettano neppure che potrebbero finire proprio come il gallinaceo a far festa al pranzo di Natale (naturalmente come pietanza).



[1] Nessun numero di osservazioni di comportamenti di persone può fondare generalizzazioni del tipo ‘tutti gli uomini’.
[2] Nella logica apofantica (dichiarativa) un enunciato può essere detto vero o falso (vero quando si congiunge a ciò che è realmente congiunto e falso quando si congiunge ciò che non è congiunto). Però non sempre una corrispondenza (o proprietà semantica) è in grado di fondare un giudizio che vada oltre il piano logico quando occorre ad esempio introdurre dei quantificatori (uno, qualche, tutti). Soprattutto nel terzo escluso darne dimostrazione se non indiretta (nuovamente il caso del tacchino). Ci sono giudizi potenzialmente veri o falsi ma non ancora tali in attesa di ulteriori elementi corroboranti.
[3] Se non ho denunciato lo smarrimento di un documento (carta di credito, d’identità, patente) e quello viene trovato sul luogo di un delitto dovrò senz’altro offrire spiegazioni convincenti. Se un mio capello viene trovato sul luogo del delitto di sicuro non avrò fatto denuncia di smarrimento e così pure di qualsiasi altra cosa di nessun valore che possa contenere materiale genetico. Chiedere a qualcuno di giustificare il ritrovamento del suo Dna sul luogo di un delitto è tipico dei sistemi inquisitori. Un capello può finire in Australia - anche se non ci sono mai stato - sul cadavere di una vittima di omicidio. Sarà onere dell’investigatore dimostrare che sono stato in quel continente, in quella città e in quel sobborgo, in quell’albergo dove è avvenuto il delitto e non io a dover giustificare come il mio capello sia finito là… Chiedere a qualcuno di spiegare come il suo Dna si trovi lì o si trovi là è semplicemente ridicolo.
[4] I figli si sa somigliano ai genitori (se non sono illegittimi o adottati). Questo lo si sa da sempre e indipendentemente da Mendel e dalla genetica dei caratteri ereditari. Tale somiglianza, rilevata empiricamente, però in genere non costituisce prova sul piano giuridico. Altra cosa se a decretarlo è un laboratorio di genetica molecolare. Nell’esperimento Asch (un famoso esperimento di psicologia sociale) abbiamo una situazione nella quale il prestigio di un laboratorio e di una autorevole istituzione scientifica è in grado di condizionare la percezione visiva. Il soggetto ignaro, per adeguarsi alle risposte del gruppo non crede più ai propri occhi e fornisce risposte sbagliate per adeguarsi alle risposte della maggioranza (complice dello sperimentatore) in una prova elementare in cui gli si chiede di confrontare delle lunghezze. Potremmo avere il paradosso che se la scienza dice che x non è figlio di y, per la suggestione che essa esercita si comincerà a non veder più una somiglianza evidente? Il prestigio del laboratorio e dell’istituzione scientifica può davvero rendere sordi e miopi…
[5] Nelle parole di Popper: “ Da un sistema scientifico non esigerò che sia capace di essere scelto, in senso positivo, una volta per tutte; ma esigerò che la sua forma logica sia tale che possa essere messo in evidenza, per mezzo di controlli empirici, in senso negativo: un sistema empirico deve poter essere confutato dall’esperienza.”

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55 commenti:

Ivana ha detto...

Credo che occorra evitare di giungere a essere apocalittici nei confronti della validità dei risultati scientifici; penso sia una costante storica la paura delle nuove teorie e delle nuove tecnologie; mi limito a citare due significativi esempi: il processo e la condanna di Galileo Galilei e il luddismo.
La scienza e la tecnica, comunque, continuano a progredire grazie a una continua e inarrestabile eliminazione degli errori.
Come afferma Oppenheimer, “non si sbaglia mai due volte allo stesso modo, saranno proprio gli errori individuati mediante i controlli critici che ci indicheranno la via del progresso.”
L’errore non ha un valore negativo, perché la ricerca dell’errore e il suo superamento sono il motore delle conquiste scientifiche.
Popper spiega la differenza tra l’ameba ed Einstein: entrambi possono, sì, sbagliare, ma, diversamente dall’ameba, Einstein è stimolato dal piacere di trovare un errore nella propria teoria, in modo da poterlo eliminare per poter andare incontro a teorie più potenti e più adeguate, usando sempre, in modo critico, il controllo strumentale e sfruttando la fecondità euristica.
Il compito della scienza rimane quello della ricerca della verità, con la consapevolezza che sappiamo di non sapere, perché più si cerca di approfondire più ci si accorge che quanto abbiamo scoperto è sempre in quantità minore rispetto a quanto dobbiamo ancora scoprire…

Ivana ha detto...

Gilberto, se non fosse possibile, come avete sostenuto tu e altri, trovare tracce leggibili su un corpo rimasto per tre mesi esposto alle intemperie, perché la difesa del Bossetti dà importanza al dna trovato sulla manica del giubbotto di Yara e ha interrogato Silvia Brena, insegnante di ginnastica ritmica, domandandole come il suo dna possa essere finito lì?

Gilberto ha detto...

Cara Ivana
Come tuo solito non entri mai nello specifico dell'articolo ma esprimi giudizi estemporanei mettendo in bocca all'interlocutore quello che più ti aggrada per poter poi fare affermazioni del tutto estemporanee e fuori luogo. Perché non provi a interloquire su quanto si dice e non su quello che attribuisci all'articolista in modo del tutto gratuito? Non escludo di poter essere contraddetto e rettificato, ma nello specifico non sui massimi sistemi che tiri in ballo non sempre a proposito rispetto alle questioni in oggetto. In caso contrario non prenderò più in considerazione i tuoi commenti considerandoli con beneficio di inventario. Qualsiasi replica non farebbe che alimentare il tuo fervore antagonistico.

Ivana ha detto...

Scusa Gilberto, ma ognuno ha una propria chiave di lettura ed esiste la libertà di espressione; comunque, Annika aveva scritto esattamente, nella lettera rivolta a Marita:

“Quello che però sorprende ancora di più, e sorprende fortemente, è che un team di esperti di scienze forensi di fronte a un corpo presumibilmente rimasto a Chignolo d'Isola immobile per ben 3 mesi, abbia preso per buona la presenza di una traccia di DNA estraneo a presunte 14 SETTIMANE dal decesso! Cosa IMPOSSIBILE per via di due fattori altamente provati e risaputi:

1. degradazione ambientale
2. degradazione chimica”


Tu stesso, in un altro articolo, riguardo alla traccia di Ignoto1 avevi scritto:
“Ma per essere VERA e POSSIBILE dovrebbe essere stata rilasciata entro un periodo certo calcolabile tra 72 ore e 14 giorni dal ritrovamento (13-26 marzo 2011).

Comunque, non capisco perché persone che reputo molto intelligenti e che stimo (nonostante non condivida determinati loro punti di vista) si dimostrino insofferenti verso colei che educatamente pone quei dubbi che, per associazione di idee, e ripensando alla lettura dei vari articoli qui pubblicati, le sorgono spontaneamente.

Unknown ha detto...

Ivana, se conoscessi anche poco la logica usata nei procedimenti giudiziari sapresti che in aula si ragiona unicamente su quel che il giudice ha ammesso nell'udienza preliminare e su ciò che la procura gli mette a disposizione quando chiede il processo. Per questo motivo sia l'accusa che la difesa devono porre domande che attengano gli atti in mano al giudice. Se negli atti si citano diversi DNA è su quelli che devono vertere le domande.

Ieri il dottor Salvagni ha cercato di argomentare in modo diverso e con domande mirate ha di fatto ventilato altre possibili piste non seguite durante le indagini. E di fatto non ha fatto altro che seguire quanto hanno detto tutti i testimoni ascoltati che hanno descritto Yara interessata a un quattordicenne che mai aveva parlato a nessuno di uomini maturi e mai sarebbe salita sulla vettura di un quarantenne.

Tieni presente che a Bossetti la procura non ha contestato il sequestro di persona perché la ricostruzione accusatoria vuole che la ragazzina sia salita sul furgone di sua spontanea volontà perché già frequentava Bossetti.

Però il giudice al Salvagni l'ha subito ripreso intimandogli di non uscire da ciò che è agli atti e non portare all'attenzione dei giudici popolari ipotesi alternative.

Quindi il sentiero su cui dovrà proseguire il cammino giudiziario lo ha già preparato l'accusa e il giudice vuole che Salvagni vi resti dentro e confuti solo quanto portato dalla procura senza tirare in ballo altre argomentazioni.

E questo è stato chiaro sin dall'inizio dell'udienza, dato che agli avvocati di Bossetti il giudice ha tolto dalla lista i testimoni che servivano a far capire come siano state carenti le indagini e come si siano scartate piste investigative molto più pregnanti di quella che ha portato a Bossetti.

In questo modo a processo non si potrà tirare in ballo niente e nessuno. Ed anche se durante le sue indagini difensive il pool avesse scoperto qualcosa che agli investigatori è sfuggito nel 2010, ad esempio un possibile falso testimone che ha coperto un possibile assassino (persone abbandonate dalle indagini e non presenti agli atti), tutto continuerebbe come se le indagini difensive non fossero mai esistite. E questo è contro la legge che da diversi anni dà la possibilità ai difensori di svolgere proprie indagini.

In pratica, siamo al paradosso. La difesa può fare proprie indagini ma non può portare all'attenzione dei giudici le incongruenze o i difetti che ha riscontrato.

In parole povere, se una difesa qualsiasi scoprisse il vero assassino di un delitto non potrebbe comunque scagionare il proprio assistito durante un processo. L'iter prevede che l'avvocato presenti una denuncia ai carabinieri che poi informano il procuratore che se vuole ordina indagini... ma che possibilità ci sono di indagare un altro ipotetico assassino se per lo stesso delitto la procura sta cercando di mandare in galera il suo imputato preferito? Quello su cui ha indagato che mediaticamente è l'assassino perfetto?

Visto che il luogo comune vuole che la difesa faccia di tutto pur di scagionare il proprio assistito, quale credito verrà dato a una denuncia del genere e quale indagini si faranno?

Probabilmente le stesse fatte contro l'uomo su cui aveva puntato il dito la Franzoni. Un uomo che non aveva un alibi serio (come non lo avevano suo padre ed altri) che dopo qualche stupida domanda è stato subito scagionato... e la Franzoni è stata condannata per calunnia...

Massimo

Ivana ha detto...

Grazie, Massimo, per la spiegazione.
È vero: non conosco le regole entro le quali ci si muove nei procedimenti penali (e, infatti, mi ero limitata a porre una domanda) e mi risulta davvero difficile credere che si debba ragionare esclusivamente su elementi, ammessi dal giudice, come se fossero dogmi. Eppure in vari processi, nei vari gradi di giudizio, sono state smontate quelle che, in precedenza, erano considerate prove scientifiche. Insomma, il Salvagni, pur parlando del dna, trovato nel polsino del giubbotto, non avrebbe potuto premettere l’eventuale suo scetticismo riguardo alla possibilità che rimangano tracce leggibili in un corpo lasciato per tre mesi esposto alle intemperie?
Inoltre mi risulta che nemmeno nei salotti televisivi siano stati espressi, dalla difesa, dubbi in merito.

Riguardo alla questione che non ci sono dati certi, almeno finora, per ammettere una possibile conoscenza tra Yara e Massimo Bossetti sono pienamente d’accordo.

PINO ha detto...

MASSIMO
ct) "In parole povere, se una difesa qualsiasi scoprisse il vero assassino di un delitto non potrebbe comunque scagionare il proprio assistito durante un processo. L'iter prevede che l'avvocato presenti una denuncia ai carabinieri che poi informano il procuratore che se vuole ordina indagini... ma che possibilità ci sono di indagare un altro ipotetico assassino se per lo stesso delitto la procura sta cercando di mandare in galera il suo imputato preferito? Quello su cui ha indagato che mediaticamente è l'assassino perfetto?
Praticamente si sarebbe ripetuto quanto è accaduto nel processo Scazzi.
Meraviglia, però, il fatto che l'avv. Coppi non abbia adottato il sistema che hai sopra descritto.
Salvagni, quindi, potra presentare le proprie controdeduzioni solo nell'eventuale processo d'appello?
Ciao, Pino

Anonimo ha detto...

http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/11826623/Yara-Gambirasio--sugli-slip-la.html

Paolo A ha detto...

Per Massimo Prati
Non condivido quasi niente del tuo intervento delle ore 10.08, sia in generale sia nel caso specifico; il giudice non è colui che difende il solco che l'accusa ha tracciato, sicuramente il dibattimento è impostato in funzione delle tesi accusatorie ma per una mera questione fisiologica, gli avvocati hanno ampi mezzi per confutare le tesi dell'accusa: controinterrogatori, testimoni a difesa, consulenze scientifiche. Nel caso specifico mi è sembrato di capire che la Corte abbia ammesso tutti i testimoni della difesa e abbia anche imposto all'accusa di consegnare alla difesa i dati particolareggiati delle perizie sul DNA trovati nelle tracce, non mi pare che Corte abbia un atteggiamento prevenuto nei confronti di Bossetti.

Unknown ha detto...

S può non essere d'accordo, ma se dal giudice non vengono accettati i testimoni che portano a piste alternative queste piste, per ampi che siano i mezzi per confutare, non si potranno prendere. Per fare un esempio veloce, non è che Salvagni può chiedere all'insegnante di danza se ha sentito un urlo provenire da un furgone o se ha notato qualche scooter accanto al campo di Chignolo, dato che non è lei ad averlo sentito.

C'è poco da fare. E' vero che si ragiona su quanto ha portato la procura e su quanto porta la difesa, ma quanto porta la difesa deve essere accettato dal giudice. Giudice che se non l'accetta non è che significa sia prevenuto, significa che l'accusa dice una cosa e l'avvocato della difesa ne dice un'altra e questa si deve confutare nella sua aula senza tirare in ballo indagini sbagliate o altre situazioni. Non per niente ieri Salvagni è stato bloccato più volte dal giudice.

Pino, se ci saranno novità importanti la difesa può inserirle in appello... se il giudice le accetta (ma se non accetta un qualcosa che si mostra importante la cassazione poi lo casserà e l'appello si potrebbe rifare)

Massimo

Unknown ha detto...

Scusa Paolo A, non ti ho salutato e lo faccio ora.

Ps, Un chiarimento: a quanto mi han detto ieri il giudice ha eliminato parecchi testimoni chiamati dalla difesa proprio per parlare di "piste alternative".

Ciao, Massimo

TommyS. ha detto...

Paolo A

Concordo pienamente con quanto ha scritto Massimo.

Dalle poche fonti giornalistiche imparziali risulta che il Presidente della Corte abbia ripreso più volte Salvagni dicendogli di "non fare indagini" durante il dibattimento.

Purtroppo questo caso giudiziario, sebbene spacciato a più non posso come un caso dove abbondano prove (in primis quella c.d. Regina del DNA) ed indizi a carico dell'imputato, risulta a tutti gli effetti un processo indiziario dove la Corte d'Assise potrà in teoria raggiungere un verdetto di condanna unicamente se avrà maturato il convincimento oltre il ragionevole dubbio della colpevolezza.

Purtroppo però nei processi indiziari prevale quasi sempre la logica perversa del "chi se non lui", per cui è compito del difensore, oltre a dimostrare l'insussistenza delle prove e l'infondatezza o contradditorietà degli indizi , prospettare ipotesi alternative proprio per contraddire quella logica.

In un caso giudiziario come questo poi, dove molte piste di indagine sono state seguite o perlomeno abbozzate, è d'obbligo del difensore cercare di appurare se siano poi state abbandonate perché effettivamente sbagliate e prive di sviluppi interessanti o se invece siano ad un certo punto state trascurate privilegiando solamente la pista di indagine di Ignoto1. E come potrebbe farlo se gli si impedisce di formulare domande specifiche ai testimoni che la Corte ha deciso di ammettere tenuto anche conto che ne ha esclusi altri che avrebbero potuto fornire ulteriori spunti.

Come è anche obbligo di vagliare la sussistenza di piste alternative non seguite in fase di indagini preliminari. Onestamente non so se associati alla richiesta di acquisizione dei fascicoli di indagine sulle morti di Eddy Castillo e Sarbyit Kaur, oltre che quello contro Fickri, ed all'audizione di testimoni poi non concessa dalla Corte vi fossero anche atti di indagine difensiva ai sensi dell'art.391bis cpp poi confluiti nel fascicolo del difensore. Fosse così la cosa sarebbe abbastanza grave e andrebbe ad aumentare i dubbi sul condizionamento ambientale e sul pregiudizio della Corte d'Assise.

Paolo A ha detto...

Le piste alternative sono assolutamente sondabili nel processo, ma mi pare che si confonda il fatto che il processo è per l'omicidio di Yara Gambirasio e non per l'omicidio di Eddy Castillo e Sarbyit Kaur, ripeto, a mio parere il fatto che la Corte abbia dato alla difesa i dati particolareggiati degli esami del DNA e per ora abbia ammesso 700 testimoni della difesa dimostra che non c'è un pregiudizio negativo da parte della Corte.
Questo sarà un processo molto lungo, credo che saranno approfonditi molti aspetti che nelle indagini sono stati appena sfiorati, siamo appena all'inizio e praticamente alla prima udienza in cui vengono sentiti testimoni e da quello sentito ieri in tv alla difesa è andata piuttosto bene, in pratica la tesi della Procura su una pregressa conoscenza di Yara con l'imputato è stata esclusa dalla mamma e dal padre di Yara.
Per quanto riguarda le fonti giornalistiche neutrali, vi prego di segnalarle, perché comunque siamo un po' carenti in generale su quest'aspetto.

TommyS. ha detto...

Paolo A

Non so se possa essere definita neutrale ma in ogni caso ieri ha riportato informazioni sull'udienza che non erano le solite fotocopie dell'ANSA/ADNKronos e soprattutto del Corriere e dell'Eco

http://www.bergamopost.it/

Come anche la cronaca dell'udienza via tweet di Bergamonews

http://www.bergamonews.it/cronaca/processo-bossetti-il-racconto-della-famiglia-di-yara-segui-la-diretta-twitter-207757

Remo ha detto...

Prove o non prove Bossetti sarà comunque condannato in questo processo, nessuno dei giudici si è voluto scontrare finora con la procura, perché mai dovrebbero farlo i notoriamente pavidi giudici di primo grado.
Se anche, poi, un giudice popolare dovesse propendere per l'innocenza di Bossetti, quanto ci impiegheranno i giudici togati a fargli pressioni o prospettargli chissà quali strascichi giudiziari per fargli cambiare idea?

Anonimo ha detto...

http://www.ilgiorno.it/bergamo/yara-bossetti-1.1294687

Ivana ha detto...

Nella seguente pagina web si può leggere un post scritto dal Salvagni su Facebook:
http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/sentire-i-genitori-parlare-di-yarae-stata-unemozione-lo-dico-da-padre_1140305_11/?attach_m&object_id_from=1140422&content_type_from_id=11

Paolo A ha detto...

Vorrei porre una domanda, qualcuno conosce i dati del traffico telefonico di Bossetti e di Yara, perché ho trovato quest'articolo dopo aver "googlato" il link di anonimo del "13 settembre 2015 10:06:00": http://www.ilgiorno.it/bergamo/yara-bossetti-1.198889. Vi riporto il pezzo interessante: "Alle 18.49 di quel 26 novembre 2010 Bossetti chiama il cognato Osvaldo Mazzoleni, con cui lavora in un cantiere a Palazzago. La conversazione è agganciata dalla cella telefonica di via Natta a Mapello, la stessa che alle 17.45 ha agganciato il telefonino di Yara, a Brembate Sopra, dove abita la ragazza". Sbaglia chi ha scritto l'articolo oppure è un dato reale, perché se fosse vero, nel momento che Yara veniva rapita Bossetti era al telefono col cognato.

Anonimo ha detto...

Ulteriori, interessanti dettagli sulla seconda udienza nel seguente articolo:http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/11827765/Processo-a-Bossetti--le-strane.html
Sarahkey

TommyS. ha detto...

Paolo A

Aveva sbagliato il giornalista invertendo gli orari. Bossetti chiama il cognato alle 17.45 ed il cellulare di Yara riceve l'ultimo SMS dall'amica alle 18.49 essendo in quel momento agganciato ad una cella dell'impianto Vodafone di via Natta a Mapello (zona industriale).

Questi i dati ufficiali che comprendono però altri due particolari non ritenuti utili dal PM in fase di richiesta di custodia cautelare:

- l'aggancio ad una cella Vodafone dell'impianto di Brembate (a QG avevano qualche tempo fa detto si trattasse quello di via Pietro Ruggeri, a nord del paese, anche se personalmente ho il dubbio che si tratti di quello di via Marconi 69 a Ponte San Pietro) alle 18.55 da parte del cellulare di Yara. Dalla copertura di quella cella Yara poteva trovarsi nella zona di via Rampinelli. Tale dato è cristallizzato in una comunicazione riservata Vodafone inviata a suo tempo alla Procura.

- sembra, come emerso dall'ultima udienza, che quando i Carabinieri cercarono di localizzare il cellulare nella sera del 26 novembre, questo risultasse nell'area del comune di Cisano Bergamasco. Viene allora da domandarsi se questo sia un falso ricordo di Fulvio Gambirasio o se in effetti il cellulare di Yara riprese a comunicare dopo le 18.55 per poi spegnersi definitivamente.

In ogni caso qualsiasi discorso sulle celle telefoniche, oltre ad essere soggetto a troppe variabili per poter essere considerato certo, se non prende in considerazione la numerazione esatta della cella (ad un singolo impianto/traliccio/palo fanno capo più celle, ognuna con una sua copertura territoriale più o meno specifica) può portare a considerazioni totalmente sbagliate. Questa indeterminatezza sicuramente ha però permesso alla Procura di poter fare dei ragionamenti induttivi a carico dell'indagato in quella fase delle indagini spingendo il GIP a ritenere che quello fosse un grave indizio quando invece poteva essere anche un elemento a discolpa di Bossetti..

Gilberto ha detto...

L'articolo segnalato da Sarahkey è davvero interessante, forse rivelatore, comunque va molto in profondità nella descrizione dell'ambiente di Yara.

TommyS. ha detto...

Sarahkey

Non avevo ancora trovato l'articolo di Telese da te linkato.

Molto interessante! Riapre degli scenari che in tanti avevano ipotizzato ma che sinora erano basati solamente su supposizioni. Personalmente non vi avevo mai dato peso ma adesso questi "non ricordo" delle amiche e quanto emerso sulla Brena ammetto che mi sta facendo anche ricredere.

Grazie in ogni caso a Luca Telese che si è dimostrato vero giornalista, ben differente dagli strilloni che solitamente pontificano su questo caso.

TommyS. ha detto...

Ne approfitto per rivolgere un appello a Salvagni e Camporini, nella speranza che leggendo questo blog lo possano accogliere.

L'unico modo per ribattere all'assurda decisione di escludere le telecamere dal processo è quella di pubblicare su di un sito "tutte" le trascrizioni delle udienze non appena rese disponibili alle parti (solitamente prima dell'udienza successiva).

Credo lo dobbiate al vostro cliente ed alla Giustizia. Quella vera nella quale vogliamo tutti noi credere.

PINO ha detto...

Ho finito di leggere qualche minuto fa, il lungo articolo di Telese, pubblicato sul quotidiano "Libero".
Mentre mi associo all'interesse suscitato in Gilberto, non posso nascondere il senso di disagio provato nel leggere le risposte, quasi stereotipate, date dalle amiche-maestre di Yara, alle domande poste, separatamente,dagli avvocati difensori di Bosseti, ad ognuna di esse.
Disagio che si è accentuato, rilevando, man mano che procedevo nella lettura, alcune coincidenze che l'articolista, con molto tatto professionale, poneva in evidenza senza sembrare tendenzioso.
Così, senza un chiaro motivo, il pensiero è tornato a ritroso, riportandomi alla testimonianza di quel signore che in auto si era appartato con una "donna", nei pressi del campo di Chignolo, dove aveva notato alcuni motocicli incustoditi, e poco più distante, un gruppetto di ragazzi che si inoltrava, nonostante l'oscurità, nel campo sopraddetto.
Non ci sarà alcuna relazione, con i sistematici "non ricordo" delle ragazze, ma i pensieri no si possono frenare a piacimento.
Ciao a tutti, Pino

Mimosa ha detto...

Ben detto, caro Pino,
io pure avevo citato più volte la eventuale pista dei ragazzini in moto (come potevano le molecole di Yara disseminarsi sulla strada se la ragazzina fosse stata chiusa in un furgone invece che in sella ad un motorino, sulla via del cantiere di Mapello, percepite dai cani molecolari??) e pure la testimonianza di quel signore (peraltro da tutti i commentatori giudicata tardiva e quindi screditata).

E condivido la perplessità di Ivana: come è possibile che dopo 3 mesi di intemperie la presenza di tracce di dna ematico ricondotto ad Ignoto 1, alias Massimo Bossetti, venga tanto criticata, mentre le tracce epiteliali della giovane atleta, maestrina, Silvia Brena, allora 18enne, si sono conservate intatte e nessuno eccepisce?

Infine sono più che d’accordo con Massimo Prati, nel suo intervento 12 settembre 2015 10:08. È proprio così che funzionano i processi.

Saluti a tutti
Mimosa

PINO ha detto...

X MIMOSA
Buongiorno, mia cara latitante!
Inutile dirti quanto mi abbia piacevolmente sorpreso il tuo ritorno alle patrie...pagine.
Spero che non sparisca di nuovo e senza preavviso:-))

Hai ragione. L'acceso dibattito sulla validità del dna, distolse la nostra attenzione dalle altre piste che suscitarono il nostro interesse, tra cui quella molto intrigante dei "ragazzini", come l'hai denominata. tornatomi alla mente ieri sera tardi, come ho scritto, dopo la lettura dell'articolo di Telese.

I dubbi ritornano, e molto forti, se all'ipotetica tesi si ricollega l'azione dei cani, che non avrebbero potuto seguire quella determinata pista se Yara fosse stata chiusa in un auto, con l'impossibile dispersione di quelle molecole biologiche che rappresentava la specialià di ricerca per quei segugi.

Le perplessità di Ivana furono palesate anche da me, in ripetute occasioni, per cui ritengo che l'osservazione avanzata resta un FATTO, nel significato che noi abbiamo sempre attribuito a tale sostantivo.

Resta, comunque, come una barriera che impedisce lo svincolo verso altre direzioni investigative, come la pista dei "ragazzini",per esempio, l'insoluto quesito sul come il dna attribuito al Bossetti, sia finito sugli indumenti intimi di Yara, a parte le fraudolenze ipotizzate.
Un caro abbraccio.
Pino

TommyS. ha detto...

Mimosa

Sinora si è parlato delle anomalie del DNA di Ignoto1 in quanto secondo la pubblica accusa coincidente con quello di Bossetti ed alla base della custodia cautelare e del successivo rinvio a giudizio. Di questo fantomatico e miracoloso DNA, di origine ignota e privo del corrispettivo mitocondriale sappiamo già molte cose perché vi sono atti pubblici ed una serie infinita di articoli che ne parlano. Per gli inquirenti è l'unico dei profili genetici isolati che abbia valore probatorio incriminante, anche se Marzio Capra ha già pubblicamente ricordato come anche gli altri profili, noti ed ignoti, non possano essere trascurati. Se il RIS ha cercato tracce biologiche in alcuni punti specifici degli indumenti significa che le stesse tracce, se trovate, dovevano in ogni caso essere considerate indizi utili per la ricerca dei colpevoli del delitto.

Ma è indubbio che il DNA (quasi sicuramente nucleare) della Brena rinvenuto sul polsino in lana del giubbotto a sua volta debba sollevare notevoli dubbi, perlomeno se si considera valida l'ipotesi della Procura che il cadavere di Yara sia rimasto in quel campo sin dalla sera del 26 novembre.

Purtroppo di questo DNA sappiamo nulla se non il fatto che sia stato identificato in quello della Brena (ma sino a venerdì i comuni mortali come noi non sapevano neanche a quale insegnante di ginnastica si facesse riferimento). Non sappiamo se sia stata determinata l'origine biologica della traccia relativa, e se mai fosse riconducibile a cellule epiteliali depositate per contatto primario ancor più bisognerebbe meravigliarsi che sia stato ritrovato quasi intatto in quanto quelle cellule, che a differenza di un liquido biologico non avrebbero imbevuto il tessuto ma sarebbero rimaste in superficie, a maggior ragione avrebbero dovuto degradarsi.

Inoltre da quanto si sa, le braccia di Yara sono state ritrovate sollevate sopra il capo e la cosa costituisce di per sé un probabile indizio che il corpo sia stato portato sul luogo o trascinato per le braccia o sollevato prendendolo per le braccia e le gambe. Ed allora il polsino del giubbotto doveva per forza di cose essere considerata una delle zone degli indumenti a maggior valore indiziario.

La prima considerazione che deve essere fatta è che se quel DNA non si è degradato totalmente, questo vuol dire che il corpo non è stato esposto a quell'ambiente per ben tre mesi. IL cadavere è stato quindi portato lì in un secondo momento.

Ma personalmente è proprio il giubbotto che per me presenta un rebus. Dall'udienza di ieri è risultato confermato che Yara arrivò in palestra senza giubbotto e quindi con la felpa azzurra descritta nei volantini dai genitori. Stessa felpa che Tironi dichiarò di aver visto indossata da Yara, ma totalmente differente da quella con la quale venne ritrovato il corpo. Ed inoltre Tironi dichiarò che Yara in quel momento indossava un giubbotto scuro aperto davanti, indizio che il giubbotto fu indossato prima di uscire dalla palestra. Ma allo stesso tempo, stando a quanto raccontato da Sulas in un articolo, quel giubbotto apparteneva alla cugina Nicole ed al momento non sappiamo neanche se Nicole si trovasse in palestra quel pomeriggio tanto da imprestare il giubbotto a Yara (ma anche questo è un ulteriore rebus sinora senza soluzione). A tutto questo si somma il fatto che quel giubbotto, fosse stato esposto per tre mesi nel campo sarebbe stato sicuramente ritrovato pieno di lacerazioni dovute alle beccate degli uccelli mentre in quasi tutte le immagini appare integro. Solamente in un'immagine di un servizio di QG presentava queste lacerazioni evidenti, ma adesso quel servizio non è più disponibile online.

Per cui è chiaro che anche il DNA della Brena è inspiegabile (quelli rinvenuti sui guanti un po' meno) non valendo però il ragionamento che se si è conservato quello non si vede perché non dovesse conservarsi anche quello di Bossetti. Entrambi non dovevano essere rilevabili ed amplificabili, ammesso che il cadavere fosse rimasto a Chignolo per tre mesi.

PINO ha detto...

X TommyS
Potresti essere più chiaro, per favore, sul perchè dovrebbe essere usata misura diversa, nella valutazione di due tracce simili e corrispondenti?
Hai scritto:
ct "Per cui è chiaro che anche il DNA della Brena è inspiegabile (quelli rinvenuti sui guanti un po' meno) non valendo però il ragionamento che se si è conservato quello non si vede perché non dovesse conservarsi anche quello di Bossetti. Entrambi non dovevano essere rilevabili ed amplificabili, ammesso che il cadavere fosse rimasto a Chignolo per tre mesi.
C'è chi le cose le interpreterebbe come un FATTO certo difficile da manipolare: le due tracce o sono VALIDE entrambe, o non lo sono.

Anonimo ha detto...

http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/11827765/Processo-a-Bossetti--le-strane.html

TommyS. ha detto...

Pino

Ho precisato che al momento non ci è dato a sapere se il DNA della Brena fu isolato da una traccia generata da primary transfer e quindi da cellule epiteliali. Fosse così il DNA della Brena sarebbe ancor più miracolato di quello di Ignto1 in quanto sicuramente quel DNA non si sarebbe potuto non degradare totalmente se esposto per tre mesi in quell'ambiente. Ma anche fosse stato isolato da una traccia di deposito di liquidi organici (sangue, muco, saliva, urina, chiaramente non sperma,...) la cosa dovrebbe destare forti sospetti che le cose non si siano svolte come sostenuto dall'accusa.

E' il giubbotto in sé (oltre alla felpa differente a quella indossata da Yara quel pomeriggio) che per me è molto strano, quasi come se fosse stato fatto indossare al corpo in un secondo momento (anche qui ho molte perplessità sulle possibili modalità). Mentre i 21 STR di Ignoto1, straordinariamente di alta qualità, sono stati rinvenuti su degli indumenti (slip e leggings che poco lasciano all'immaginazione su quale fosse lo stato del cadavere) che perlomeno attestavano una prolungata eposizione.

Per quanto riguarda invece i due profili isolati dai polpastrelli del guanto (pur non sapendo neanche di questi l'origine e la qualità), la tasca del giubbotto che li conteneva assieme alla SIM (intonsa come se fosse appena stata estratta da un cellulare perfettamente conservato) ed all'ipod (che presentava tracce ematiche) avrebbe potuto preservarli leggermente di più anche se sembra che gli stessi guanti siano stati trovati umidi. E l'umidità è uno dei peggiori nemici delle tracce biologiche perché è l'ambiente che permette il proliferare di batteri e muffe, letali per il DNA, per cui il "leggermente di più" è relativo unicamente ai tempi di persistenza del DNA della Brena.

Ripeto:
- se Yara è morta il 26 novembre 2010 (od anche pochi giorni dopo)
- se la morte è sopraggiunta nel campo di Chignolo
- se il corpo è sempre rimasto in quel campo sino al 26 febbraio 2011

né il DNA nucleare di Ignoto1, né quello delle Brena, né quelli dei soggeti ignoti dei guanti, ammesso che siano stati depositati contemporanenamente o poco prima del delitto, per quanto ne posso sapere io, avrebbero potuto essere analizzabili ed amplificabili.

Allo stesso tempo quel giubbotto non avrebbe potuto conservarsi così intonso come lo si vede anche nei filmati diffusi dal RIS.

Ci sono troppe cose che non tornano e che sollevano dubbi su più fronti.

Al momento però è Bossetti ad essere in carcere e sotto processo. Per cui prima di tutto bisogna capire se quel DNA che lo incastrerebbe possa essere considerato un indizio valido.

ENRICO ha detto...

TommyS

a proposito del giubbotto : non sono riuscito a capire se Yara, quando è uscita di casa, indossasse il suo giubbotto o se indossasse quello della cugina ( come sembra sia stato riscontrato)

Certo è che non poteva uscire indossando la sola felpa con il freddo che faceva in quei giorni

TommyS. ha detto...

Enrico

A quanto pare le amiche venerdì in udienza hanno dichiarato di ricordare che Yara arrivò in palestra senza giubbotto.

I genitori di Yara nel volantino affisso per le strade di Brembate descrivono solamente la felpa azzurra ed i leggings scuri.

Tironi invece afferma di aver visto la felpa, sempre quella azzura e non quella scura di Hello Kitty con la quale venne ritrovata Yara, sotto ad un giubbotto scuro aperto sul davanti.

Per quanto riguarda il freddo di quel giorno molto dipende dall'abitudine della singola persona, dalla velocità della camminata, dall'atleticità del fisico. E' anche possibile quindi che Yara sia uscita di casa e sia arrivata in palestra con la sola felpa addosso.

Ivana ha detto...

In base a quanto testimoniato dalla madre di Yara (SE è vera la ricostruzione fatta da Quarto Grado!)Yara indossava sicuramente, quando è uscita da casa, Jeans neri, maglietta azzurra con lo stemma della federazione di ginnastica italiana, la felpa con la scritta Hello Kitty, un bomber nero e i guanti.
Alla domanda: "Lei ha visto il corpo e anche gli indumenti intimi di Yara?", la madre ha risposto: "Sì, erano tutti indumenti suoi."

Riguardo al DNA, perfino il genetista della difesa, prof. Capra, ha detto che anche considerando, nella peggiore delle ipotesi, che il corpo sia rimasto, per circa tre mesi, sottoposto alle intemperie, le tracce possono essere state sufficientemente leggibili grazie alle temperature abbastanza basse e grazie all'intervento di personalità di rilievo e di provata esperienza. Insomma, neanche il prof. Capra, pur evidenziando più anomalie, non ha ancora contestato il fatto che dopo tre mesi di esposizione all'aperto siano state trovate tracce ritenute leggibili dai genetisti della Procura.

ENRICO ha detto...


TommyS

No, non ho assolutamente capito come fosse vestita Yara quando è uscita di casa !

Se aveva la maglietta azzurra con lo stemma della federazione che fine ha fatto questo indumento visto che Yara è stata ritrovata con la felpa scura di Hello Kitty ?

Ivana ha detto...

Errata corrige

Neanche il prof. Capra, pur evidenziando più anomalie, ha ancora contestato il fatto che dopo tre mesi di esposizione all'aperto siano state trovate tracce ritenute leggibili dai genetisti della Procura.

TommyS. ha detto...

Ivana

Ho visto anch'io il servizio di QG con la versione a fumetti della deposizione della madre di Yara.

Se la madre ha effettivamente descritto in aula l'abbigliamento di Yara in quel modo, spero che l'avv. Salvagni le abbia poi chiesto come mai nei manifesti/volantini diffusi i giorni successivi alla scomparsa la sua famiglia abbia scritto che Yara era vestita con una felpa azzurra chiara e non abbia parlato del giubbotto.

Enrico
La T-shirt azzurra era effettivamente indosso al cadavere sotto la felpa di Hello Kitty. E' quella che presentava il colletto bianco non sporco di sangue sebbene l'ampia ferita al collo.

ENRICO ha detto...

TommyS

ma allora, se ce l'aveva indosso perchè mai il rinvenimento di una maglietta azzurra ( che poi si rivelò essere diversa da quella di Yara) in un fiume della zona fu oggetto di interessa da parte degli investigatori ?



http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-eb7d1216-2fc9-4e70-aca3-c3cff155a21e.html?refresh_ce

ENRICO ha detto...

TommyS

come non detto :-) !!! (la notizia era riferita alle ricerche in corso )

TommyS. ha detto...

Enrico

L'articolo, del 16/12/2010 (quindi a 20 giorni dalla scomparsa), parla di una felpa azzurra ritrovata non di una maglietta.

Ma nell'articolo compaiono già la felpa nera di Hello Kitty ed il giubbotto.

Ed allora perché tanta attenzione ad una felpa?+ Azzurra come quella foto dei volantini?

Possibile che Yara avesse indossato la felpa azzurra su quella di Hello Kitty? E' anche probabile e questo spiegherebbe perché sembra che non indossasse il giubbotto quando vista dalle compagne. Con due felpe indosso puoi fare a meno di un capo-spalla anche in una giornata fredda come quel 26 novembre. D'altronde nell'immagine del volantino la felpa azzurra è indossata sopra una dolcevita.

A questo link anche le foto della felpa ritrovata

http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/12/16/foto/yara_falso_allarme_per_una_felpa-10278733/1/

che non sembra proprio essere quella di Yara. Ma il breve articolo sotto le foto parla sempre della felpa azzurra indossata quando scomparve.

Mentre su questa pagina dell'Eco nuovamente vengono citati gli indumenti che sono poi stati ritrovati indosso al cadavere.

http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/174569_yara_spunta_una_maglietta_azzurra_recuperata_dal_lago_blu_delle_ghiaie/

Ed anche qui la contraddizione insita nel fatto che se l'abbigliamento di Yara fosse stato proprio quello del ritrovamento non si capisce perché mai dare tanto risalto ad una felpa azzura. Una T-shirt, due felpe ed un giubbotto mi sembrano un po' troppe per una ragazzina.

E poi quella confusione strana su felpa e maglietta (quando appare chiaro dalle foto si tratti proprio di una felpa) mi sembra strana.

ENRICO ha detto...

TommyS

Nell'articolo che mi hai segnalato ( e che avevo più volte consultato) si dice che : " Yara nel giorno della scomparsa indossava un paio di pantaloni tipo leggings (fuseaux) neri, una maglietta azzurra a mezze maniche della Federazione ginnastica Italia con lo sponsor Freddie sulla parte anteriore, una felpa nera di hello Kitty, scarpe Converse «All Star» nere e basse, con il pelo all'interno. Sopra un giubbino nero e guanti neri "

Quindi mi domando anche io perchè nel volantino era stato specificato che l'abbigliamento di Yara era identico a quello della foto in cui è ben visibile una felpa azzurra

Pertanto se i familiari dicono che la ragazzina il giorno della scomparsa era vestita esattamente come nella foto ( cioè con la felpa azzurra ) ed invece fu ritrovata con indosso una felpa nera, la felpa azzurra che fine avrebbe fatto ?

A meno che più banalmente, sebbene mi sembri assai strano, i genitori all'epoca confusero il tipo di abbigliamento con il quale la figlia era uscita oppure usarono una foto non del tutto conforme alla descrizione fatta .

https://it.lifestyle.yahoo.com/foto/caso-yara-luomo-fermato-%C3%A8-slideshow/yara-gambirasio-un-mistero-lungo-quattro-anni-082419339.html

ENRICO ha detto...

Ps x TommyS

infatti l'articolo titola "YARA, UNA FELPA AZZURRA NEL FIUME
L'indumento, dello stesso colore di quello indossato dalla ragazza il giorno della scomparsa, è stato recuperato nel Brembo. Ma taglia e disegni non sarebbero compatibili. Accertamenti su due marocchini arrestati oggi nel bergamasco"
.

Però poi nel testo si parla di felpa nera

fonte http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-eb7d1216-2fc9-4e70-aca3-c3cff155a21e.html?refresh_ce

Quindi credo che i cronisti - approssimativi ed incoerenti per definizione - confondano "maglietta" con "felpa"

Non saprei darmi altra spiegazione logica

Paolo A ha detto...

Per TommyS

Ma se l'Ipodd di Yara, trovato nella tasca del giubbotto presentava tracce di sangue, come mai sugli indumenti le tracce di sangue sono esigue o assenti, è il sangue di Yara o è di qualche altro e specialmente Yara ferita avrebbe riposto l'Ipod in tasca nel capo di Chignolo al buio e al freddo, che senso ha tutta questa ricostruzione nell'economia processuale dell'accusa, oppure sono talmente sicuri del DNA che trascurano di fornire una ricostruzione minimamente credibile. Comunque su questi DNA ultraresistenti mi sono fatto un'idea...................

TommyS. ha detto...

Enrico

Il primo volantino diffuso in paese lo trovi in questo articolo di Massimo

http://albatros-volandocontrovento.blogspot.it/2011/03/yara-gambirasio-le-insinuazioni-senza.html

E' quello di destra nell'immagine, si richiede di contattare il 112 e vi è scritto esplicitamente: questa è la felpa che indossava venerdì sera con dei pantacollant neri (nelle foto è evidente il colore azzurro chiaro ed una scritta argentata sovrimpressa>).

In seguito comparve anche l'altro volantino, quello a sinistra nell'immagine dell'articolo con una laconica scritta "Chiamare il 112".

Ora io presumo che il primo volantino sia stato fatto dai familiari o dalle amiche con l'accordo degli stessi. Non si parla di giubbotto alcuno, per cui il sospetto avanzato dalla Sciarelli su Tironi (leggi l'articolo) che il ragazzo avesse saputo della felpa azzurra prima della sua intervista è gratuito sia perché in quel momento non erano ancora stati affissi i volantini sia perché Tironi parla di una felpa azzurra sotto un giubbotto scuro.

Poi stranamente pochi giorni dopo (intorno al 7/8 dicembre) compaiono altre immagini come quella che trovi su queste due pagine web

http://www.site.co.uk/yara-gambirasio (la quarta da sinistra a metà pagina)

http://www.lagiustainformazione2.it/component/content/frontpage.html

Trovo davvero difficile sia stata composta dai familiari anche perché vi è un errore evidente. Si parla difatti di "giubbino nero di Hello Kitty" quando sappiamo che era la felpa ad essere di Hello Kitty e non il giubbotto. Ma in ogni caso di felpa azzurra non si parla più e stranamente non si dice di chiamare i Carabinieri come avrebbe fatto un genitore disperato che in quel momento si era messo totalmente nelle loro mani per le ricerche. Viene invece riportato un numero di cellulare.

Per tutti quei mesi si continua ancora a cercare una ragazza con la felpa azzurra anche se sotto un giubbotto scuro come anche testimoniato dal pilota di elicottero che aveva partecipato alle ricerche sorvolando il campo di Chignolo. E quando il 16/12 viene ritrovata la felpa nel fiume la notizia fa il giro di tutti i media segno che non era stata smentita quella felpa.

Per di più a lungo si è fatta confusione tanto che il 26/02 anche giornali nazionali parlano di Yara ritrovata con indosso la felpa azzurra sotto il giubbotto (nei giorni immediatamente successivi viene corretto il tiro).

Si arriva infine all'udienza di venerdì scorso con Maura Panarese che non parla in alcun modo di felpa azzurra.

E per me questo continua ad essere un mistero nel mistero.

Ma forse sono io ad essere troppo fissato su dettagli che in tanti troveranno irrilevanti.

PINO ha detto...

X TommyS

Rispondo solo alle tue note conclusive del post delle 12,30, per abbreviare.
Note delle quali si può accettare solo una, delle due condizioni basilari proposte, i cui termini si contrappongono irrimediabilmente.
Beh, fra le due ipotesi, adotterei quella che sembra più verosimile ed un poco più logica: Yara non sarebbe mai restata, per gli interi 90 giorni, esposta alle intemperie sul campo di Chgnolo. E gli indizi che lo sostengono, li hai già segnalati: per cui le tracce si sarebbero ben conservate e, quindi sarebbero valide.
Nella seconda ipotesi, invece, che vuole il corpo della vittima esposta per gli stessi 90 giorni all'aperto, con la certa distruzione, o forte degrado delle tracce biologiche, resterebbe, fra le altre, una domanda piuttosto insidiosa: mentre l'ipotesi deporrebbe in favore del dolo, per quanto concerne il deposito, bello, fresco del dna di "ignoto1", quale motivo avrebbe spinto il/i manipolatore/i ad aggiungere anche la traccia biologica della maestra Brena?
C'è da sciegliere fra la padella e la brace.
Ti saluto.
Pino

TommyS. ha detto...

Paolo A

Quel sangue presente sull'ipod (che per di più sembra quasi come se sia stato strappato violentemente a vedere da come risulta scoperto il cavo) contrasta decisamente con i guanti riposti ordinatamente piegati e con la SIM quasi nuova. Do per scontato che il sangue sia di Yara (sarebbe grave non fosse) per cui o Yara lo ha tirato via con le sue mani già sporche di sangue o l'ha fatto uno degli assassini dopo essersi già sporcato. Ma se tutti gli oggetti sono stati riposti da Yara nella tasca, e non si capisce proprio il perché avrebbe dovuto farlo, perché non vi è sangue anche sulla SIM? E se sono stati messi dagli assassini per quale scopo l'hanno fatto? Meglio distruggerli anche perché avrebbero potuto trattenere proprio il DNA degli assassini stessi.

Per quanto riguarda invece il DNA della Brena rinvenuto sul giubbotto (non capisco più se sul polsino o sulla manica), ammesso si tratti di Touch DNA, bisogna considerare che molto difficilmente se si tocca brevemente un oggetto si è in grado di trasferire il proprio DNA. Vi sono studi che portano a considerare che solamente se si stringe fortemente ed anche a lungo un oggetto si trasferiscano cellule epiteliali. E tale probabilità è molto variabile da soggetto a soggetto, risultando sicuramente maggiore nel caso il soggetto sia sottoposto ad un forte stress fisico o emotivo (essendosi magari anche toccato ripetutamente il viso). Per cui derubricare quel DNA ad un contatto breve e fugace mi sembra decisamente sbagliato.

Anche se in ogni caso, ammesso sia giusta la ricostruzione della pubblica accusa, non sarebbe più stato possibile isolare qualsiasi tipo di Touch DNA depositatosi su quel giubbotto.

Per cui aspetto di sentire cosa diranno i consulenti della difesa e, spero, il perito della Corte. Ma la conseguenza immediata del fatto di aver ritrovato il DNA della Brena e quello di Ignoto1 sarebbe che quel giubbotto, quei leggings e quegli slip non sono stati per tre mesi nel campo di Chignolo, e chiaramente neanche il corpo.

La differenza però tra il DNA della Brena e quello di Ignoto1 è che sicuramente quest'ultimo presenta anomalie non risolvibili che portano a pensare ad una natura artificiale. Di quello della Brena sappiamo troppo poco per fare qualsiasi ipotesi.

Paolo A ha detto...

Per Tommy S

Tralasciamo per un attimo il problema del DNA sugli indumenti e la lunga resistenza alle intemperie, la domanda che mi faccio è se l'Ipod di Yara aveva tracce evidenti di sangue, perché gli indumenti non ne presentano, perché la maglietta della nazionale che Yara indossava, non aveva una macchia di sangue in corrispondenza di un taglio alla gola, se le ferite erano superficiali tali da non imbrattare gli indumenti, perché allora si è macchiato di sangue l'Ipod?

TommyS. ha detto...

Pino

L'ho già scritto. Vi sono differenze sostanziali tra i due DNA. Quello delle Brena è stato rinvenuto sulla manica di un giubbotto che non denota assolutamente un'esposizione di tre mesi all'ambiente del campo di Chignolo. Se si tratta di Touch DNA, essendo escluso un fluido biologico che non avrebbe permesso in alcun modo di poter stralciare qualsiasi sospetto sull'insegnante, la cosa confermerebbe l'ipotesi di spostamento del cadavere nel campo nei giorni a ridosso del ritrovamento (ma il giubbotto avrebbe dovuto comunque essere conservato in un ambiente asciutto e protetto).

Il DNA di Ignoto1 è stato invece rinvenuto su degli indumenti che sicuramente sono stati esposti all'aria aperta ed all'ambiente visto lo stato di conservazione che lascia poco spazio all'immaginazione sullo stato di conservazione degli arti e che molto probabilmente testimoniano l'intervento di animali predatori. Il RIS non ha assolutamente capito nulla di quel DNA a parte il fatto che gli elettroferogrammi evidenziavano picchi molto ben definiti in corrispondenza degli alleli di Ignoto1 sui 21 STR esaminati (o perlomeno quelli considerati per il genotipo), e la cosa deve aver stupito non poco stando anche a quanto scritto in relazione. Se sommiamo a questo l'assenza chiara ed evidente del mtDNA di Bossetti la puzza aumenta di molto.

Se anche il DNA della Brena puzzi allo stesso modo al momento per noi è impossibile stabilirlo.

Certo che l'atteggiamento in aula dell'insegnante non depone molto a suo favore visto che anche le sue originarie dichiarazioni messe a verbale sembrano contraddirsi (prima disse di aver visto Yara e poi di essere subito andata nell'altra palestra). Ed anche quegli strani SMS, e solamente quelli, cancellati da lei e dal fratello proprio nei momenti in cui Yara sembra sia uscita dalla palestra. Difficile non pensare a qualcosa di sospetto, avvalorato anche dallo spirito di gruppo delle allieve e della collega e dai loro "non ricordo".

TommyS. ha detto...

Paolo A

Prima bisognerebbe capire quali altre lesioni accertate avrebbero potuto provocare un sanguinamento tale da imbrattare le mani di yara o dell'assassino e di conseguenza l'ipod. Sappiamo anche di una violenta contusione al capo che forse potrebbe essere stato il primo trauma e potrebbe aver causato sanguinamento. Mentre le altre lesioni e ferite potrebbero essere decisamente successive. Credo che neanche la Cattaneo abbia potuto sbilanciarsi più di tanto. Figuriamoci noi.

Anonimo ha detto...

Se la mamma si fosse confusa (strano perché non sembra il tipo), la felpa azzurra sarebbe rimasta in casa. Al limite Yara potrebbe essersi cambiata in palestra indossando l'altra felpa color antracite o grigio scuro con la scritta Hello Kitty, ma allora quella azzurra sarebbe stata trovata lì, nell'armadietto dello spogliatoio. Altrimenti, dove potrebbe essersela tolta? Quindi no, non mi sembra un particolare trascurabile capire come Yara fosse vestita uscendo di casa.
Fra l'altro, nella galleria fotografica degli indumenti ritrovati, appare una maglietta blu scuro che non avevo mai sentito nominare da nessuno. Non vedo però l'indumento con il collo bianco e stranamente privo di macchie di sangue che viene citato nel video sul campo di Chignolo, durante il ritrovamento, da un poliziotto.
O era un carabiniere; boh, ricordo solo questa sua osservazione e la risposta vaga di una donna.

Per il DNA, PINO come al solito sei diabolico. :) Ma è giusto così.
Sembra davvero improbabile che qualcuno abbia sparso vari DNA clonati sui vestiti di Yara.
Come osservavo la settimana scorsa, la presenza di altri DNA leggibili indica abbastanza chiaramente - per me - che il corpo della bambina non può essere rimasto tre mesi all'aperto in un campo, altrimenti non si trovava più nulla.
Un miracolo va bene, forse, ma due o tre miracoli no, sono decisamente troppi per non sospettare!
Sarebbe interessante poi sapere se il mitocondriale della maestra si è conservato, oppure è volato via come quello di Bossetti.

Nautilina

ENRICO ha detto...

TommyS

"Ma forse sono io ad essere troppo fissato su dettagli che in tanti troveranno irrilevanti.

Beh, certamente non io ! infatti ritengo che spesso siano proprio i dettagli all'apparenza irrilevanti a permettere la possibile ricostruzione di uno scenario attualmente ancora molto confuso

TommyS. ha detto...

Nautilina

La T-shirt azzurra con lo stemma dell'Italia (non ufficiale) è quella che si vede in alcune fotografie pubblicate tempo fa da SkyTG24. Non si vede il colletto bianco che però si può notare in una fotografia diffusissima di yara che puoi trovare facilmente con Google.

Paolo A ha detto...

Per Nautila
Ho un dubbio circa il modo di conservazione miracoloso di questi DNA trovati sui vestiti di Yara; e se invece di DNA artificiali si sono usati DNA veri, non trovati nei vestiti, ma DNA presi con il prelievo buccale; questo dubbio mi è sorto già da molto ed in particolare per il processo contro Raniero Busco per la morte di Simonetta Cesaroni. In quel caso venne rinvenuto su una canottiera di Simonetta il DNA di Busco e quel DNA derivava da saliva, la cosa che mi sono sempre chiesto è come un indumento conservato alla rinfusa con altri, abbia dato a distanza di tanti anni un campione di DNA con relativa parte proteica tale da indicarne la provenienza da saliva, è mai possibile che ogni volta che i RIS analizzano qualche cosa riescano a trovare DNA leggibili che francamente sono difficilmente spiegabili. Una manomissione dei dati di provenienza dei campioni è più realistico di DNA che sopravvivono per mesi a condizioni ambientali che le farebbero degradare.
Queste considerazioni mi sono venute in mente quando sono venuto a conoscenza di tutte le peripezie che hanno fatto per trovare questo fantomatico Ignoto1, in poche parole quando gli inquirenti hanno fatto irruzione nella discoteca Sabbie Mobili hanno sequestrato una lista di persone che erano di Brembate, in quella lista c'era Damiano Guerinoni, che guarda caso è figlio di una collaboratrice familiare di casa Gambirasio, questo ragazzo all'epoca aveva circa 20 anni, venne richiamato dal Brasile in fretta e furia e venne sottoposto a prelievo ed esame del DNA e guarda caso il suo DNA risultò molto simile a quello ritrovato sugli indumenti di Yara.
Damiano Guerinoni però ha un alibi di ferro, si trovava all'estero nel momento della scomparsa di Yara, ma allora, se si trovava all'estero perché venne richiamato dal Brasile per sottoporsi all'esame del DNA, evidentemente questo particolare non era a conoscenza degli inquirenti, sarebbe bastato controllare le liste dei voli aerei e si sarebbero subito trovati arrivi e partenze di D.Guerinoni visto e considerato che in Brasile si va in aereo e quando gli inquirenti sarebbero venuti a conoscenza dell'alibi, probabilmente quando hanno chiesto spiegazioni al soggetto o ai familiari.
In altre parole, per me, Damiano Guerinoni è Ignoto 1, anche perché durante una trasmissione televisiva il colonnello Garofalo disse che se D.Guerinoni non avesse avuto un alibi di ferro sarebbe finito sicuramente indagato per l'omicidio di Yara e cosi si spiegherebbero le anomalie del DNA mitocondriale.

Gilberto ha detto...

Grazie Pino, talvolta ci troviamo in perfetta sintonia.

Dan F. Rinaldi ha detto...

@ Paolo A. 21:53 (14/09)

Citando Damiano Guerinoni hai toccato un punto che molti secondo me sottovalutano: lui è un nipote naturale di Bossetti (sua madre ha lavorato come governante dai Gambirasio), conosceva bene Yara e, all'epoca dei fatti aveva ca. 20 anni (se non ricordo male) ed era iscritto alla discoteca Sabbie Mobili. Io ho sempre pensato che la faccenda di sua madre fosse una coincidenza troppo grossa per essere appunto solo una coincidenza! Non arrivo a dire che Damiano Guerinoni sia ignoto1 perché non ho prove ma di certo ritengo che il suo ruolo in tutta la vicenda andasse chiarito meglio. E poi c'è proprio la coincidenza della discoteca, Yara portata proprio lì... Dov'era già stato ucciso Castillo... Boh, mi sembrano veramente troppe coincidenze.

Qualcuno bravo in statistica potrebbe calcolare quante fossero le probabilità che Bossetti rapisse e uccidesse una ragazzina la cui colf era la moglie di un suo zio naturale (e a lui ignoto) e che al contempo la portasse a morire in un campo dove, poco dopo, è stato ritrovato un altro cadavere (poco dopo la sparizione di Yara e poco prima del suo ritrovamento) -- un campo vicino ad una discoteca a cui era iscritto Damiano, un suo cugino naturale figlio della colf e grazie al cui DNA sono risaliti a lui... Credo che le probabilità che tutto sia assolutamente casuale siano almeno pari a quelle di trovare una persona con lo stesso DNA di Bossetti, a meno che non abbia un gemello omozigote!

Saluti.

Mimosa ha detto...

Ragazzi, cerchiamo di capire le circostanze:
di questo passo, nonostante lo schieramento di cotali consulenti, la Difesa non approderà a nulla, se non a screditarsi davanti alla Corte la quale deve applicare il codice di procedura penale, almeno nel corso delle udienze, salvo poi ad applicare il principio della “autonomia del giudizio” al momento della sentenza (!).

La Difesa sta facendo domande ai testimoni di questa prima parte del dibattimento apparentemente innocenti e invece molto ‘tendenziose’. Come il Processo Scazzi insegna, e non solo quello, al pool della difesa non viene concesso di gettare sospetti su altri soggetti. Il sistema giudiziario nostrano non ha niente a che fare con i serial di Perry Mason. Nel nostro ordinamento la Difesa non ha titolo a deviare il titolo d’accusa in capo ad un imputato, seminando sospetti su altri soggetti. Il Processo Scazzi insegna! Il mandato della difesa è smontare il castello accusatorio sulla base delle carte esibite, deborda dal suo compito professionale ed etico se va oltre.

Anche se ci si ostina a dire che “le prove si creano nel processo”, e abbiamo troppe volte visto prove cancellate, annullate, dichiarate insussistenti dalla Cassazione, la Difesa di Bossetti deve attenersi a smontare o contenuti delle carte sulle quali i PM hanno elaborato i punti accusatori.
Spostare le attenzioni verso altri soggetti è troppo tardi.
Queste indagini investigative dovevano essere fatte prima.
Forse saranno utili nel Processo di Appello.

Mimosa